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Sangue Maremmano II: la fine di un'epoca.
Sangue Maremmano II: la fine di un'epoca.
Sangue Maremmano II: la fine di un'epoca.
E-book284 pagine4 ore

Sangue Maremmano II: la fine di un'epoca.

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Info su questo ebook

Il secondo volume della saga Sangue Maremmano è ambientato nella Maremma Toscana durante il granducato di Leopoldo II e narra le gesta degli ultimi appartenenti all'ordine dei precettori. Protagonisti sono i due fratelli Virginia e Ranieri, che intenti nelle opere di bonifica e sviluppo del territorio si ritrovano a dover difendere la propria famiglia dagli attacchi dei briganti. In questa storia le loro vicende si intersecheranno con i moti livornesi della prima guerra di indipendenza. Involontariamente i ragazzi fiancheggeranno i labronici nella guerra di indipendenza contro gli Austriaci e fronteggeranno i loro storici nemici. In questa avventura i ragazzi scopriranno le origini del loro ordine. La trama si sviluppa utilizzando personaggi chiave del territorio e fatti realmente accaduti.

LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2017
Sangue Maremmano II: la fine di un'epoca.

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    Anteprima del libro

    Sangue Maremmano II - Miguel Amatores

    Capitolo 1

    Le locande

    Era trascorso più di un anno da quando Ranieri si era allontanato dai precettori. Assieme a Emma e Chantal si era trasferito alcuni chilometri a sud rispetto alla locanda dell’uomo di ferro. Il posto sembrava promettente, un piccolo borgo in prossimità del mare costituito da pochissime case e circondato da olivi ai piedi delle colline.

    Lì dedicava il suo tempo libero allo studio dell’idrostatica e dell’idrodinamica, cercando di ricostruire e migliorare i mezzi utilizzati dai Polinesiani e dagli Hawaiani per cavalcare le onde del mare. Costruiva tavole di dimensioni variabili che si potevano usare sia stando sdraiati che in piedi. La parte più difficile del lavoro era la sagomatura e l’impermeabilizzazione del legno. I libri che aveva recuperato presso l’abitazione dell’amico Francesco riportavano un trattamento particolare che prevedeva olio di noce di cocco e di banano, ma non avendo a disposizione né noci di cocco né banani decise di provare con miscele a base di sugna di maiale e olio di lino.

    Anche Emma e Chantal dedicavano il loro tempo libero allo studio, ma non vedevano l’ora di testare in mare quelle tavole fantastiche. L’avvicinarsi della bella stagione era un motivo in più per cimentarsi in quell’impresa.

    Con cadenza settimanale il trio si recava a trovare Francesco e l’uomo di ferro. Spesso Ranieri e le ragazze accompagnavano quest’ultimo nelle sue battute di caccia al cinghiale, carne di cui l’uomo andava pazzo.

    Il tempo passava in tutta tranquillità e i ragazzi si godevano il meritato riposo. Ranieri osservava il mare, faceva il bagno e studiava gli uccelli al confine tra la spiaggia e la pineta retrostante, ripensando ai bei momenti trascorsi con la sorella Virginia che non vedeva da alcuni mesi a causa della distanza che li separava. Si erano comunque tenuti costantemente in contatto via posta, scambiandosi informazioni e i risultati dei rispettivi studi.

    Uno dei primi giorni di marzo Ranieri si fermò a chiacchierare con un conoscente del posto, tale Amerigo Gabbani, il quale gli confidò la sua volontà di aprire un’osteria in quel piccolo borgo visto che le due più vicine, entrambe di proprietà di Leonetto Cipriani, si trovavano a nord e a sud, a non meno di un'ora circa di carrozza. Quella a nord era stata data in gestione all’uomo di ferro nella città che porta il nome dell’omonimo fiume, mentre quella a sud era gestita ‒ o meglio, mal gestita ‒ dalla compagna di secondo letto del fratello del Cipriani. Questa seconda locanda era ubicata in prossimità di un piccolo paese sovrastato da una grande torre medievale, a circa due ore di carrozza da quella dell’uomo di ferro.

    «Ranieri, come stai? Che fai con quella tavola sul carro?» gli chiese Amerigo.

    «Tutto bene, grazie. Vorrei testare i miei progressi in acqua.» rispose il giovane.

    «Mi raccomando, fa' molta attenzione al mare e soprattutto al sole. Sai bene come recita il detto: mai prendere il sole nei mesi che contengono la r. Sarà anche una credenza popolare, ma io a queste cose ci credo.»

    Ranieri fermò il carro e guardò l’uomo con lo stesso sorriso che si rivolge a un amico che vuole darti dei consigli di cuore. Poi gli venne in mente suo nonno ‒ Amerigo ricordava molto quella figura ‒ attese alcuni secondi e ribatté: «Grazie, starò attento. Come procede la costruzione della locanda? Quando avrai finito verrò a trovarti assieme alle ragazze.»

    «Sarete i benvenuti.» chiosò l’anziano.

    Ranieri fece quindi ripartire il carro dirigendosi verso il mare in compagnia del proprio cavallo Due.

    Appena fu in spiaggia si spogliò e mise in acqua alcune canne da pesca, poi prese una delle tavole e un remo ricavato dal ramo di un albero, vi si sdraiò sopra e prese il largo. Non troppo distante dalla battigia, aiutandosi con le mani si sollevò sulla tavola e iniziò a pagaiare, cercando di prendere confidenza con quel mezzo che oscillava continuamente. Essendo un ottimo atleta riuscì a tenersi in equilibrio, seppur con qualche difficoltà.

    Nel frattempo le ragazze pensarono di fargli una sorpresa raggiungendolo sulla spiaggia. Quando furono in prossimità dell’arenile videro che riusciva a rimanere a galla come se in pratica stesse camminando sull’acqua. Decisero allora di fargli uno scherzo: tuffandosi in assoluto silenzio e nuotando in apnea fino a sotto la sua tavola, riemersero in superficie e lo fecero ribaltare. Ranieri, dal canto suo, decise di afferrarle per le caviglie e di trascinarle sul fondale. Infine i tre uscirono dall’acqua e trascorsero un po’ di tempo a godersi la loro gioventù.

    Dopo circa un’oretta il giovane ritirò le canne da pesca e i pesci catturati, accese il fuoco e li cucinò assieme alle ragazze. Uno dei pesci aveva un aspetto bizzarro, ma nonostante la loro vasta conoscenza delle specie ittiche non riuscirono a identificarlo.

    «Ragazzi, che ne dite di andare a trovare mio fratello Florestano e Virginia?» propose Chantal.

    «Mi sembra un’ottima idea, è tanto che non ci andiamo.» approvò Emma.

    Entrambe guardarono Ranieri per capire le sue intenzioni, ma lui se ne stava a scrutare il mare sovrappensiero, senza rispondere. A quel punto Emma decise di scuoterlo con un pugno alla gamba.

    Ranieri sbatté una volta le palpebre, poi si girò verso le ragazze e confidò loro quel che gli passava per la testa: «Scusatemi, sono alcuni giorni che penso alla fattoria e ai miei genitori. Ho riflettuto su quanto accaduto ma non ho ancora le idee chiare. Soprattutto, non ho ancora capito chi ci abbia attaccati. Tornando a noi: sì, direi proprio di sì! Però andiamo senza informarli della nostra partenza. Gli faremo una sorpresa.»

    Mentre rientravano dalla spiaggia con i rispettivi mezzi di trasporto trovarono Amerigo che aiutava alcuni muratori nella costruzione della locanda.

    «Amerigo, non disturbare troppo i signori, altrimenti non riusciranno mai a finire. Noi ci assenteremo per alcuni giorni, andremo nella città portuale a trovare Federigo, il fratello di Chantal.» disse Ranieri.

    Le ragazze, incredule, si guardarono negli occhi senza fiatare. Amerigo, essendo un uomo di poche parole, si limitò a sorridere guardando il giovane dritto negli occhi, poi fece un cenno di assenso col capo e tornò alle proprie faccende.

    «Ragazze, prima di andare da Florestano e Virginia vorrei portare da Francesco le mie tavole e i nostri oggetti più preziosi, cioè le vostre ricerche e i nostri indumenti da battaglia, armi comprese.» aggiunse durante il tragitto di ritorno a casa.

    «Va bene, ma non ti capisco.» ribatté Chantal guardandolo. «Perché nascondere tutto, perché andare da Francesco e, soprattutto, perché hai detto che saremmo andati da mio fratello nella città portuale?»

    «Concordo con Chantal, Ranieri. Puoi darci delle spiegazioni? Non è da te questo comportamento. È come se ultimamente tu vivessi in un’altra dimensione. Cerchi sempre di coprire le tue tracce.» intervenne Emma furiosa.

    Il giovane, annuendo in segno di comprensione, spiegò in tono accorato: «Ebbene, ragazze, non volevo farvi preoccupare ma forse il mio modo di agire ha sortito l’effetto opposto. Ho ricevuto una lettera da Leonetto. Pensate, si trova a San Francisco assieme ad altre persone che tuo padre, Emma, conosce molto bene, essendo suoi concittadini. Leonetto mi ha chiesto di controllare come suo fratello assolve la procura generale per la gestione dei suoi beni durante la sua assenza.»

    «Capisco, Ranieri.» disse Emma un po’ perplessa. «Comunque abbiamo visto di peggio nella nostra vita e siamo pronti a eseguire compiti molto più complessi di questi nel caso ci venisse richiesto di farlo. Non dovremmo preoccuparci troppo per una simile sciocchezza. Tuttavia non capisco perché coprire le nostre tracce.»

    Chantal annuì alle affermazioni dell’amica, osservando il giovane in attesa di risposte più esaustive.

    «Non ho motivo di coprire le tracce se è questo che volete sapere. È solo che non mi fido a prescindere. Non credo che quanto accaduto quasi un anno e mezzo fa sia un caso isolato, quindi agisco di conseguenza. Pensate ai nostri lupi, anche loro coprono le proprie tracce. Non hanno un motivo per farlo, eppure sono guidati dal loro istinto. Quindi, istintivamente anch’io cerco di non essere troppo trasparente o prevedibile. Se siete d’accordo con me vorrei procedere nel modo seguente: Emma, andiamo da tuo padre e soggiorniamo alcuni giorni da Francesco per aggiornarci sugli ultimi avvenimenti, poi ci dirigeremo da Florestano e Virginia.»

    Le ragazze, molto più serene in volto dopo le spiegazioni di Ranieri, annuirono e lo aiutarono a caricare il carro con il materiale da trasportare dall’amico Francesco. Dopodiché sbarrarono la porta della loro piccola abitazione e fecero salire i lupi sul carro. Infine si diressero lentamente verso nord.

    Il viaggio permise loro di constatare coi loro occhi come il lavoro svolto da Francesco per aiutare gli abitanti a gestire piccoli appezzamenti di terreno stesse pian piano dando i suoi frutti. La città cresceva di settimana in settimana e quella che un tempo era una piccola stazione di posta si era ormai trasformata in una florida cittadina.

    Giunti presso l’abitazione dell’amico trovarono Francesco alle prese con uno dei suoi soliti litigi con la perfida sorella, la quale aveva lasciato per qualche giorno la città portuale per far visita al fratello. I tre tuttavia non diedero troppo peso alla cosa e iniziarono a trasportare il materiale nella cantina della casa, dove erano custoditi i segreti dei precettori.

    Non appena si liberò dal diverbio con la sorella, Francesco entrò in casa per parlare con loro.

    «Ragazzi, che piacere vedervi! Bentrovati. Avete sistemato le vostre cose in cantina?» domandò.

    Tutti e tre annuirono con un sorriso, ancora molto divertiti dal battibecco che l’amico aveva avuto con la donna. Francesco intuì subito il motivo di quei sorrisi e aggiunse: «Che volete, è una persona odiosa ma è pur sempre mia sorella e devo sopportarla. È venuta qui per un po’ assieme a Rossella, la mia assistente nella gestione familiare. Da quando mia sorella ha acquistato degli altri edifici nella città portuale, questa santa donna cerca di mantenere tutto in ordine. Restate a cena da me, vero? Francesca, la mia nuova compagna, adora parlare con voi!»

    Emma, cugina di secondo grado di quest’ultima, sapeva che era una persona con tanti difetti, così come il padrone di casa, ma in compenso era una donna con un cuore smisurato.

    «Sì, restiamo a cena e vorremmo restare qui per qualche giorno.» rispose Ranieri. «Devo metterti al corrente di alcune cose e dopo voglio parlare assieme a te con l’uomo di ferro.»

    «Io e Chantal andiamo da mio padre alla locanda per invitarlo a cena, sempre se sei d’accordo, Francesco.» intervenne Emma.

    Lui annuì, emise qualche colpo di tosse come era solito fare negli ultimi tempi per occasioni come quella e infine disse: «Sì, Francesca non potrà che essere contenta di avere il cugino a cena. Tuo padre questa sera potrebbe far gestire la locanda ai vostri amici.»

    «Ranieri, io e Emma andiamo dall’uomo di ferro.» disse Chantal posandogli una mano sulla spalla.

    «Sì, andate pure, io parlerò con Francesco di alcune questioni.» ribatté lui. Poi, spostando lo sguardo verso il padrone di casa aggiunse: «Andiamo nel tuo studio?»

    «Dopo di te, mio caro.» replicò Francesco facendo strada con la mano. «Non aspettarti di vedere Pippo, il mio gatto obeso. È morto, ahimè, qualche mese fa! Ha condotto una vita da signore, ma contro il tempo nessuno può niente.»

    Una volta nella stanza, Ranieri chiuse la porta, estrasse da una tasca la lettera di Leonetto Cipriani e la consegnò all’amico. Francesco iniziò a leggerla, poi, con una calma degna di un filosofo zen, prelevò da uno dei cassetti della scrivania alcune liquirizie e ne offrì una a Ranieri, proprio come usava fare suo padre. Al pensiero di quanto era successo, il giovane lasciò che qualche lacrima bagnasse il suo volto, poi annunciò le sue intenzioni al frate: «Voglio parlarne con l’uomo di ferro. Tu comunque cosa ne pensi?»

    Francesco, noto per la sua arguzia e attenzione ai minimi particolari, ripiegò la lettera, la infilò nella busta e cominciò a studiare il sigillo di ceralacca con una lente di ingrandimento; poi si umettò le dita con la saliva e prese a strofinare la carta.

    «Hai dei dubbi?» gli chiese Ranieri vedendolo perplesso. «Io li nutro sul mittente, secondo me è il fratello di Leonetto.»

    «Questo non è il sigillo di ceralacca di Leonetto.» dichiarò Francesco visibilmente turbato, guardando il giovane. «Ci sono dei graffi attorno allo stemma. Andiamo in cantina e confrontiamolo con le altre lettere. Prendi il candeliere e accendi tutte le candele, per cortesia.»

    Si recarono quindi in cantina, dove il frate conservava tutta la corrispondenza tra Leonetto e Ranieri che quest’ultimo gli aveva consegnato allo scopo di studiarla e catalogarla. Dopo un’attenta osservazione il giovane esclamò: «Maledizione! Lo sospettavo! È un falso. Da alcuni mesi avevo dei dubbi ma adesso ne ho la certezza. Qualcosa non quadra. Leonetto non è a San Francisco bensì in Corsica. Qualcuno vuole farci andare da suo fratello per seguirci e tenderci un’imboscata. Basta! Partirò domani per la Corsica, andrò dal fratello di Leonetto. Dovrebbe trovarsi là, credo...»

    Francesco, essendo un uomo navigato e tranquillo di natura, sapeva di dover frenare l’irruenza del ragazzo, così optò per farlo sfogare e poi lo invitò a riflettere. «Ranieri, Ranieri, calma! Non sarà l’irruenza a condurci sulla retta via! Rilassati. Leonetto non è da solo, l’uomo di ferro ha infiltrato un nostro amico tra i suoi più stretti consiglieri, nel caso ne avessimo avuto bisogno. Non dubitava certamente di Leonetto, ma sapere dove uno si trova e cosa sta facendo può sempre tornare utile. E poi rifletti un attimo, può anche darsi che questo sia un falso totale o parziale, che ne sappiamo? Il tempo non ci manca, attendiamo gli sviluppi. Adesso andiamo a portare i lupi sulla spiaggia e godiamoci il mare.»

    Per tutta risposta Ranieri diede delle pacche sulla spalla dell’amico per ringraziarlo dei preziosi consigli.

    «Mio caro, grazie! Ormai sei come un padre per me. Andiamo a far correre le belve!»

    All’udire quelle parole Francesco si commosse, ripensando agli amici scomparsi, poi lo accompagnò alla spiaggia.

    Nel frattempo le ragazze stavano percorrendo il lungo viale di cipressi che conduce dalla colonia marina al centro della città che prende il nome dal fiume che la attraversa. Durante il tragitto si accorsero di essere seguite da un portalettere, ma non diedero troppa importanza alla cosa. Decisero in ogni caso di cambiare direzione di marcia imboccando alcune stradine laterali, riuscendo così a far perdere le proprie tracce. Giunte alla locanda salutarono l’uomo di ferro e gli chiesero spiegazioni sul comportamento del postino.

    «Costui è arrivato in città alcuni mesi or sono da Firenze, i miei ragazzi lo seguono da quando è qui. Per adesso niente di anomalo e nessuna lamentela, in caso contrario lo avrei saputo.» L’uomo di ferro prese fiato e iniziò a strofinarsi la barba, attese qualche secondo e poi aggiunse: «Siete appena arrivate e già controllate il territorio. Tra l’altro, se Ranieri non è qui con voi significa che avete qualche preoccupazione.»

    Chantal sorrise e Emma spiegò: «Proprio così. Non siamo venute solo per salutarti ma anche per invitarti a casa di Francesco. Dobbiamo discutere di alcune cose assieme questa sera.»

    Suo padre, leggermente turbato in volto, osservò le due giovani, rifletté per qualche minuto e infine esclamò: «Sì! Vada per questa sera. Avevo organizzato per andare a caccia in notturna con alcuni amici, ma rimanderò. Lascerò la locanda ai miei collaboratori e vi raggiungerò per la cena. Già che siete qui ne approfitto per darvi questi tartufi sott’olio, ne avevo regalato alcuni barattoli anche a Francesco.»

    Le ragazze presero i tartufi e fecero per uscire. Sulla soglia Chantal prese Emma per un braccio ed entrambe aprirono bocca contemporaneamente per porre la domanda che avrebbero voluto fare sin da quando erano arrivate, ma l’uomo di ferro le anticipò: «Si chiama Luigi, come vi ho detto viene da Firenze e abita e lavora nella nuova locanda a sud della nostra città. Più che una locanda è una stazione di posta per i cavalli, niente di più.»

    Le ragazze lo ringraziarono, lo salutarono e infine uscirono. Recuperati i cavalli, stavano procedendo quasi a passo d’uomo quando Emma, folgorata da un’intuizione, disse: «Chantal, ho un’idea: che ne dici se scriviamo una lettera indirizzata a Francesco, la chiudiamo con la ceralacca di mio padre e la facciamo spedire da uno dei bambini che giocano vicino alla chiesa? Attendiamo che la prenda in carico il postino e poi vediamo come si comporta.»

    «Sì, è una buona idea. Potremmo salire sul campanile per seguire con il monoculare portatile i suoi spostamenti, magari disegnandoli su un’ipotetica cartina della città. Inoltre io sarei del parere di inviare una lettera scritta in diverse lingue con un testo cifrato. Dopodiché vediamo che succede.» propose Chantal.

    «Ottima idea! Andiamo!» esclamò Emma.

    Dopo una mezz’ora circa inviarono uno dei ragazzi alla stazione di posta per spedire la lettera. Con una corsa arrivarono fino alla chiesa di San Giuseppe, dove riuscirono, senza farsi notare, ad aprire la porta del campanile, dopodiché salirono velocemente le numerose scale che portavano su fino all’ultimo terrazzo, dal quale era possibile osservare il panorama e seguire il ragazzo che stava per entrare nella stazione di posta.

    La lettera riportava la dicitura Capitano Pippo Tagliani D.L.A. (Dio L’Assista), come se fosse stata spedita da uno dei capitani delle navi che attraccavano ogni giorno nella città portuale. Inoltre non riportava il nome della via ma soltanto la scritta Per Francesco, il nome della città e sotto, Casa coloniale della Marina.

    Per alcune ore le ragazze osservarono i movimenti del postino dal terrazzo del campanile. L’attesa tuttavia fu vana: l’uomo consegnò le lettere nel centro della città.

    Avvicinandosi l’ora di cena, decisero di scendere e attendere gli sviluppi a casa di Francesco. Montarono in sella ai loro cavalli e lentamente, controllando di non essere seguite, si diressero alla colonia marina presso l’abitazione dell’amico, dove trovarono Ranieri che le stava aspettando in veranda.

    «Ranieri, che fai qui in veranda?» domandò Emma.

    «Attendevo il vostro rientro. Ero preoccupato del vostro ritardo.» rispose lui.

    «Che cosa stai leggendo?» gli chiese Chantal.

    «Gli appunti di mio padre, il suo diario è sempre molto chiaro e pieno di dettagli. Speravo di trovare indicazioni su quanto accaduto, compresi i fatti di questi giorni, ma per il momento niente. Forse mi preoccupo troppo per nulla. Adesso però basta parlare, andiamo a prepararci per la cena, l’uomo di ferro sarà qui a momenti. Emma, per favore, potresti andare a chiamare Francesco? Dovrebbe essere sull’arenile ad allenare i falchi pellegrini (Falco Peregrinus).»

    La giovane sorrise e si allontanò per esaudire la richiesta. Del resto nutriva una forte passione per i rapaci. Chantal attese qualche istante, poi decise di raggiungerla portando a spasso i lupi. Una volta in spiaggia videro Francesco con un bracciale in cuoio attorno all’avambraccio destro, una protezione necessaria per scongiurare tagli e lacerazioni durante la fase di atterraggio e decollo del falco.

    «Ragazze, mi avete spaventato! Siete arrivate furtive come i vostri lupi. Credo sia ora di cenare, ma prima di andare vorrei insegnarvi alcune cose su questi eccezionali rapaci. Oltre a essere degli ottimi cacciatori sono anche capaci di trovare o ritrovare luoghi o persone. Sono alcuni anni che mi esercito con questa pratica e ho allevato alcuni falchi pellegrini con la speranza di affidarveli un giorno. Non preoccupatevi, i lupi sono in grado di badare a se stessi, rientreranno non appena verranno richiamati per la cena.»

    Emma e Chantal rimasero a bocca aperta dalla gioia. Francesco tirò fuori altri due bracciali in cuoio e ne fece omaggio alle ragazze, poi consegnò a ciascuna una gabbietta di legno con all’interno un falco pellegrino ammaestrato.

    «Ecco qua, questi sono per voi.» disse. «Iniziate a prendere confidenza con questi animali. Mettetevi a quattrocento metri circa l’una dall’altra e lasciate uscire i falchi dalle loro gabbiette. Offrite loro il braccio e vedrete che vi si poseranno sopra. Poi togliete la fascetta che gli copre gli occhi e allontanateli dal vostro viso. Cercate di abituarli al vostro fischio. Nei prossimi giorni esercitatevi in questo senso. Io rientro, non appena sarà arrivato l’uomo di ferro verrò a chiamarvi.»

    Nel frattempo Ranieri stava parlando proprio col padre di Emma nella taverna, mettendolo a parte delle proprie perplessità e delle scoperte del padrone di casa. Qualche istante dopo, quest’ultimo entrò nella stanza, salutò l’uomo di ferro, diede al ragazzo una pacca sulla spalla e si sedette.

    «Francesco, buonasera. Sempre contento di vederti.» esordì il padre di Emma.

    «Altrettanto. Adesso possiamo iniziare a parlare.» ribatté lui.

    «Ranieri, aggiorna Francesco sulle tue perplessità.» lo esortò l’uomo di ferro.

    «Vorrei sapere dove si trova Leonetto, cosa sta facendo e soprattutto cosa significa questa lettera.» disse il giovane, poi con tutta calma si sedette su una sedia a dondolo e prese una delle liquirizie che erano sulla scrivania.

    Il padre di Emma accese la pipa e si prese alcuni secondi per riflettere, poi rispose: «Tutto coincide, o potrebbe coincidere. Le ragazze oggi mi hanno detto di essere state seguite dal nuovo portalettere, anche se sostengono di averlo seminato prima di venire da me alla locanda. Poi hanno scritto una lettera da inviare qui, indirizzata a te, Francesco; credo sia cifrata e per di più scritta in lingue diverse, pratica consona a voi precettori. Adesso vediamo se e quando arriverà e soprattutto quanto differirà rispetto all’originale. Riguardo a Leonetto nessun problema, è a San Francisco con i suoi consiglieri, si dedicano all’allevamento di bestiame. Riguardo al fratello, invece, le voci che circolano sono veritiere: gestisce male la locanda a sud e non è molto trasparente nei confronti di Leonetto. A tal proposito Amerigo Gabbani sta costruendo una nuova locanda in prossimità della tua abitazione, Ranieri, se le mie informazioni non sono errate.»

    Il giovane annuì.

    «Secondo me dobbiamo iniziare a seguire questo portalettere e mettere in atto anche qualche depistaggio.» intervenne nella discussione il frate, come se si fosse appena svegliato di soprassalto. «Se non erro svolgeva il lavoro di postino nella città portuale e prima ancora a Firenze, giusto?»

    «Sì,

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