Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)
Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)
Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)
E-book361 pagine5 ore

Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Devon Sanders, un investigatore privato noto soprattutto per la sua efficienza e discrezione, è determinato a svelare i segreti di Quintessenza, l'università paranormale. Quando scopre la verità sul suo passato, capisce che alcuni segreti è meglio che restino tali.

Quando una strana malattia si diffonde nella scuola, tutte le prove conducono a una persona alla quale Devon non pensava assolutamente. Poiché l'università e i suoi studenti sono minacciati, forse è giunto il momento che Quintessenza riveda le regole della comunità paranormale. Per salvare gli studenti, Devon deve correre contro il tempo per fermare un nemico che è sfuggente… come un'ombra.

La magia sta negli elementi.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita27 gen 2018
ISBN9781547515417
Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)

Leggi altro di Rain Oxford

Correlato a Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Fiamme Furiose (Libro degli Elementi 3) - Rain Oxford

    Capitolo 1

    28 Agosto, ore 23

    Le luci tremolarono su di me, seguendo il ritmo dei passi dell'agente di polizia. Ogni corridoio era suddiviso con porte di sicurezza che dovevano essere sbloccate dall'ufficio principale. Nascosi la mia indifferenza, ma solo in parte: qualunque mago sarebbe riuscito a disarmare e smantellare l'intero presidio in pochi secondi.

    L'agente aprì un'altra porta, mostrando otto celle sul lato sinistro e sul destro, ognuna delle quali aveva le sbarre e il muro di cemento. Erano ammobiliate come qualunque altra cella: un materasso sottile, un semplice gabinetto e un lavandino. L'agente tirò fuori la sua collezione di chiavi, aprì la porta della cella più vicina e fece un passo indietro, tenendo la porta aperta.

    «È il meglio che hai?» chiesi.

    «Sissignore».

    Sospirai ed entrai nella cella. Mi voltai, a meno di un metro dalla porta e lo guardai mentre chiudeva velocemente la cella e toglieva rapidamente la chiave, come se temesse che avrei cambiato idea e avrei smesso di collaborare. Fece un passo indietro e feci passare le braccia tra le sbarre per poggiare i polsi a riposare.

    «Mi dispiace per questo» disse.

    «Stai facendo il tuo lavoro».

    Poco prima che se ne andasse, lasciai che la magia fluisse sulle sbarre, visualizzai la serratura e immaginai che si aprisse. La porta si aprì di pochi centimetri fin quando la mia mano la fermò. L'agente lo sentì e si voltò, facendo del suo meglio per guardarmi e mantenere il controllo.

    Risi. «Sto solo scherzando. Resterò nella mia gabbia». La tirai per chiuderla e la serratura scattò mentre si chiudeva automaticamente.

    Se ne andò senza dire un'altra parola. L'unica persona nelle vicinanze era un uomo nella cella accanto alla mia. Immaginai che fosse ubriaco, a giudicare dal fetore di alcol e vomito che emanava da lui e dal fatto che si trovava immobile sul suo letto. I suoi occhi marroni erano lucidi e i suoi peli del viso erano costellati di avanzi di cibo, sputo e liquore.

    «Per che cosa sei dentro?» biascicò.

    «Per aver ucciso la mia ex-moglie».

    *      *      *

    25 Agosto

    Un colpo forte mi svegliò e mi fece afferrare la mazza che tenevo sul comodino prima di riconoscere l'ombra che si muoveva ai piedi del mio letto. La luce si accese e per poco non mi accecò perché nella mia stanza avevo le tende oscuranti. «Amelia, che cosa ci fai nella mia stanza?» chiesi abbassando la mazza. Il cuore mi batteva all'impazzata, ma l'espressione di scuse sul viso della fata era troppo sincera per suscitare la mia collera. Era l'ultima donna al mondo che avrebbe fatto qualcosa di vendicativo o di offensivo di proposito.

    «Mi dispiace…» disse indicando il piattino e la tazzina che teneva in mano. «Stavo cercando di portarti la colazione».

    Quella donna dai capelli rossi e dagli occhi verdi pesava circa cinquanta chili, era alta un metro e sessanta ed era la personificazione della bellezza celtica. I gattini sulla maglietta che le stava troppo grande e i cuori sui pantaloni azzurri del pigiama le davano un aspetto ancora meno feroce. Dopo aver abitato con lei per due mesi, mi ero convinto che fosse la donna più sottomessa, cortese e disinteressata al mondo.

    Scagliai la mazza sotto il letto e presi il caffè dalle sue mani. «Non volevo sembrarti nervoso, ma non sono abituato ad avere gente a casa mia» dissi, sperando di calmarla. Sono passati più di tre mesi e non mi sono ancora abituato. E comunque Regina aveva passato pochissimo tempo a casa per quel poco che avevo vissuto con lei. «Che cosa festeggiamo?»

    Sorrise esitante. «Niente; ho pensato solo che sarebbe stato carino».

    Sorseggiai il mio caffè lentamente, guardandola oltre il bordo della tazzina. Teneva in mano un piatto con uova, bacon e toast e distoglieva lo sguardo perché era agitata. Il nervosismo oscurò i suoi occhi verdi brillanti. Poggiai il caffè sul comodino e presi il piatto. «Vado a prendere un po’ di burro per…»

    «Ci vado io!» mi interruppe, scappando verso la porta.

    «Fermati» dissi. Si fermò ma non mi guardò. «Perché non vuoi che veda la mia cucina?»

    Deglutì sonoramente. «Cucina? Quale cucina?»

    «Vedo che Darwin ti sta insegnando a mentire».

    «Io so mentire. Darwin la sta pulendo. Me l'ha promesso. È solo che… ieri sera gli è venuta fame… o qualcosa del genere. Davvero, niente di serio».

    «Sul serio? Perché il mio caffè sembra proprio quello del ristorante in fondo ala strada». Aprì la bocca per scusarsi. «Non sono arrabbiato» dissi dandole una pacca sulla spalla. «Quando mai mi sono arrabbiato con te?» Poggiai il piatto ai piedi del letto e aprii la porta.

    «La settimana scorsa, quando Darwin mi stava insegnando a preparare le bombe d'acqua».

    «Okay, sì, mi sono arrabbiato, ma solo perché le stava buttando dalla finestra sulle persone». A quel punto svoltai l'angolo, vidi la mia cucina e mi bloccai: c'era Darwin seduto sul pavimento con due portatili, un sacco di fili e un sacchetto di popcorn. Non m'importava dei cereali su tutto il pavimento e sui banconi, non m'importava neanche che ogni cassetto, armadietto ed elettrodomestico fossero aperti e il pollo vivo che faceva il bagno sul lavandino che grondava acqua era una cosa di poca importanza.

    Ma ogni centimetro di ogni superficie della cucina era ricoperta di fucsia o di rosa pastello.

    *      *      *

    15 Maggio

    Avevo accettato di insegnare la magia e come trasformarsi a Darwin perché l'alternativa era inaccettabile. Forse Hunt non l'avrebbe espulso, ma il consiglio gli avrebbe fatto pressioni e avrebbero reso la vita difficile a tutti. Comunque non avevo accettato di essere io quello che doveva dirglielo.

    Andai verso la mia nuova stanza nei dormitori il più lentamente possibile, sperando che non fosse più lì quando sarei arrivato. I miglioramenti nei dormitori erano stati effettuati solo dagli studenti, nonostante lì abitassero anche i professori.

    Poiché lo scopo ultimo di Logan Hunt nel creare quella scuola era quello di rendere migliore la vita dei paranormali e migliorare i loro rapporti, gli studenti dividevano la stanza con persone dello stesso tipo di paranormale solo se erano parenti o sposati. Questo era il motivo per il quale mi erano stati assegnati quei due compagni di stanza in primo luogo. Di solito le stanze erano assegnate a un mago, un mutaforma e una fata, ma a volte un mago aveva un solo compagno di stanza, poiché i maghi erano molto più numerosi degli altri paranormali a Quintessenza. Comunque, poiché una parte degli studenti aveva abbandonato l'università quando erano arrivati i vampiri, le nostre stanze adesso erano state assegnate a un mago, un mutaforma e una fata o un vampiro. Quella era la nostra situazione in quel momento.

    Avevamo anche realizzato un edificio con meno piani perché non potevamo mettere un ascensore. Anche se le stanze erano state disegnate tutte allo stesso modo, avevamo lasciato decidere agli studenti il colore delle pareti quando le avevamo dipinte alla fine del semestre.

    Mi fermai davanti alla mia porta e vi poggiai sopra la testa. Hunt e Maseré avevano deciso che fossi io a dire a Darwin che aveva bisogno di praticare magia o di mutare forma. Sapevo che non avrebbe capito. Aprii la porta rassegnato. Darwin stava scrivendo appunti in un taccuino mentre Henry metteva in valigia i suoi libri.

    Il mio compagno di stanza più giovane mi sorrise. «Dai un'occhiata, fratello! Ho già preparato l'itinerario per il mio viaggio a Sydney. Farò un sacco di foto e Henry ne farà dei ritratti quando torneremo a scuola».

    «Forse sarà meglio che tu non metta in valigia la muta da sub».

    «Non ne avevo intenzione. Hanno spiagge per nudisti».

    «Allora sarà meglio che tu faccia attenzione alle foto che scatterai» lo avvisò Henry.

    «A dire il vero, non andrai in vacanza quest'estate». Quando gli dissi quello che stava succedendo e che stava avvenendo a causa della pressione che il consiglio esercitava su Hunt, Henry dovette trattenerlo. Ci volle un'ora e mezza per calmarlo abbastanza da elaborare un piano con noi.

    Secondo Darwin un emarginato era una persona che non riusciva ad adattarsi alla comunità umana né a quella paranormale e lui era compreso tra loro perché sentiva dolore già solo a toccare qualcuno. Per il consiglio era una persona nata da genitori paranormali che non riusciva a controllare i propri poteri. Per poter continuare i suoi studi a Quintessenza, Darwin doveva togliersi quel marchio di dosso.

    «Non sei un emarginato, in base alle loro regole, quindi dovrebbe essere facile» dissi quando lui si sedette nuovamente. Henry rimase davanti alla porta per impedire a Darwin di dare la caccia al consiglio dei maghi. «Hai mutato le mani in zampe due volte».

    «Erano… circostanze particolari ed è successo solo quando le nostre vite erano in pericolo».

    «E il tuo potere di cambiare colore?»

    Arrossì per la vergogna. «Quello è un potere che ho ereditato da mia madre. In realtà dovrebbe essere mimetismo: lei sa mutare il colore e il materiale degli oggetti per nascondere la tana della sua tribù. Non riesco a far bene nemmeno quello; quando uso il mio potere sembra che sia esplosa una scatola di pennarelli. Neanche allora sono riuscito a controllarlo: il colore che viene fuori è del tutto dominato dal mio umore».

    «Beh, almeno abbiamo un punto di partenza, quindi esercitati a usarlo il più possibile durante l'estate. Tuo padre e Hunt hanno già parlato e Maseré ha accettato che tu venga a stare con me. Non ti costringerò a farlo, ma preparati ad affrontare la decisione di Hunt se ti rifiuterai».

    Restò in silenzio per un momento. «Io… io apprezzo molto che tu voglia aiutarmi. Non penso che la scuola possa insegnarmi qualcosa, ma mi piace stare qui».

    *      *      *

    25 Agosto

    Tornai nella mia stanza in silenzio, presi il telefono e chiamai il primo numero che avevo tra le chiamate rapide. Ascoltai quella voce familiare e sentii un sospiro ancora più familiare. «Che cosa ha fatto stavolta?»

    «Ha fatto diventare rosa la mia cucina».

    Silenzio.

    «Anche il… ehm… frigorifero?»

    «Sì, il frigorifero è la cosa più maledettamente rosa che abbia mai visto in vita mia».

    Si sentirono delle risatine. «Beh, gli hai detto tu di esercitarsi».

    «Ed è per questo che sto stritolando il telefono e non il collo di tuo figlio. Fai venire un pittore: se il mio padrone di casa lo vede, ci butta per strada».

    «Facciamo una cosa migliore: mia moglie ed io pensavamo di venire a farvi una visita. Odio stare così a lungo lontano dal mio ragazzo e Anya può occuparsi del vostro problema rosa».

    Il suo ragazzo aveva ventidue anni e sarebbe arrossito come un peperone quando avrebbe presentato Amelia a sua madre. Anche se Darwin non poteva toccare nessuno, sapevo che Anya stava cercando di farlo sposare. Almeno volevano quello che era meglio per lui, diversamente dai genitori di Henry.

    Diedi un'occhiata alla stanza degli ospiti, quella che stava usando Amelia. Non mi ero preoccupato di ammobiliarla quando vivevo da solo, perciò recentemente era stata rinnovata con il miglior materasso gonfiabile che potessi trovare al Walmart e con un tavolo di legno che montammo in cinque minuti. Le sue valigie erano disposte ordinatamente in un angolo.

    D'altro canto Darwin aveva uno schema del sonno caotico quando andava tutto bene, perciò dormiva sul divano. Di conseguenza tutto il salone era pieno di pile di vestiti, libri e materiale elettronico. A quanto sembrava il caos continuava a espandersi. Mezz'ora dopo che Darwin si era trasferito a casa mia avevo scoperto che era Henry a contenere le abitudini di vita caotiche di Darwin quando eravamo a scuola. Ero molto tentato di telefonare al giaguaro.

    «Devon?»

    «Sì, scusa, stavo sognando a occhi aperti. Venite pure, sono sicuro che a Darwin farà molto piacere vedervi».

    «Come se la cava Amelia?»

    «Bene».

    «Davvero? Allora Darwin non le sta facendo prendere delle cattive abitudini?»

    «Mmm…»

    *      *      *

    22 Maggio

    «Pensavo che ci sarebbe stata un po’ di azione e altre stronzate simili» gemette Darwin. Seduto dall'altra parte della mia scrivania, lasciò cadere la testa sul legno con un tonfo sordo. La mia scrivania era di legno vero, non di quella roba economica, quindi mi aspettavo il gemito successivo.

    Non era passata neanche una settimana da quando Darwin ed io avevamo lasciato la scuola e volevo già rimandarlo ai suoi genitori dentro una scatola. Era il mio primo giorno ufficiale di ritorno al lavoro ed ero nel mio ufficio a esaminare un contratto. Poiché quella mattina non aveva con sé il suo portatile, a Darwin venne una crisi quando scoprì che il mio computer era poco più che un fermacarte. Maseré gli aveva portato i vestiti, i libri e scatole su scatole di componenti elettronici, il che comprendeva tutto a partire dai portatili fino a programmi speciali che Darwin mi aveva detto di buttare nell'immondizia se fosse venuta la polizia. Quando gli chiesi fino a che punto fosse legale, lui mi rispose «In quale paese?»

    «Quella dell'investigatore privato è una vita non sempre ricca di eventi» gli dissi.

    «Avresti dovuto dirmelo prima che accettassi di restare con te quest'estate! Avrei potuto essere in Australia».

    «Prima di tutto te l'ho detto. In secondo luogo, non è che tu avessi molta scelta: se vuoi tornare a Quintessenza, devi controllare la tua magia o il tuo potere di mutazione. Non è inverno in Australia?»

    «La fine dell'inverno, sì».

    «Ecco qua, sei un genio, puoi leggere tu il contratto» dissi passandogli il pacchetto e la penna dall'altra parte della scrivania.

    Li guardò con un'occhiataccia, come se fossero cibo andato a male. «Non esiste proprio. Odio le stronzate legali. Tu gioca pure a fare l'avvocato, io vado in biblioteca per entrare nel…» Qualcuno suonò il campanello e la porta si aprì e quando si voltò a vedere chi stesse entrando nell'ufficio, il suo viso s'illuminò. «Amelia!» Sembrava che volesse tanto abbracciarla.

    Amelia indossava un vestito lungo, elegante, di raso color verde smeraldo con dei fiocchi argentati attorno alla vita sottile. Aveva i capelli rossi legati, ma alcune ciocche erano libere di incorniciarle il viso. L'uomo che entrò dopo di lei era magro e alto, con capelli lunghi e neri raccolti in una treccia e gli stessi occhi verdi intensi di Amelia.

    «Tu devi essere Devon» disse con un leggero accento irlandese. Non aveva parlato con un tono di voce caldo, ma neanche ostile.

    «Proprio così. Lui è Darwin Mason».

    «Io sono Sean Bell». Rivolse un cenno educato della testa al mio giovane amico. «Non ti vedo da quando avevi quattro o cinque anni» disse.

    «Non sapevo che ci fossimo mai visti»

    «Maseré ed io ci siamo incontrati, quasi per caso. È stato per questo che siamo venuti a vivere qui, a dire il vero». Si voltò verso di me. «Che cosa ti ha raccontato Maseré della nostra situazione?»

    «Nulla, a dire il vero, solo che vi serve una guardia del corpo per Amelia».

    Sean annuì. «La madre di Amelia, Gracie, era un'umana. Quando la mia tribù ha scoperto che stavo con lei, mi ha promesso che l'avrebbe uccisa se non l'avessi lasciata. L'ho fatto, ma ha continuato a controllarla. Poi è nata Amelia. Non sapevo nemmeno della sua esistenza fin quando la mia tribù non ha cominciato a dare loro la caccia. Sono riuscito a salvarle, ma Gracie era già stata ferita mortalmente e morì prima che potessi curarla. Amelia ed io ci siamo trasferiti a Northolt per scappare da loro».

    «Perché non vi aggregate a un'altra tribù di fate?»

    «Ci sono molte fate in quella regione, ma devi essere nato in quella tribù o devi averne sposato un membro. Maseré ha creato un'alleanza con una di quelle tribù prendendo moglie e facendo un figlio. Siamo diventati amici e mi sono trasferito qui con Maseré e la sua famiglia. Poiché Maseré da quel momento in poi ha cominciato a viaggiare per tutto il mondo, non ci siamo visti per molti anni».

    «Quindi Amelia ed io ci eravamo già visti prima?» chiese Darwin. Amelia e Darwin si studiarono, come se all'improvviso potessero fiorire i ricordi.

    «Sì, ma per restare in incognito le ho colorato i capelli e gli occhi e l'ho chiamata…»

    «Amy!» Darwin lo interruppe. «Sono caduto dal melo di mia madre cercando di prenderti una mela».

    Spalancò gli occhi. «Tu sei quello con i guanti che mi ha legato al melo!»

    Darwin arrossì e distolse lo sguardo. «No, quello era il figlio dei vicini».

    «Allora, qual è il problema?» chiesi per tornare al caso.

    «Tre mesi fa un amico ci ha detto che un tizio che si chiama Gale stava dando la caccia ai paranormali potenti per ottenere la loro magia. Poiché Amelia era a scuola, non mi sono preoccupato più di tanto, fin quando una sera ho trovato casa mia distrutta. Due giorni dopo, Logan ha mandato Amelia a casa insieme a Rosin, dicendo che aveva assistito a un omicidio e che doveva allontanarsi il più possibile. Abbiamo contattato Drake, ma poiché c'erano stati altri omicidi, non poteva aiutarmi. Invece abbiamo scoperto che Bryson, uno dei nostri amici, era stato ucciso e che suo figlio Jake era scomparso. In seguito Logan mi ha detto che tu hai salvato Jake».

    «Gale ti dà ancora la caccia?» Non aveva l'amuleto, quindi non aveva motivo di uccidere altri. Ovviamente questo non aveva mai fermato uno psicopatico.

    «No, sembra che non sia così. Sembra invece che la mia vecchia tribù sia più vendicativa di quanto pensassi. C'è un nuovo capo ed è inflessibile sul darci la caccia. Non avrebbe mai saputo che siamo in questo paese se il consiglio non avesse deciso di censire tutte le fate del Nord America. Ci siamo spostati in una casa che ci ha indicato Drake, ma ci hanno trovato in pochissimo tempo e ci hanno attaccato a ripetizione».

    «Beh, sarete al sicuro con noi» disse Darwin allegro.

    Sean non ne sembrava così sicuro. «Capisco che non è il tipo di lavoro che fai di solito. Mi sei stato raccomandato da diverse persone e, secondo Amelia, sei una persona molto pacifica quando non minacciano i tuoi amici o la tua famiglia. Per la nostra gente, questo è il tipo di uomo più forte».

    «Sono sicuro che i vostri poteri sono ottimi per…»

    «Amelia ha una rara variazione del gene Vouxeng» lo interruppe Sean. «Riesce a controllare le emozioni e a nutrirsi di energia emotiva. I miei genitori erano entrambi Vouxeng, quindi le mie capacità sono quelle standard: controllo i sogni. C'è un motivo per il quale non mi hanno eletto capo della mia tribù: oltre a quel potere particolare, non sono attrezzato per questa situazione più di quanto lo sarebbe un umano. Tutto quello che mi serve è che tu la protegga quest'estate e che la tenga d'occhio all'università. Quando tornerà a Quintessenza, spero che ci siano le guardie di Logan a proteggerla».

    «E tu non hai bisogno di aiuto?»

    «Quando sono solo posso viaggiare fino a far perdere le mie tracce. Ho solo bisogno di sapere che Amelia è al sicuro».

    Annuii. «Ci penserò io».

    «Allora…» cominciò lentamente Sean, arrossendo leggermente. C'era una netta somiglianza tra lui e la figlia. «Non abbiamo molti soldi, come Maseré o Stephen. Le fate vivono di quello che la natura fornisce. Comunque ho saputo che ti serviva un'auto e credo di potertene procurare una decente se tu in cambio proteggerai mia figlia».

    Aprii la bocca per dire che non era necessario, ma Darwin si schiarì la voce e scosse la testa alle spalle di Sean. «Che c'è?» gli chiesi nella mia mente.

    «Non devi mai rifiutare un regalo o un pagamento da una fata. Hanno un sistema basato sull'equilibrio del karma e, se lo rifiuti, è come se stessi augurando loro di farsi male. Inoltre qualcosa che abbia un valore economico è un po’ un'ultima spiaggia per noi, perché vuol dire che non ha nulla di personale legato al suo lignaggio che equivalga il valore della vita di sua figlia. Quindi, in questo caso, rifiutare sarebbe come dire che il meglio che lui possa fare non è abbastanza per te».

    «Un'auto sarebbe carina» dissi velocemente.

    *      *      *

    25 Agosto

    «Vedrai da solo quando verrai a trovarci» dissi. Sapevo che quell'uomo voleva solo vedere suo figlio.

    Darwin era abbastanza grande da vivere da solo ed era ridicolmente intelligente, ma non era del tutto capace di cavarsela da solo. Avrebbe potuto lavorare per giorni sulle sue ricerche e sulla sua scrittura, dimenticando di mangiare e addormentandosi davanti al computer come un bambino. Certo, sua madre era uno spirito della foresta, che di solito viveva in tribù, e suo padre era un lupo mutaforma, che di solito viveva in branchi, tuttavia Darwin non aveva mai imparato a essere indipendente.

    Un sonoro bip mi avvisò di una chiamata in arrivo. «Ho un'altra chiamata in arrivo, perciò parleremo quando ci vedremo».

    «Bene. Allora alle cinque?»

    «Sembra perfetto». Chiusi la comunicazione con lui e risposi alla chiamata in arrivo. Era una chiamata anonima. «Pronto?»Non dicevo mai il mio nome al telefono prima di sapere con chi stavo parlando.

    «Ehi, amico».

    Marcus. «Che cosa c'è?»

    «Io e la mia ragazza pensavamo di andare alla fattoria questo fine settimana e speravamo che tu potessi prenderti cura di Joey».

    Il forte latrato in sottofondo arrivò perfettamente in tempo. Marcus non aveva una ragazza e non aveva un cane: era un codice che avevamo escogitato quando avevamo scoperto che i federali non potevano proteggerlo da suo padre. Quello che mi stava dicendo in realtà era che aveva qualcuno alle calcagna e non sapeva di chi si trattasse. «Nessun problema, portamelo pure».

    «A dire il vero, pensavo di lasciarlo a casa di tua madre una volta partiti. Suppongo che tu possa proteggerla quando la tua ex se ne andrà».

    Merda. Regina era con mia madre e Marcus era troppo nei guai per potersene occupare. Comunque non aveva ancora detto le parole che indicavano che avesse bisogno di aiuto ed ero sicuro che me l'avrebbe detto se avesse avuto bisogno del mio aiuto. Guardai l'orologio. Quindici secondi. «Certo, nessun problema. Vengo a prenderlo e poi passo a casa a dare l'acqua alle piante».

    «Ho preparato dell'insetticida. Se tu potessi…» Marcus si occupava della sicurezza e aveva delle informazioni confidenziali su molte persone. Se quell'informazione fosse finita nelle mani sbagliate, poteva distruggere molte brave persone.

    Cinque secondi. «Certo. Ci vado subito. Ci vediamo quando torni». Riattaccammo entrambi. Marcus aveva un programma che poteva chiamare il mio numero, confondere la posizione e poi cancellare del tutto il numero alla fine della chiamata. Sfortunatamente era sicuro al cento per cento solo per tre minuti.

    Feci una doccia veloce e mi vestii. Amelia entrò mentre stavo mettendo la pistola nella fondina. «Esco per un po’. Assicurati che Darwin non faccia diventare rosa la mia stanza da letto con la magia».

    Chiuse la porta. «Il tempo di Darwin è quasi finito» sussurrò.

    «Lo so». Amelia ed io avevamo fatto tutto il possibile invano: infatti adesso colorava tutto senza controllo, mentre prima riusciva a spegnere quel potere.

    La magia delle fate di Darwin era legata alla natura, particolarmente a quella della foresta, mentre quella del mutaforma era più che altro un'abilità innata. I bambini mutaforma imparavano a gattonare, parlare, camminare e trasformarsi… Darwin non era mai giunto a quel punto. Sfortunatamente non era neanche in tono con la natura. Molto in lui era impotenza erudita: più cercavo di insegnargli, più s'intestardiva. Pensava di non poterci riuscire, quindi quando falliva, la sua convinzione si rafforzava.

    Non aiutava nemmeno il fatto che non riuscisse a mettere a tacere la sua mente abbastanza a lungo per usare la meditazione come mi avevano insegnato. Suggerii di invadere la sua mente ancora una volta, ma lui si lamentò dicendo che aveva del lavoro da fare al computer. Cominciavo a pensare che temesse di controllare la magia.

    *      *      *

    Il viaggio fino all'appartamento di mia madre era lungo e dovetti accendere la radio perché la mia furia aumentava a ogni miglio. Regina era un serpente che poteva avvelenare la mente fragile di mia madre. L'infermiera di mia madre avrebbe dovuto tenere Regina lontana.

    Quando arrivai alla comunità elegante e costosa, ero pronto a sbarazzarmi di Regina una volta per tutte. Parcheggiai la mia nuova Lexus LS 600h L blu del 2013 accanto a una BMW M6 Coupé argentata e repressi l'istinto di sparare al parabrezza: era l'auto che le avevo comprato quando si era lamentata che la sua BMW precedente era obsoleta in modo imbarazzante. Aveva anche ottenuto la mia Prius con il divorzio, anche se la odiava, solo perché non voleva che avessi qualcosa ed io ero troppo stanco di lei per combattere per la mia auto.

    Me la passavo molto bene finanziariamente e avrei potuto tranquillamente permettermi un'auto, ma Regina continuava a farmi causa per motivi stupidi, quindi non me n'ero preoccupato.

    Il suo appartamento era un pittoresco cottage a piano terra di mattoni rossi e un rivestimento di legno marrone scuro. Il cortile era tenuto alla perfezione con fiori di stagione che scatenavano le allergie di mia madre. Invece di sbarazzarsi dei fiori come avevo chiesto, le davano gli antistaminici, che la rendevano meno lucida. Pensavo che avere un'infermiera a sua completa disposizione sarebbe servito, ma subito dopo avevo deciso di spostarla da un'altra parte.

    Non mi fermai a bussare. Il fatto che la porta fosse chiusa a chiave non mi rallentò: ero talmente carico che il mio potere fluì fuori e la sbloccò. Non sapevo nemmeno di poter fare una cosa del genere.

    L'interno della casa era simile all'esterno, poiché gli appartamenti erano ammobiliati con mobili scadenti che odoravano di vecchio e di polvere. Il salotto era buio e trovai che il divano fiorito e le sedie abbinate fossero altamente deprimenti, quasi quanto le tende di pizzo bianco.

    Cercai di calmarmi prima di entrare in sala da pranzo, ma era troppo tardi: Regina e l'infermiera di mia madre era sedute al tavolo, bevendo rum e ridendo.

    «Che diavolo ci fai tu qui?» chiesi alla mia ex. Si voltarono entrambe verso di me.

    Regina mise il broncio, non ancora ubriaca. «Non puoi urlarmi contro, Devon» disse.

    Guardai Danielle, che alzò gli occhi al cielo. «Non hai il diritto di impedire a Regina di vedere sua suocera» disse deridendolo. «Maria si vergogna del modo in cui tratti tua moglie. Dovresti smetterla con questa sceneggiata e tornare a casa. Non vedi che quella poverina di tua moglie si merita di meglio che…»

    «Sei licenziata. Esci» le dissi. Mi venne in mente che forse avrei fatto meglio a portare Amelia con me per aiutarmi a calmarmi.

    Danielle lo derise di nuovo e fece un cenno sprezzante verso di lui. «Non puoi licenziarmi».

    «Io ti ho assunta, io ti pago e adesso ti sto licenziando». Non avevo bisogno di minacciarla: dovevo evitare di entrare nella sua mente e farle del male.

    Regina le diede una pacca sul braccio con un sorrisetto. «Fa sempre così. Prenditi

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1