Un guerriero per papà: Harmony Destiny
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Sheri Whitefeather
Autrice della novella Sangue Cherokee.
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Un guerriero per papà - Sheri Whitefeather
successivo.
1
Da quanto lo implorava di cambiare idea?
Seduta alla scrivania nel retro del suo negozio di biancheria intima, Annie Winters ripeté al telefono: «Ti prego, sii ragionevole».
Il respiro affannoso di Harold riecheggiò nella cornetta. L'anziano cheyenne viveva in una riserva nel Montana, a novecento miglia di distanza dalla città natale di Annie nella California meridionale, tuttavia teneva il suo futuro in pugno, o meglio nello scatto di una biro. Annie aveva infatti disperatamente bisogno della sua firma.
«Mia nipote era sposata» asserì lui. «Aveva un marito.»
Nella mente di Annie si proiettò l'immagine dell'amica. Jill, lucenti capelli neri e sorriso caldo. Jill, la madre dei bambini che lei amava e voleva adottare. Sì, Jill era stata felicemente sposata finché, due anni prima, un incidente d'auto aveva spezzato la sua giovane vita e quella del marito, lasciando orfani i loro tre maschietti.
Annie sospirò. «Non posso far apparire nella mia vita un marito come per magia!»
«E io non firmerò mai le carte per l'adozione se non ti sposi. I miei pronipoti hanno bisogno anche di un padre.»
Annie strinse più forte la cornetta. Dopo la morte di Jill, aveva modificato il suo stile di vita, sapendo che i bambini avevano bisogno di lei. Aveva avviato una nuova attività e comprato una casa più grande, aveva pianto con i bambini, li aveva coccolati, aveva baciato le loro ginocchia sbucciate, li aveva osservati crescere.
Come poteva Harold aspettarsi che lei sopravvivesse senza sorrisi sdentati e dolci abbracci? Senza chiacchiere infantili e vestiti sporchi di marmellata?
«Non puoi portarmeli via, Harold.»
In realtà, poteva. Senza il suo consenso, infatti, lei avrebbe perso i bambini. Harold era il loro unico parente in vita. Aveva il potere di accordare o meno l'adozione.
Annie chiuse gli occhi. Harold non solo insisteva che lei si sposasse, ma pretendeva anche che il futuro marito fosse un cheyenne, in grado di tramandare ai bambini il patrimonio culturale di quel popolo.
E lei conosceva un solo uomo che corrispondesse a quella descrizione.
Dakota Graywolf.
Dakota aveva programmato un viaggio per vedere i bambini. Sarebbe arrivato di lì a due settimane.
Annie aveva perciò quattordici giorni per trovare il coraggio di proporre il matrimonio all'ultimo uomo sulla terra che desiderava sposare.
Due settimane più tardi, raggiunse lo Sleep Shack, un motel fatiscente alla periferia di una polverosa cittadina della California, arroventata dal sole del deserto.
Delle tre jeep parcheggiate fuori, riconobbe subito quella di Dakota: rossa, dai grandi parafanghi e gli enormi pneumatici.
Scese dal minivan e si diresse verso la stanza del motel, con il vento del deserto che le scompigliava i capelli e gonfiava la gonna di seta azzurra lunga alla caviglia.
Bussò, e Dakota Graywolf aprì la porta, fissandola dall'alto dell'imponente statura, con gli occhi neri che scintillavano sotto le sopracciglia ancora più scure.
«Ehi, scricciolo.»
Annie non gradì sentirsi di nuovo affibbiare quel nomignolo, poi si sforzò di sorridere. Dakota l'aveva presa in giro senza pietà da quando erano bambini, sapendola cotta di lui. Una volta diventati adulti, aveva continuato a bersagliarla con quel suo sorriso provocante, spogliandola con gli occhi color ebano. Era tutto un gioco, naturalmente, parte della sua natura incline al flirt. Le donne erano un divertimento per lui.
Annie sostenne il suo sguardo. Non era l'uomo ideale, ma non aveva scelta. «Grazie per aver accettato di vedermi.»
«Figurati.»
Cercando di tenere i nervi sotto controllo, lei entrò nella stanza squallida.
Sia il letto sia Dakota erano in disordine. Ciocche ribelli dei lunghi capelli neri gli ricadevano sulla fronte. I jeans che gli fasciavano i fianchi avevano il primo bottone slacciato. Il muscoloso torace dalla pelle color bronzo, segnata da qualche cicatrice, la rendeva fin troppo consapevole della loro differenza di sesso.
Annie diede un'altra occhiata al letto e non poté evitare di chiedersi se lui l'avesse diviso con una donna, la notte precedente. Se c'era qualcuno capace di trovarsi un'amante in mezzo al nulla, quello era Dakota Graywolf.
Era forse importante? No, ma lo scopo di quella visita giustificava il suo interesse.
«Siediti.» Dakota le offrì una lattina di aranciata fresca e indicò il tavolo di formica vicino alla finestra.
Annie si sedette su una delle sedie, mentre lui si muoveva verso l'altra. Sebbene zoppicasse lievemente, la sua forza di carattere era stupefacente. Due anni prima, durante un rodeo, aveva riportato gravi ferite che avrebbero potuto lasciarlo paralizzato, se non si fosse imposto di camminare ancora. Quell'anno erano successe troppe tragedie. Dakota era stato calpestato da un toro nello stesso mese in cui Jill e suo marito erano morti.
Annie lo osservò. Sembrava in ottima forma, ma decise di tenere per sé quel complimento. Lui non amava parlare dell'incidente o della sua guarigione. E poiché era stato nel Montana a riprendersi dalle ferite e lei viveva in California, non si erano visti per più di due anni.
Che rimpatriata!, pensò agitata.
Dakota avrebbe accettato la sua proposta? Sicuramente avrebbe capito. Jill era stata come una sorella per lui. Non avrebbe voltato le spalle ai suoi bambini. Era il loro zio Kody, il famoso cowboy di rodeo, che telefonava regolarmente e mandava vagoni di giocattoli. Famoso ex cowboy, per l'esattezza. Da quando si era ritirato, aveva trasformato il suo hobby di creatore di gioielli in un lavoro.
Un mezzo sorriso gli affiorò alle labbra. «Be', eccoci qui, scricciolo.»
«Già, eccoci qui.» In una squallida stanza di motel. Insieme. Lui con i jeans sbottonati e lei con la pelle calda come l'aria del deserto.
Avrebbe dovuto incontrarlo in un bar, in qualche posto affollato. Impersonale. Sebbene si conoscessero da diciotto anni e si fossero tenuti in contatto per telefono negli ultimi due, d'un tratto Dakota le sembrava uno sconosciuto, non l'autoelettosi zio dei bambini che lei voleva adottare. Al momento, era un uomo mezzo nudo in una stanza di motel fiocamente illuminata.
Dakota sembrava infischiarsene della tensione che sfrigolava tra loro, ma lei non ci riusciva. Si era trovata coinvolta con un tipo come lui, un uomo che aveva creduto di poter domare. Forse il suo ex fidanzato non era un cowboy incosciente, ma era stato un donnaiolo della stessa razza.
E poi c'era suo padre, l'attraente mascalzone che aveva incantato sua madre quanto l'aveva tradita. Il padre aveva montato i tori proprio come Dakota. Solo che non era sopravvissuto.
Annie odiava i rodeo e tutto ciò che rappresentavano. La collera la consumava ogni volta che pensava al padre. Anche da bambina, aveva capito perché sua madre avesse divorziato da Clay Winters. Suo padre aveva ceduto ai vantaggi dell'essere un cowboy professionista, ubriacandosi in bar d'infimo ordine e spassandosela con le donne. Era stato penoso amare un uomo che aveva disprezzato la famiglia così sfacciatamente. Ma era altrettanto penoso pensare come la gioventù e la vitalità di quell'uomo fossero state spezzate dall'incornata di un toro.
«Cosa succede?» chiese Dakota, distogliendola dai ricordi. «Perché sei venuta fin qui, invece di aspettare che io venissi a casa tua a vedere i piccoli?»
Il motivo era che aveva deciso di parlargli senza i bambini presenti, i quali non dovevano sapere che era stata forzata a prendere tale decisione.
«Hai visto Harold di recente?» gli domandò, aprendo la lattina. «Sei andato a trovarlo, prima di lasciare il Montana?»
«Sì. Ti manda i suoi saluti.»
«Non ha detto altro? Non ti ha parlato del mio desiderio di adottare i bambini?»
«Ha menzionato i bambini, naturalmente, ma non ha detto niente circa l'adozione. D'altronde, è una questione fra te e lui.»
Non più, considerò Annie. Dakota era stato preso nel mezzo. «Harold non mi vuole concedere la custodia a meno che non mi sposi» esordì, osservando l'espressione sbalordita di Dakota. «Vuole che i ragazzi crescano in una famiglia tradizionale, con una madre e un padre.»
«Stai scherzando? Un matrimonio combinato? Roba da Medioevo!»
Annie bevve un sorso della bibita. «Non è tutto. Harold pretende che sposi un cheyenne, che possa insegnare ai bambini il loro patrimonio culturale.» Strinse le dita attorno alla lattina. «E così ho pensato a te. Sei già come uno zio per i ragazzi e, nella tua cultura, uno zio è praticamente un secondo padre.»
Invece di rispondere, lui la scrutò con quei suoi occhi impenetrabili.
«Maledizione, Dakota, di' qualcosa!»
Lui indugiò ancora prima di parlare. «Mi stai chiedendo di sposarti?»
Annie finse una disinvoltura che non provava. Era l'esperienza più umiliante della sua vita. «Te lo sto chiedendo per il bene dei bambini.»
Mentre lui continuava a fissarla pensosamente, Annie trasse un respiro incerto. Avrebbe rifiutato? Le avrebbe detto che amava troppo la sua libertà, che sposarla avrebbe significato andare oltre il senso del dovere?
Ma lei voleva solo un matrimonio di convenienza. Non cercava un vero marito. Sarebbe voluta scappare. Ma non poteva. Tre ragazzini di due, cinque e otto anni dipendevano da lei. Ed erano molto più importanti del suo orgoglio.
Dakota si passò una mano nei capelli. Lo sguardo turbato degli occhi color ambra di Annie era molto eloquente. Era preoccupata che lui la liquidasse senza pensarci due volte.
Be', si sbagliava. Intendeva accettare la sua proposta. Perché non avrebbe dovuto? Aveva previsto che sarebbe successo molto prima di Annie. Se l'aspettava da due anni.
Dakota era diventato fratello di sangue di Jill diversi anni prima, giurando di rispettarla e proteggerla, una promessa cheyenne che in seguito aveva incluso anche i figli di Jill. Perciò non si era stupito quando Harold