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Il peso del passato: Harmony Destiny
Il peso del passato: Harmony Destiny
Il peso del passato: Harmony Destiny
E-book175 pagine2 ore

Il peso del passato: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Dopo il congedo dai SEAL, Kyle Wade ritorna a Royal. E una nuova sfida lo attende perché, una volta a casa, scopre di essere il padre di due gemelle. La loro madre è morta dandole alla luce e Kyle dovrà ora dimostrare di essere in grado di allevarle. Solo che convincere Grace Haines, l'assistente sociale che si occupa del caso, non sarà affatto facile, soprattutto considerati i loro trascorsi. Grace è infatti il motivo per cui, dieci anni prima, Kyle ha lasciato la sua città e si è arruolato. Ora però è tempo di chiudere i conti con il passato e concedersi una seconda possibilità.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2017
ISBN9788858967805
Il peso del passato: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Il peso del passato - Kat Cantrell

    successivo.

    1

    Royal era il posto ideale per morire.

    Ed era esattamente ciò che Kyle desiderava. Dopo esser stato congedato con onore, cos'altro lo aspettava se non una morte lenta e dolorosa? Tanto valeva trascorrere il resto dei giorni a Royal, il paese dove tutti i Wade, tranne lui, si erano sentiti a casa.

    Rischiò di oltrepassare il centro della città senza nemmeno accorgersene.

    Erano trascorsi dieci anni dall'ultima volta che aveva messo piede a Royal. Quando si era fermato a Odessa per fare il pieno aveva sentito dire che la città era stata distrutta dall'uragano, eppure non si era aspettato un tale cambiamento. C'erano nuovi edifici e la strada principale era irriconoscibile. D'altra parte lui era fuggito a Coronado in tutta fretta, era diventato un SEAL e non si era più guardato indietro. Si era illuso che Royal rimanesse sempre la stessa?

    Rallentò quando passò davanti al parcheggio di quello che una volta era stato il Dairy Queen. Lì aveva baciato per la prima volta la fidanzatina del liceo, Grace Haines. Il Dairy Queen si era spostato alla fine della strada e al suo posto ora sorgeva Il Salone di Bellezza di Mimi.

    Adesso a Royal non c'era più niente che gli ricordasse la relazione con Grace. A parte le cicatrici nella sua anima. Quelle non sarebbero mai scomparse.

    Scosse la testa e accelerò. Nei giorni seguenti avrebbe avuto tutto il tempo di osservare la città e cercare di non pensare alla donna che lo aveva spinto a diventare un SEAL. La gamba gli faceva malissimo e viaggiava da tre giorni. Doveva andare a casa.

    Non era mai stato un ottimista e aveva la sensazione che anche il ranch di famiglia fosse cambiato... e in peggio. Il che la diceva lunga, visto che lui se n'era andato da Royal per colpa del fratello gemello Liam. Era sicuro che lo avrebbe accolto con freddezza ed era meglio affrontare la situazione il prima possibile.

    La tenuta si trovava a una ventina di chilometri dal centro. I campi che la circondavano erano sempre gli stessi e le colline si estendevano a vista d'occhio. In un certo senso quel paesaggio gli ricordava l'Afghanistan. Aveva viaggiato per migliaia di chilometri e si era ritrovato nello stesso punto dal quale era partito.

    Il cancello era aperto. A quanto sembrava, a Liam non importava della sicurezza. Il nonno era morto qualche anno prima e aveva lasciato il ranch e una cospicua eredità a entrambi i fratelli.

    Lui non aveva mai desiderato reclamare la sua parte. Voleva solo ritornare a far parte dei SEAL. A causa dei ribelli, non avrebbe più potuto farlo. Comunque, anche se non gli avessero sparato, avrebbe dovuto affrontare la morte di Cortez. Per quanto avesse urlato e pregato, non era riuscito a riportare in vita l'amico e compagno d'armi.

    Si fermò nel vialetto. La tenuta in stile vittoriano era stata ridipinta e si accorse che Liam aveva apportato altri cambiamenti. L'altalena appesa alla quercia nel cortile era sparita e sul portico c'era una panchina a dondolo.

    Perfetto.

    Poteva sedersi lì e lamentarsi del dolore alle articolazioni che lo affliggeva ogni volta che pioveva. Magari si sarebbe recato all'Ente per l'assistenza ai veterani di guerra per giocare a domino con gli altri pensionati. Diciamo pure morti viventi.

    Saltò giù dal camioncino, che aveva comprato dopo essere stato congedato, e atterrò sull'erba in malo modo. Una fitta lancinante alla gamba lo lasciò senza fiato. Non riusciva nemmeno a scendere dalla macchina senza soffrire. Sospettava che quella non sarebbe stata una buona giornata.

    Sapeva di dover stare più attento, tuttavia era restio ad ammettere che la gamba era in pessime condizioni.

    Decise di non pensarci. L'unico giorno facile era ieri, si ripeté. Quel mantra lo aveva aiutato durante quattro periodi di servizio in Medio Oriente e gli sarebbe servito anche in quel momento.

    Bussò alla porta. Qualcuno, però, era già in procinto di aprirla.

    Varcò la soglia. Liam lo stava fissando con aria ostile. Era cresciuto tantissimo. Erano ancora identici, eppure il fratello era molto diverso da come se lo ricordava.

    All'improvvisò provò un dolore acuto alla mascella e barcollò all'indietro.

    Liam gli aveva dato un pugno!

    Tutti i nervi del corpo si contrassero e si mise in allerta. Gli venne spontaneo controllare allo stesso tempo i movimenti di Liam e l'ambiente circostante.

    L'ingresso era vuoto. C'erano solo loro due. Liam non lo avrebbe più colto di sorpresa.

    «Questo è per non aver mai chiamato» spiegò il fratello, stringendo i pugni. Voleva colpirlo di nuovo?

    «Anche a me fa piacere rivederti» ribatté in tono sarcastico.

    Un dolore acuto gli attraversò la mascella e sputò del sangue sul pavimento.

    «Sei un buono a nulla! Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui. Vattene o te ne mollo un altro!» lo minacciò Liam.

    Ehi, si rendeva conto che stava parlando con un ex SEAL?

    «Non mi piacciono le persone che colpiscono a tradimento» replicò. Si toccò il labbro e vide che gli usciva del sangue. «Perché non provi a picchiarmi ora che hai la mia totale attenzione?»

    Liam scosse la testa con aria stanca e rilassò i muscoli delle braccia. «Hai la mascella dura quanto la testa. Come mai hai deciso di tornare proprio adesso?»

    «Attento, fratellino. Se continui così, le persone penseranno che ti sono mancato da morire!»

    Aveva trenta secondi per spiegargli perché gli aveva mollato un pugno. Il suo gancio destro era penoso, eppure gli aveva fatto male. Avrebbe dovuto colpirlo per primo. Dopotutto, avevano un conto in sospeso.

    Se n'era andato da Royal per colpa di ciò che Liam aveva fatto.

    O meglio, di chi si era fatto. Grace Haines.

    Liam aveva infranto il legame più sacro che esistesse. Quello fraterno. Andare in Afghanistan non era servito a dimenticare ciò che era successo. Purtroppo, essendo all'epoca un novizio, non gli avevano permesso di recarsi più lontano.

    Il ricordo di quel tradimento era ancora vivido nella sua mente e non era mai riuscito a perdonare il fratello.

    «Ti ho chiamato al cellulare e ho contattato avamposti per due mesi! Ho lasciato dei messaggi! Il tuo silenzio è stato piuttosto eloquente» urlò Liam. «Così ho cercato di risolvere il casino in cui mi hai lasciato.»

    Liam l'aveva picchiato perché aveva deciso di lasciare il ranch a lui? Era assurdo! Il fratello amava prendersi cura dei cavalli sin da quando la madre li aveva lasciati dal nonno e non era più tornata.

    «Occuparti del ranch è sempre stato il tuo destino e il tuo desiderio. Non ti ho rifilato nessun casino» ribatté.

    Liam sbuffò.

    «Sei davvero così ottuso? Non mi riferisco al ranch! Sto parlando delle tue figlie!»

    Trasalì. «Le mie...?»

    «Sì, le tue figlie» ripeté il fratello. «Sono gemelle. Non capisco perché ci hai messo tanto a tornare. Saresti dovuto venire a Royal subito dopo averlo saputo.»

    «L'ho saputo adesso.» Aveva la gola chiusa e il battito non accennava a rallentare. «Non...»

    Due gemelle. E Liam pensava che fossero sue? Si trattava sicuramente di un errore. Lui non aveva figli. E non ne voleva.

    Il fratello lo stava fissando in modo strano. «Vuoi dire che non hai ricevuto i miei messaggi?»

    «Ci sei arrivato? Non ho evitato le tue telefonate! Ho trascorso sei mesi in un... be', in un posto orribile. E le cose sono andate di male in peggio.»

    Era stato trasferito da Kunduz all'ospedale militare di Landstuhl, in Germania. Non si sarebbe mai dimenticato della sofferenza immensa che aveva provato alla gamba quando i medici gli avevano ricostruito l'osso distrutto da un proiettile.

    Si considerava fortunato perché era sopravvissuto. Non poteva dire altrettanto di Cortez. Gli incubi lo tormentavano ancora. Rivedeva se stesso mentre lasciava il corpo dell'amico in un nascondiglio dov'erano stati intrappolati dai ribelli. Non era giusto. Cortez avrebbe meritato un commiato decoroso per i sacrifici compiuti.

    «Vedo che non sei diventato un chiacchierone. Alcune cose non cambiano mai» osservò Liam, passandosi una mano sul volto. «Non voglio sapere i dettagli delle tue missioni eroiche, non me ne importa niente. Abbiamo cose più importanti da chiarire.»

    Non aveva mai visto il fratello così stanco e abbattuto. Non lo riconosceva. Così come non riconosceva il proprio riflesso. Il suo volto era una maschera costante di dolore.

    Era per quel motivo che non si guardava più allo specchio.

    «Che ne dici di raccontarmi tutto per filo e per segno?» propose, indicando la cucina. «Possiamo parlare bevendo del tè.»

    Era troppo presto per scolarsi una bottiglia di Jack Daniel's, anche se avrebbe fatto volentieri un'eccezione nel caso in cui la conversazione avesse preso una brutta piega.

    Liam annuì e si recò in cucina. Lo seguì e rimase abbagliato dai mobiletti bianchi presenti nella stanza.

    Il fratello si era dato parecchio da fare. Aveva rimpiazzato i vecchi elettrodomestici con apparecchiature moderne in acciaio inossidabile. Al centro della stanza erano stati disposti due tavoli a penisola. Una grande vetrata dava sui campi. Da lì riusciva a intravedere la tenuta dei Drucker. Si chiese se appartenesse ancora a loro. A quanto sembrava, erano cambiate moltissime cose da quando se n'era andato.

    Liam verso del tè in una tazza e gliela porse con un gesto brusco.

    «Ecco. Ora parlami di Margaret Garner.»

    Bellissima. Bionda. Gambe lunghe e snelle. Non la vedeva da quasi un anno.

    «Margaret Garner? Che cosa c'entra lei con...» S'interruppe di colpo. Quasi un anno. Be', ciò non significava che le bambine fossero sue.

    Aveva bisogno di sedersi. Sperava che Liam non notasse che la gamba lo tormentava.

    Si accasciò sullo sgabello, dimenticandosi di bere il tè. Sentiva un peso enorme sulle spalle. «L'ho conosciuta a San Antonio. Era con un gruppo di amiche alla Cantina Juarez, un locale dove si recano spesso le... ammiratrici dei militari.»

    «Quindi sei andato a letto con lei» mormorò Liam.

    «Non sono affari tuoi» rispose. Lui e il fratello non si scambiavano confidenze di quel tipo, non erano mai stati intimi. Liam aveva distrutto l'affetto che provava per lui quando era andato a letto con Grace. Non c'era modo di rimediare a quel tradimento.

    «E invece sono affari miei visto che non sei tornato a casa per prenderti cura delle tue bambine!» gridò Liam, stringendo i pugni per la seconda volta.

    «Se mi colpisci di nuovo, ti assicuro che ti ritroverai steso sul pavimento in meno di un secondo» ribatté. Il fratello gli lanciò un'occhiataccia. Era furioso. «Perciò presumo che Margaret sia venuta da te per chiedere supporto finanziario? Spero che tu abbia preteso un test del DNA prima di firmarle un assegno!»

    Era incredulo. Non gli era mai passato per la testa che avrebbe avuto una conversazione del genere con il fratello. Bambine. Test del DNA. Niente aveva senso.

    Perché i messaggi di Liam non gli erano stati recapitati? Magari aveva contattato gli uffici sbagliati di proposito. A dire il vero, non gli aveva lasciato alcuna informazione sulla sua posizione. Forse era stato meglio così. Anche se avesse saputo subito delle bambine, non avrebbe potuto abbandonare l'ospedale e recarsi a Royal.

    Non era in grado di fare il padre. Gli ci era voluto molto tempo per accettare il congedo dai SEAL e non sapeva come condurre una vita normale.

    La cosa più difficile era stata decidere di ritornare a Royal, al ranch dove non si era mai sentito a suo agio.

    Doveva capire cosa gli riservasse il futuro, dato che non gli era stato concesso di morire accanto a Cortez, tuttavia non aveva mai pensato che la ferita alla gamba potesse essergli da ostacolo. Ora vedeva tutto da un'altra prospettiva. Essere padre in quelle condizioni rappresentava un problema. Certi giorni gli risultava faticoso persino stare in piedi.

    Liam sollevò una mano. «Chiudi la bocca per un secondo. Non ho firmato nessun assegno. Tu sei il padre delle bambine, non c'è dubbio.»

    Aveva un mucchio di domande da porgli. Perché Margaret non l'aveva contattato quando era rimasta incinta? Lei sapeva dove trovarlo. La sua migliore amica stava insieme a Cortez e lo chiamava sempre.

    Quel comportamento era imperdonabile. «Dov'è Margaret?»

    «È morta durante il travaglio. È una storia piuttosto lunga» spiegò Liam. «Vuoi restare da solo per qualche minuto?»

    Ci mise un po' ad assimilare quell'informazione.

    Margaret era morta? Sembrava passato poco tempo da quando avevano trascorso un intero fine settimana in hotel. Lei era incredibilmente sensuale e determinata a lasciargli un bel ricordo prima della partenza per l'Afghanistan.

    Quella notizia lo rattristò. Quando si trovava in

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