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Tra le braccia del principe: Harmony Collezione
Tra le braccia del principe: Harmony Collezione
Tra le braccia del principe: Harmony Collezione
E-book154 pagine2 ore

Tra le braccia del principe: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Elizabeth Mitchell è una ragazza ordinaria, ma possiede qualcosa che il principe Enrico Ceraldi desidera a tutti i costi: è infatti la madre adottiva dell'erede al trono di San Lucenzo, splendido principato nel mezzo del Mediterraneo. Enrico dunque non ha dubbi: per tutelare l'onore del casato deve chiedere la sua mano. Tuttavia si tratterà di un matrimonio soltanto di nome e Lizzy non sarà mai di fatto sua moglie. Peccato che l'affascinante principe non abbia fatto i conti con la realtà...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2020
ISBN9788830512443
Tra le braccia del principe: Harmony Collezione
Autore

Julia James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Tra le braccia del principe - Julia James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Royally Bedded, Regally Wedded

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2007 Julia James

    Traduzione di Olimpia Medici

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-244-3

    Prologo

    L’uomo dai capelli neri seduto all’antica scrivania di mogano, illuminata da una pesante lampada dalle finiture in oro, chiuse con un gesto nervoso l’ennesimo portadocumenti di cuoio e lo aggiunse alla pila sempre più alta alla sua destra. Poi ne prese un altro e dopo averne controllato distrattamente il contenuto fece lo stesso. Dio, ma quelle cartacce non finivano mai? Come era possibile che un posto piccolo come San Lucenzo producesse una quantità così enorme di scartoffie? Tutto, dalla burocrazia spicciola alle decisioni del Gran Consiglio, doveva essere firmato e sigillato. E in quel momento l’unico ad avere il potere di farlo era lui.

    Le labbra perfettamente disegnate del principe Enrico si piegarono in un sorriso sarcastico. Per fortuna quell’incombenza gli capitava solo di rado. Ma con suo fratello, l’erede al trono, impegnato a rappresentare il nome dei Ceraldi a un matrimonio regale in Scandinavia e con suo padre, il principe regnante, momentaneamente indisposto, era toccato proprio a lui occuparsi dell’amministrazione dello Stato, da cui solitamente era escluso.

    Lo sguardo di Rico si adombrò per un attimo. A causa del suo stile di vita, che a corte veniva definito con un eufemismo un po’ eccessivo, era stato escluso da ogni incarico e compito ufficiale. Eppure, per quanto suo padre deplorasse la sua reputazione di principe playboy, i suoi exploit nel mondo degli sport estremi, in particolare nel campionato mondiale delle corse in motoscafo, e la costante presenza sulla scena del jet set internazionale rappresentavano una delle principali fonti di pubblicità per il piccolo principato di San Lucenzo.

    Purtroppo il Principe Reggente e il Principe Ereditario non la pensavano così. Le labbra gli si piegarono in una smorfia sarcastica. Per loro Rico rappresentava solo una minaccia al secolare buon nome della famiglia Ceraldi.

    Gli occhi si posarono sul documento aperto davanti a lui. Un documento che avrebbe fatto diminuire ulteriormente la già scarsa stima del padre e del fratello nei suoi confronti.

    Carina Collingham era un’attrice con cui aveva avuto una breve relazione. Nonostante avesse interrotto il rapporto non appena aveva scoperto che era ancora sposata - lei gli aveva detto di essere divorziata - ormai il danno era stato fatto.

    Luca, il fratello maggiore, gli aveva fatto una ramanzina, dicendo che, data la sua posizione, era suo preciso dovere condurre scrupolosi accertamenti, prima di infilarsi sotto le coperte con una donna.

    «La tua è tutta invidia» aveva risposto Rico con evidente sarcasmo. «Da quando ti sei messo con Christabel Pasoni hai smesso completamente di guardarti in giro.»

    «Ma almeno Christa non mi ha mai fatto finire in prima pagina sulle riviste scandalistiche» aveva sibilato il fratello in tono fattosi ancora più ostile.

    «Solo perché il suo paparino è il proprietario di quasi tutte quelle testate. Se sono così ricchi è anche merito mio.» Rico aveva fatto una risatina e scherzando aveva concluso: «In effetti potresti chiedere a tuo suocero di dire ai suoi giornalisti di lasciarmi un po’ in pace».

    Ma Luca non aveva colto l’ironia. «Non scriverebbero su di te, se non gliene dessi continuamente motivo. Non pensi che sia arrivato il momento di crescere e di assumerti qualche responsabilità?»

    L’espressione di Rico si era fatta improvvisamente più dura.

    «Stai sicuro che, se solo avessi una qualche responsabilità da prendermi, non esiterei nemmeno un momento» aveva risposto. Poi, senza aggiungere una parola, aveva voltato le spalle al fratello e se ne era andato.

    Certo, ora che quelle responsabilità le aveva davanti, sotto forma di pile e pile di documenti da firmare, l’entusiasmo si era notevolmente affievolito.

    Chissà, se avesse firmato con la sua migliore calligrafia e sigillato tutte quelle carte prima del ritorno di Luca, magari si sarebbe meritato il perdono regale...

    Purtroppo quel pensiero non gli riuscì divertente quanto avrebbe voluto, e con una certa ansia proseguì nel lavoro. Il nuovo documento che aveva tra le mani era una specie di petizione. Il priore di un convento chiedeva, in un linguaggio antiquato e ampolloso, di venire sollevato dal dovere di pagare le tasse su un terreno su cui, nel diciassettesimo secolo, era stato costruito un ospedale. Alla perplessità di Rico venne in aiuto una nota scritta a mano dal padre, in cui era spiegato che si trattava di una richiesta pro forma che veniva inoltrata al principe, sempre uguale, tutti gli anni dal 1647.

    Rico alzò gli occhi al cielo, scosse la testa e firmò. Poi prese la ceralacca rossa, ne sciolse alcune gocce sopra la firma e, quando si fu leggermente raffreddata, vi appose il sigillo reale.

    Stava ancora osservando la curiosa petizione del priore, quando il cellulare prese a suonare. La cosa lo coglieva sempre un po’ di sorpresa, visto che quel numero lo conoscevano in pochissimi.

    «Rico?»

    Riconobbe subito la voce di Jean Paul. Quando lo chiamava, raramente c’erano buone notizie in arrivo. Soprattutto a quell’ora. L’ora in cui i giornalisti di mezza Europa andavano a dormire, spesso dopo avere dato alle stampe una notizia che lo riguardava.

    «Dimmi» ripose seccamente Rico.

    Jean Paul era un giornalista di gossip, oltre che il nipote di un conte francese decaduto e uno dei rarissimi amici che Rico potesse vantare tra le fila della carta stampata.

    «Si tratta di Paolo.»

    «Paolo? Se qualche tuo collega ha avuto il coraggio di scrivere qualcosa di male su Paolo, giuro che...»

    «No, no. Nessun articolo scandalistico.» Jean Paul fece una breve pausa, poi aggiunse in tono incerto: «Però sono venute alla luce delle novità che non ti faranno piacere».

    «Novità? Quali novità? Paolo è morto in un incidente stradale quattro anni fa.»

    La notizia aveva devastato la famiglia. Paolo era il figlio più piccolo del principe, il fratello minore di Luca e Rico. E la sua fiamma, pura e brillante, si era estinta a soli ventidue anni.

    «Allora?» La voce di Rico era spezzata dall’emozione. «Parla, maledizione.»

    Il giornalista ebbe un attimo di esitazione. «Si tratta della ragazza che si trovava in macchina con lui...»

    «Quale ragazza?» urlò Rico lasciando libero sfogo alla rabbia e alla frustrazione. Come era possibile che solo ora, dopo quattro anni, si fosse scoperto che a bordo dell’auto del fratello, il giorno dell’incidente, c’era un’altra persona?

    Jean Paul respirò a fondo e, in tono timoroso, gli spiegò la cosa nei dettagli.

    1

    «Oh mio caro, oh mio caro, oh mio caro Benedict, il mio piccolo angioletto ora è pronto per il bagnetto.»

    Elizabeth fece una risatina divertita e lanciò un’occhiata al figlio di quattro anni, ricoperto di sabbia dalla testa ai piedi. Il lungomare era pieno di gente che si godeva gli ultimi raggi del sole e lo spettacolo mozzafiato del tramonto sul mare. Era appena iniziata la primavera, ma le ultime settimane erano state particolarmente calde, come un anticipo di estate.

    «Allora posso entrare in acqua?» chiese Ben con entusiasmo.

    «Non intendevo dire il bagno in mare. Quello di cui hai bisogno è un bel bagno caldo, a casa» rispose la madre scuotendo la testa con un sorriso affettuoso.

    Il bambino corrugò la fronte, alzò le spalle e si lasciò avvolgere nel telo da mare. «Continua a cantare» ordinò in tono serio.

    Lizzy era stonata come una campana, ma per Ben questo non era un problema. Così come non era un problema il fatto che sia lui che sua madre andassero in giro vestiti con abiti comperati al discount, o che i giochi con cui si divertiva provenissero dalle raccolte degli enti caritatevoli destinate ai bambini indigenti. Lizzy e Ben bastavano a se stessi, erano felici e quello che il resto del mondo pensava di loro non aveva la minima importanza.

    Per Ben non era un problema neppure non avere un padre, a differenza della maggior parte dei bambini che incontrava per la strada in quelle uscite pomeridiane.

    Lui ha me e questo è tutto ciò di cui ha bisogno, pensò Lizzy rimettendosi a cantare, mentre cercava di togliergli la sabbia di dosso sfregandolo energicamente con l’asciugamano.

    Si stava facendo tardi e tra poco si sarebbe fatto buio, ma Ben era così contento di stare in spiaggia che le si stringeva il cuore a doverlo riportare a casa. Anche se l’acqua era ancora troppo fredda per farci il bagno, il bambino trovava mille occasioni di gioco tra le dune sabbiose e riusciva a divertirsi anche solo raccogliendo conchiglie sul bagnasciuga o scrivendo sulla sabbia con dei pezzetti di legno.

    In effetti la vicinanza al mare era stato il motivo principale che l’aveva spinta a comperare il cottage in cui ora vivevano. Undici mesi prima Lizzy aveva venduto il suo piccolo appartamento alla periferia di Londra e con il ricavato aveva acquistato la nuova casetta. Attualmente la sua condizione economica era piuttosto precaria, per non dire preoccupante, ma lei non aveva nessun rimpianto. Per Ben era sicuramente meglio crescere in campagna, piuttosto che tra le strade grigie e piene di smog di Londra.

    Lo sguardo di Lizzy si addolcì.

    Ben. Benedict.

    Benedetto.

    La verità era che quel bambino era stato una benedizione per lei. Ne era sicura: nessuna madre al mondo poteva amare il proprio bambino più di lei.

    Nemmeno una madre naturale.

    Lizzy si sentì pervadere da una tristezza che le era ormai famigliare. Maria era così giovane. Troppo giovane per andarsene di casa e fare la modella. Troppo giovane per rimanere incinta e troppo giovane per morire in quel modo, stritolata tra le lamiere di un’automobile ai margini di una strada francese a soli vent’anni.

    Lizzy chiuse gli occhi e rivide la sorella minore in tutto il suo splendore. I capelli biondi, gli occhi azzurri, il sorriso angelico. La sua era una bellezza che catalizzava l’attenzione.

    E faceva vendere vestiti.

    I loro genitori erano rimasti a bocca aperta quando un giorno, di ritorno da scuola, allora frequentava l’ultimo anno di liceo, Maria aveva detto che un talent scout le aveva proposto di fare la modella. Lizzy l’aveva accompagnata al provino fotografico presso una delle più importanti agenzie di Londra e si era stupita di vedere come la sorella si sentisse a proprio agio in un ambiente così diverso rispetto a quello

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