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Bootstrap!: Volume I della trilogia "Bootstrap! e altri racconti"
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E-book92 pagine1 ora

Bootstrap!: Volume I della trilogia "Bootstrap! e altri racconti"

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Info su questo ebook

Parlare di questa nuova fatica letteraria di Marcello Colozzo, non è un’impresa facile. Questo perché, oltre alla vastità degli argomenti trattati, bisogna spendere delle doverose parole sulle ragioni reali e, soprattutto, più profonde che lo hanno spinto a proiettarsi, in prima persona, nel peggiore degli incubi notturni, prima di cimentarsi in una simile impresa. A parte il disagio interiore e il pressante desiderio di rivalsa nei confronti della specie umana, intenta a valorizzare il lato esteriore delle cose invece dell’essenza e dei contenuti, l’apparenza invece dell’essere, la tematica centrale del pensiero di Erich Fromm si irrobustisce, a mano a mano che si procede nella lettura, di altre non meno importanti disquisizioni. La solida formazione letteraria, nata all’ombra dei grandi scrittori di fantascienza, quali Lovecraft e Asimov, non è di per sé sufficiente a motivare l’amore quasi viscerale che l’autore nutre nei confronti del cyberpunk, quale genere letterario dell’assurdo che, in quanto tale, risulta talmente distante dal pragmatismo e dalla concezione realistica di un fisico e di un matematico, da generare molto di più di un semplice e comune paradosso ideologico.
Pasquale Prisco 

Marcello Colozzo, nato e residente a Gaeta, esordì nel 1999 con "Artificial jail", per poi pubblicare: "Universe" (2002), "La ragazza del bar" e “La Cartomante” (2010), "Codice Rishi", "Lucky Star" (2011), "Joker" (2012), "Creazioni F e altri racconti" (2012), "Bootstrap! e altri racconti" (2013), "Sette calze di seta"(2015), Il ludo di Iris (2015), Abigail o della Decadenza (2016), Shutdown! (2016)
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita20 ott 2017
ISBN9788893453974
Bootstrap!: Volume I della trilogia "Bootstrap! e altri racconti"

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    Anteprima del libro

    Bootstrap! - Marcello Colozzo

    XVI

    Parte prima

    I

    L’indicazione stradale era sbiadita. Guardò dallo specchietto retrovisore, quindi svoltò a destra per poi parcheggiare in uno slargo antistante un villino a due piani. Scese dalla macchina per immergersi nell’aria gelida della serata invernale. Si avviò a passo spedito verso un cancello dietro il quale un pastore tedesco abbaiava furiosamente. Gli occhi cattivi della bestia lo fissarono a lungo. Imperturbabile suonò il campanello. Poco dopo una porta si aprì e una ragazza incappucciata uscì fuori il giardino.

    «Finalmente! Stavo per chiamarti…» disse, sistemando il cappuccio a mò di visiera.

    «Ciao Veronica. Non trovavo la strada e il GPS non dava indicazioni affidabili».

    «L’avevo immaginato… Dai, entra, altrimenti geliamo!»

    «Ariel vai a cuccia!» ordinò subito dopo al cane.

    L’interno del villino era arredato con gusto e sobrietà. Si accomodarono nel soggiorno.

    «George ha appena scaricato le foto sul computer» fece Veronica, indicando un macbook sul tavolo. Nel mentre entrò un tipo alto e biondo.

    «C’è Rudi» disse la ragazza al nuovo arrivato. George era un funzionario della difesa NATO. Di origine yankee, aveva il classico fisico del giocatore di football; giocava come quarterback nella squadra locale.

    «Allora, come è stata la luna di miele?» chiese Rudi.

    «I Caraibi sono semplicemente stupendi» rispose Veronica.

    «Ma sediamoci» soggiunse. «Bevi qualcosa?»

    «No… Anzi, si… Se puoi prepararmi una tisana…»

    ***

    Alle 23 nel bar Albatros c’era ancora gente. Il gelo pungente penetrava spietatamente attraverso l’imbottitura del pesante giubbetto. Entrò. Si accomodò pigramente al bancone, a fianco di una improbabile bella donna. Voltandosi vide Gabry, un cliente abituale. La sua bruttezza era devastante. Esageratamente alto, aveva il viso costellato da una miriade di rughe sottili.

    «Sempre al lavoro, eh?» disse Gabry, regalandogli un sorriso. I denti componevano un orrendo puzzle di carie e sporcizia.

    «Già» tagliò corto Rudi. Si voltò dal lato opposto, perdendosi negli occhi azzurri della donna. Era una bionda. Ma non la solita bionda mozza fiato. Possedeva un non so che, e ciò la rendeva ancora più affascinante. Indossava un maglione bianco attillato che evidenziava drammaticamente le sue splendide forme. Lo sguardo di Rudi si posò sui seni per poi scendere più giù. La donna divaricò leggermente le gambe, mostrando l’interno coscia.

    «Cosa prendi, Rudi?» gli chiese bruscamente la barista.

    «Un gin» rispose asciutto.

    Nel frattempo Gabry si era alzato dirigendosi verso la sala del blackjack. La settimana precedente era stata inaugurata la nuova sala giochi dell’Albatros, che contemplava un tavolo da pocker e un altro per il blackjack. Era la novità del locale. E stava avendo successo, tant’è che c’era il pienone in ogni week end.

    Bevve il gin tutto di un fiato. Si girò di scatto; la bionda era sparita. Fissò a lungo il fondo del bicchiere vuoto.

    «Pago anche per la bionda» disse alla barista, tirando fuori il portafoglio da una tasca laterale del giubbetto.

    «Chi?»

    «La ragazza che era seduta qui» precisò Rudi, indicando lo sgabello vuoto a suo fianco.

    «Ma no. Lei non paga» replicò la barista.

    «Perché?»

    «Ha un amico che anticipa…»

    «Ah… Come non detto…» fece Rudi, mentre pagava la consumazione.

    Uscendo, si girò verso la sala del blackjack. La bionda era seduta al tavolo verde. Rudi si fermò. Era indeciso. Alla fine entrò nella sala. La ragazza posò gli occhi su di lui. Lo guardò quasi ammiccando. La musica era assordante e i giocatori erano esclusivamente concentrati sulle carte del blackjack. Fece un giro al tavolo del poker, dopodichè uscì.

    Respirò a pieni polmoni l’aria gelida della notte. Guardò l’orologio: erano le 23.20. Alzò il bavero del giubbetto e si diresse verso i varchi elettronici

    II

    Il 21 dicembre segnava il solstizio di inverno. Era il giorno più breve dell’anno. Un’alba rossastra divorò voracemente l’oscurità del crepuscolo, illuminando i volti dei pochi passanti su per il corso principale della città. I pali dell’illuminazione natalizia si susseguivano regolarmente su entrambi i marciapiedi, sostenendo all’unisono il loro fardello composto da una infinità di lampadine disposte a forma di stella cometa.

    La sveglia trillò alle sette in punto. I raggi solari penetravano attraverso i fori delle tapparelle evidenziando il moto browniano di una infinità di granelli di polvere. Sollevò bruscamente il piumone, appoggiando i piedi nudi sul pavimento gelido: vincere la pigrizia mattutina componeva il primo step della giornata. Si alzò e aprì le tapparelle. La solita dirimpettaia aveva appena dato inizio alla corvee quotidiana, rassettando la cucina letteralmente invasa da piatti e pentole della sera precedente. Rudi guardò divertito la pila di pentole in equilibrio precario sul davanzale della finestra. Forse in quell’appartamento viveva una famiglia allargata…

    Dopo aver consumato una colazione frettolosa, indossò lo zaino a tracolla avviandosi rapidamente per le scale. Inforcò la mountain bike e si diresse verso il Dipartimento della Difesa.

    ***

    «Su ArXiv.org ho trovato un articolo interessante sull’ipotesi di Riemann nel paradigma della computazione quantistica» gli disse Veronica, appena entrò in ufficio.

    «Mandami il link» fece Rudi, buttando lo zaino su una sedia e mettendosi a cavalcioni su uno sgabello davanti al computer.

    «Interessante questo tentativo di risolvere l’ipotesi di Riemann» mormorò subito dopo, facendo scrollare la pagina elettronica. «Utilizza un paradigma completamente diverso...»

    «Già.» assentì la ragazza.

    «Uff…» sbuffò Rudi, alzandosi. Si infilò nuovamente il giubbetto e si diresse verso l’uscita.

    «Dove vai?»

    «Al bar. Magari qualche dolce visione incrementerà il

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