Il Grido della Terra. Missione Emilia
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Recensioni su Il Grido della Terra. Missione Emilia
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Anteprima del libro
Il Grido della Terra. Missione Emilia - Fabio Clerici
FABIO CLERICI
IL GRIDO DELLA TERRA
Missione Emilia
COLLANA OLTREMARE
NARRATIVA
© 2014 TraccePerLaMeta Edizioni
ISBN 978-88-98643-17-2
Associazione Culturale TraccePerLaMeta
www.tracceperlameta.org
info@tracceperlameta.org
Collana Oltremare - Narrativa
I Edizione digitale gennaio 2014
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art.68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.
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Progetto Grafico e di Copertina di Laura e Stefano Dalzini.
PREFAZIONE
Ciò che mi rimane in mente delle immagini dei libri di storia dell’arte, a parte le raffigurazioni dei capolavori dei grandi artisti che sono pietre miliari nel cammino dello spirito creativo dell’uomo, è il senso del ritorno
e della continuità che lega e collega la rappresentazione essenziale di linee e forme della Mater Matuta dei primordi con l’arte astratta contemporanea, quasi che l’uomo delle origini e l’uomo moderno si abbraccino e si ritrovino in un continuum logico e figurativo a testimoniare che, al di là del tempo, l’uomo è sempre uguale a se stesso pur nelle particolarità dei momenti e delle situazioni in cui vive.
La lettura dell’opera di Fabio Clerici, la sua prima creazione in prosa - novità assoluta per questo poeta che è abituato a stupirsi sempre di fronte alla natura e al sentimento che gli fa cantare in versi il suo cammino di uomo che si sente figlio di un mondo che con lui e in lui vive - mi ha posto davanti ad alcune considerazioni e riflessioni.
Innanzitutto mi sono chiesta come possa succedere che chi esercita una professione estremamente pratica, si ritrovi ad avere un animo idilliaco, sensibile, attento a sfumature e delicatezze; in secondo luogo mi ha stupito come si possa vivere all’interno della quotidianità di una missione di soccorso e non dimenticarne mai l’aspetto che impropriamente chiamiamo umano
, in realtà avulso dal contingente e proiettato nella sfera spirituale; infine non ho potuto non ripensare a quelle immagini preistoriche di donna stilizzata dal ventre gonfio e simbolico, espressione di una maternità ormai troppo spesso rinnegata e disprezzata.
In questo libro c’è tutto: l’evento unico e tragico che costituisce il prologo e che fa da sfondo alla narrazione; la reazione umana e collettiva che è la causa remota della scrittura; la descrizione traslata, effettiva ed affettiva, di vicende che potrebbero anche essere racconti a sé stanti e che invece sono tutti collegati dal fil rouge dell’emozione e, per finire, c’è lo sguardo dell’autore che accompagna benevolo i suoi personaggi e, in particolare, l’io-narrante in cui si riflette e a cui dà voce.
Nell’evolversi degli avvenimenti raccontati l’attenzione del lettore si concentra sull’umanità del personaggio che svolge il suo mestiere
con quella partecipazione che ne fa un’ arte
.
Ecco quindi che gli appunti di un taccuino qualunque su cui vengono appuntati i frammenti di sensazioni e osservazioni, si fanno narrazione: il gatto che torna alla sua casa distrutta, le coperte che difendono l’intimità di agenti che non dimenticano mai di essere donne, la crepa nella casa che nasconde il tesoro di ricordi e di vite vissute, la descrizione di un’ondata di terremoto che terrorizza alcuni e che lascia imperterriti altri, concentrati come sono in una partita a carte che ha il sapore della partita della vita.
La ricerca delle cause è a margine della narrazione e non ha alcuna pretesa scientifica, ma cerca solo di soddisfare la naturale sete del perché?
.
È così che Bruno, il protagonista, muovendosi all’interno di una professionalità in cui le capacità operative e decisionali sono il corredo necessario per l’attività svolta, assume quella qualità unica di Fabio-poeta che, dando vita al suo personaggio, riesce a scoprire e a fare suoi i risvolti ideali di una missione di soccorso in cui i compagni, la popolazione affranta e la realtà ambientale sconvolta sono di volta in volta sullo sfondo o comprimari.
La Mater Matuta, Gea, la Terra Madre, rinuncia alla sua capacità generatrice, scuote il suo manto ed espelle dalle viscere sabbia sterile trasmutandosi nella Matrigna malvagia che non riconosce più gli uomini come suoi figli, perché ormai divenuti semidei ribelli.
E, quindi, alla domanda sul perché tutto ciò che dà origine alla narrazione, sia potuto succedere, gli scienziati non hanno risposte certe, Fabio Clerici, il poeta, sì.
Anna Maria Folchini Stabile
Angera, 30 aprile 2013
NOTA DELL’AUTORE
Mauro Corona, grande alpinista, scultore e scrittore di successo, nel presentare il libro dell’amico Italo Filippin, così scriveva: Invece la letteratura, dalla più alta a quella scadente ha da prefiggersi un compito preciso: salvare il passato, la memoria, mettere al sicuro ciò che è stato. Un libro, un racconto, un saggio, un testo teatrale, tutto quel che vuole raccontare qualcosa, tra le righe deve far trapelare usi, costumi, tradizioni, mestieri, oggetti e quant’altro. In poche parole deve far conoscere la cultura del tempo nel quale si sono svolti i fatti e che lo stesso tempo, scorrendo, tende a cancellare
. (da I cacciatori di Erto di Italo Filippin, ed. Biblioteca dell’Immagine)
In questo libro ho cercato di seguire il sentiero tracciato dall’esperto Corona: dare voce ad un ricordo emozionale, un sentimento che non svanisca nei nostri cuori, ascoltare il popolo ferito e a volte dimenticato.
Per non far dissolvere la memoria di quei visi, ho scritto impressioni ed emozioni su un piccolo Moleskine e ho scattato tantissime foto, perché possano rappresentare il ricordo di ogni singolo particolare di quei paesi, ogni casa crollata, ogni vita distrutta, ogni attimo che fu e non tornerà. Questo è il mio modo di raccontare per lasciare una testimonianza della cultura post-terremoto, perché quella pre
era la storia di tranquilli paesi e cittadine, con i consueti luoghi di ritrovo, il cinema, la gente sul Corso, i pettegolezzi, le serate estive in Piazza. Solo ricordi in bianco e nero.
Ho trascorso in Emilia tre settimane partecipando a una missione di soccorso e i racconti di questo diario emozionale
nascono dall’osservazione quotidiana di episodi che, per quanto narrativamente romanzati e inseriti temporalmente in maniera non cronologica, accolgono i principi del reale
, con personaggi di fantasia ma prestati
dalla vita quotidiana, che animano la vita di comunità. La visione degli eventi non risulta pietistica, ma consapevole del dover percorrere un tragitto in salita, costellato da imprevisti e asperità, in nome di un futuro più consapevole.
PROLOGO
Il giorno 20 maggio 2012 alle ore 04.03 un violento sisma di magnitudo 5.9 Richter e della durata di venti secondi circa sconvolse il Nord Italia. L’epicentro veniva localizzato a Finale Emilia a 6,3 Km di profondità. Il violento evento provocò 7 decessi e circa 50 feriti, coinvolgendo circa 5000 persone sfollate e causando ingenti danni ad abitazioni private, aziende agricole, attività produttive e patrimonio storico-culturale. Tale fenomeno provocò, altresì, diffuse manifestazioni di liquefazione delle sabbie, prevalentemente in località non distanti dall’epicentro.
Nei giorni successivi si rilevarono attività telluriche meno intense, fino al giorno 29 maggio 2012 alle ore 09.00 quando una scossa di magnitudo 5.8 Richter squassò nuovamente la terra d’Emilia per circa 30 secondi a una profondità di 9,6 Km, con epicentro fra i Comuni di Medolla e Cavezzo, seguita da altre due atroci scariche di intensità 5.3 Richter alle ore 12.55 e 4.9 Richter alle ore 13.00 dello stesso giorno. Gli edifici privati e d’interesse storico-culturale, già danneggiati dalla precedente scossa, crollarono in gran parte. I feriti risultarono essere circa 350, a fronte di circa 20 morti (di cui 2 decessi avvenuti nei giorni successivi). In quel momento gli sfollati vennero stimati in circa 15.000 persone.
Il giorno 3 giugno 2012 alle ore 21.20 un’ulteriore e