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Il sentiero dei bucaneve (Floreale)
Il sentiero dei bucaneve (Floreale)
Il sentiero dei bucaneve (Floreale)
E-book234 pagine3 ore

Il sentiero dei bucaneve (Floreale)

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Info su questo ebook

Rebecca e Alice vivono insieme da quando sono nate: la madre della prima è sposata con il padre della seconda, quindi possono dirsi legalmente sorelle. Eppure, sono molto diverse, forse troppo: Rebecca è una studentessa di medicina veterinaria, ha ventidue anni, è introversa, insicura e poco esperta nelle questioni di cuore; Alice invece è un anno più giovane, lavora in una profumeria, è spigliata ed estroversa ma anche molto vanitosa, viziata ed egocentrica.
Le due, molto unite da piccole, si sono allontanate progressivamente durante l’adolescenza, fino ad avere rapporti molto tesi nell’età adulta; Alice tenta in ogni modo di mettere in difficoltà Rebecca, sia in famiglia che fuori, e le cose si complicano quando questa conosce Thomas, un compagno di università: tra le due si scatenerà una forte competizione, che coinvolgerà anche le persone che stanno loro intorno.
Chi la spunterà questa volta?
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita27 nov 2017
ISBN9788871636641
Il sentiero dei bucaneve (Floreale)

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    Anteprima del libro

    Il sentiero dei bucaneve (Floreale) - Martina Salvatori

    (Legge 633/1941).

    Capitolo 1

    Marzia ringraziò la commessa e mise gli acquisti in una bustina che aveva con sé, uscendo poi dalla profumeria, seguita a ruota dalla sua amica Rebecca.

    «Allora, era quella tua sorella? Quella che mi ha servita?» chiese, curiosa, non appena ebbero girato l’angolo.

    Rebecca sbuffò. «Sì, sì, era lei. Ma non dire che è mia sorella, per favore, perché in realtà sai benissimo che non lo è. Io non ho sorelle!».

    Nessuna delle due parlò più, finché non giunsero in un parco: si guardarono intorno in cerca di una panchina libera, la trovarono e vi si sedettero. Per qualche attimo restarono in silenzio ad ascoltare gli schiamazzi dei bambini, dopodiché Marzia ruppe di nuovo il silenzio.

    «Beh, se proprio lo vuoi sapere, non mi sembra poi questo granché. Sembra un pezzo di intonaco semovente, per quanto trucco ha in faccia!».

    «Aspetta di conoscerla in modo più approfondito: lei sa affascinare gli uomini con la sua bellezza e le donne con la sua simpatia. Te l’ho detto che è riuscita a rubarmi tutti gli amici, no? Il gruppo di persone con cui esce ora era il mio gruppo, solo che lei ha visto bene di mettermi tutti contro e di soffiarmelo».

    «Ma la colpa è anche degli altri, non ti pare? Se sei davvero amico di qualcuno, non lo molli appena un’altra persona inizia a parlartene male! Io, almeno, non lo farei».

    «Lo so», disse Rebecca, sorridendo. «Ma tu sei speciale, non sei come gli altri».

    «Oh, grazie, che gentile! Ma dimmi, non ho ben capito: lei sarebbe… la figlia del marito di tua madre, giusto?»

    «Esatto. I miei genitori hanno divorziato quando io avevo tre anni e mia madre s’è messa con Angelo, già rimasto prematuramente vedovo, circa un anno dopo; lui aveva già una bambina, di un anno più piccola di me, e quella bambina è Alice. Come hai potuto vedere tu stessa, ci sono molte differenze tra noi: lei è più spigliata ed estroversa, io invece sono più timida e introversa; lei tiene moltissimo all’aspetto esteriore, io invece no, punto più sul cervello. Lei ha smesso di studiare dopo le superiori, e infatti ora lavora, mentre io studio… insomma, sapendo questo nessuno mai immaginerebbe che viviamo sotto lo stesso tetto! Persino il nostro aspetto fisico è opposto: lei ha la pelle chiara, capelli biondi e occhi verdi, mentre io ho la pelle più scura e sono castana con occhi marroni, la bellezza assoluta contro la banalità più totale. Inutile dire che questo ha fatto sì che lei avesse una marea di ragazzi, mentre io sono sempre stata vista da questi ultimi solo come una carissima amica e niente di più!».

    «Sarà, ma come ti ripeto, non mi sembra tutto questo granché. Se tutti i ragazzi che hai incontrato si sono sentiti attratti da lei, beh, allora non ne hai conosciuto nessuno particolarmente sveglio».

    «Guarda, l’unico che non è caduto nella sua rete è stato un ragazzo per cui avevo una cotta spaventosa quando ero adolescente: Alice se n’è accorta e ha cercato di sedurlo, ma lui se n’è fregato sia di me che di lei e si è messo con un’altra e, che io sappia, la loro relazione dura ancora adesso. Lui sarebbe l’unico ragazzo sveglio che ho conosciuto, quindi, secondo il tuo parere?».

    «Esattamente. Ma proprio non c’è mai stato un momento in cui siete andate d’accordo? Vi siete odiate sin dall’inizio?». Marzia non poté nascondere il suo stupore: due persone che vivevano insieme fin dalla nascita come se davvero fossero consanguinee, era strano che si odiassero tanto!

    «Da bambine andavamo d’accordo. Poi le cose sono cambiate, quando abbiamo iniziato le scuole medie: lei ha iniziato a odiarmi, ma non so perché!».

    «Non hai mai provato a chiederglielo?».

    «Sì, due volte. La prima volta ha negato tutto, la seconda non mi ha risposto ed è andata dritta filata da mia madre, cercando di convincerla che avevo le manie di persecuzione!».

    «Che esagerata… ma sul serio?».

    «Sì, sul serio. E mia madre per poco non le ha creduto! Ha una tale capacità di tirare tutti dalla sua parte… l’avessi io un minimo della sua abilità manipolativa! Pensa che mia madre mi ha sempre detto di no su tutto, specie sugli animali domestici, nonostante sappia quanto mi piacciono e sappia che per me averne uno può essere uno stimolo, visto che sto facendo medicina veterinaria, e, invece, indovina cosa è successo quando Alice ha chiesto un cucciolo per i suoi vent’anni? Mia madre e Angelo sono usciti, e sono tornati con Sally!».

    «Ah, avete anche un cane? Non me l’avevi mai detto! Che razza è?».

    «No, lei ha un cane, un incrocio tra border collie e spinone; l’ha presa per capobranco, quindi è come se fosse solo suo. Però, indovina chi è che lo deve lavare, portare dal veterinario e tutto il resto? La sottoscritta. La principessa invece lo porta solo a passeggio!».

    «E ti fai trattare così? Ribellati!».

    «Pensi che non ci abbia provato?». Irritata, Rebecca si tirò indietro una ciocca di capelli.

    «Ogni volta che provo a lamentarmi, Angelo mi guarda come se fossi la perfidia in persona e mamma mi ricorda che Alice, poverina, ha perso sua madre da piccola. Ma era davvero troppo piccola quando è morta, al punto che neanche se la ricorda!».

    Marzia cercò qualcos’altro da aggiungere, ma non le venne in mente niente: poi, ricordandosi del cane, si disse che forse se avesse ricominciato da lì la sua amica si sarebbe distratta e si sarebbe calmata un po’.

    «Immagino che Sally abbia circa un anno, ora, vero?».

    «Sì, l’ha compiuto da poco. Sai, pensavo di portare proprio il mito del capobranco come tesi di laurea, per il prossimo anno! E tu, invece?».

    «Io ancora non saprei, ma credo che farò qualcosa sulla genetica del colore del pelo nei gatti: mi riferisco a quella storia secondo cui i gatti con pelo rosso sono al 99% maschi, mentre quelli tricolori sono al 99% femmine, e che molti gatti bianchi con gli occhi azzurri sono sordi…».

    «Beh, non sono storie, in realtà è vero!».

    «Certo, lo so, mi piacerebbe approfondire la cosa, infatti!».

    «Cosa hai deciso di fare, dopo? Ti fermerai o continuerai?».

    «Vorrei andare a seguire corsi per specializzarmi nella cura dei cavalli».

    «Davvero? Ma qui o all’estero? So che esiste solo una struttura che lo permette, sul territorio nazionale!».

    «Per questo non ho ancora deciso… e tu, invece? Continuerai?».

    «Sì, continuerò: mi piacerebbe fare i tre anni per la specializzazione in esotici!».

    «Oh, che bello! Cureresti lagomorfi, roditori, mustelidi, rettili e uccelli, vero?».

    «Vero. E anche i marsupiali come il petauro dello zucchero!».

    «Giusto, li avevo dimenticati…».

    Marzia sorrise, il suo piano aveva funzionato, la sua amica si era distratta e non era più nervosa.

    Le due ragazze continuarono a chiacchierare amabilmente per un po’, poi si alzarono per decidere dove andare a pranzo; alla fine, dopo qualche altra ora di battute e risate, si separarono e ciascuna tornò a casa propria.

    Mentre guidava verso casa, Rebecca pensò a quanto si era divertita: avrebbe dovuto uscire più spesso in paese con la sua migliore amica! Però, restava ferma su un punto: Alice e Marzia non avrebbero mai dovuto venire davvero a contatto. Non voleva che la sua sorellina adottiva le rubasse anche quell’amica! Le rendeva già la vita impossibile ogni giorno, quindi voleva evitare che facesse ulteriori danni.

    Capitolo 2

    «Dai, Sally, stai buona!»

    Rebecca faticò non poco a trattenere il cane, che non aveva la minima intenzione di lasciarsi lavare e aveva iniziato a dibattersi non appena le sue zampe avevano toccato l’acqua; alla fine, riuscì a farla stare nella vasca e usò lo shampoo che le aveva comprato la settimana precedente: appena procedette al risciacquo, però, la cagnetta si ribellò e si scrollò tutta, finendo per bagnare anche la ragazza.

    «SALLY! Ma che cavolo, possibile che devi fare così ogni volta?».

    La ragazza, quasi completamente bagnata, si chiese se l’animale avrebbe fatto lo stesso anche con Alice, ma poi scacciò il pensiero: era inutile farsi certe domande, perché la regina della casa si guardava bene dall’abbassarsi a lavare il suo amico a quattro zampe! Lei doveva solo portarlo a spasso e ogni tanto comprargli dei regalini e dargli da mangiare, mentre per tutto il resto, vale a dire per tutte le cose più impegnative, c’era Rebecca.

    Dopo aver asciugato Sally e averla riportata in giardino, Rebecca si cambiò e mise i suoi vestiti ad asciugare; poi riprese a fare le faccende domestiche che, ormai, da quando aveva iniziato l’università, erano diventate di sua esclusiva competenza. Aveva provato a lamentarsi, ma sua madre le aveva detto che, visto che era l’unica che non lavorava, doveva pur fare qualcosa!

    Dopo la terza volta aveva smesso di discutere.

    La sera, a cena, la conversazione fu tenuta quasi interamente da Alice.

    «Il mio capo ha detto che so fare così bene il mio lavoro che il prossimo mese mi darà un aumento! Dice che, grazie a me, le vendite stanno aumentando vertiginosamente e che ho instaurato un fantastico rapporto con i clienti!».

    Ma per favore, quante balle!, si disse Rebecca. Lavori lì soltanto da due mesi e nessun capo si interessa ad una novellina appena arrivata, a malapena saprà chi sei!. Stava quasi per dare voce ai propri pensieri, quando vide le espressioni estasiate di sua madre e di Angelo e decise di rinunciare: a giudicare dalle loro facce da pesce lesso, era chiaro che pendevano dalle labbra della più giovane della famiglia e credevano ciecamente a quel che diceva, pertanto una qualsiasi intrusione da parte sua sarebbe stata scambiata sicuramente per invidia!

    Si mise quindi a fingere di essere molto interessata alla carriera lavorativa della sorella adottiva; dopo diversi minuti in cui quest’ultima continuava il suo monologo, però, ritenne opportuno interromperla, perché si era ricordata che doveva domandarle una cosa.

    «Scusami, Alice, volevo chiederti… ma nella profumeria dove lavori ci sono balsami che costano poco?».

    «Poco quanto? Mica lavoro in un discount!».

    «Circa un euro e mezzo, due al massimo?».

    «Sì, ce n’è qualcuno… ma non sono di marche importanti!».

    «Non me ne frega nulla delle marche, lo sai, per me la cosa fondamentale è che siano buoni per i miei capelli!».

    «Sbagli. Le marche sono garanzia di qualità. Lo dico per te!».

    Rebecca dovette trattenersi per non alzare gli occhi al cielo. Come se ad Alice importasse davvero qualcosa di lei e di come si prendeva cura di sé! Le lanciò un’occhiata, e se ne vide restituire una carica di compatimento e di disgusto: cercando di dominare la rabbia, mantenne il punto confermando che non le servivano prodotti di marca, ignorando deliberatamente madre e patrigno che le consigliavano di ascoltare la sua sorellastra.

    «Beh, dovrai accontentarti, allora. Ma perché?», chiese poi Alice, «Ti serve adesso, per caso?».

    No, tra un mese!, avrebbe voluto risponderle Rebecca, ma non lo fece, e disse solo: «Beh, sì. Mi sono dimenticata di ricomprarlo e adesso sono senza. Per stasera laverò i capelli solo con lo shampoo, ma la prossima volta ovviamente mi servirà!».

    «Oh, ma non preoccuparti: te lo presto io!».

    «Cosa?». Rebecca non credeva alle proprie orecchie: Alice era sempre stata gelosa delle sue cose, perché mai quindi le offriva il suo balsamo e con un sorriso tanto dolce dipinto sul volto?

    Probabilmente sta cercando di impressionare mia madre e suo padre, si disse. Avrebbe tanto voluto fidarsi, per una volta, ma anni di esperienze negative in tal senso l’avevano costretta a non abbassare mai la guardia con Alice e a essere sempre diffidente; perciò si sentì in dovere di chiedere ancora:

    «Sei sicura?».

    «Sì, certo! Dai, mangia, così poi potrai andare tranquillamente a lavarti!».

    Rebecca accese la tv, cercando qualcosa da vedere: aveva appena scelto una commedia romantica, quando sentì bussare alla porta della sua camera.

    «Sì?».

    «Rebecca?». Alice fece capolino. «Com’è andata con il mio balsamo? L’hai usato, poi, vero?».

    La giovane stava per rispondere di no, che alla fine non l’aveva utilizzato, perché era un po’ troppo profumato per i suoi gusti, ma qualcosa le disse di mentire e così fece.

    «Sì, certo! Perché me lo chiedi?».

    «Beh, perché… quello l’ho comprato parecchio tempo fa, ma l’ho usato poco, dato che ogni volta mi faceva venire la forfora! Adesso ne ho un altro però, tra qualche tempo, mi puoi dire se fa lo stesso effetto anche a te? Vorrei capire se il problema è solo il mio, oppure se è proprio il balsamo il colpevole».

    «Ok, non preoccuparti, se nei prossimi giorni dovessi notare qualcosa di strano sulla cute te lo dirò senz’altro!», rispose l’altra, con un gran sorriso falso.

    Che stronza!, pensò, una volta rimasta sola. Ecco cosa aveva in mente: avrei dovuto aspettarmelo! Lei non è mai gentile con me, almeno non lo è mai in modo sereno e disinteressato: avrei dovuto capirlo che la sua era soltanto una falsa gentilezza.

    Capitolo 3

    «Allora, se ho ben capito ora devi andare a lezione di Clinica e management del cavallo sportivo, vero?» chiese Rebecca alla sua amica.

    «Esatto, credo sia una materia che potrebbe tornarmi utile per quando mi specializzerò. Tu avrai Medicina interna e di laboratorio dei piccoli animali, giusto?», domandò Marzia di rimando.

    «Già. Dopo invece abbiamo Medicina generale e diagnostica, verrai anche tu a seguirla?».

    «Sì!».

    «Ok, allora ci vediamo lì!».

    Le due ragazze si salutarono e Rebecca si avviò verso la sua aula, aveva appena fatto una mezza dozzina di passi, quando sentì una voce.

    «Ehi, scusami… sai per caso dove si trova l’aula cinque?». La persona che aveva parlato era un ragazzo alto, moro e con gli occhi scuri.

    «Ehm…».

    La giovane aveva il cervello completamente vuoto. Qual era l’aula cinque? Non ne aveva la più pallida idea! Ma poi, improvvisamente, ricordò: era la stessa in cui doveva recarsi lei per la lezione!

    «Sì, lo so dov’è!» riuscì infine a dire, chiedendosi come mai quelle poche parole le erano costate così tanta fatica. «Ci devo andare anche io, segui me».

    Si avviò, sentendosi stranamente in imbarazzo.

    Ma cosa mi prende?, si chiese, irritata. Nemmeno a quattordici anni mi comportavo in questo modo!.

    Alla fine, individuò l’aula e vi entrò, seguita dal ragazzo misterioso; entrambi cercarono dei posti a sedere e ne individuarono un paio, l’uno accanto all’altro. Vi si sedettero iniziando a tirare fuori i quaderni; quando il professore arrivò, Rebecca si sforzò di prendere appunti, ma era troppo distratta dal suo vicino e quindi riuscì a scrivere solo un paio di pagine.

    «Davvero, hai conosciuto un ragazzo?». Marzia, eccitata, prese l’amica sotto braccio e puntò verso il cancello dell’università, ansiosa di sapere tutto.

    «Beh, conosciuto è una parola grossa… in realtà non so neanche come si chiama!».

    «Cosa? Potevi chiederglielo, no?».

    «Non ne ho avuto il tempo: non mi aspettavo certo che qualcuno del mio corso mi chiedesse dove fosse l’aula!».

    «Perché, lui ti ha chiesto questo?».

    «Sì, esatto. In pratica, è successo tutto quando…».

    Rebecca si lanciò in un’accurata descrizione di quel che le era capitato poco prima, guardandosi intorno ogni tanto per non rischiare di ritrovarsi alle spalle la fonte del suo turbamento; mentre parlava e si muoveva, però, desiderò di essere come Alice.

    Se fossi come lei, pensò, non solo saprei già tutto sul suo conto, ma sarebbe già caduto ai miei piedi; invece, io ho l’esperienza di una ragazzina di dieci anni in fatto d’amore, perciò non so mai come comportarmi! Molto probabilmente, quest’anno passerà e non saprò mai il suo nome.

    Quando infine salirono sulla metropolitana, aveva finito di spiegare tutta la storia; avrebbe dovuto ascoltare Marzia, che le parlava della sua lezione, ma non riusciva a concentrarsi: i suoi pensieri andavano di continuo a quel ragazzo bruno senza nome.

    Non dirò nulla a casa, si disse. Se Alice dovesse scoprire che non solo ho un’amica, ma mi sono anche presa una cotta spaventosa per un mio compagno di università, farebbe di sicuro di tutto per mettersi in mezzo e rovinare ogni cosa! E non voglio che questo succeda: mi ha messo fin troppe volte i bastoni tra le ruote, quindi stavolta la terrò fuori dalla mia vita.

    Capitolo 4

    «Com’è andata all’università, oggi?».

    Alice guardò Rebecca, con gli occhi che le brillavano; l’altra, sentendosi assalire da un brutto presentimento, istintivamente si ritrasse.

    «Bene, grazie!», esclamò, affrettandosi a bere un sorso d’acqua per mascherare la sua tensione.

    «Molto gentile da parte tua domandarmelo! Ma come mai questa curiosità?».

    «Beh, perché ti voglio bene! Che domande», asserì la biondina, facendo un gran sorriso. «Hai fatto altre conoscenze? Di ragazzi carini ce ne sono?».

    Ecco dove voleva arrivare!, pensò la bruna. Guardò sua madre e poi il suo patrigno, cercando un appiglio qualsiasi per evitare di dover rispondere, ma entrambi gli adulti guardavano la sua sorellastra come se fosse uno scrigno d’oro in procinto di aprirsi per

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