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Delitti di stagione: Quattro casi per il commissario Cavalli
Delitti di stagione: Quattro casi per il commissario Cavalli
Delitti di stagione: Quattro casi per il commissario Cavalli
E-book213 pagine3 ore

Delitti di stagione: Quattro casi per il commissario Cavalli

Valutazione: 3 su 5 stelle

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Info su questo ebook

L’autunno era da sempre la sua stagione preferita, era quella che più rispecchiava il suo animo di cuneese malinconico...

Quattro casi, quattro misteri da risolvere per il commissario Cavalli e i suoi collaboratori, uno per stagione. Vicende decisamente noir che si alternano a situazioni che rispecchiano invece i canoni del giallo classico, quasi che anche il clima abbia voluto dire la sua nello scrivere le trame dei racconti, che seppur distinte mantengono comunque un’unità narrativa e sequenziale. E a creare un filo conduttore tra i quattro delitti di stagione contribuisce soprattutto lo humour distaccato che caratterizza l’umanità del protagonista e dei personaggi che riempiono le sue giornate torinesi.
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2018
ISBN9788868672997
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    Anteprima del libro

    Delitti di stagione - Luigi Schifitto

    Luigi Schifitto

    Delitti di stagione

    Quattro casi per il commissario Cavalli

    © 2020 – Gilgamesh Edizioni

    Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-299-7

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: progetto di copertina di Dario Belli ni

    © Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 978-88-6867-299-7

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    OSSESSIONE

    Delitto d’autunno

    GELOSIA

    Delitto d’inverno

    TATTOO

    Delitto di primavera

    IL CECCHINO

    Delitto d’estate

    Scrivi una recensione al mio romanzo. Grazie mille!

    Un REGALO finale per te dalla nostra Casa Editrice

    ANUNNAKI

    Narrativa

    84

    a Giuseppe,

    mio affezionato lettore

    OSSESSIONE

    OSSESSIONE

    Delitto d’autunno

    Nelle persone belle è bello anche l’autunno

    PLUTARCO

    Delitto d’autunno

    I

    Approfittò della momentanea assenza della donna, che si era recata in cucina a preparare il caffè, per tirare fuori il coltello. Passò delicatamente l’indice sinistro sulla lama come a verificare la bontà della sua scelta e poi, con la mano nascosta dietro la schiena, andò a sedersi sul divano in attesa che lei rientrasse in salotto.

    La donna poggiò il vassoio con le tazzine di caffè sul tavolo della sala e si diresse nuovamente verso la cucina per prendere la zuccheriera che aveva dimenticato. Riuscì a fare appena un paio di passi prima di provare una dolorosissima fitta alle spalle. Sentì la lama uscire dalle sue carni con la stessa rapidità con cui vi era entrata. Si voltò portandosi istintivamente la mano sulla profonda ferita e poi guardò terrorizzata il suo sangue che l’aveva tinta completamente di rosso. Ebbe solo il tempo di sollevare lo sguardo che fu nuovamente colpita più volte, prima al collo e poi al petto. Cadde in ginocchio, col sangue che le usciva inarrestabile dal collo. Non riuscì neanche a fare in tempo a urlare, a chiedere il perché di quel brutale trattamento. Si accasciò priva di vita rovinando a terra sul tappeto, cadendo sul fianco, col braccio destro bloccato sotto il corpo.

    Le si avvicinò lentamente. Si assicurò che la donna fosse effettivamente morta. Si spostò di un passo e si inginocchiò all’altezza delle gambe, rigirò il corpo mettendolo sulla pancia. Alzò la gonna e le abbassò gli slip. Guardò per qualche secondo il bellissimo fondoschiena della sua vittima e poi affondò la grossa lama del coltello nel gluteo sinistro.

    Il commissario Cavalli aveva lasciato il commissariato da un quarto d’ora. Aveva deciso di rientrare a casa a piedi. Era una bella serata di fine ottobre. Da una decina di giorni era tutto un alternarsi di giornate nebbiose e serate che ricordavano più la primavera che la stagione autunnale. Stefano Cavalli tirò fuori dalla tasca della sua giacca il suo inseparabile sacchettino di caramelle Fisherman’s e mangiò una di quelle caramelle con cui aveva sostituito le trenta sigarette al giorno che fumava fino a qualche mese prima.

    L’autunno era da sempre la sua stagione preferita, era quella che più rispecchiava il suo animo di cuneese malinconico, che più gli ricordava la sua infanzia e la sua giovinezza. Era in quel periodo che più sentiva il desiderio, o meglio la necessità, di tornare nelle sue Langhe per immergersi nei colori caldi che la natura regala a quelle magnifiche colline. Niente a che vedere con l’autunno torinese in cui la natura sembra regalare solo tonnellate di foglie gialle che si accumulano sotto i platani e gli ippocastani che delimitano i controviali dei lunghissimi corsi cittadini. Si avvicinava il week end e il commissario aveva invitato l’ispettore Agosta a trascorrerlo nella sua casa di campagna ad Alba. Approfittò di quella passeggiata verso casa per pianificare nei minimi dettagli il breve soggiorno del suo vice e consorte nella provincia Granda, dedicando particolare attenzione all’aspetto enogastronomico, deciso assolutamente a dimostrare una volta per tutte la netta supremazia della cucina piemontese su quella siciliana. Tradizione a cui era legato profondamente il suo collega e amico Carmelo Agosta. Non sarebbe stata un’impresa facile, anche perché in fatto di attaccamento ai sapori di una volta, il suo vice non gli era di certo secondo, ma stavolta avrebbe avuto dalla sua un alleato insostituibile: l’autunno langarolo.

    II

    Si era fatto tardi. Mancavano pochi minuti alle sette. Anche quella sera Dino Curzi si era fermato a fare lo straordinario all’interno degli uffici dell’Anagrafe del quartiere San Salvario. Non certo perché non riuscisse a svolgere il suo lavoro nell’arco del normale orario d’ufficio, quanto perché anche quella sera doveva vedersi a cena con Mara che sarebbe uscita dalla profumeria alle sette e mezza. Lei gli aveva chiesto di incontrarsi a casa sua per cenare insieme, come spesso era accaduto negli ultimi tempi. La donna cucinava per lui sempre qualcosa di particolare. Dino amava la buona cucina e Mara ricorreva alle sue notevoli arti culinarie per accontentarlo e per cercare di legarlo a lei anche in quel modo. In realtà Dino si sentiva legato a quella donna per ben altri motivi. Mara era molto bella, due incantevoli occhi verdi, corti capelli neri e una bocca morbida e sensuale, un corpo praticamente perfetto, con due gambe slanciate e, soprattutto, un lato B da perdere il sonno. Da quel punto di vista non aveva niente da invidiare alle sue precedenti amanti e soprattutto a sua moglie Carla, riconosciuta universalmente come il più bel culo del liceo Cavour, almeno negli anni novanta, gli anni in cui lo avevano frequentato entrambi. Tra le mura del prestigioso isituto si erano conosciuti, messi insieme e iniziato una vita di coppia che durava ormai da quindici anni. Chi li conosceva li aveva sempre definiti una coppia bella e affiatata. Belli continuavano ad esserlo, affiatati un po’ meno, soprattutto ultimamente. Conducevano ormai vite quasi separate cercando di ricavarsi sempre più spazi e tempi da gestire indipendentemente l’uno dall’altra. Per entrambi era ormai un’esigenza che sarebbe stato inutile negare. Continuavano però a stare insieme, anche perché non potevano nascondersi di nutrire entrambi il desiderio che tutto tornasse come prima, sicuramente non proprio come ai tempi del liceo, ma magari come ai primi anni del loro matrimonio. In fondo continuavano sempre a volersi molto bene, tanto da coltivare l’intenzione di mettere in cantiere un figlio quanto prima.

    Nei confronti di Mara invece c’era solo una forte attrazione fisica, così come era stato per le precedenti amanti: Eva e Ramona. Entrambe bellissime e naturalmente anche loro con un fondoschiena da urlo. Dino iniziava a convincersi di essere un po’ fissato da quel punto di vista. In una donna lo attirava soprattutto quel particolare. Per lui una donna doveva avere essenzialmente un bel sedere. Tutto il resto veniva dopo.

    Mara gli aveva mandato un sms verso le cinque del pomeriggio, dicendogli di non aver fatto in tempo a preparare nulla di buono da mangiare e che preferiva andare a cena fuori. L’uomo le aveva risposto proponendole un ristorante in pieno quartiere San Salvario, dove si erano già recati più volte da quando era iniziata la loro storia. Lei aveva accettato di buon grado e gli aveva dato appuntamento per le sette e mezza, davanti alla profumeria. Mancava ancora mezz’ora, ma Dino decise di uscire ugualmente dall’ufficio, non ne poteva più di far finta di lavorare e aveva voglia di fare due passi prima di recarsi all’appuntamento. Si aggiustò i capelli con le mani, mise a posto la camicia infilandola nei jeans e, indossata la giacca, uscì in strada, su via Campana, non lontano da corso Marconi dove si sarebbe incontrato con Mara.

    Carla era appena rientrata a casa. Era stanca. Dopo il lavoro era passata dalla palestra dove si era fermata per un paio d’ore. Da qualche tempo aveva preso l’abitudine di andare in palestra o di fare la spesa prima di rincasare. Non sopportava di rimanere sola in casa, aspettando che lui rientrasse. Sapeva bene che, uscito dall’ufficio, Dino incontrava quasi tutte le sere la sua amante di turno. Faceva di tutto per non dare a vedere quanto la cosa le facesse male. Era riuscita addirittura a fargli credere che a lei non importava nulla delle sue amanti: dopo tanti anni di convivenza, trovava quasi scontato che lui avesse un’altra donna. Ed era riuscita a convincerlo che anche lei preferiva avere i propri spazi per fare quello che le andava e per vedere chi voleva. In realtà lei non faceva poi niente di così trascendentale a parte andare in palestra per distrarsi. Non che l’ambiente della palestra fosse proprio l’ideale per riuscire ad allontanare certi pensieri. Era una bella donna e non riusciva, per quanto si sforzasse, a passare inosservata. Tanto che la metà del tempo trascorso in palestra lo impiegava a dissuadere il corteggiatore di turno dal farsi strane idee. L’altra metà invece lo passava in sauna o all’idromassaggio a chiacchierare con le amiche che, tanto per rimanere in tema, facevano a gara a raccontarle delle loro avventure amorose con colleghi di lavoro o con i papà degli amichetti dei loro figli conosciuti ai giardinetti.

    Arrivata a casa, faceva di tutto per resettare il cervello e indirizzare i propri pensieri verso qualsiasi cosa la potesse distrarre dalla sempre meno accettata assenza del marito nella sua vita, assenza che certe sere trovava particolarmente difficile da sopportare.

    Mara uscì dalla profumeria regalandogli subito uno splendido sorriso. Era uno spettacolo, come sempre. Indossava un paio di jeans che rendevano onore alle sue belle gambe e un giubbino di pelle rosso. Lo abbracciò stringendolo forte. Si baciarono appassionatamente e poi, tenendosi a braccetto, si diressero verso il vicino ristorante, la Tavernetta.

    «Mi spiace tantissimo di non essere riuscita a preparare la cena, patatino mio!»

    «Fa nulla, l’importante è stare insieme, e poi alla Tavernetta si mangia benissimo! Non mi spiace affatto andare a cena lì»

    «Cucineranno bene, ma non certo come me. Purtroppo la mia collega mi ha chiesto di cambiare turno e ho dovuto andare in profumeria al pomeriggio. Quindi niente cena. Però, per farmi perdonare, vieni da me venerdì sera e ti preparo qualcosa di veramente speciale. Pensavo di cucinare il gulash. Me lo ha insegnato mia nonna. Sai, lei è ungherese, e lo prepara secondo la ricetta originale.»

    «Beh... anche se non dovessi seguire la ricetta originale, non credo sarei in grado di accorgermene» disse sorridendo Dino mentre apriva la porta del ristorante invitandola a entrare.

    Si sedettero a un tavolino un po’ appartato, dietro una colonna in fondo alla sala, al riparo da occhi indiscreti. Al tavolo sul lato opposto della colonna aveva trovato posto un gruppo di una decina di persone. Il loro abbigliamento non lasciava adito a dubbi sulla loro fede calcistica. Indossavano tutti qualcosa di granata e dai discorsi che facevano non era difficile capire che si trattasse di un gruppo di ultras del Toro. Sembrava che fossero lì per una fiaccolata in memoria di una ragazza scomparsa da poco, che si sarebbe snodata per le vie di San Salvario proprio quella sera.

    Il cellulare squillò mentre stavano facendo le ordinazioni al cameriere. Mara non poté evitare di notare l’espressione piacevolmente sorpresa di Dino mentre leggeva sul display il nome di chi lo chiamava. L’uomo si alzò e si allontanò dal tavolo. La ragazza lo osservò per qualche istante e poi finì di ordinare.

    «Torta di verdure, arrosticini e crema di yogurt con nocciole» disse rivolgendosi al cameriere e consegnandogli il menù. «Anche per lui porti le stesse cose. Da bere acqua e vino rosso, scelga pure lei quale sia il più adatto.»

    Porse il menù e sorrise al cameriere. Il suo sorriso si tramutò improvvisamente in un’espressione di stupore sentendo arrivare dall’altra sala un rumore che a lei sembrò chiaramente di bottiglie o bicchieri che andavano in frantumi. Non poté evitare di lanciare uno sguardo interrogativo al cameriere che sollevando le spalle le rispose che evidentemente un suo collega doveva aver fatto cadere un vassoio con le ordinazioni. Si scusò con la ragazza e si precipitò a vedere se ci fosse bisogno del suo aiuto.

    Dino riattaccò e spense il cellulare.

    «Così non ci disturba più nessuno» disse alla ragazza mentre si chinava verso di lei per baciarla.

    Mara si schernì rifiutando il bacio e lo invitò a sedersi.

    «Era tua moglie?» chiese poi con aria di sufficienza.

    «No, non era mia moglie. Era una vecchia amica che... »

    «Che?» chiese curiosa Mara.

    «Che... niente. Che voleva sapere come stessi, cosa facevo di bello, tutto qua. Le ho detto che non potevo stare al telefono con lei e... basta. Nient’altro.»

    Guardò Mara che sembrava non credere affatto alle sue parole.

    «Ma non sarai mica gelosa? È solo una vecchia amica...»

    «Se non è gelosa tua moglie, perché mai dovrei esserlo io? Anche se in effetti avrei anch’io qualche diritto a essere gelosa, con tutte le telefonate di vecchie amiche che ricevi!» tagliò corto la ragazza, poi gli prese le mani tra le sue e si sporse in avanti per dargli un bacio.

    III

    Cavalli indossò la giacca e si avviò verso l’uscita del commissariato dove l’ispettore Agosta lo aspettava in macchina ormai da un quarto d’ora. Gli aveva chiesto di accompagnarlo a casa. Il commissario non amava guidare e approfittava tutte le sere della disponibilità del suo collega che abitava poco distante da casa sua, nel quartiere Santa Rita.

    «Credevo non arrivasse più commissario!» gli disse Agosta invitandolo a salire in macchina. «Non mi dica che stasera non ha fame. Sarebbe la prima volta da quando la conosco» aggiunse accennando a un sorriso.

    «Scusa, Agosta, ma proprio mentre stavo per uscire mi ha telefonato Tonelli!»

    «O Signur!» esclamò l’ispettore nel suo piemontese con forte cadenza siciliana. «Che diavolo è successo? Non penso l’abbia chiamata per augurarle buona cena!».

    «E pensi bene! Altro che cena, da quello che ho potuto capire dalla telefonata della nostra collega, mi sa che ci passerà presto l’appetito.»

    Il commissario si legò con la cintura di sicurezza e aggiunse: «Hanno ritrovato il cadavere di una donna… e sembra che abbiano infierito sul corpo in un modo… in un modo… ma è inutile che ti racconti. La donna è stata ritrovata nel suo appartamento. Andiamo adesso, così potremo vederla coi nostri occhi.»

    Agosta mise in moto l’auto e si diresse verso corso Rosselli. Ma perché si chiese, i cadaveri, a Torino, li ritrovano quasi sempre all’ora di cena?.

    L’ispettore Tonelli lavorava con Cavalli già da qualche mese. Lavoravano bene insieme, anche perché si compensavano dal punto di vista caratteriale e soprattutto professionale. Tanto era pacato e riflessivo il commissario quanto dinamica e piena di energia la giovane ispettrice. Diceva che era lo yoga che l’aiutava ad accumulare tutta quell’energia. Il commissario si era dichiarato perplesso a proposito. A lui sembrava che lo yoga avesse tutto un altro effetto, ma la ragazza glielo aveva garantito e lo aveva invitato a provare. Invito che il commissario aveva sempre declinato cordialmente.

    Appena l’auto di Agosta si accostò al marciapiedi, Tonelli si precipitò ad aprire lo sportello al commissario. Appariva turbata. Il commissario non ricordava di averla mai vista in quello stato.

    «Che faccia

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