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In apparente normalità
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E-book447 pagine6 ore

In apparente normalità

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Info su questo ebook

Un uomo, un avvocato. Elio Venturi è, però, soprattutto un marito e un padre, che solo nel sincero e illimitato amore per la sua famiglia sente di raggiungere la propria dimensione: quella del "noi che diventa io", ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta.

Il profondo amore per i suoi figli, che ha reso possibile la costruzione di un rapporto di reciproco rispetto e fiducia, insieme alla radicata religiosità condivisa con la moglie Elena, consentiranno a Elio di sostenere il dramma che gli si presenterà davanti inaspettato e gli daranno la forza di affrontare una complessa indagine, nel corso della quale niente è come sembra e sordide realtà emergono da situazioni apparentemente normali.

In un ritmo sempre più serrato e avvincente il romanzo si snoda – con uno stile fluido e piacevole – fra momenti di delicato sentimento e improvvisi colpi di scena, passando da dimostrazioni di amicizia, lealtà e coraggio a descrizioni di menzogne, delitti e perversioni. Rimane alla fine impresso nel lettore il codice morale del protagonista, l'amore di padre, il suo modo di interpretare gli affetti, la vita, l'esistenza stessa, che permea tutto il racconto e ne fa molto più del "giallo" in esso contenuto. Simona Coppolino
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2017
ISBN9788892648647
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    Anteprima del libro

    In apparente normalità - Eugenio Pattacini

    sonno.

    CAPITOLO 1

    Elio era un avvocato di cinquantotto anni che da tempo aveva sacrificato la propria prestanza fisica al piacere della buona tavola ed alla tranquillità della poltrona, ma questo, in fondo, non gli dava alcun rammarico. Anzi, spesso ironizzava su se stesso parlando della tartaruga dispettosa che si era girata sui suoi addominali o del suo metodo infallibile per aver meno capelli bianchi: perderli!

    Talvolta ricordava il suo passato da atleta, ma mai con nostalgia, perchè sapeva ben scindere le diverse fasi della vita. Non avrebbe, però, mai potuto scordare quelle ultime due fughe durante la corsa a tappe che aveva concluso la sua carriera, nel tempo in cui il ciclismo sembrava essere il fulcro della sua esistenza.

    Elio! E’ tardi gridò Elena dal piano di sotto, mentre lui stava iniziando a radersi, in una mattina in cui doveva recarsi allo studio ed in tribunale per assecondare la propria agenda, come sempre troppo piena di impegni. Ma prima doveva accompagnare Emma a scuola, ulteriore ma piacevolissimo fuori programma regalatogli improvvisamente dalle bizze di un motorino che, d’un tratto, aveva deciso di non partire.

    Elio continuò il cerimoniale della rasatura, massaggiando il viso con il gel da barba, che da anni aveva sostituito le normali schiume.

    Passava il suo rasoio con il manico dorato e la lama sempre perfetta sulla pelle, seguendo con garbo e professionalità itinerari ormai collaudati. Per un attimo pensò all’inutilità del pennello, anch’esso dorato, da sempre semplice accessorio decorativo, messo lì in bella vista per adornare il bagno.

    "Emma, Emma, Emma - pensò tra sé - che bello accompagnarti a scuola come quando eri piccina e non potevi certo uscire sola! Che gioia quando mi sorridevi per tutto il tragitto mentre, nascosta in un gioco tutto nostro, organizzavi insieme a me la giornata...la scuola, il pranzo, i compiti, il pattinaggio e quella tua inseparabile amichetta..."

    Papà, per piacere, si sta facendo tardi disse con garbo, ma in tono risoluto Emma. Elio, richiamato alla realtà, si lavò velocemente il viso, si asciugò e prese il dopobarba più nascosto: non era il suo preferito, ma era stato un regalo di Emma per la festa del papà e, in quel giorno, era di certo il più adatto. Si vestì e corse giù dove lo attendevano per la colazione.

    Per lui ed Elena la corretta alimentazione era fondamentale. Si erano però accorti, quando Edoardo era un bimbotto un po’ troppo paffuto, che le raccomandazioni sono solo fonte di frustrazione per chi si sente imporre i cereali al posto della cioccolata. Molto meglio l’esempio.

    Ed allora ad ogni pasto, e soprattutto a colazione, tutti, genitori in prima linea, dovevano dare la necessaria importanza a cosa si mangia, a come si mangia, al rispetto della sacralità dell’appuntamento, senza nessuno che racconti la teoria della buona nutrizione con la pratica di una tazzina di caffé in una mano e nell’altra già le chiavi della macchina.

    Talvolta il ricordo andava a quei caffè solubili fatti con l’acqua calda del rubinetto, bevuti di corsa pretendendo, al contrario, che Edoardo fosse ligio alle buone regole: un insuccesso garantito.

    E, prima di tutto, la preghiera: Grazie Signore per questa colazione, ma grazie soprattutto per la famiglia che ci hai donato. Fa' che ogni decisione che prenderemo in questa giornata tenga conto di quanto siamo stati fortunati.

    Un’altra regola ferrea era lo studio legale deve rimanere fuori da casa. L’unica eccezione era il numero telefonico da dare a chi cercava Elio a casa per motivi di lavoro. E così in effetti era stato addirittura per il parroco, quando si era rivolto lì per un problema giuridico del centro anziani.

    Emma salì sulla Mercedes allegramente. Il disagio del motorino rotto, ai suoi occhi era ben ripagato dalla possibilità di uscire col padre. Erano molto affezionati l’uno all’altra.

    Spesso si dice che la figlia prediliga il padre, mentre il figlio la madre. Per loro, poco contava la valenza di quel detto. La realtà era che, giorno per giorno, tra i due era cresciuto un legame sempre più profondo. Era un rapporto speciale. Emma stava bene con Elio, Elio stava bene con Emma.

    Mentre la macchina percorreva la stradina che attraversava il grande cortile tra piante ad alto fusto, siepi e, più dietro, bellissime aiuole colorate che ad ogni stagione davano profumi sempre diversi, ma costantemente inebrianti, spontaneamente, come solo una ragazzina sa ancora fare, sbottò: pranziamo insieme oggi?

    Elio, incurante delle proteste della sua agenda, con un sorriso felice rispose: dove posso portare questa bella damigella?

    E lei: "Dove vuoi, ma soli e senza telefono."

    Ed anche questa frase era uscita con grande naturalezza, senza tradire alcuna gravità. Aggiunse: Tu, Piccolina e nessun altro.

    Nel frattempo, l’auto era già di fronte al liceo classico ed Elio decise di non chiedere niente di più.

    Allora alle tredici da Tonino. Ci vediamo là?

    In tutta risposta, Emma gli diede un bacio, incurante degli sguardi dei compagni di classe, tutti in piedi al di là della portiera.

    Elio restò pensieroso, preso dai propri ricordi, ben oltre il tempo che impiegò Emma a raggiungere il portone ed a sparire dai suoi occhi.

    E la memoria andò ad un'altra scuola, a tanti anni prima e ad un’altra quindicenne.

    Elena frequentava il secondo anno, mentre Elio il quinto. Sino a quel momento, non si erano mai parlati. Lei era una ragazza molto attenta al proprio profitto scolastico e pronta ad ogni sacrificio. Quel giorno, però, si era proprio dimenticata della professoressa, che le aveva detto di portare a scuola qualcosa che la rappresentasse e che indicasse i suoi progetti. Mancavano pochi minuti alla lezione e non sapeva che scusa propinare.

    Nel corridoio, intanto, si stava avvicinando Elio con la sua t-shirt riportante la gigantografia delle sue iniziali "EV." Ad Elena venne un’idea all’improvviso.

    Lo chiamò in disparte e gli chiese: mi presti la maglietta? Elena era veramente carina: bionda, minuta, con occhi verdi che a guardarli lo facevano sentire scrutato fino all’ultimo dei suoi segreti. Ed Elio, volendo coltivare questa occasione che inaspettatamente gli si era presentata d’innanzi, rispose: "e io cosa mi metto? - e continuò - la tua è piena di brillantini e poi a me va bene al massimo da berretto." Poi incalzò: "sei fortunata! Oggi ho ginnastica e mi posso mettere l’altra, ma poi mi spieghi, vero?"

    Così dicendo si levò la maglietta. Lei se la infilò e fece uscire da sotto la sua, tradendo un'abilità tale da indurre Elio a non capacitarsi di come avesse fatto.

    La taglia era per lei enorme. La t-shirt arrivava sino al ginocchio e le maniche quasi ai polsi. Anche così era bellissima e la sua femminilità ne risultava addirittura valorizzata.

    Ci vediamo oggi da Gigi? aggiunse Elio senza ottenere risposta, mentre Elena correva in classe a lezione già iniziata.

    Buongiorno Prof, questa maglietta mi rappresenta perché ha le mie iniziali ed è così larga perché da questo liceo mi aspetto una grande crescita!

    "Elena Violi - ribatté l’insegnante con un mezzo sorriso - ti ho vista ed è chiaro che questo è un rimedio dell’ultim’ora. Complimenti, però, per l’ingegno. Per oggi te la sei cavata."

    Emma uscì dalla classe felice. Raggiunse quella di Elio proprio mentre stava iniziando il compito in classe di latino. Noncurante e con un sorriso che sprizzava soddisfazione e felicità miste ad una punta di civetteria, aprì la porta ed infilò la testa. Strizzando l’occhio, disse: ok, da Gigi. e se ne andò.

    Elio Venturi, Elena Violi: che fortuna quel giorno aver deciso di indossare quella maglietta!

    Il telefono squillò distogliendo il pensiero dalla moglie e richiamando la sua attenzione al terzo appuntamento della giornata, consapevole di essere stato salvato dalla segretaria per i due precedenti.

    Alle tredici e trentacinque Elio era già da quindici minuti nel ristorante ad attendere Piccolina.

    Da anni ormai aveva smesso di chiamarla così.

    Quello era il nomignolo di sua figlia fin da quando era la più giovane e minuta del corso di pattinaggio. Quell’appellativo, nel tempo l’aveva coccolata con il carico di affetto, amore e complicità, insiti nella voce dei genitori ogni volta che lo pronunciavano.

    Elio si sforzava di non usarlo, anche se spesso era una vera tortura.

    Immaginava come per lei potesse essere difficile accettare di essere chiamata così di fronte ad amiche ed amici, ma, in cuor suo, temeva di non riuscire a trasmetterle tutto il suo amore, senza pronunciare quel soprannome che ormai costituiva una sorta di codice.

    Oggi, però, era lei che lo aveva riscoperto ed Elio aveva letto in questo una forte intimità. La vedeva nella richiesta di essere soli, così come nella precisazione di essere papà e Piccolina. E se l’aver usato quell’espressione non era casuale, ed era certo che non lo fosse, doveva esserci qualcosa in più del semplice piacere di pranzare insieme.

    Ciao Dad, oggi ho preso due in latino.

    Elio dubitò fin da subito che la notizia fosse vera. Conosceva troppo bene sua figlia per non sapere come l’espressione ciao Dad mal combinasse con la delusione di un risultato così scadente.

    Cercò comunque di controllarsi perché non voleva andar contro a quello che da sempre era stato il loro patto.

    I voti brutti studiando si possono evitare, la sufficienza può essere alzata con un maggiore impegno, i due ed i quattro altro non sono che il segnale che su quella materia ci sono state delle incomprensioni o comunque sia, che ci si deve lavorare di più.

    In pochi attimi Elio valutò come reagire perché non voleva neppure minimizzare un due, comportamento che avrebbe potuto essere percepito da Emma come una sorta di disinteresse.

    E’ proprio vero che il silenzio è la più pesante ed assordante delle parole: quando è prolungato, difficilmente chi lo subisce è così forte da non riprendere la parola.

    Ho preso nove in latino! ti ho fatto passare l’appetito vero Dad? Mamma dice sempre che dovresti mangiare meno. Vedi, l’ho fatto per te, ma anche per quel bottone lì della camicia... disse Emma ridendo ed indicando la pancia del padre.

    "E’ proprio vero - disse Elio sollevato e sorridente. Poi alzando la voce: Tonino...partiamo pure dall’antipasto!

    Elio si sentì osservato dagli altri avventori. Un professionista alla soglia dei sessant’anni con una ragazzina. Si turbò al pensiero che potessero fantasticare su quale fosse la strana alchimia che li aveva portati a condividere quel tavolo. Reagì d’istinto lanciando, con tono sufficiente a farsi sentire dai curiosi: ho detto alla mamma che avremmo mangiato insieme, così non si preoccupa.

    Emma, che aveva capito perfettamente la finalità della frase, con lo sguardo gli chiese cosa stesse facendo e, sempre con gli occhi, Elio chiese comprensione per questa sua debolezza. In fondo era tutta la mattina che si interrogava sul perché di quella richiesta di mangiare soli.

    Chissà come mai, in situazioni del genere, difficilmente un padre riesce a pensare positivo e, al contrario, si crea scenari quantomeno apocalittici che poi, ordinariamente, risultano infondati.

    Mia figlia vuole stare sola con me e io invece di gratificarmi con un che bello! mi torturo con tanti ma cosa sarà successo?"

    Elio abbandonò di colpo i propri pensieri all’affermazione: "ricordi papà quante volte da bimba siamo stati soli soletti a pranzo? - effettivamente all’epoca la moglie, per una serie di impegni, raramente era presente quando mangiavano - non volevo bruciare un altro giorno senza farlo ancora. E poi domani tu e la mamma partirete e non ci si rivedrà per una settimana. - poi continuò - Papà, a volte sei un po’ rompiscatole, ma questi momenti mi mancano tantissimo. So che sono ormai grande, ma ho paura di perderti."

    Da questo so che sono ormai grande il padre capì quanto in realtà grande non fosse. Il suo silenzio, scelto come reazione a quella affermazione in attesa di un fiume di parole che illuminasse la zona d’ombra insita in ciò che gli aveva detto, fu agevolato da Tonino: proprio in quel momento aveva portato due piatti fumanti di pasta alla norma.

    Emma si tuffò sul suo e per tutto il pranzo si dilettò a parlare delle amiche, delle verifiche a scuola, di quanto fosse buffo quel suo compagno di classe. Elio la ascoltò assecondando questa voglia di raccontare cose tutto sommato normali, ma importanti, non fosse altro perché era intorno a quelle che ruotava la vita di ogni giorno della figlia.

    Solo poco prima di alzarsi Emma esclamò: Papà, hai mai pensato di lasciarci ed andartene?

    Dovrei? ribatté sorridendo, ma non ridendo.

    Se tu non fossi il nostro vero padre, cosa faresti?

    Ma perché non dovrei esserlo?

    Papà, non ti arrabbiare, ho visto a casa i tuoi esami sulla fertilità e tu non puoi avere figli.

    Elio rimase in silenzio per un tempo che sembrava non finire più, poi replicò: "Emma, qual è la tua paura? Che io non sia tuo padre o che io non mi senta più tale?

    Emma lo guardò sbigottita. Anche se con lui aveva sempre potuto parlare di tutto, dei momenti più segreti con Paolo, il suo ragazzo, così come delle attenzioni di Ermanno, trattare questi argomenti la metteva un po’ in difficoltà. E poi, ma che razza di domanda era quella? E cosa c’era dietro? Perché non rispondeva chiaramente?

    Se tu pensi che io non sia il tuo padre biologico, è un bel dubbio, ma alla fine? Fammi scomodare un esempio importante: Giuseppe non è stato in tutto e per tutto un ottimo genitore per Gesù? Mi preoccuperebbe di più se il tuo timore fosse che io non mi senta più tuo padre, perché credo proprio che l’amore lo si costruisca vivendo e non in un laboratorio. Se tu pensassi questo, vorrebbe dire che io ho sbagliato tutto. Recentemente ho letto in un libro che chiunque ti venga assegnato dalla vita è tuo figlio, ed io la penso davvero così. Attese una replica da Emma, che non arrivò. Gli occhi della figlia erano bagnati di lacrime, ma assolutamente non lasciavano trasparire alcuna traccia di tristezza. Tradivano, piuttosto, la sua attesa di una risposta.

    "E comunque - proseguì con un sorriso tranquillizzante ed una luce inequivocabile negli occhi - quelle analisi riguardano una mia malattia recente e, fattene una ragione, tu non puoi che accontentarti del mio vecchio DNA."

    Già prima che la frase fosse finita, Emma si ritrovò abbracciata a lui, sentendo la sua sicurezza ricrescere nel calore del padre. Di colpo tornò seria e disse: nel profondo degli occhi puoi vedere tutta l’esistenza di una persona che ami. Ed io ti amo. Detto questo cercò il suo sguardo e allargò le braccia con un sorriso cristallino. Per un attimo Elio si chiese se veramente quella figlia avesse solamente quindici anni.

    Nel profondo degli occhi puoi vedere tutta l’esistenza di una persona che ami. Ed io ti amo, più che una frase era un loro codice custodito nella stanza più segreta del cuore, che trascendeva il significato stesso delle parole.

    Emma aveva cinque anni quando la nonna era andata a prenderla all’asilo per impegni che avevano tenuto lontani i genitori. Per lei era un momento di festa. La prese per mano e, da perfetta padrona del suo ambiente, le fece fare il giro della scuola.

    La sala dei giochi con un’infinità di cose, tutte riposte dove dovevano, che lasciavano trasparire il profondo studio ludico/educativo sottostante. L’ambiente del pranzo tutto su misura per i bambini, così come il bagno. La nonna aveva sorriso, stupendosi per l’ordine presente a fine giornata e capendo come i bambini fossero già in grado di tarare le proprie autonomie in base al contesto in cui erano inseriti. Talvolta anche più degli adulti.

    I disegni e gli oggetti fatti con la creta, indipendentemente dalle profonde valutazioni didattiche e psicologiche insite negli stessi, risultavano ai suoi occhi veramente incredibili, al punto da farle sospettare possibili collaborazioni delle insegnanti, che nei fatti non si erano verificate.

    Emma era piena di entusiasmo nel presentare tutto questo alla nonna e lei si sentiva gratificata dall’impegno che la bimba stava profondendo solo per lei.

    Non si sente bene signora? disse la maestra vedendola sbiancare in faccia ed allungandole un bicchiere d’acqua.

    La donna la tranquillizzò ponendo in evidenza come l’età non sempre fosse un fardello di sola esperienza e, verificato l’orario, colse l’occasione per prendere una delle tante pastiglie che ormai da anni scandivano il trascorrere delle sue giornate. Uscirono mano nella mano e camminarono fino al parcheggio. La nonna aveva accuratamente sistemato Emma sul rialzo collocato a destra nel sedile posteriore dell’automobile. L’aveva ben legata con la cintura di sicurezza, poi si era seduta alla guida, dove fu trovata accasciata sul volante, quando la sua anima ormai da tempo si era incamminata nel viaggio verso l’eterno.

    Perché si deve morire? chiedeva piangendo Emma "e se morite anche voi, Edoardo starà con me per sempre? - e singhiozzando proseguì - e tu papà, come farai adesso senza la tua mamma?"

    Elena ed Elio avevano provato in tutti i modi a cercare di spiegare le cose così come possano essere comprese da una bimba di cinque anni, ma nulla faceva breccia in lei. L’esperienza diretta con la morte non è certo stata facile pensava a voce alta Elena con la preoccupazione che le disegnava sul viso rughe inesistenti.

    Soprattutto se pensi che anche per un adulto non è automatico capire rafforzò Elio con nel cuore la preoccupazione per la figlia e rivedendo in un istante tutto quello che era stato con la madre, convinto che, chiunque lo guardasse in quel momento, non avrebbe potuto non scorgere nei suoi occhi tutto ciò che stava passando nella sua mente.

    Nel profondo degli occhi puoi vedere tutta l’esistenza di una persona che ami. Ed io ti amo.

    Questa frase, che era uscita spontaneamente dal padre frutto dei pensieri di quel momento, smosse Emma, ed Elio capì che le domande della figlia altro non erano che uno straziante urlo di richiesta di conferma di amore. Con quella frase si era sentita in qualche modo appagata. La strinsero a loro e per tutti fu un pianto liberatorio.

    Il giorno successivo ci fu il funerale.

    Dopo l’omelia, mentre Edoardo con la madre occupava il primo banco, meditando nel suo cuore le risposte che si era dato sulla sua nonna che non c’era più e sul perché delle cose, Elio, mano nella mano con Emma, aveva raggiunto l’ambone per esprimere l’estremo saluto.

    Salita e discesa. Fede, Speranza e Carità. Mi hai insegnato come la vita sia un percorso in salita che richiede sempre di camminare perché, quando ci si ferma, immancabilmente si scivola indietro, consci che non si raggiungerà mai la vetta senza fare conto sulla Misericordia di Dio. Fede, Speranza e Carità! Mi hai però anche parlato di come il mondo sia in discesa. I debiti - immensi dico io - che ho nei tuoi confronti li posso saldare solo facendo altrettanto per i miei figli. E così che vanno le cose e io ho avuto il dono di avere te che me lo hai insegnato. Mamma, ora più che mai non cambia nulla, la tua presenza sempre discreta ma costante, il tuo piangere con me, gioire con me, pregare con me, espiare con me, il tuo esserci comunque, non cambierà solo perché sei salita al cielo. Anzi, d’ora in poi mi seguirai da lassù evidenziando ancora di più il modo di vivere che ho imparato a far mio: per Cristo, con Cristo ed in Cristo.

    Mentre si allontanava commosso, Emma lo trattenne e lo guardò intensamente. Il padre, d’istinto, la sollevò ponendola davanti al microfono.

    La bambina ripeté a memoria: "nel profondo degli occhi puoi vedere tutta l’esistenza di una persona che ami. Ed io ti amo! - e dopo un breve silenzio ed una lacrima, che aveva percorso l’intero volto abbandonando il suo carico di dolore sulla maglietta - Nonna, ti è piaciuta vero la mia scuola?"

    Elio aveva capito l’importanza della situazione e, alla fine della cerimonia, prese un accordo segreto con Emma, che si rafforzò e consolidò negli anni, quando la spontaneità del bambino lascia spazio alla razionalità dell’adulto che sarà.

    "Ogni volta che succederà qualcosa che non saprò spiegare a fondo ti dirò questa nostra frase", e, insita in quell’accordo, c’era la certezza che mai e poi mai quel loro codice sarebbe stato usato strumentalmente, neanche se fosse stata una situazione di vita o di morte. L’accordo era confida nel mio amore e credimi e così era poi stato nelle poche volte che fu necessario farvi ricorso negli anni a venire.

    Elio si chiese se questo fosse onesto, anche se intimamente ne era convinto. Nel suo profondo, infatti, ben sapeva che dietro a tutto c’era la cieca fiducia che Emma aveva in lui. Era fiducia pura che non pagava nessun prezzo a situazioni di convenienza o da bottega.

    E, se Emma aveva usato il loro codice, per Elio era segno che ancora una volta aveva scelto la strada giusta.

    Appena rientrato a casa con la figlia, Elio venne raggiunto telefonicamente da Edoardo che gli chiese di incontrarlo.

    Percepito il tono preoccupato, visto che l’indomani sarebbe partito per una vacanza di una settimana con Elena, decise di andare subito da lui.

    Chiamò la segretaria e, incurante dalle sue proteste, la informò dell’ulteriore imprevisto. Raggiunta l’auto si diresse verso il centro.

    Imprevisto? In cuor suo era rammaricato di averlo definito tale perché ogni momento di condivisione con la propria famiglia era per lui un’opportunità.

    In quella giornata aveva avuto l’urlo d’amore della figlia ed ora la pacata richiesta di aiuto da parte di Edoardo che, dopo il matrimonio con Eleonora, non viveva più con lui ed i contatti, per forza di cose, si erano diradati.

    La memoria andò a quando Edoardo, con lo stesso tono, ma ancora bambino, in un pianto a dirotto gli aveva detto di non voler più frequentare la palestra di Ju-Jitsu perché aveva paura di un ragazzo più grande di lui, troppo spesso minaccioso nei suoi confronti.

    Quella volta, dopo averlo stretto a sè dimostrandogli in tal modo comprensione e condivisione per il malessere che stava esternando, suggerì al figlio di trovare dieci cose belle di quel suo compagno e di scriverle in bella grafia su un foglio pulito. Da subito Edoardo sentenziò che non ce n’erano.

    La sera ne aveva riportate addirittura quindici!

    A quel punto Elio gli aveva chiesto: ma sei certo che con una persona con tanti pregi non si possa andare d’accordo?

    Edoardo mutò il suo atteggiamento e la naturale conseguenza fu il cambiamento di quello dell’altro. Così nacque una buona amicizia.

    Lo dico a papà per lui corrispondeva a problema risolto . Che bello sentirsi tanto considerati. Elio si domandava se sarebbe stato così anche quel giorno.

    La macchina era incolonnata al semaforo ed i pensieri ripresero a correre nelle stanze dei ricordi: Edoardo che si prendeva le prime responsabilità sulla sorella, gli amori, i successi e gli insuccessi sportivi, la laurea in medicina, la decisione di provare il paracadutismo, che era poi diventato più che una passione.

    Il paracadutismo.

    Inizialmente non ne aveva parlato alla madre, temendo la sua apprensione. Anche per quello Edoardo aveva poi risolto passando la palla al padre. E così Elena approvò. La presenza del papà, sempre meno evidente, ma sempre lì per lui.

    Elio aveva trovato un nesso tra il ruolo di genitore ed un passo di un Vangelo apocrifo, quello in cui un uomo stava passeggiando sulla spiaggia senza timori perché in compagnia di Gesù; d’un tratto, si era sentito solo e abbandonato nel non vedere più le impronte del Maestro sulla sabbia accanto alle sue: in realtà, non si era accorto di essere stato preso in spalla.

    Che bello vedere la soddisfazione e la fiducia in se stesso del figlio per aver realizzato qualcosa, senza aver percepito la presenza tutelante del genitore, che comunque c’era stata.

    E quanto aveva riso quando era venuto da lui a dirgli che il gioielliere aveva sbagliato gli anelli per il matrimonio.... lo dico a papà, problema risolto.

    Ciao Edoardo, allora a cosa ti serve un vecchio avvocato?

    A niente - ribatté il figlio ancor più turbato rispetto al breve colloquio telefonico - non so invece come farei senza il mio vecchio papà.

    Sempre per cercare di sdrammatizzare la questione, Elio disse: cos’è, anche tu hai visto le mie analisi come Emma?

    Analisi? Devo preoccuparmi? Tieni nascoste queste cose a tuo figlio medico?

    No, non preoccuparti! Niente di che. Solo che anche Emma oggi mi ha detto qualcosa di simile, tutto qui.

    OK papà, scusa se sono un po’ egoista, ma adesso ho proprio bisogno di parlare di me.

    Elio tacque, aspettando il seguito, come aveva fatto la mattina con la figlia: li pensò entrambi come affluenti del grande fiume della sua vita. Quante cose oggi non saprebbe o sarebbe incapace di affrontare se non ci fosse stato lo dico a papà, problema risolto.

    "Il problema è Eleonora... anzi no, il problema sono io."

    Al silenzio di Edoardo il padre non proferì parola.

    Non capisco più il senso del nostro stare insieme, e non mi parlare dell’indissolubilità del matrimonio, perché su questo mi sto già torturando da tempo e non mi do pace.

    Edoardo stava dicendo e rispondendo tutto da solo, ma ad Elio andava bene così. Con quelle poche parole, che nulla dicevano di quanto fosse concretamente accaduto, gli aveva già chiarito senza false ipocrisie le due cose che si aspettava dal padre: lo dico a papà, problema risolto e papà, sei talmente importante che pendo dal tuo giudizio; in sintesi una dichiarazione di profondo amore che solo i figli sanno esternare con frasi che possono arrivare addosso con la forza di una bastonata. E con questo, Elio capì anche cosa avrebbe fatto.

    Lo avrebbe accompagnato per far svanire quella nebbia di insicurezze, tensioni, rabbia e insoddisfazioni che non gli consentiva di valutare le cose nella loro giusta dimensione. Per farlo doveva però sapere cosa fosse realmente accaduto e per ottenere quello conosceva un solo metodo: tacere!

    Dopo alcuni secondi, in cui la tensione aveva combattuto contro la necessità di affrontare il discorso e con la stessa si era poi alleata per non soccombere alla tentazione di abbandonare l’argomento, Elio capì che, senza un suo cenno di approvazione, Edoardo non avrebbe più parlato.

    "Un giorno tu potresti fare qualcosa di riprovevole, rubare, uccidere, corrompere. Spero che non succeda, ma, se così fosse, non potrai mai chiedermi di approvare quanto accaduto. Ciò che avrai sarà invece la certezza che io ci sarò, soffrirò con te, espierò con te, gioirò con te, sempre, comunque, perché l’amore verso un figlio è costruito giorno per giorno, è amore a prescindere, perché l’amore è la stanza in cui puoi scoprirti e confidarti senza temere giudizio, ma ottenendo comprensione e collaborazione. Se lo vorrai io sarò quella stanza per te. - e dopo una breve pausa - Quante volte da adolescente e anche più in là ti ho ripetuto questa frase. Credi che fosse un mero esercizio teorico?"

    Edoardo si fece forza e proseguì: Eleonora ed io siamo cresciuti insieme, in classe insieme, laureati insieme, dipendenti dello stesso ospedale. Non vorrei che questo stare uniti tutto il tempo ci abbia fatto cadere nella noia e nell’abitudine. Non dico che sia finito l’amore, ma non lo so veramente più.

    Ti senti annoiato, percepisci di essere schiacciato sotto il solito tran tran?

    No, non dico questo, ma tante cose non ce le diciamo più, altre le diamo per scontate, non c’è più complicità negli obiettivi, anzi, forse non ci sono proprio più gli obiettivi.

    Ma credi che sia così per te o per lei?

    Non ti so dire: è che certe sensazioni sono sparite!

    Edoardo stava offrendo tanti piccoli elementi, di certo cose che provava, ma non affondava nel concreto del problema. Non rimaneva che pazientare finché fosse uscito il vero flusso di parole chiarificatore.

    "E’ successo che senza che me ne accorgessi realmente mi sono trovato a letto con una infermiera. Ecco, te l’ho detto! Con lei mi sento nuovamente vivo, dimostra di volermi, di apprezzarmi, non dà niente per scontato, mi sento rinato. - nuovamente un lungo silenzio che Elio si guardò bene dall’interrompere - Mi sentivo già in colpa per tutto questo, perché, in fondo, Eleonora non si merita un trattamento così. Anche se, forse, potrebbe talvolta considerarmi di più, non se lo merita davvero.

    Stamattina è venuta in ospedale fuori dal suo turno mentre io ero con l’altra. Per poco non ci ha scoperti. Non posso andare avanti così, non ce la faccio, non ce la faccio proprio."

    Edoardo, quanta confusione. ma tu cosa vuoi veramente?

    Non lo so papà. Davvero non lo so. Quando sto con Luciana mi sento bene. E’ come se fossi ancora lo studente infatuato della nuova compagna di classe. Ti ricordi quando al liceo arrivò Laura?

    "Come no! E mi ricordo anche il calo dei tuoi voti e le lettere di richiamo che mi mandarono i tuoi insegnanti...mah!, ricordo, però, anche come la situazione si raddrizzò in breve tempo e le vacanze successive ti riaprirono alla tua vita di sempre. - detto questo Elio meditò un momento prima di riprendere il discorso - E poi quando prima di sposarti avevi avuto quella brutta sbandata. A proposito, come mai Eleonora ci passò sopra?"

    Lei dice che amare è un verbo ed il verbo sottintende sempre ad una azione. Sostiene che se ami veramente sei disposto anche a perdonare: amare è difficile e faticoso. Per lei amore implica anche sofferenza, la sofferenza di accettare ferite che, probabilmente, mai si chiuderanno completamente.

    E ora?

    Ora papà devo essere onesto con lei, le dirò tutto, lei non merita di essere presa in giro.

    Ti capisco, e per certi versi può anche essere giusto. ...Anzi, lo è senz’altro se tu intendi lasciarla. E’ questo che vuoi?

    Non so, sta succedendo tutto così in fretta che non so davvero.

    E allora vuoi dirle tutto cosicché sia lei a dover prendere una decisione? E’ vero, così ti scaricheresti di responsabilità, ma se il vostro rapporto proseguisse, sarebbe più giusto che tu continuassi a sentirti in colpa quale monito a future simili situazioni o che lei ti perdonasse facendo suo quel dolore inestinguibile? Cos’è giustizia e cos’è codardia?

    Le lacrime bagnarono il viso di Edoardo. Elio ne fu contento: spesso un pianto liberatorio tranquillizza più di tante sedute dallo psicologo.

    "Cosa vuoi fare veramente, Edoardo?

    Perché hai parlato di amore, anche se messo forse in discussione, solo per Eleonora? E l’altra cos’è?"

    Non lo so, probabilmente con Luciana è successo tutto in un momento di debolezza, non credo di voler lasciare Eleonora.

    Non c’è una soluzione giusta ed una sbagliata quando parli di sentimenti. Da povero padre non posso però non invitarti a far chiarezza.

    Edoardo singhiozzando disse: "Papà, tutto questo mi sta turbando, ma, nel profondo, non credo di voler davvero cambiare la mia vita. Forse mi ero illuso di poter aggirare le difficoltà del mio matrimonio, ma è Eleonora che amo ed è lei la donna che mi interessa."

    Elio fece un lungo silenzio, di quelli in cui non puoi fare a meno di ripercorrere a ritroso tutta la tua esistenza e poi nuovamente sino ad oggi. Ed entrambi lo fecero.

    "Ti ringrazio per avermi parlato di questo problema: farmi sentire padre è il modo più bello che hai per rendermi vivo. E’ impagabile percepire la mia vita proseguire in te e forse questo è già paradiso. Ma ora devo fare una parte un po’ meno piacevole. Hai iniziato questo colloquio che quasi davi per finito il tuo matrimonio, anzi, volevo dire la tua convivenza con Eleonora, ora, invece, stai dicendo l’esatto contrario. Non credi che dovresti dormirci sopra per capire meglio cosa vuoi veramente?

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