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Bodhisattva
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E-book26 pagine13 minuti

Bodhisattva

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In questo spazio-tempo Ikigai - la mostra di Stefania Fantone ispirata al Buddhismo Zen - è allocata presso la Pinacoteca comunale del Comune di Gaeta.  Per un famoso principio di fisica quantistica, nel racconto Bodhisattva la location è per così dire, “sfumata”.
A volte appare in un possente maniero che si erge a ridosso di una collina a strapiombo sul mare, per poi dissolversi nelle pieghe del Reale. Ma Ikigai è qualcosa di più, ed è grazie ai "predicatori quantici" che assumerà le sembianze di un "bodhisattva" ovvero di “colui che salverà il mondo”.

Marcello Colozzo, laureato in Fisica si occupa sin dal 2008 di didattica online di Matematica e Fisica attraverso il sito web Extra Byte dove vengono eseguite “simulazioni” nell’ambiente di calcolo Mathematica. Negli ultimi anni ha pubblicato vari articoli di fisica matematica e collabora con la rivista Elettronica Open Source. Appassionato lettore di narrativa cyberpunk, ha provato ad eseguire una transizione verso lo stato di “scrittore cyber”, pubblicando varie antologie di racconti.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita21 nov 2020
ISBN9791220225151
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    Anteprima del libro

    Bodhisattva - Marcello Colozzo

    over

    La locandiera

    Ci incontrammo in una piazza senza nome, con una fontana al centro di una rosa dei venti. Nord, Sud, Est, Ovest: le direzioni apparivano quasi indistinguibili, in quanto puntavano verso vicoli fiocamente illuminati che sembravano tutti uguali. Tirammo a sorte ed uscì Est. Imboccammo l’angusto budello serpeggiante nelle tenebre abitate dal Nulla. Finestre sbarrate e pesanti portoni chiusi da massicci lucchetti rovinati dalla ruggine secolare, si alternavano nel più angoscioso silenzio, frantumato esclusivamente dal rumore dei nostri passi affrettati. All’improvviso la luce di un’insegna illuminò quell’oscurità degna della più autentica apocalisse. Fiduciosi, allungammo il passo per giungere in quell’ultima speranza che ci avrebbe sottratto alle tenebre dell’esistenza. Era una locanda. Varcammo l’uscio per trovarci nell’atrio, dove una ragazza ci accolse. Indossava la tipica divisa da cameriera; i capelli neri tirati all’indietro e gli occhi scurissimi, erano i muti testimoni di quella bellezza devastante. Eravamo gli unici clienti della serata e la fanciulla – strano a dirsi – era intenta a cancellare enigmatiche scritte su una delle pareti. Riconobbi aleph, la prima lettera dell’alfabeto ebraico, mentre i rimanenti simboli, alcuni dei quali di indubbia matrice

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