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La farina del diavolo va in crusca
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La farina del diavolo va in crusca
E-book54 pagine43 minuti

La farina del diavolo va in crusca

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Info su questo ebook

C’è una ragazza ammazzata che galleggia nello stagno di Santa Gilla. C’è un ispettore che fa di tutto per essere odiato da chiunque. C’è un alano gigante che gli caga sullo zerbino di casa come augurio quotidiano. C’è Cagliari, che è una città che non ha ancora deciso come vuole realizzare il suo sogno di diventare la capitale del mediterraneo. E c’è un vecchio proverbio, che recita che la farina del diavolo va in crusca.

LinguaItaliano
Data di uscita6 giu 2011
ISBN9788897543039
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    Anteprima del libro

    La farina del diavolo va in crusca - Vincenzo Saldì

    Waits

    1

    Il primo errore lo commisi quando la vidi.

    Il vestito rosso lasciava molto scoperte le gambe lunghe, tornite. Il viso affilato, sensuale anche nel lividore della morte. Il seno, esposto per metà. Senza reggiseno un capezzolo turgido faceva capolino dalla coppa.

    Il capezzolo destro.

    Il seno destro.

    Proprio là, un tatuaggio. Un Sacro Cuore infuocato, che saliva con le sue fiamme verso il collo.

    Mi inginocchiai. Quel caso era mio. Eravamo arrivati prima dei carabinieri, il Piemme l’avrebbe affidato a noi. Non so perché ma me la presi a cuore da subito. Forse per la sua bellezza. Una bellezza della quale mi innamorai immediatamente.

    – Concas, chi è il giudice di turno stanotte?

    – Il dottor Corrias

    – Sappiamo bene che non arriverà prima di un paio d’ore. Ho bisogno di allontanarmi. La scientifica?

    – In arrivo –, ma da come lo disse, forse non ci credeva neppure lui.

    Lo stagno di Santa Gilla iniziava a tingersi del rosso dell’alba. La ragazza galleggiava, con il viso al cielo. Chissà che fissava. Chissà che vedeva.

    – Concas, portami la digitale che ho in auto.

    Avevo bisogno di quelle foto. Avevo bisogno di tenerle. La digitale aveva sostituito la vecchia polaroid da tempo ormai. Più comoda. La Città Mercato proprio davanti allo stagno avrebbe aperto di lì a poco. Ma sempre troppo tardi.

    Dovevo stampare quei primi piani e iniziare a scoprire chi era.

    La donna con il sacro cuore sul seno mi chiedeva di scoprire chi l’aveva uccisa.

    – Concas, hai visto il mio accendino… non quello solito, l’altro… lo Zippo con…

    – No ispettore. Se lo trovo glielo metto da parte

    – Fai così: dillo anche agli altri.

    E quello fu il mio secondo errore.

    2

    Checco non era esattamente il fotografo al quale avresti chiesto di immortalarti cose tipo un matrimonio, o una cresima, o una laurea.

    Mi infilai a San Michele, quartiere popolar popoloso accanto allo stagno, con molta calma e prudenza. Non è un posto, questo, in cui la polizia è ben vista. Abbandonai la macchina dietro una Apecar incendiata e non misi sul cruscotto nulla che avesse a che fare con la questura di Cagliari.

    Il portoncino del numero ventisette di via Bosco Cappuccio era come sempre forzato. Lo spalancai e le narici si riempirono dell’odore di cavoli bolliti, piscio, cane bagnato e altre porcherie. Non mi andava di indagare oltre. Salii le tre rampe a piedi: l’ascensore era fuori servizio. Come dal giorno dopo che il palazzo era stato costruito e gli appartamenti venduti.

    Di fronte alla sua porta schiacciai il campanello. Per un bel po’. Tanto che al primo piano qualcuno iniziò a urlarmi offese in cagliaritano stretto. Allora iniziai a pestare con la mano sulla porta. – Polizia – gridavo mentre ogni manata faceva vibrare i cardini, solo per mettere quel tanto di pepe in culo a Checco da farlo spaventare.

    Una cascata di metallo annunciò l’apertura delle sei o sette serrature.

    – Macchecazzo vuoi….

    Gli diedi una manata sul petto villoso e nudo. Caracollò all’indietro, inciampò nei pantaloni del pigiama che teneva su con le mani e andò a schiantarsi per terra, spalmando il suo culone obeso sul tappeto finta mucca.

    – Ehi… Mi chiusi la porta alle spalle. Il condominio aveva già sentito abbastanza. Un altro pulotto aggressivo e violento. Niente per cui valeva la pena tendere di più l’orecchio.

    Mentre era per terra gli porsi la digitale.

    – Stampami queste foto

    – E sei venuto qui solo per questo? Ma che ora è?

    – Checco, non ho tempo

    – Senti, ispettore Callagan, non puoi venire qui ogni volta che…

    Sapevo dove

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