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L'antologia dell'ovest
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L'antologia dell'ovest
E-book227 pagine3 ore

L'antologia dell'ovest

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Info su questo ebook

Due antichi dèi creano il mondo con l’obiettivo di dar vita a un essere che diffonda pace e armonia.

Stribog, dio del vento, del cielo e delle tempeste e Svarog, dio del fuoco, creano così i figli degli dèi, seguaci delle due divinità, ognuno con un proprio regno.

Ma un oscuro nemico, un tremendo dio nero, farà di tutto per rompere questo delicato equilibrio, seminando tra gli uomini il seme dell’odio, fomentando guerre, cercando di mettere i due regni l’uno contro l’altro…

L’antologia dell’Ovest ci conduce in un’epoca d’altri tempi, fatta di epiche storie, avventure, gioie, dolori, lotte, armistizi, sotterfugi.

Tramite le vite di re, militari e personaggi di spicco, vivremo momenti intensi in cui atroci crudeltà si affiancheranno a travolgenti passioni. 

E sullo sfondo un conflitto, quello tra il Bene e il Male, che dura dall’inizio dei tempi…
LinguaItaliano
Data di uscita12 ott 2016
ISBN9788867932696
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    Anteprima del libro

    L'antologia dell'ovest - Fabrizio Malagoli

    http://creoebook.blogspot.com

    Fabrizio Malagoli

    L’ANTOLOGIA

    DELL’OVEST

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    INTRODUZIONE

    L’antologia dell’Ovest nasce con lo scopo di trasportare il lettore in quella che è una parte importante del continente di Mu. Per diverso tempo mi sono chiesto come sarebbe stato fare una vera e propria storia, fatta di avvenimenti, guerre, personaggi, leggende, storie e altro ancora: posso dire di aver fatto tutto questo andando oltre le aspettative che mi ero prefissato.

    In questi racconti sono narrate le successioni dei re di Vaji-We e Firrnost, città principali nelle terre dell’Ovest. Si narra della loro nascita, lo sviluppo, le discordie, i movimenti, la politica. Un susseguirsi di eventi, personaggi molto particolari e costruiti basandomi sulla mitologia slava, la quale mi premeva molto sin dall’inizio della stesura. Del pantheon slavo abbiamo fonti molto scarse, ma interessanti, che lasciano spazio all’inventiva e alla costruzione.

    Nell’intento di sviluppare una linea cronologica degli avvenimenti che si susseguono su queste terre, mi sono soffermato sulla valenza delle citazioni: il modo migliore per definire le idee dei singoli monarchi, da un lato e dall’altro.

    Spero di aver fatto un bel lavoro e che possiate apprezzarlo per come l’ho immaginato, con tutti i colpi di scena e i tristi momenti che comportano queste storie. La mia visione delle terre dell‘Ovest non è del tutto completa, ancora gli avvenimenti sono da scrivere: la storia deve ancora giungere al suo tragico epilogo.

    Posso solo chiedervi di godervi queste avventure, insieme a me e con me. Thui Boga! Thui Boga Vaji-We!

    LE TERRE DELL’OVEST

    In origine, nella storia del continente di Mu, si rincorrono diverse idee e racconti sulla creazione di questo continente e sull’arrivo dell’uomo su di esso. Il perché non ci è dato saperlo, quello che veramente ci interessa sapere è quali sono queste storie e cosa le accomuna.

    All’inizio dei tempi vi erano Stribog e Svarog. Erano due divinità i cui poteri erano immensi, tanto poderosi da creare mondi e pianeti, disfare la materia e generare forme di vita. La loro nascita rimane sconosciuta: certi storici Lemuriani, in particolare Prytos e Algon, attribuiscono questa nascita a un evento cosmologico. Gli dei nascono con la materia, afferma il primo nel suo saggio. Tale materia rimane inattiva fino a fondersi con la luce e l’energia dando vita a un organismo superiore considerato il fondatore del resto del cosmo. Tale potere deriva dalle stelle e dall’universo di cui però l’organismo non conosce e non sa. Queste parole attribuiscono quindi al concetto di divinità un che di cosmologico, una visione non pienamente condivisa da Algon il quale non fu d’accordo.

    Se avesse ragionato sul come e non sul perché allora avrebbe capito che l’universo è il dio, l’universo dalle quali mani si sprigiona l’energia della creazione. Un gelido rimprovero a uno storico vissuto anni prima di lui.

    Riprendendo il discorso dei due dei, diversi e simili allo stesso tempo, Svarog era per eccellenza il Dio del fuoco, esso conferiva alle sue mani il potere di dare la luce nelle tenebre, nello spazio più freddo dare calore e dove tutto era sterile. Era anche divinità del vento portatore di calore, il soffio della vita.

    Da un altro lato vi era Stribog, dio dei venti, del cielo e delle tempeste. Non meno vendicativo di Svarog, se scatenava la sua ira era difficile sopravvivere alla sua punizione. Le sue vesti sono morbide e leggere come il vento, azzurre come il cielo e dalle sue mani escono le correnti fresche e primaverili, gelide e tiepide: muove i flutti, i mari e i fiumi, sposta i laghi e devia i percorsi degli affluenti, solleva le onde e le porta a riva sugli scogli.

    Tale è la bellezza del cielo e dell’acqua che nessun uomo saprebbe eguagliarle. Il primo si dedicava a forgiare il fuoco e i soli mentre l’altro dava armonia a ogni cosa: tale era la loro sincronia, erano unici e diversi allo stesso tempo.

    Accadde allora che Svarog, intento a scaldare la fornace per forgiare, avvicinò l’amico e disse toccandosi la lunga barba dorata: Potremmo disegnare un pianeta dove creare una vita complessa: esseri pensanti e coscienti, di acqua e fuoco, io e te insieme.

    Non so cosa dire, disse l’altro muovendo il mantello azzurro e toccandosi i capelli lunghi e neri.

    Credi che sarebbe giusto? Dopo averlo fatto non potremmo distruggerli: coscienti e pensanti! Avranno quindi la possibilità di costruire e lavorare, attingere dalle fonti e creare, immaginare.

    Esatto, insegneremo loro cosa sono pace e armonia, cosa vuol dire amarsi e rispettarsi. L’amico sorrise in preda a un’euforia involontaria: Crea un sole, dai fuoco al metallo! Io darò acqua e forma a questo pianeta sterile.

    Il dio del fuoco sorrise e il suo martello cadde pesante e scintillò come fiamma.

    Fu allora che giunse l’avvento dei figli degli dei.

    Figli creati dal fuoco e dell’acqua, tenaci e temerari, sensibili e duri, morbidi e inflessibili: il tempo dei Fiwaa.

    Giunsero sulle placide coste, vicino all’acqua tiepida del lago inondati dalla luce del sole, il cui nome è noto come Da-gho’ba: nel Lengwebog significa astro ceruleo nato dalla fusione di cielo e fuoco.

    Questi uomini furono subito svegliati dalla grossa voce di Svarog che parlò loro. Figli miei, siete nati su questa terra per volere di Svarog e di Stribog, onorate questi nomi e siate sempre buoni gli uni con gli altri, amate e rispettate i vostri simili perché siete tutti figli degli stessi creatori. Gli uomini sorrisero e pieni di gioia adorarono i due dei.

    Lungo la costa sorsero allora diversi accampamenti dove tutti vivevano in armonia, quando passavano degli uomini senza riparo essi li accoglievano e divenivano parte della comunità. Un uomo allora, tra i più sapienti, venne eletto come mano di Svarog e un altro come l’occhio di Stribog. La mano sorvegliava i comportamenti della comunità mentre l’occhio diffondeva il verbo di pace tra il popolo.

    Col tempo i villaggi aumentarono, chi professava la propria credenza nella mano e chi nell’occhio, chi ascoltava Svarog e chi seguiva il flauto di Stribog. Fu allora che i seguaci si divisero creando diversi centri religiosi, prima Mevil dove il culto della fiamma era presieduto dalla mano: una delle prime comunità che arrivava a contare fino a un migliaio di persone.

    Il culto era celebrato tutti i giorni e la mano diffondeva il messaggio di amore e fratellanza verso tutti i figli, verso Stribog e verso la terra.

    Ad aiutare la mano vi erano i Demagoghi, i protettori della città, simbolicamente guerrieri corazzati che in futuro sarebbero divenuti i comandanti dell’esercito di Svarog.

    Nel Lengwebog Deh unito a M’gog ovvero i custodi catafratti. Indossavano pesanti armature di metallo, un elmo finemente elaborato e arrivavano su cavalli corazzati e maestosi, i più maestosi tra i villaggi di quel tempo.

    L’occhio guidò invece i suoi seguaci in una valle ventosa a Nord.

    Questa valle era scossa da forti venti che spiravano tutti i giorni di tutto l’anno. Appena l’occhio varcò quella valle disse a gran voce: Il tocco di Stribog nostro dio è forte: ci invita a stabilirci qui!. Fu così che nacque Vaji-We, ovvero valle del vento.

    Solide mura di avorio aveva questa città e da piccola che nacque divenne enorme e grandiosa, il culto di Stribog veniva celebrato tutte le notti a suono di flauto.

    Leggere fiamme portavano alla statua del dio che era bagnata da acqua purissima. L’occhio predicava l’amore per Svarog e tutte le creature del mondo, si beveva l’acqua del fiume, benedetta e poi si danzava in una sala baciati dal flusso dei venti.

    Le mura chiudevano la città e la avvolgevano come per proteggerla dalle forti ventate.

    L’occhio divenne il re della città e al suo comando vi erano gli Strii-man ovvero gli uomini di Stribog, un corpo scelto che manteneva l’ordine e la pace per tutta la città.

    Da un’oscurità fatta di ombra e malizia si erse un dio nero, il nemico dei popoli liberi.

    Cernobog mise i suoi sudici piedi sulla terra anni dopo l’arrivo dei Fiwaa. Era conosciuto come il Dio nero, un’entità oscura e portatrice di morte.

    Non si sa come arrivò nel mondo, fu forse un errore di Perun il sapiente, dio della guerra. Il male sta per toccare le vostre terre e non so cosa accadrà allora.

    Questo disse a Svarog e Stribog il potente padre e loro ne furono scossi.

    Il dio nero era malvagio, il suo cuore corrotto dal principio. Chi lo vedeva lo descriveva come un uomo nero con due corna da ariete e un viso intriso di tagli, cicatrici e due occhi rossi come il sangue.

    La sua pelle era nera come la notte e alle sue orecchie non sfuggiva nessun rumore.

    Si era ipotizzato che fosse umano che quindi non fosse un prodotto divino, bensì di fattura terrestre. Possedeva poteri sovrannaturali, aveva un corpo che poteva essere ferito e tagliato come ogni pezzo di carne.

    Se la prese subito con gli abitanti di Mevil e distrusse parte della città: bruciò le loro capanne e successivamente uccise bambini e donne.

    Non lo fece da solo, fu allora forse quello l’inizio inevitabile della decadenza: alcuni uomini, si pensa, furono portati alla malvagità e all’iniquità e costretti a massacrare i propri consanguinei.

    Inizialmente nessuno volle credere: successivamente questo fatto fu oggetto della prima strage tra confratelli.

    Dopo aver quasi incenerito interamente la città, la mano decise di ripiegare verso ValleVento dove l’occhio accolse i suoi fratelli con grande gioia, ma ne vide la sofferenza e la disperazione.

    Sono usciti dal nulla, disse la mano sconvolta.

    Ci hanno massacrati, non avevamo nulla con cui difenderci.

    L’importante è che voi siate salvi, Stribog ti benedica. State qui quanto volete, avrete riparo e poi deciderete se rimanere o andare.

    Mesi dopo la disfatta di Mevil la mano decise di ripartire e di fondare una nuova città: aveva visto la potenza e l’immensità di Valle Vento e voleva anche lui avere un luogo così sicuro e protetto.

    Camminarono verso Nord e attraversando la città di Perun arrivarono in una radura erbosa e rocciosa, alberi radi sorgevano e polvere si sollevava dai sassi.

    Lì nacque Firrnost, la roccaforte di fuoco, circondata da fiamme leggere, aveva mura alte e spesse, in basalto nero: divenne immensa, quasi regale come Valle Vento.

    L’intento di preservare tale equilibrio era difficile.

    Gli dei guardavano i loro figli contenti, nonostante l’attacco di Cernobog non si erano fatti prendere dall’odio e dalla vendetta. Ne erano soddisfatti: a Firrnost la mano aveva invitato l’occhio per ringraziarlo dell’ospitalità di qualche tempo prima.

    L’occhio vide quanto fosse regale e immensa la città tanto che ne rimase colpito. Fu una cena di risate e amicizia, amore e rispetto vigeva tra i due.

    Il dio nero intanto macchinava nequizie insieme ai suoi seguaci. Solo dopo si venne a sapere che era già alleato e schiavo di Satana.

    Obbediva ciecamente al dio oscuro che lo legava a sé con malvagità e violenza. Non restava che scatenare le due città una contro l’altra e fare in modo di distruggerle.

    Chiamò a sé allora Vij, suo schiavo e comandante, dicendogli di radunare ogni uomo che volesse liberarsi di pace e armonia e combattere per lui: era un drago molto potente e le sue ali erano puro cristallo.

    Nel frattempo è necessario parlare dell’arrivo dei caduti.

    I F’allok fecero la loro comparsa proprio sulle terre dell’Ovest. Non si sa esattamente perché la loro diffusione partì proprio da lì, si lascia intendere che nelle viscere della Terra Satana avesse spedito i suoi abomini, dopo la caduta di Nova Negrhudio, proprio in quelle terre perché giovani e piene di vita: i primi avvistamenti dei caduti avvennero vicino al trono abbandonato.

    Altro non erano che cadaveri cuciti insieme, armati di asce, lance, martelli, falci e altre armi in acciaio o ferro. Si dice che la prima tribù dei caduti fosse comandata da un orribile abominio con un’ascia al posto della mano destra e varie punte di lancia che uscivano dalla sua schiena.

    Da quell’attacco gli abitanti di Valle Vento li chiamarono F’allok ovvero i caduti.

    Si sanno molte cose sulla gerarchia e sulle loro tribù .

    Il capo della tribù veniva scelto per crudeltà e sottoposto alla prova di passaggio: chi sterminava più persone diveniva capo incontrastato e se il suo posto veniva usurpato o anche solo messo in discussione, uccideva tutti i contrari alla sua carica.

    Sappiamo inoltre che le tribù vantavano un certo numero di uccisioni: se le uccisioni erano sotto la media prefissata (dal comandante in questi casi) venivano massacrati senza pietà, tribù contro tribù.

    I caduti sono esseri senza coscienza, nascono per uccidere e rispondono solo alla morte e al massacro. Nulla può fermarli, sono più resistenti di un demone dell’inferno e più veloci di uno sgozzatore, stupidi nonché sadici e meschini.

    Se consideriamo l’evoluzione all’interno della creazione dei caduti possiamo affermare che l’anticristo, ovvero l’arma suprema di Satana creata nell’Atrium Carceris, è l’evoluzione finale del F’allok: più corazzato e più armato, sia a livello dell’arma sia a livello della tecnologia con cui esso è concepito.

    Tuttavia erano in continua competizione tra loro: si massacravano a vicenda e ciò li dimezzava di numero, ma non importava: i negromanti sempre ne creavano e alla fine anche i F’allok si creavano da soli. Per fare ciò furono creati dai negromanti stessi quelli che prendevano il nome di Ur-F’allok: i semi caduti.

    Tali erano pensati per comporre i guerrieri da cadaveri e armi, possedevano quindi un potere magico dato loro dai negromanti.

    Ciò però dava loro una coscienza e tal volta essa poteva dimostrarsi pericolosa. Uno di loro riuscì a fuggire dopo aver dichiarato la sua indipendenza e non aver giurato fedeltà all’oscuro. Non si è mai più visto né fu più nominato, di lui si sa solo il nome che si è dato e dove vive: il Signore del Golfo Nero.

    Una storia interessante la sua, se ci sarà tempo andremo a narrarla con calma.

    I F’allok allora impararono a crearsi e a potenziarsi con armi differenti, legavano i loro corpi marci al metallo, all’acciaio, si fondevano con armature strane e bizzarre, si bruciavano e si stampavano strani tatuaggi, si ferivano ripetutamente e ciò provocava loro piacere.

    Si cavavano gli occhi e li appendevano alle cinture. Si aprivano la gabbia toracica coprendo il cuore di metallo. Combattevano il dolore fino a che non sentivano più nulla: erano delle macchine per uccidere, niente di più.

    Le prime tribù di caduti che conosciamo erano due, sostanzialmente le più grandi, composte da almeno cinquecento, mille individui: la tribù dei Cephal fu la più possente.

    Si hanno diverse traduzioni dato che la lingua dei F’allok mischiava il Lengwebog al satanico antico. Si ritiene significasse spina fratturata o dorsale spaccata probabilmente derivante dal suo capo, Zmug, il quale indossava una corazza composta da metallo fuso alle spine dorsali che strappava alle sue vittime.

    Era spietato e uccideva chiunque non lo volesse come capo.

    La seconda tribù viene conosciuta con il nome di Sugga ovvero mangiatore di uomini.

    Tale tribù si cibava solo di carne umana, al contrario delle altre che mangiavano sia carne umana che animale. Mangiare solo carne umana era considerato folle, soprattutto da Zmug: la carne umana alla lunga faceva male e indeboliva lo spirito dei caduti.

    Questa tribù era conosciuta non solo per il fatto di nutrirsi di carne umana, ma anche per il fatto di costruire capanne con la pelle dei nemici, ciotole e vasi. Usare i liquidi delle interiora per medicinali e unguenti e di fabbricare i propri simili con armi raccolte in battaglia dai nemici.

    Questo era scandaloso: i F’allok usavano solo le armi date loro da Satana o forgiate da loro stessi perché degne dei caduti e non impugnabili da alcun braccio umano.

    Capo di questa tribù era Uss, grosso e arrogante, sempre con la carne umana in bocca.

    Questi due clan, queste due tribù, rimasero in conflitto per almeno duecento anni prima di fondersi e formare il primo villaggio-città che i caduti abbiano mai avuto, nato in quelli che sarebbero divenuti poi i domini di Veilrot.

    Torniamo ora a Cernobog che approfittando della paura dell’uomo riuscì a corrompere molti, sia della mano sia dell’occhio.

    Tale infatti era il suo scopo: fare entrare in conflitto Vaji-We e Firrnost.

    Inizialmente

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