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Le Avventure di Lone Jack Kid
Le Avventure di Lone Jack Kid
Le Avventure di Lone Jack Kid
E-book241 pagine3 ore

Le Avventure di Lone Jack Kid

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Sull’opera

Cavalcate insieme a Jesse e Frank James e lasciate che vi raccontino le avventure di Lone Jack Kid.

Erano anni di guerra, gli uomini vivevano e morivano combattendo il nemico… e a volte anche combattendosi tra loro. Cole osservò i tizi di fronte a sé, alzò una mano e disse a voce alta, in modo che tutti, in quella stanza, lo sentissero, “Non fatelo, ragazzi, Sturman era un cane giallo e un disertore, non c’è bisogno che tiriate le cuoia nel tentativo di vendicare uno del suo stampo.”


 

Sette indiani avevano accerchiato due donne bianche, seminude, all’apparenza madre e figlia. Charlie fece un respiro profondo. Buttò fuori l’aria piano. Prese la mira. Fece fuoco, ancora e ancora, un colpo dopo l’altro. Ne centrò quattro prima che si rendessero bene conto di cosa stava succedendo, quindi si lanciò nella radura e sparò al quinto mentre stava per estrarre.


 

“Mi chiamo Charles Longstreet.”

Gli uomini si guardarono a vicenda. La comprensione si fece strada nelle loro menti, “Tu… sei Lone Jack Kid?”

Sorrise. “L’unico e il solo.” si tolse il cappello, lo sventolò per aria ed esplose il grido di guerra dei Confederati. “Ci vediamo all’inferno, branco di ladri.” diede uno strattone alle redini e colpì i fianchi di Cometa, la quale voltò il muso, si lanciò nel ruscello gorgogliante, l’acqua alta fino alle staffe, e lo attraversò in un lampo schizzando acqua tutt’attorno. Dall’altra parte, i tizi che gli avevano chiesto un pedaggio osservavano quella dimostrazione di abilità in sella con ammirazione forzata.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita26 mar 2017
ISBN9781507178911
Le Avventure di Lone Jack Kid

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    Anteprima del libro

    Le Avventure di Lone Jack Kid - Joe Corso

    Jimmy Ringo: Perché devo imbattermi sempre in qualche cialtrone come te in tutti i paesi per cui mi trovo a passare? Che cosa intendi fare, lo spaccone davanti ai tuoi amici?

    Romantico Avventuriero, 1950

    ­­­

    Capitolo 1

    Ottobre 1871

    Fort Smith, Territorio indiano

    ––––––––

    Charlie se ne stava sulla sedia a dondolo in veranda, sorseggiando del buon whiskey e fumando un buon sigaro. Devo comprare una scatola di cubani al prossimo viaggio in città, aveva preso mentalmente nota, e intanto rimuginava sul destino e i suoi meccanismi... eccolo di nuovo lì, a Fort Smith, a ripensare a quando seguiva le tracce dei tre uomini che gli erano saltati addosso. Si era fermato al forte, ancora in operatività benché fosse destinato a venire presto chiuso, con la sua scarna compagnia di 500 soldati anziché il contingente completo, 1500 uomini, e il destino l’aveva poi riportato lì in qualità di agente indiano. Fa niente, pensò, appoggiandosi all’indietro e osservando il sole che si tuffava lento oltre l’orizzonte. Gli ricordò le chiacchierate con padre Riccardo Sanchez, quando era convalescente per la ferita ricevuta dopo la sparatoria con i quattro tizi vicino allo steccato che portava a Virginia City.

    Tranne la mano di Dio, nulla avrebbe potuto creare l’effetto arcobaleno prodotto dal globo solare al tramonto, quando muta in una moltitudine di colori. A osservarlo si rimaneva senza fiato. Un vero privilegio potersi trovare lì, la sera, a fare esperienza dell’abbagliante tavolozza divina. Quando l’ultimo raggio di sole sparì arrivò improvvisa la notte, quasi senza avvisare.

    Sebbene prendesse seriamente i suoi doveri di agente indiano gli stava tornando la solita, vecchia smania di viaggiare: le giornate parevano allungarsi e il suo grande desiderio era tornare a seguire le piste. Si teneva in contatto con Percy, una o due lettere al mese, per sapere come tirasse avanti. Lui e Janie erano adesso i fieri genitori di una bambina che avevano chiamata Charlotte in onore dell’amicizia con Charlie. Non aveva grandi amici, oltre a lui e a Ned Buntline... bè, conosceva molta gente, ma non erano veri e propri amici. Anche se non era poi del tutto vero siccome apprezzava molto la compagnia e i consigli di Aquila Selvatica e Alce Nero, due capi indiani con cui aveva trascorso molto tempo nei diciotto mesi passati. Erano le ancore che lo tenevano ormeggiato lì, all’agenzia per gli affari indiani. Non fosse stato per loro se ne sarebbe andato da un bel pezzo. Andava a caccia assieme all’uno o all’altro, talvolta si avventuravano tutti e tre nella luoghi più selvatici e stavano via per una o due settimane. Il loro legame cresceva ogni mese. Si preoccupava per loro, lo sapevano, e avevano fiducia in lui, e lui in loro.

    Tuttavia, Charlie era deluso dalle scelte del presidente Grant, in particolare riteneva William W. Belknap, il Segretario alla Guerra, un criminale opportunista, e sospettava accettasse delle bustarelle da alcuni compagnie che avevano ottenuto i permessi per commerciare nelle riserve indiane. Durante un incontro con il presidente aveva scoperto che, nonostante l’onestà impeccabile, aveva dei difetti gravi come comandante in capo: non era solamente onesto, era tanto leale agli amici da trasformare tale lealtà in un difetto, e credeva che tutti i suoi subordinati fossero persone tanto rette quanto lui. Nelle questioni di governo si comportava come se stesse gestendo l’esercito e la cosa un problema in quanto, anziché mandare un membro del Dipartimento di Stato a negoziare un accordo, mandava qualcuno dei suoi ex ufficiali nella guerra civile di cui si fidava tacitamente. Nel 1869, senza consultare i membri del gabinetto, aveva mandato il suo segretario privato, Orville E. Babcock, a discutere l’annessione di Santo Domingo, e così, quando Charlie scrisse a Grant che aveva dei sospetti su Belknap, che pensava stesse truffando gli indiani, il presidente si rifiutò di credergli. La risposta arrivò su carta da lettere ufficiale della Casa Bianca e lo fece sentire piuttosto contrariato, non solo a causa di Grant ma anche del proprio lavoro e della piega che stava prendendo la propria vita. Smaniava di allontanarsi dall’agenzia, e così un bel giorno sellò Sable e andò a trovare Aquila Selvatica, del popolo Kaw, suo fratello di sangue,.

    Il capo fu contento di vederlo. Cosa porta mio fratello alla riserva Kaw?

    Charlie smontò da cavallo ed entrò nella sua tenda, dove sentì piangere un bambino. Vide Cerva-che-Corre intenta ad allattare un neonato. La donna sorrise all’amico e gli fece segno di sedersi accanto al marito.

    Hai avuto un altro figlio, fratello. È un maschio? gli chiese.

    Aquila Selvatica era raggiante d’orgoglio.

    Cerca-che-Corre ha dato me due bambini forti. Loro grandi capi, un giorno. Abbassò la testa per un momento, quindi alzò lo sguardo verso l’amico. Uomo bianco prende nostre terre. Costretti a rimanere in riserva. Non più liberi a seguire grandi mandrie di bufali. Bufali tutti spariti.

    Charlie gli diede una pacca su un braccio. Senti una cosa, andiamocene a caccia di bufali. Io e te. Ce n’è sono qualcuno, troveremo una mandria, uccideremo un esemplare bello grosso con le nostre mani e riporteremo la pelle perché Cerva-che-Corre ne faccia vestiti invernali per sé e vostro figlio. E se saremo fortunati ci procureremo anche dell’altra pelle per i tuoi, di vestiti.

    Lo sguardo di Aquila Selvatica s’illuminò. Possibile che noi via per molte lune, Charlie.

    E allora? rise. Staremo via tutto il tempo che ci serve per trovarci un bel bufalo. Che ne dici, ti va di venire?

    Suo fratello si alzò in piedi, gli occhi carichi di aspettativa. Vengo con te. Guardò la moglie e le pose la domanda senza parlare.

    Lei rispose con un sorriso. Starò bene, marito. Tu va’ con tuo amico e porta bella pelle di bufalo per fare vestiti a me e a tuo figlio.

    Cavalcarono fianco a fianco verso l’Agenzia Indiana. Il presidente Grant aveva mandato un giovane luogotenente di cavalleria, Edward Jenkins, ad assistere Charlie nei suoi compiti. L’aggiunta aveva alleggerito sensibilmente la pressione connessa al ruolo: subito dopo il suo arrivo a Jenkins erano state assegnate varie attività quotidiane che gestiva con efficienza militare, per la gioia dell’agente.

    Furono di ritorno in tarda mattinata, dopo aver trascorso la notte accampati all’aperto ed essersi raccontati storie di gesta passate. Aquila Selvatica si sistemò sulla sedia a dondolo, Charlie invece entrò nell’ufficio.

    Chiedo scusa signore, abbiamo ricevuto una missiva da parte del Presidente, è indirizzata a voi.

    Il ragazzo era colpito dal fatto che il presidente si fosse preso il tempo per inviare una lettera al suo capo. Chiedo scusa signore, voi conoscete il Presidente?

    Charlie prese la lettera e mentre l’apriva rispose, Sì, io e lui ci conosciamo, e sì, immagino si possa dire che siamo amici... non socialmente, però. aggiunse in fretta. Uhm... qui dice che devo raggiungere la stazione di San Diego e scortare il Granduca di Russia, atteso entro ottobre, dal Generale Custer entro il 13 gennaio, nel Nebraska .

    Spostò lo sguardo dalla lettere al luogotenente. Lo sai, il Granduca è figlio dello zar Alessandro II di Russia, e secondo quanto dice qui vorrebbe andare a caccia di bufali con Custer. Ha letto molte cose su di lui, crede sia il soldato americano più famoso. Alzò un sopracciglio. Ah però, guarda qua.

    Che cosa? Jenkins pendeva dalle sue labbra. Guardare cosa, signor Longstreet? chiese agitato.

    Ci sarà anche il Generale Philip Sheridan, si unirà a Custer e al Granduca per la battuta di caccia. La cosa si fa più interessante a ogni frase.

    Il luogotenente aspettava che continuasse a leggere a voce alta. Non era cosa di tutti i giorni, per un soldato, poter ascoltare il proprio capo mentre leggeva una lettera del Presidente.

    Dice altro, signore?

    Cosa? Oh... sì, qualcosa sì. Scusa, mi sono distratto. Mi scrive che Buffalo Bill Cody farà da guida e capo caccia. Mi viene ordinato di scortare l’ospite russo a North Platte, in Nebraska, e, una volta giunti sani e salvi a destinazione, fare ritorno a Fort Smith.

    Ridacchiò mentre leggeva la frase successiva.

    Mi sembra di andare fuori di testa, signore... smettere di ridere e terminate la lettura.

    Hanno pagato 450 chili di tabacco a Coda Chiazzato, capo dei Sioux Brulé, perché riunisca una mandria di bufali. Bene bene, mi viene comodo, io e Aquila Selvatica non dovremo preoccuparci di trovarne una visto che sembra sarà lì ad aspettarci al nostro arrivo.

    Uscì sulla veranda e si sedette su un gradino, vicino all’amico che si godeva la sedia a dondolo.

    C’è un cambio di programma, Aquila Selvatica, ma penso sia per il meglio.

    L’indiano piegò il capo. Come mai?

    Gli mostrò la lettera. Mi è stata mandata dal Grande Padre Bianco. Mi chiede di andare in un posto chiamato San Diego per incontrare un uomo molto importante che arriva dall’altra parte del mare. Ho l’ordine di scortarlo in Nebraska, a cacciare bufali con i Generali Custer e Sheridan, nonché Buffalo Bill. Deve arrivarci vivo e vegeto. Quale dono per il futuro ospite Pl presidente Grant ha assegnato al capo dei Sioux Brulé, Coda Chiazzata, l’incarico di trovar loro una mandria. Dovrebbe rivelarsi una grande avventura, una che potrai raccontare ai tuoi figli. Incontrerai i prodi guerrieri chiamati Capelli Lunghi e Sheridan.

    Aquila Selvatica si accigliò, pensando ai nomi appena menzionati. Uhm. Sì, ho sentito parlare di Capelli Lunghi e di prode Sheridan. Sì! Andrò assieme a mio fratello e insieme cacceremo. Meglio due che uno perché viaggio è lungo e possono comparire pericoli.

    Il luogotenente Jenkins uscì sulla veranda con una tazza di caffè. Chiedo scusa, signore, forse uno di voi gradirebbe del caffè?

    Risposero entrambi di sì .

    Quando partirete, signor Longstreet?

    Sentendosi chiamare signor Longstreet l’agente ebbe un brivido e strizzò gli occhi. Non si era mai ritenuto un signore, era un semplice ragazzo cresciuto in una fattoria, un ex soldato confederato e nulla più. Lo infastidiva sentirsi adulato per la sua posizione ufficiale. O quando si scopriva che era Lone Jack Kid.

    Senti, luogotenente, ti proibisco di rivolgerti a me come signore o signor Longstreet. D’ora in avanti tu mi chiamerai Charlie, io ti chiamerò Ed e questo ci faciliterà l’esistenza. Non lo pensi anche tu?

    Sì, certo signore. Ops, eh... voglio dire, Charlie. Partirete presto?

    Sì, domani all’alba, insieme a mio fratello.

    Il buon funzionamento dell’agenzia in sua assenza non lo preoccupava visto che non era più solo: il suo staff era cresciuto in maniera considerevole da quando aveva assunto il ruolo di sovrintendente. Oltre a lui e a Jenkins, il dipendente in capo, aveva sotto di sé un altro assistente, un dipendente straordinario, un portalettere e un copista, perciò poteva prendersi del tempo libero senza problemi. In effetti, quello sarebbe stato il suo primo viaggio lontano dalla sede, tolte le visite fatte ai suoi amici indiani di altre tribù.

    Quando Jenkins rientrò nell’ufficio, Charlie si piegò verso Aquila Selvatica così che quanto stava per dire rimanesse tra loro.

    Mi preoccupa il fatto che mio fratello partecipi a questo viaggio, Aquila Selvatica.

    Perché preoccupa, Charlie?

    Mi preoccupano gli uomini bianchi. Alcuni credono che gli indiani siano dei selvaggi e potrebbero non capire la differenza tra te, individuo pacifico, e quelli che odiano i bianchi.

    Loro visto giusto. diede in una risata secca, Io neanche piace molti uomini bianchi.

    Ridendo a sua volta, Charlie gli diede una pacca sulla schiena. Immagino proprio di no, però alcuni non apprezzeranno che un indiano e un bianco siano amici, e questa cosa potrebbe diventare un pericolo per te.

    Quello si alzò dalla sedia e squadrò l’amico, le mani sui fianchi, l’ira sul volto. Aquila Selvatica è guerriero, non ha paura nessuno uomo. Io cavalca con te, affrontiamo pericoli assieme o assieme moriamo, senza paura dentro nostri cuori.

    Puro Vangelo, fratello. rispose con un sorriso, Viaggeremo assieme e, se moriremo, moriremo uniti. Prese fuori due sigari da una tasca e ne porse uno all’indiano, sapendo che, sebbene non gli piacesse il caffè, quelli invece li apprezzava parecchio.

    Capitolo 2

    ––––––––

    Charlie e Aquila Selvatica cavalcavano verso sud lungo la vecchia pista Butterfield. Fort Smith era stato costruito su di essa, nella metà superiore della porzione settentrionale, vicino al fiume Arkansas, e partendo dalla punta dello stato omonimo li avrebbe portati in Texas, quindi nel Nuovo Messico e direttamente in California. Il loro problema era costituito dai banditi e dagli indiani ribelli. Charlie scoprì l’esistenza di tali pericoli quando prese quella pista per la prima volta, lanciato all’inseguimento degli uomini che l’avevano sorpreso nel sonno all’aperto. Mentre viaggiavano sulla strada polverosa spiegò ad Aquila Selvatica quanto gli era successo, lui annuì e gli raccontò a sua volta un po’ di storia della sua gente.

    In principio noi Kaw viviamo in Ohio. Nostra gente erano contadini, cresce mais, zucche e fagioli, però, durante mesi estivi caccia molto. Animali selvatici. Un giorno arrivano uomini bianchi, e noi spostiamo su sponda sud di Red River, in Texas, per fuggire a loro. noi tribù pacifica, John Linney però, nostro capo, aiuta messicani in guerra contro Comanche, nostri nemici.

    Come mai la vostra gente ha lasciato il Texas per stabilirsi nei Territori Indiani?

    A noi Sam Houston promesso terra, però mai ratificato. Invece, Texas paga i Kaw per andare in Territori Indiani, abbandoniamo nostra casa però continuiamo nostre tradizioni, nostra cultura, nostre cerimonie.

    E adesso, si disse l’agente indiano, hanno messo la tua gente nelle riserve, e presto le vostre tradizioni e le cerimonie gloriose potrebbero andare perdute.

    Aquila Selvatica si fermò ad ascoltare. Non bene restare su pista. Viaggiamo per strada diversa, conosco pista indiana, viaggiamo su quella.

    Charlie si guardò attorno, chiedendosi cosa lo avesse spaventato, ma non vedeva né sentiva nulla. Cos’ha sentito mio fratello?

    Noi seguiti. Oggi arrivano, la notte, quando dormiamo. Uccidono. Meglio viaggiare su pista che conosco e preparare trappola a loro.

    Riesci a capire quanti sono?

    Quattro uomini bianchi. Vieni, lasciamo sentiero ora.

    Aquila Selvatica tirò le redini del proprio cavallo e si avviò con passo lieve sul sentiero alla sua destra, in direzione delle Big Washita Mountains.

    Strada più lunga, più sicura però. Conosco bene. Non cadiamo in trappola, facciamo loro cadere invece.

    Cavalcarono per ore tra radi pioppi neri e noci fitti prima di lasciare quella pista stretta.

    Di qua. Un Arroyo su in alto, prepariamo accampamento lì.

    Dopo circa mezz’ora arrivarono a un canalone profondo, tagliato da un ruscello intermittente. Trovarono rifugio sotto una scarpata che separava due livelli, aree elevate sulle quali avrebbero visto facilmente chiunque fosse sulle loro tracce evitando di essere a loro volta individuati. Charlie si avvicinò all’asino per iniziare a scaricare l’equipaggiamento, quindi tolse la sella a tutti gli animali, mentre Aquila Selvatica tagliò un ramo da un albero e lo utilizzò per spazzar via le loro tracce. Preparò poi un fuoco, da accendersi dopo che si fossero occupati dei quattro inseguitori. Charlie prese un oggetto avvolto in un lenzuolo e lo portò all’amico.

    Aquila Selvatica, c’è una cosa che speravo di tenere per farti una sorpresa al momento opportuno, ma poiché sembra che avremo compagnia penso vada benissimo anche adesso.

    Il capo Kaw estrasse il contenuto dal fagotto. Spalancò gli occhi.

    Che arma questo, Charlie?

    Uno dei nuovi fucili Winchester a ripetizione. Il presidente sapeva che avremmo viaggiato a cavallo, perciò ha chiesto alla ditta due dei loro fucili più nuovi, i migliori che avessero, spiegandogli perché ci servivano e così gli hanno spedito due modelli 1873. Sai, ne inizieranno la produzione solo l’anno prossimo. Vogliono che prima qualcuno li provi sul campo e gli faccia sapere cosa va e cosa non va, hanno detto che gradirebbero avere qualche consiglio riguardo possibili miglioramenti prima di far partire definitivamente la produzione.

    Posso usare questo fucile, fratello?

    Si capisce, fratello, è per te. Devo però avvertirti: non tenerlo in vista. Certa gente ucciderebbe pur di averlo, sia tra i bianchi sia tra il popolo rosso.

    Aquila Selvatica lo prese e se lo portò alla spalla. Mirò un

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