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Il Raccoglitore di Anime
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E-book311 pagine4 ore

Il Raccoglitore di Anime

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Info su questo ebook

La vita di un giovane soldato viene stravolta da una straordinaria quanto terrificante scoperta. Le barriere che dividono il mondo dei morti da quello dei vivi non sono poi così solide come credeva.

LinguaItaliano
Data di uscita5 ago 2017
ISBN9781507185216
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    Anteprima del libro

    Il Raccoglitore di Anime - julius schenk

    Capitolo 1

    Fame: era la sensazione che dominava la sua vita in quel momento, più del freddo, della noia e persino della rabbia. Era fame. Poteva sentirla come un forte e consistente dolore allo stomaco, che lo pervadeva completamente. Il suo corpo normalmente forte era debole e inaffidabile. Sedeva sulla dura panchina di legno, la schiena poggiata alle gelide pietre blu della parete della cella, sognando un’altra ciotola di porridge liquido, o un pezzo di crosta di pane nero e stantio. Il cibo che gli era stato dato nella prigione era quello che in genere viene fornito alle persone che speri muoiano.  Ancora poche settimane sottoposto a quel regime alimentare, in tali condizioni, e Seth sapeva che sarebbe stato collaborativo.  Si concentrò sulla sua rabbia e provò a lasciare che si impadronisse di lui, proprio come le mani accostate ad un fuoco, ma non si scrollò di dosso il freddo dell’oscura notte al di fuori della cella; non servì a proteggerlo dal vento freddo che penetrava attraverso le sbarre, le stesse che trasformavano un lato della sua cella in una gigantesca sala da visita. Non servì a sbarazzarsi della vergogna di trovarsi lì, e che cosa avrebbe detto suo padre se ne fosse stato messo al corrente?

    Un pallido sole splendeva alto nel cielo, di prima mattina, e Seth, come tutti gli altri schiavi, sudici e coperti di stracci, fece del suo meglio per spostarsi dalle rigide panchine di legno disposte in fondo alla parete, e raggiungere un posto al sole, vicino alle sbarre. La cella era costruita in modo tale che le persone, che vi passavano davanti, potessero facilmente guardare all’interno ed esaminare i vari schiavi. La schiavitù non era illegale, ma questa non era propriamente schiavitù. Era debitore di una somma di denaro e sarebbe rimasto prigioniero fino all’estinzione del debito. Avrebbe dovuto essere un periodo di circa cinque anni di schiavitù per ripagare due argenti e le poche monete, di cui lo consideravano debitore a fronte del vitto e dell’alloggio in una stanza, per una settimana, che non aveva pagato.

    Seth raggiunse facilmente la parte anteriore della cella; gli altri schiavi gli fecero spazio. Persino in questa condizione, affamato, e quasi sul punto di morire per questo, conservava ancora il suo aspetto: un soldato, un alto uomo del Nord di diciannove anni, che aveva trascorso due anni arruolato nella milizia del signore locale.

    La sua statura era comune tra i suoi commilitoni ma, lì, risultava più alto di circa una testa della maggior parte dei Cravosi; aveva un corpo possente e uno sguardo determinato, risultato di due anni trascorsi pressoché ininterrottamente ad addestrarsi, cavalcare e combattere in prima linea. In quel momento, sentiva di non poter eseguire un singolo piegamento al ramo di un albero, ma, dopo tutto, non consumava un pasto decente da almeno due giorni, da quando lo avevano gettato in quella fredda prigione blu.

    La gente del Nord viveva secondo un proprio codice, che imponeva di rispettare motti come le cicatrici sono forza, ed evitare una battaglia soltanto perché si è di numero inferiore equivale a percorrere il sentiero dei codardi.

    Seth sarebbe stato venduto a qualcun altro, e, onestamente, in quel caso, almeno avrebbe avuto un tetto sulla testa e del cibo per riempirsi lo stomaco. Così, restò lì davanti, proprio come la mattina precedente, e fece del suo meglio per apparire come uno schiavo buono ed umile. Non voleva morire di fame all’interno di quella cella, come i poveri sfigati che erano con lui. Dentro di sé, bruciava di una rabbia segreta per la situazione che lo aveva condotto lì, ma sarebbe stato un errore tirarla fuori. Aveva visto molti uomini più duri di lui essere picchiati selvaggiamente dalle guardie, per essersi mostrati quali sobillatori . . . e, se si fosse procurato un braccio rotto o una gamba, avrebbe certamente finito per scavarsi la fossa da solo.

    Seth suddivise in due gruppi quelli che, in gran numero, passavano davanti alla cella. In uno metteva i potenziali acquirenti: alcuni erano chiaramente servitori, ma in livrea e con licenza di spendere, schiavi ben vestiti e rispettabili che acquistavano per i loro padroni; altri erano negozianti alla ricerca di lavoratori a basso costo, da sfruttare fino alla morte. Nell’altro gruppo, invece, metteva quei malvagi e insignificanti bastardi, che non avevano niente di meglio da fare durante il giorno, se non mettere i bastoni tra le ruote alle persone che toccavano già il fondo. Si trattava di uomini disoccupati, ma che avevano conservato la loro libertà, impegnati solo a deridere ed insultare gli schiavi, o di ragazzini pisciasotto a cui piaceva lanciare le pietre, o ancora di annoiati figli dei signori e dei mercanti, cui piaceva soprattutto guardare in modo lascivo le donne denutrite in abiti laceri.

    Seth non si considerava un violento. Senz’altro, era un combattente, ma non era affatto un uomo che traeva piacere dalle sofferenze altrui. Tuttavia, se solo fosse riuscito ad uscire da quella cella con un randello, avrebbe liquidato alcuni di quei bastardi, stroncando i loro sorrisi orgogliosi e beffardi.

    Quando il mercato si avvicinava alla chiusura ed il sole stava quasi per tramontare, un uomo passò davanti alle celle. Seth ricordò di averlo visto il giorno precedente. Aveva un’aria raffinata, portava i capelli neri tagliati corti e sfoggiava un’espressione molto seria sul volto; certo era l’assistente di un uomo importante. Era vestito da capo a piedi in una livrea nera e dorata e sulla giacca sfoggiava un’aquila ricamata in oro, con una lancia rotta tra gli artigli. Camminava molto vicino alle celle, osservando intensamente uno schiavo dopo l’altro, così come aveva fatto il giorno precedente, quando era passato dinnanzi a tutti loro.

    Il mercante di schiavi assegnato a Seth era un grosso uomo bianco, sovrappeso e ottuso, con pochi denti e un ghigno crudele permanentemente disegnato sulla sua grossa faccia da ratto.

    Di nuovo qui esclamò il mercante.

    L’uomo lo guardò per un istante, e poi, senza dire una parola, tornò a scrutare i volti dei diversi schiavi. Posò l’occhio critico su una donna che si trovava accanto a Seth. Aveva i capelli biondi intrisi di sporcizia, e indossava una sottoveste, che una volta aveva avuto una sorta di disegno sopra. Adesso era un’informe massa grigia. Forse era stata carina un tempo, ma Seth vide che riusciva a malapena a tenersi a quelle sbarre. L’occhio nero che le aveva fatto una guardia non aiutava in alcun modo. Continuando a guardarla, l’uomo si rivolse al mercante di schiavi: Da quanto è qui?

    Direi, da non più di qualche giorno l’altro rispose in un tono pigro.

    Probabilmente da due settimane; è quasi vicina alla morte l’assistente disse.

    Starà bene, quando il tuo uomo le avrà dato da mangiare il mercante di schiavi rispose. O, se sono degli uomini che sta cercando, dovrebbe prendere in considerazione quel nordico, due più in là. E’ forte, alto e tranquillo; non ha detto una sola parola da quando è qui. Forse è un po’ stupido, ma è un bravo schiavo.

    Seth sentì la rabbia riscaldargli il volto, mentre quel pezzo di merda gli dava dello stupido. Dovette fare appello a tutta la sua forza per non reagire. L’assistente si spostò di alcuni passi, mentre i rumorosi stivali in pelle calpestavano il misto di fango e piscio che fuoriusciva dalla cella. Guardò Seth negli occhi per un istante,  e poi lo squadrò dalla testa ai piedi, studiandolo.

    Tornando ad esaminare ancora una volta l’aspetto di Seth, si rivolse al mercante di schiavi. Lui non è stupido. Sei stupido, ragazzo? l’uomo chiese in un tono educato e curioso.

    No signore, non lo sono rispose.

    Risposta intelligente; c’è molta vita in lui. Andrà benissimo.

    L’assistente poi tornò a rivolgersi al mercante di schiavi. Prenderò questo ragazzo, e tu toglierai alcuni argenti dal prezzo, per l’aspetto insanguinato e francamente inguardabile. Ha lo sguardo affamato di un cane denutrito sulla porta della cucina.

    Capitolo 2

    Il mercante di schiavi e l’assistente contrattarono sul prezzo, e Seth, lo schiavo in disputa, fu infine venduto per la modica cifra di due monete e tre argenti: non era un cattivo prezzo per cinque anni della vita di qualcuno, pensò. Sentì un brivido lungo la schiena, quando il mercante di schiavi si alzò dal suo piccolo sgabello di legno, per rovesciargli addosso dell’acqua fredda; ma era la cosa più vicina ad un bagno che Seth avesse avuto da quattro giorni.

    Le sue mani vennero infilate in pesanti manette metalliche, che l’assistente aveva portato con sé. Senza aggiungere altro se non un semplice vieni, cane, l’acquirente condusse il bagnato ma trionfante Seth tra la folla. Vero era che era appena stato venduto; vero era che i suoi vestiti erano intrisi di polvere, lerci e fradici d’acqua; vero era che qualcuno lo stava trascinando tra la gente proprio come un cane con un guinzaglio metallico. Ma non era morto in quella cella, proprio come era accaduto a tanti altri; aveva giocato la partita ed era sopravvissuto. Avrebbe fatto il necessario per una settimana o due. Avrebbe servito nella casa di un uomo ricco; avrebbe mangiato bene ed avrebbe dormito bene. Poi, al momento giusto, sarebbe scappato via, tornando a casa nel Nord. Fanculo Cravoss, e fanculo i Cravosi. Quella stupida città non sembrava neppure bella come gli era parsa tre settimane prima.

    Seth, con il suo lungo passo, seguì l’acquirente, mentre la folla, intorno, per gran parte si teneva a distanza. Una volta usciti dal mercato degli schiavi, raggiunsero una carrozza nera trainata da due cavalli bianchi. Agli occhi di Seth, la carrozza appariva riccamente decorata e sfoggiava un grande stemma raffigurante un’aquila con una lancia rotta. I cavalli erano animali splendidi, molto più slanciati rispetto ai cavalli da guerra del Nord, che era solito cavalcare. L’acquirente passò la catena al cocchiere e gli disse: Vai a sederti con lui, poi entrò all’interno della carrozza.

    Seth si mise goffamente a sedere accanto al cocchiere, senza potersi aiutare con le mani; sgocciolò acqua e fango su tutto il sedile di legno. Il cocchiere era piuttosto giovane e indossava un cappellino rosso.

    Vuoi dell’acqua? chiese il ragazzo, offrendogli una fiaschetta.

    Grazie Seth rispose, sollevandola fino alle labbra. Si godette la fresca acqua pulita, che leniva il dolore del suo stomaco da troppo tempo vuoto.

    Un colpo secco venne dall’interno della carrozza e si misero in viaggio. Seth era stato colto da grande stupore quando aveva visto per la prima volta la grande città di Cravoss, soltanto tre settimane prima. Lui e tre amici della sua truppa avevano viaggiato per ben due settimane dal Ducato di Bloodcrest, nel Nord, fino alla città. Avevano tutti terminato i due anni di servizio sulla Linea, così com’era chiamata, e avevano quindi diritto di presentare domanda per un posto nella guardia della città o nella milizia locale.

    Cravoss era la città più grande che Seth avesse mai visto. Il Ducato di Bloodcrest era essenzialmente un mastio in pietra e un borgo popolato da circa cento famiglie. A Cravoss gli edifici si estendevano in tutte le direzioni, a perdita d’occhio. Aveva un porto con centinaia di barche e un’enorme cinta muraria in pietra, che separava i quartieri principali della città dall’esterno. Era una città commerciale, uno dei principali centri di scambio tra il Nord e il resto del Regno, come Pelloss dall’altra parte del mare. Ovunque si andasse, a Cravoss, ci si imbatteva in un mercato, un negozio, una taverna, e, naturalmente, in qualsiasi angolo si incontravano più persone di quelle che Seth credeva ci fossero nell’intero Nord.

    Avevano attraversato la maggior parte della città, ma, date le dimensioni, Seth poteva dire di averne visto soltanto un angolino. Ormai lontani dalla strada principale, avevano varcato un grande cancello nero, sostenuto da  pilastri in mattoni rossi, entrando nel giardino di una lussuosa villa in pietra; alta quattro piani, avrebbe potuto facilmente ospitare la sala da banchetto di Bloodcrest al suo interno.

    L’acquirente scese dalla carrozza e, riprendendo la catena di Seth dalle mani del cocchiere, lo portò fino al retro dell’edificio, all’entrata della servitù.

    Ora non parlare, a meno che non ti venga rivolta la parola. Avrai un breve colloquio con il padrone di casa, e poi, ti condurremo alla cucina per sfamarti, e ripulirti un po’.

    L’acquirente lo fece passare attraverso una porta, introducendolo in quella che gli apparve una casa pressoché vuota. La stanza era molto calda, riscaldata da un fuoco scoppiettante nell’angolo. Seth notò qualcuno dall’altra parte dell’ambiente, seduto ad una scrivania. L’acquirente condusse Seth fino ad un punto nella stanza, dove un anello metallico era inchiodato al pavimento. Vi passò la catena di Seth, prese un grosso chiavistello metallico dalla sua tasca e bloccò la catena. Seth lo guardò con aria interrogativa.

    E’ solo per il primo incontro; non preoccuparti lo incoraggiò. Poi si voltò e lasciò la stanza senza parlare.

    L’ambiente era molto diverso da quello che Seth si era aspettato. Fino ad allora aveva creduto che nella sala di Bloodcrest ci fossero mobili bellissimi, ma quello che vedeva qui non era neppure paragonabile. Il fuoco illuminava la stanza di luce arancione e Seth intuì che si trattasse di una sorta di studio. Dall’altra parte della stanza, ad una grossa scrivania di legno scuro, sedeva un uomo con i capelli color argento, intento a scrivere velocemente con una penna d’oca. La stanza era ingombra di scaffali di libri, tavoli decorati e sedie; su tutto dominava un camino, in legno scuro riccamente intarsiato. 

    Seth sentì il rumore di una sedia che si muoveva e vide l’uomo alzarsi a guardarlo. Era piuttosto alto per gli standard dei Cravosi, e al portamento si riconosceva in lui un militare. Anche i suoi abiti erano disegnati per la lotta: l’armatura era in pelle ma fatta su misura; su di essa era ricamato lo stemma con un’aquila dorata. Aveva i capelli argentati ma un’espressione che denotava forza; il volto era incorniciato da una curata barba corta. Al fianco portava le armi preferite dai Cravosi: un’affilata spada lunga alla sinistra e una daga alla sua destra. Quelli erano gli strumenti che gli uomini raffinati usavano per uccidersi tra loro.

    L’uomo si avvicinò a Seth, i neri stivali in pelle che facevano risuonare le assi lucide del pavimento.

    Sembri molto affamato, ragazzo mio, davvero affamato senza dubbio. Ma ti rimetteremo in sesto quando il nostro colloquio sarà terminato gli disse.

    Grazie, mio signore Seth rispose, abbassando la testa.

    L’altro scoppiò a ridere. Nessun mio signore. Sono un militare. Ma sembra che anche tu faccia parte dell’esercito, puoi chiamarmi Generale.

    Sì, Generale Seth rispose.

    Sei un soldato? Mi sbaglio? Capelli corti, buona postura, atteggiamento rilassato. Di dove sei?

    Ho appena trascorso due anni nella linea a Bloodcrest, signore; anche tra i coscritti.

    Anche lì? Sei troppo giovane per far parte del muro di scudi. Ma, dopo tutto, è il Nord. Qualche scontro contro i signori vicini, non è vero?

    Sì, signore, hanno progettato l’invasione.

    Il Generale scoppiò a ridere. Lo fanno sempre, figliolo; sempre. Ora, voglio che tu mi faccia un favore. Devi stare in silenzio per un minuto o due, mentre sbrigo una cosa. Può sembrare strano, ma voglio che ascolti attentamente quello che ho da dire.

    Il Generale guardò in aria e, in un linguaggio che Seth non aveva mai sentito prima, cominciò ad intonare una sequenza di parole oscure e brusche. Immediatamente, Seth divenne ansioso. Sembrava qualcosa che solo le streghe, nel Nord, potevano fare. Il Generale cantava brevi ed oscure parole con sempre maggiore energia, camminando avanti e indietro di fronte a Seth.

    Per la prima volta, Seth guardò il pavimento intorno a sé, e si accorse di trovarsi in un cerchio composto da strani oggetti, piccole pietre, un minuscolo teschio, delle ossa e piccole scatole metalliche, con sopra incisioni runiche. Testò le catene; era ancora legato per i polsi al pavimento.

    Le parole del canto intonato dal Generale sembravano acquisire sempre più potere; a Seth parve che l’aria stesse iniziando a diventare più densa davanti ai suoi occhi, proprio come se fosse difficile vederci attraverso. Il potere continuò a palesarsi in forma di nebbia, finché il cerchio divenne nero e spesso, come una silenziosa nube, con Seth al centro. La nebbia si sparse e cominciò ad assottigliarsi di nuovo; il nero divenne grigio. Seth vide che, oltre il velo della nebbia, una grande figura bianca si stava muovendo, allungandosi verso di lui. Quattro artigli affilati penetrarono il velo di nebbia, fermandosi vicino a lui.

    Una creatura, che Seth non avrebbe mai potuto immaginare, seguì quegli artigli affilati nella nebbia, per poi trovarsi all’interno del cerchio con lui. Aveva le sembianze di un lupo gigante, ma privo di pelo. La sua mascella era troppo lunga, e in bocca aveva tantissimi denti affilati. La pelle era maculata e di un bianco cagionevole, e una coda sottile come quella di un ratto. Osservò Seth con penetranti occhi gialli, e spinse la sua testa contro di lui. In quell’istante, il fetore di decomposizione, come quello di un cadavere lasciato a marcire, abbandonato in un campo di battaglia deserto, raggiunse le sue narici.

    Il Generale guardò entrambi all’interno del cerchio. La creatura toccava quasi il soffitto della stanza ma aveva lo spazio per camminare intorno a Seth, sempre incatenato.

    Sono felice che tu sia arrivata, creatura, anche se hai impiegato molto tempo. Ora, ti prego, prendi il corpo e dammi il resto.

    Seth respirava a fatica, sforzandosi di controllare la paura e il terrore che si stavano impossessando di lui, mentre guardava quella creatura dinnanzi a sé. Il popolo del Nord aveva un rapporto diverso con gli dei e con le altre creature del mondo soprannaturale rispetto ai Cravosi; Seth sapeva che questi esseri pretendevano rispetto ma ammiravano il coraggio. Quando la creatura era apparsa, Seth si era inginocchiato, abbassando la testa, come se fosse un servo dinnanzi ad un sovrano, agendo istantaneamente.

    La creatura scattò contro il Generale, allungando i suoi artigli neri con mossa fulminea ma inutile. Il Generale rise. Ogni volta ci provi, bestia, e ogni volta fallisci. Ora prendi il corpo e dammi il resto. Sono stanco di questi giochetti.

    La creatura si fermò e osservò Seth. Il giovane percepì la sua presenza nel suo io, la sentì assorbire ogni suo ricordo e pensiero privato nell’arco di un battito di ciglia. Sembrava divertita dalla piccolezza della sua vita. Le parole riecheggiavano nel suo cranio, proprio come l’impugnatura di una spada che colpiva uno scudo.

    Piccolo ragazzo del Nord, almeno conosci il rispetto e anche la fame. Sento la tua dolorosa fame disse.

    Seth sollevò lo sguardo e lo guardò negli occhi,  rimanendo inginocchiato. In silenzio continuò a guardarlo negli occhi. Lentamente, la creatura mosse la testa e sporse la mascella in avanti, spalancando la sua enorme bocca.  Seth vide due file di denti aguzzi, e sentì il suo caldo e fetido fiato contro il viso.

    Il Generale sorrise, mentre la creatura chiudeva lentamente la bocca, così che le punte dei suoi denti iniziarono a conficcarsi nella pelle della gola e della fronte di Seth, che chiuse gli occhi e rivolse una preghiera ai suoi antenati, scacciando la paura e preparandosi a morire con un cuore puro e impavido.

    La risata della creatura riecheggiò nella sua mente:Molto coraggioso, piccolo ragazzo del Nord, sei pronto a porre fine alla tua minuscola e preziosa vita da uomo. Non mi piacciono molto le persone, ma mi piaci più di lui, perciò ora fa ciò che dico, e vivrai ancora un po’.

    Prima ancora che se ne rendesse conto, la creatura lo rilasciò, con precisione e grazia incredibili, tagliò le manette metalliche dai suoi polsi e strappò l’anello di metallo inchiodato al pavimento in legno. Le manette in metallo caddero in terra, mentre Seth si tirava su in un istante e scattava in piedi. Obbedendo alla creatura accanto a lui, diede un forte calcio ad una piccola pietra che componeva il cerchio del potere. Questa roteò lungo il pavimento di legno e poi si alzò fino a sfiorare il volto scioccato del Generale. Il potere del cerchio ne fu indebolito. La creatura lasciò indietro Seth e balzò addosso al suo vecchio padrone.

    Il sangue cadde a fiotti, mentre i denti della creatura squarciavano la gola del Generale. La creatura ingoiò l’informe massa insanguinata di carne. Seth restò immobile a guardare la scena, mentre il Generale veniva divorato, e si sentì investire da una sensazione deliziosa eppure nauseante al tempo stesso. Ad ogni morso che la creatura dava, sentiva il sangue e la carne nella sua stessa bocca, che saziavano la sua tremenda fame. Si sentì più forte ad ogni boccone di braccio, mano, viso, sangue ed osso del Generale. La creatura lacerò, strappò e ingoiò, finché non restò più nulla dell’uomo, se non un’accozzaglia di ossa frantumate, una cassa toracica aperta e una pozza di sangue sul pavimento di legno massiccio.

    Seth si sentì sopraffare da un’altra sensazione. I suoi muscoli e il suo corpo erano come in fiamme, il calore si stava estendendo fino al cranio. Fu assalito da un turbine di ricordi, che non gli appartenevano, ma che fece propri. Ricordò un’altra infanzia, un’altra vita, altre capacità ed altri pensieri. Tutto ciò che il Generale aveva visto e fatto era lì, dentro di lui, pronto ad obbedire alla sua volontà.

    Seth stette a guardare mentre la creatura leccava svogliatamente il sangue residuo dal pavimento, e rompeva un osso di una gamba nella sua forte mascella. La sua fame era sparita, sostituita da un senso di assoluta forza e vitalità.

    Devi correre ora, ragazzo. Amavano questo bastardo, e perciò ti cercheranno. Prendi i pezzi, così che non possano chiamarmi e soltanto tu possa farlo. Hanno bisogno di proteggersi, quando mi chiamano, ma non sarà così per te. Ti ho scelto disse in una voce tonante, dolorosa e muta.

    Ti ringrazio per il tuo aiuto, ma, con rispetto parlando, non ti chiamerò mai più Seth rispose.

    La risata della creatura riecheggiò nella sua mente. "Oh, lo farai. Ci sono molti tipi di fame, e posso aiutarti a soddisfarli tutti."

    Capitolo 3

    Era positivo che la villa del Generale sembrasse quasi deserta. Seth uscì cautamente fuori dalla porta da cui era entrato. Non sapendo dove altro dirigersi, ripercorse la via che lo aveva condotto all’interno dell’abitazione. Su una fila di ganci di ottone, disposti lungo la parete accanto alla porta sul retro, c’erano alcuni cappotti da esterno per le guardie ed i giardinieri. Seth ne prese uno lungo ed elaborato, per nascondere i suoi abiti sudici.

    Afferrando la liscia maniglia in ottone, aprì la porta sul retro senza emettere alcun suono, ed uscì. L’aria notturna era frizzantina e fresca, e fu completamente investito da una scarica di energia e potere. Era come una profonda riserva di forza che non aveva mai provato dentro di sé. Non ne fu affatto intimorito, e dentro di sé fu come se si sentisse in grado di lottare contro dieci uomini. Eppure, sapeva che la creatura aveva ragione: l’acquirente avrebbe presto dato l’allarme e si sarebbe subito messo alla ricerca dello schiavo appena comprato, che aveva lasciato delle manette di metallo distrutte dietro di sé, una scia di sangue e abiti stracciati dove una volta si trovava il Generale.

    Seth camminò lentamente, ma con sicurezza, attraversando

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