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Tira dritto figliolo.Non vedi che è morto.
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E-book470 pagine6 ore

Tira dritto figliolo.Non vedi che è morto.

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Info su questo ebook

Un famoso agente segreto, un grande finanziere low profile, uno studente milanese seguace del Giovane Holden, un infallibile trader egiziano, un miliardario figlio di uno sceicco, un assassino annoiato, un pedinatore disperato, un capo cellule amante dell’Occidente…
Personalità esperte e ben consce del proprio ruolo, ma anche giovani sprovveduti e almeno dapprima inconsapevoli, potenziali vittime di danni collaterali.
Quasi tutti - protagonisti, comprimari e comparse – hanno una doppia faccia. I “cattivi” mostrano perplessità inattese e i “buoni” manifestano un cinismo indispensabile, ma non sempre sofferto.
Dai campi da golf di Gleneagles al Parco Sempione di Milano, dall’orto botanico di Vienna a una fattoria nella campagna tedesca, dal Pergamon di Berlino all’Île Saint-Louis di Parigi, da Saint Moritz a un cottage nel Kent, combattono una guerra occulta, ma senza esclusione di colpi.
Il fattore che la scatena: un’organizzazione finanziaria internazionale che opera con il duplice obiettivo di sostenere in autonomia le azioni terroristiche e condizionare i mercati finanziari globali.
La crescente importanza e influenza di questa centrale non passa inosservata ai grandi investitori e alle agenzie d’intelligence israeliana, inglese e americana, che, per annientarla, pianificano un’operazione perfetta, complessa e molto rischiosa.
LinguaItaliano
Data di uscita23 dic 2017
ISBN9788827540206
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    Anteprima del libro

    Tira dritto figliolo.Non vedi che è morto. - Gianfranco Rescina

    Gianfranco Rescina

    TIRA DRITTO FIGLIOLO. NON VEDI CHE È MORTO

    UUID: 8a57eef0-e7e5-11e7-b62a-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    UNA STRATEGIA BEN ORCHESTRATA

    NOAH DAVID E MOSHE LEVITSCH

    SAYED AL MAURI

    OMAR EBN AL SINA

    LA STRANA ESTATE

    COME STIAMO OLTRE LE LINEE?

    LA LEPRE

    LA SPONDA

    IL PROGETTO ZURIGO

    UNA VOLPE ADDOMESTICATA

    AHMED AL BAUKIRI, IL COORDINATORE DI GINEVRA

    SFERRARE E COLPIRE

    LA SELEZIONE

    LE MIGLIORI VIE DI FUGA

    UN SOLO CANDIDATO

    MORDECAI BEHAR

    È TROPPO PERFETTO…

    UN’IMPERFEZIONE RASSICURANTE

    LA CONVERSIONE

    UN TIPO ELEGANTE

    UNA PROPOSTA DA ACCETTARE SENZ’ALTRO

    LA LEPRE COMINCIA A CORRERE

    UNA RICHIESTA SGRADITA

    UNA PROPOSTA CHE NON SI PUÒ RIFIUTARE

    CHIAMATEMI JOHNNY

    UN’OFFERTA ARRIVATA A FAGIOLO

    UNA BOLLA IN POCHE MANI

    IL MIO NOME È BELL, JASON BELL

    UN PEDINATORE DISSOCIATO

    ALLA VIA COSÌ

    PREGUSTANDO L’AVVENTURA

    MAI CEDERE LA GUIDA A SCONOSCIUTI

    UN TALLONAMENTO FACILE E BREVE

    SAINT MORITZ

    IN OSPEDALE NON SI FUMA

    UN INCONTRO CASUALE

    IL COORDINATORE CONSIGLIATO

    LA VOLPE SULLE TRACCE DELLA LEPRE

    CONFIDENZE A SALISBURGO

    TRE AGENZIE IN JOINT VENTURE

    UN TOVAGLIOLO MOLTO ISTRUTTIVO

    DISINFESTAZIONE SUBITO

    MA CHE BELLA COMBINAZIONE!

    TRE COMPARI MOLESTI

    L’INSEGUIMENTO

    SCAMBIO AL PERGAMON

    UN GIOCO DA RAGAZZI

    BREVE TAPPA AL JASON’S BAR

    UN INSEGUIMENTO ALLA CIECA

    BENVENUTO A BERLINO

    SEMINATI

    UN BONUS IMMERITATO, ANZI DUE

    UN PUNTO ROSSO NELLA CAMPAGNA TEDESCA

    SISTER PENNY

    UN SEMINARISTA A PARIGI

    LE BIANCHE SCOGLIERE

    LA VOLPE NEL POLLAIO

    LA PRIMA MISSIONE DI SAYED

    PICCOLO SNOB DI MERDA SPARISCI

    ULTIMO ATTO

    ONORE A JASON BELL

    EPILOGO

    Beryl Reid ha scritto: Non si possiede mai un gatto. Semmai si è ammessi alla sua vita, il che è senz’altro un privilegio.

    Perciò grazie, Loto (prima Pallino).

    UNA STRATEGIA BEN ORCHESTRATA

    Se ho tre ore per abbattere un albero, uso la prima ora per affilare l’ascia.

    Abramo Lincoln

    NOAH DAVID E MOSHE LEVITSCH

    Comodo.

    Era stata la risposta mormorata del Direttore dell’unità operativa Noah David al capo del turno di guardia di notte che, quando l’aveva visto entrare nella sede del Mossad, era scattato sull’attenti. Era difficile che la guardia di notte lo incontrasse, anche se il Direttore sbarcava in ufficio prima di tutti, con un thermos di caffè che gli avrebbe dato l’autonomia di un’ora. Poi sarebbe stato rifornito con quello liofilizzato da Sarah, la segretaria. Sarebbe seguita la solita gag, col caffè esagera ..., è un potente antiossidante ....

    Il Direttore dell’unità operativa del Mossad David era un uomo alto, di origine russa e, nonostante l’età, vigoroso. Annoverava i suoi bisnonni fra i primi kibbutznik. Passava gran parte della giornata in un bell’ufficio, arredato essenzialmente, con una grande finestra sul mare. Sulle pareti erano appese le foto preferite, quelle della famiglia di origine, che aveva partecipato alla prima colonizzazione, quelle delle varie guerre e della permanenza in ospedale per una ferita alla gamba. Alcune erano in bianco e nero, con gli amici più cari dalle folte capigliature scure e chiare, alcune delle quali si ricordava che erano rosse. Erano tutti magri e sembravano scomparire dentro vestiti troppo abbondanti e grossi scarponi da lavoro.

    Il Direttore David si fermava spesso a guardarle, quelle fotografie. Completavano questa galleria alcune decorazioni militari e altri elementi che lo riportavano ai giorni di studio in Inghilterra e a quelli del MBA a Harvard.

    Calmo, di gusti semplici e tempra da grande lavoratore, aveva un aspetto energico. Anche il modo di vestire era semplice e, con giacca e cravatta, si poteva confondere con un impiegato qualsiasi.

    Sono un direttore sotto copertura gli piaceva scherzare.

    Quella mattina aveva un motivo eccezionale per arrivare prima del solito. Era salito nel suo ufficio, aveva acceso il computer e cominciato a leggere il rapporto che era arrivato durante la notte. Era il risultato del lavoro di un gruppo di analisti, giovanissimi esperti di geopolitica, di finanza internazionale e mercati finanziari. Lavoravano al secondo piano sotterraneo, davanti a schermi che trasmettevano in tempo reale una serie di dati e che provenivano da fonti ufficiali e non.

    La premessa del rapporto era preoccupante e il Direttore si era domandato se quel gruppo di giovani brillanti non si compiacesse nel vedere fantasmi in ogni angolo, poi aveva notato una lettera firmata dal capo del gruppo, un professore di relazioni internazionali dell’università di Tel Aviv.

    La lettura di quella lettera lo aveva impensierito ancora di più. Il professore accompagnava il rapporto, raccomandando che le indicazioni contenute non fossero considerate segnali deboli, ma fenomeni emergenti, nel senso scientifico del termine, cioè che, appunto, emergono e diventano durevoli. S’immerse nella lettura senza pregiudizi e quando arrivò la sua segretaria con il bollitore del caffè in mano, Sarah, mi chiami il professor Adler e gli chieda se possiamo incontrarci.

    Buongiorno anche a lei. Lo chiamo subito e intanto conceda alla sua umile serva l’onore di versarle una tazza di caffè.

    Poco dopo, facendo capolino fra le due porte imbottite, gli disse che il professor Adler era a Yale per un ciclo di conferenze ma che aveva lasciato diversi recapiti per essere chiamato. Il Direttore guardò l’orologio, alle nostre 3,30 pomeridiane lo chiami, per cortesia.

    Prese un foglio da un cassetto, lo ripiegò quattro volte e ne ricavò otto foglietti più piccoli e cominciò a prendere degli appunti. Era un modo per costringersi a ragionare con precisione.

    Chi aveva detto che scrivere è il modo di pensare più elevato? Deve essere uno scrittore americano, di quelli che sfornano un best seller l’anno. Si ripromise di chiederlo a Sarah, per rabbonirla.

    Scrisse in modo disordinato e sintetico, per fissare l’essenziale del rapporto, prescindendo dall’originaria sequenza di esposizione. Quando ebbe finito i bigliettini, li distribuì sul piano della scrivania per avere una visione d’insieme, li osservò con attenzione e ripeté l’operazione di ripiegatura con un altro foglio. Li tenne nella mano sinistra e continuò a concentrare la sua attenzione su quelli scritti.

    Sarah mise dentro la testa con l’intenzione di rabboccare la tazza del caffè, ma si ritirò subito, senza fare rumore, perché sapeva benissimo che quando metteva in ordine le idee in quel modo, non era il caso di disturbarlo, anche se il suo livello di concentrazione era tale che, se fossero arrivati in ufficio dei guerriglieri palestinesi, non se ne sarebbe neanche accorto. In passato gli aveva detto che, se lo avesse desiderato, gli avrebbe procurato dei fogli predisposti per essere suddivisi in quel modo.

    Sarah, io sono un vecchio ebreo che ha abitudini parsimoniose, in questo cassetto ho tanti fogli di recupero, che vanno perfettamente bene per questo scopo.

    Il Direttore continuava assorto a osservare i foglietti sulla scrivania e ogni tanto cambiava loro di posto sul piano di lavoro e ne aggiungeva altri, brevi appunti che accostava a quelli della prima serie. In breve aveva consumato altri quattro fogli e aveva aggiunto altre riflessioni sintetiche. I foglietti avevano cambiato posto molte volte sulla scrivania.

    A metà mattinata, il Direttore guardò soddisfatto il risultato e urlò Saraaah!!! e, quando la segretaria comparve nel vano della porta, buongiorno.

    Porse senza parole la tazza del caffè ormai vuota, che Sarah prese con malcelata solerzia, e continuò a numerare i foglietti.

    Alle 3,30 del pomeriggio la sollecita e precisa Sarah chiamò il professore e lo passò al Direttore, avvertendolo che la linea era già protetta.

    Professore…

    Direttore…

    Che solidità ha il rapporto?

    Elevatissima, Direttore. Il fenomeno dura ormai da un paio di anni. Le transazioni all’inizio sono state unitariamente insignificanti, ma molto frequenti e su piazze finanziarie diverse, anche secondarie, condotte da intermediari marginali. È stata un’accumulazione lunga e silente. Nonostante i finanziamenti a fondo perduto, eseguiti da operatori prestanome – e, quel che è peggio, cronologicamente collegabili con eventi molto cruenti -, la massa patrimoniale è elevatissima e la liquidità anche.

    Peggio di quanto è sempre accaduto?

    Sì, molto peggio.

    Che urgenza d’intervento pensa che ci sia?

    Piuttosto elevata, se si pensa a un intervento informatico, che non sarebbe comunque definitivo, sia per il sistema di protezioni, sia per la possibilità di ripristinare rapidamente le operazioni. Per un’azione risolutiva, si può prendere il tempo necessario per pianificare un intervento che consenta in primo luogo di penetrare nella centrale finanziaria e, in seguito, metterla fuori gioco.

    Dopo la telefonata, il Direttore riguardò i suoi appunti.

    L’esistenza di un’organizzazione, quindi, era un fatto assodato, si trattava di trovare la soluzione migliore per neutralizzarla e il tempo non era la variabile più critica.

    Neutralizzarla invece di distruggerla.

    Sorrise fra sé, pensando a quanto si fosse imborghesito. Si era sorpreso a pensare in modo burocratico.

    Guardò ancora una volta l’insieme dei suoi foglietti e ripassò priorità e alternative. Si trattava di individuare la testa dell’organizzazione, le basi operative e le persone chiave. Dopo di che le possibilità d’intervento presentavano una gamma di possibili alternative. Alcune dirette, che gli sarebbero piaciute molto, altre, indirette, che avrebbero risolto la situazione in modo radicale. I tempi sarebbero stati diversi, ma era necessario sacrificare la rapidità alla radicalità dell’intervento. Era d’accordo con il professore. Eliminò l’intervento manu militari che avrebbe assicurato l’eliminazione della testa, dei principal delle centrali operative, ma avrebbe lasciato immutate l’ispirazione originaria e soprattutto la massa patrimoniale e monetaria.

    Chiese a Sarah di annunciare la sua visita immediata al capo del gruppo di analisti e di fissargli un appuntamento con Moshe Levitsch nel tardo pomeriggio, raccomandandogli di fargli trovare del caffè fresco.

    Si avviò a passo di marcia verso la riunione con i cervelloni, come li chiamava lui. Li avrebbe messi alle strette con una serie di domande precise e costretti a dare risposte altrettanto precise e concise, o, per lo meno, così sperava. Aveva preparato anche la bella sorpresa di affidare loro dei compiti da eseguire in non più di tre giorni.

    Sulla porta della sala riunioni trovò ad attenderlo il capo della squadra di analisti, che sfoggiava, come il solito, una di quelle sue smilze cravatte a farfalla, che lo illudevano di avere l’aspetto di un intellettuale americano anni cinquanta. All’interno c’era il gruppo dei suoi collaboratori più qualificati.

    "Sono stato fino adesso con i cervelloni", si accasciò in una poltrona con aria affranta, quando entrò nel tardo pomeriggio nell’ufficio di Moshe Levitsch e chiese al suo amico una pausa di decompressione.

    Quell’ufficio aveva sempre avuto l’aria di una sistemazione provvisoria. L’arredamento era funzionale ma disadorno: una scrivania, tre poltroncine da ufficio e uno scaffale quasi vuoto, nulla di personale, foto o decorazioni. Alcuni ritagli di giornali internazionali e appunti vari erano fissati con calamite a una lavagna di fronte alla scrivania e rappresentavano l’essenza dell’attività di Moshe Levitsch. Non erano notizie dimenticate, ma costantemente aggiornate, nomi di persone, organizzazioni, località e relativi collegamenti. Le uniche civetterie erano una raccolta di piante grasse su un ripiano sotto la finestra e una caffettiera, su un tavolino.

    Poche persone all’interno dell’Istituto avrebbero saputo dire con precisione quale fosse il ruolo di Moshe. I pochi che lo sapevano, avrebbero detto che la sua attività era paragonabile a quella di un ragno che tesse la sua tela e vi avviluppa le sue prede. Stabiliva rapporti e s’impegnava nella loro cura con chiunque fosse potenzialmente utile nell’immediato o in futuro, amico o nemico che fosse.

    A Noah David sembrava di averlo sempre visto con quel vestito beige stazzonato, con l’impronta delle ginocchia sui pantaloni e con un orologio che sembrava un gadget promozionale di qualche detersivo. Quel vestito gli stava addosso come se fosse appeso a un attaccapanni, malgrado Moshe avesse ancora un fisico atletico e asciutto.

    Fra i due c’era un’intesa speciale. Moshe aveva servito nel reparto di guastatori comandato dal Direttore, era coraggioso e combinava questa qualità con un’intelligenza e una prontezza di riflessi, fuori dal comune.

    "Sono stato a parlare con i cervelloni. Non è stata una perdita di tempo perché ho intimato loro di risparmiarmi dettagli e di rispondere alle mie domande solo con un codice binario: con un sì o con un no."

    Dovresti emettere una procedura che preveda che i quadri direttivi passino, a turno, un periodo di due mesi in reparti operativi sulle frontiere più calde.

    Gli versò una dose di caffè in una grande tazza blu e rimase in silenziosa attesa. Dopo due lunghi sorsi il Direttore assunse un’espressione seria, dove lo trovi un caffè così profumato?.

    Me lo mandano i nostri dall’Olanda. Te ne farò avere un pacco.

    Te ne sarò veramente grato.

    Gli spiegò in sintesi il contenuto del rapporto.

    Moshe, se non ci fosse altra possibilità d’intervento se non quella di un’azione sotto copertura, saresti capace di trovare un elemento che sappia muoversi senza dare nell’occhio in ambienti finanziari? Si tratta di una missione veramente importante, forse la più importante di quelle condotte finora all’estero.

    E un attacco informatico…?

    "I cervelloni e i nostri esperti in tecnologie dicono che i loro sistemi hanno un livello di protezione talmente elevato che si accorgerebbero dell’attacco prima che si arrivi al risultato. Sui vertici abbiamo solo qualche sospetto e, ammesso che riuscissimo a raggiungerli, non basterebbe la loro eliminazione per dare un colpo definitivo. Non ci rimane che un intervento diretto, un infiltrato appunto, anche se ci vorrà molto più tempo. Abbiamo qualche possibilità?"

    "Lasciami dare un'occhiata ai nostri file e a quelli di qualche servizio, si fa per dire amico …"

    Tre giorni dopo il Direttore tornò nell’ufficio di Moshe che gli mise in mano la solita tazza blu di caffè.

    L’azione sotto copertura è possibile, se saremo capaci di condurre bene i contatti e le relazioni.

    Sarai soddisfatto. Si torna ai vecchi metodi …

    Moshe sorrise con l’espressione di un gatto di strada che ha scoperto una colonia di sorci.

    Non si tratta solo di dare un colpo, eliminando le teste pensanti e i bracci operativi. Dovremo provocare un’emorragia fulminea e letale per l’intera organizzazione, magari con l’aiuto di una sponda neutrale che si presti volentieri.

    "La ricerca nei file sta dando buoni esiti. Intanto guarda questo." Moshe aprì il cassetto della scrivania, estrasse un dossier e allungando il braccio sopra la scrivania lo passò al Direttore.

    E’ roba MI6. Questo è il meglio. È quasi pronto, ho stabilito personalmente da tempo i contatti ed ho con lui periodici e innocui incontri, quando vado a Londra … .

    … ma non sa nulla …

    No. Neanche che è a libro paga …

    La famiglia?

    Buona. A posto, laici, colti, con ottimi contatti internazionali e, soprattutto … scontenti.

    Dammi il dossier che me lo studio.

    Lo aprì e scorse velocemente l’indice. Poi sorbì l’ultimo sorso di caffè, mise sottobraccio il fascicolo e prima di uscire si fermò, Com’è la posizione dietro le linee?.

    Ottima. Il nostro uomo è sempre più influente e nella posizione giusta per portare a termine questa missione. Dovremo risvegliargli la memoria e capire come favorire i suoi progetti personali.

    Nel suo ufficio il Direttore scorse con attenzione il dossier, classificato come strictly confidential e firmato dal Responsabile delle operazioni all’estero e dall’Ufficiale di collegamento MI6.

    Le schede, compilate con linguaggio burocratico, fornivano sufficienti indicazioni per farsi un’idea della famiglia al Mauri, delle preferenze geopolitiche del Professor al Mauri, e soprattutto del giovane Sayed.

    Non ho mai sopportato le schede che costringono l’occhio a un percorso obbligato.

    Vediamo cosa mi ha preparato Moshe ...

    Il Direttore David scorse rapidamente le schede alla caccia degli elementi salienti.

    "... tale Sayed al Mauri ... figlio maggiore della famiglia a posto ... alta borghesia professionale ... padre laico, progressista, garantista filoccidentale ..."

    ... come tutti quelli che appartengono a una comunità scientifica internazionale ...

    ... cardiologo e professore di cardiologia al Cairo ... ammiratore dell’occidente e di Israele ... coltivato dal collega professor Rosenthal di Tel Aviv, conosciuto a un congresso in Canada ...

    ... come mai non è in galera? ...

    ... ha in cura politici e alti gradi dell’esercito ...

    ... adesso si spiega ...

    "... controllato dallo SSIS [1] in modo più che discreto."

    ... arriviamo a tale Sayed al Mauri ...

    ... sin dalla giovane età spesso accompagnava il padre all’estero ... da quel tempo quindi il giovane di famiglia ... viaggi in Europa ... affascinato dall’occidente ... conoscenza delle principali lingue europee ... frequentatore di corsi estivi in Inghilterra prima per le lingue ... poi per gli studi in economia ... non professava religioni ... laureato a Cambridge ... corso di specializzazione in finanza alla London Business School of Economics ... borse di studio bandite dal Foreign Office ...

    ... ah ah diabolico Moshe, anche questa volta aveva colpito nel segno ...

    ... attualmente trader da Fisher&Spencer broker internazionale a Londra ... un allegato confermava la laicità rilevata direttamente da osservatori ...

    ... in quanti modi si chiameranno le spie, osservatori, ombre e chissà che altro ancora ...

    ... aveva preso posizione contro studenti integralisti che pretendevano che la sorella indossasse il velo a scuola...

    Un lavoro a regola d’arte da parte di Moshe, che teneva d’occhio il soggetto anche quando era in vacanza in Egitto, utilizzando i suoi osservatori ...

    In sintesi, giovane, intelligente e colto.

    Moshe sarà senz’altro in grado di convincerlo.

    Seguiva una nota manoscritta, siglata ML.

    Ben fatto, Moshe.

    Fu il commento del Direttore David quando il giorno dopo si ripresentò nell’ufficio di Moshe Levitsch.

    Sono stato solo previdente. Cogliere le opportunità come questa fa parte del mio lavoro, non potevamo lasciarcelo scappare. Ho comunque altre cinque possibilità, nel caso le trattative con al Mauri non andassero in porto.

    Anche se il tempo non è una variabile critica, dobbiamo al più presto costruire un’identità credibile, con capacità e interessi compatibili con l’obiettivo e fare in modo che s’integri nelle comunità più intransigenti …

    … e mettere in atto un’azione diversiva …

    "Certo. La volpe l’abbiamo trovata. Per l’azione diversiva, ci serve anche una lepre. Te ne puoi occupare tu?"

    Il Direttore si accorse di aver formulato una domanda superflua, Moshe era sempre pronto alle azioni vecchio stampo e aveva il gusto della ricerca della perfezione.

    Sì, volentieri.

    Bene, io cerco una sponda e tu la lepre.

    Chiamerei questo progetto La Volpe nel Pollaio, se sei d’accordo.

    Certo Moshe, titolo azzeccato.

    Il Direttore tornò nel suo ufficio e fece una telefonata su una linea protetta a un suo conoscente di New York.


    [1] State Security Investigations Service, Egitto.

    SAYED AL MAURI

    Sayed al Mauri si ricordava bene il periodo in cui aspettava con ansia l’estate per accompagnare il padre ai congressi internazionali di cardiologia. Si ricordava di come gli magnificava i livelli di democrazia, l’atmosfera di libertà dei paesi europei e degli Stati Uniti.

    Ripensava spesso al padre, il professore, che stava ad Alessandria, città che preferiva al Cairo, che era obbligato a frequentare per curare qualche personalità politica o qualche potente uomo d’affari. Era sempre elegantissimo, vestito di blu e con quelle camicie bianche immacolate come il suo camice, anch’esso cambiato ogni giorno. Rimpiangeva le lunghe chiacchierate nelle serate dei fine settimana, discutendo di quello che si sarebbe dovuto fare per cambiare le cose in Egitto, ma soprattutto delle decisioni riguardanti il suo futuro.

    Lo aveva sempre incoraggiato nelle sue scelte decisive, e sin dall’inizio lo aveva spinto a frequentare l’Inghilterra.

    Di Londra Sayed si era innamorato immediatamente, durante un’estate trascorsa per studiare la lingua e togliersi l’accento di origine, e ci tornava appena poteva, anche per brevi periodi. Aveva abitato presso famiglie inglesi a Oxford, a Cambridge e a Edimburgo.

    Quelle esperienze estive, e quelle discussioni, avevano segnato l’evoluzione della sua vita, come se avesse preso un treno per un lungo viaggio e tutte le coincidenze fossero state puntuali.

    Forse addirittura troppo puntuali.

    Quei tempi sembravano lontani, adesso se ne stava confortevolmente accomodato nella sua bella casa vicino a Holland Park. Era in una situazione di tranquillità, ma era sicuro di ignorare la completa verità. Così come era sicuro di quali fossero stati il luogo e il momento della svolta.

    Dopo avere conseguito il diploma, era andato a Cambridge per frequentare un corso estivo e per verificare quali possibilità di studio ci fossero, compatibili con le finanze della famiglia. Se fosse dipeso da suo padre, avrebbe venduto tutto quello che possedevano per farlo studiare nella culla della democrazia, come diceva lui.

    Probabilmente avrebbe fatto lo stesso per farmi studiare a Tel Aviv.

    Tutto era cominciato al The Eagle, un bel pub dove la sera andava a bere qualche birra con compagni di corso, sedendosi fuori, quasi a ridosso dell’insegna che decantava le specialità del giorno.

    Gli piaceva l’atmosfera dei pub in generale e quella del The Eagle in particolare. Quella sera l’atmosfera era estiva, e faceva pensare più alle vacanze che allo studio. Anche gli avventori sfoggiavano vestiti da estate. Il pub era frequentato da altri studenti dei corsi estivi e da turisti.

    Il professor Clark, invece, risaltava vestito da Professore-di-Letteratura-Inglese, blazer a righe rosse e blu, un po’ vissuto, camicia denim con una cravatta di maglia di seta. Si erano già conosciuti in biblioteca, quando cercava un testo di Adam Smith. Alla battuta di spirito del professore, sul fatto che ormai erano più i testi di economia che quelli di letteratura ad affollare gli scaffali, Sayed aveva risposto che comunque anche fra gli economisti c’erano i classici. Avevano fatto qualche risata e poi erano dovuti andare a sedersi ai loro posti, ripresi dalla bibliotecaria.

    Al The Eagle, quella sera, quando Sayed si era avvicinato al bancone per ordinare la sua birra chiara, il professore, impugnando la sua pinta di scura, gli aveva chiesto come andassero i suoi studi sui classici. Poi gli aveva presentato una sua assistente, molto bella, anche lei classicamente inglese, di un fascino molto discreto, ma indiscutibilmente bella.

    Si erano seduti fuori nella tranquilla serata estiva.

    Era stata una tipica conversazione professore - allievo. Prima avevano parlato del più e del meno, il tempo, la quiete della sera, poi il professore gli aveva chiesto da dove venisse, come mai frequentasse un corso estivo e Sayed gli aveva raccontato.

    Il professore si era complimentato con lui e soprattutto con suo padre, così illuminato, aveva detto. Poi si erano lasciati a fine serata come se non dovesse esserci nessun seguito.

    Invece il filo dei contatti fu ripreso dall’assistente, incontrata, sempre per caso, nella cafeteria dell’Università.

    Secondo me potrebbe interessarti andare a trovare il professor Clark nel suo ufficio questa sera.

    E Sayed c’era andato.

    Questa volta l’ambiente era accademico, lo studio del professore, e la conversazione era palesemente indirizzata. Una lampada da tavolo illuminava la scrivania ingombra di scritti, di relazioni degli allievi, lasciando nella penombra gli scaffali con i libri.

    Si sedettero nelle poltrone e il professore entrò subito nel merito.

    Cosa conti di fare, come vedi il tuo futuro?

    Mi sono diplomato e m’iscriverò a Economia all’Università del Cairo.

    ... quindi non continuerai i tuoi studi nel paese dei classici che ti piacciono tanto?

    ... beh, professore, diciamo che c’è una notevole barriera economica. Ho un fratello e una sorella, tra l’altro molto brava negli studi, e non voglio prosciugare il budget famigliare. Non mi sembra equo. Sono sicuro di riuscire a studiare bene anche al Cairo, magari integrando gli studi con qualche puntata a Cambridge per qualche corso estivo

    Mai pensato a una borsa di studio?

    L’assistente, che si era materializzata nello studio del professore senza alcun rumore, taceva, ma, attenta e rilassata, seguiva la conversazione.

    Ci sono alcune organizzazioni governative, qui da noi, che bandiscono borse di studio aperte anche agli stranieri. Se credi posso verificare quale sia l’opportunità più interessante e, tengo a sottolineare, più impegnativa. È questo il prezzo da pagare, ma più alto è il prezzo, più alta è la qualità, o perlomeno così dovrebbe essere.

    Era rimasto sorpreso e quasi tentennante. Non capiva l’interesse del professore e dovette addirittura ricordarsi di ringraziarlo per essersi occupato di lui.

    Sono lusingato, se dipendesse da me, accetterei subito, ma devo parlarne con la mia famiglia, se non altro per rispetto e per non metterla di fronte a un fatto compiuto ...

    Si era trattato di un espediente per prendere tempo. Gli capitava sempre così, di fronte a situazioni improvvise o incomprensibili.

    Quali possono essere le motivazioni del professore, che mi ha conosciuto soltanto per quattro battute scambiate in biblioteca e per una serata estiva al The Eagle?

    Il professore però non aveva mollato la presa e gli aveva detto che lo capiva perfettamente, ma che gli avrebbe concesso solo due giorni per prendere una decisione.

    Sayed aveva ringraziato ancora e risposto che si sarebbe fatto vivo in ogni caso, anche se pensava che l’esito delle sue riflessioni sarebbe stato positivo, salvo che, da parte dei suoi famigliari, non fossero sorte esigenze oggettive che in quel momento non riusciva a immaginare.

    Inforcò la bicicletta per andarsene in campagna e riflettere immediatamente sulla proposta che aveva ricevuto. Mentre pedalava, ripensava alle motivazioni del professore. L’eccentricità dei professori inglesi era universalmente nota e quello ne era un testimone eccellente, per il modo di vestire e di parlare, per il comportamento, e per quella brillantezza che gli inglesi chiamano wittyness.

    Ma perché stare a ricamarci sopra? L’opportunità c’è, e di grande livello…

    Anche se straniero, lo avrebbe proiettato in un panorama internazionale e questo era l’aspetto che più gli piaceva. Ma tutto il mix della proposta era allettante: il tipo di studi, il prestigio dell’università di Cambridge, Cambridge stessa, che gli piaceva nel suo intimo più profondo, al punto che la sola idea di doverla lasciare alla fine del corso estivo lo riempiva di tristezza.

    Il giorno seguente pensò solo a come presentare la cosa alla sua famiglia. Quello era il minore dei problemi. Sarebbero stati tutti contenti. Tutti? Proprio tutti, no. La madre avrebbe manifestato il suo dolore, pensando a un figlio così lontano da casa. La mamma chioccia, come tutte le mamme del suo paese e anche di quelli vicini. Probabilmente, però, ci avrebbe pensato suo padre a spiegarle quanto fosse importante per un figlio studiare in un’università di prestigio, prefigurandole splendide carriere internazionali. Sorrise al pensiero, a come, una volta presa la decisione, si sarebbe profusa in raccomandazioni sulla salute, sulla sua sicurezza e sulle conoscenze femminili.

    Così fece la telefonata e si ricordava ancora di come fosse emozionato durante la conversazione. Suo padre fece domande circostanziate e dopo aver ottenuto le risposte, disse che era una bella, anzi bellissima opportunità da non lasciarsi scappare. Sayed si sentì del tutto sollevato e fra sé lo ringraziò di cuore, quando il padre gli disse che avrebbe parlato lui con sua madre e che quindi concorresse pure per la borsa.

    Quella sera Sayed aveva festeggiato da solo, benedicendo suo padre e pensando agli anni a venire, fitti di rinnovato impegno, di studiate folli, di nuove relazioni sociali in un’Inghilterra che non aveva mai visto, l’Inghilterra invernale in un posto fatato come Cambridge.

    Il giorno dopo, di buon mattino, era andato nello studio del professore. Non c’era, e l’assistente, che gli sembrò più carina del solito, gli disse che si era dovuto assentare improvvisamente, ma le aveva lasciato detto che, se Sayed fosse venuto per la risposta, si occupasse lei della questione, e che si sarebbero senz’altro rivisti al suo rientro.

    Così comunicò l’esito positivo delle sue riflessioni e della conversazione avuta con suo padre.

    Aveva ragione il professore quando diceva che tuo padre è una persona illuminata e gi diede la documentazione per candidarsi alla borsa di studio indetta dal Foreign Office.

    Aveva ringraziato l’assistente e si era trattenuto dall’invitarla a cena quella sera per festeggiare, ma fu lei a prendere l’iniziativa, dicendo che quella sarebbe stata un’occasione per un bel brindisi. Si videro al The Eagle per un aperitivo e poi una cena. Sayed disse che, per scaramanzia, quella serata doveva essere considerata normale, fra amici e che avrebbero festeggiato se e quando avesse vinto la borsa di studio.

    Penso che la vincerai senz’altro, gli disse, con una strizzatina d’occhio.

    E fu così che andò.

    Al suo ritorno il professore aveva voluto fare un colloquio approfondito con lui, un colloquio motivazionale come lo definì. Scrisse una lettera di presentazione da allegare alla domanda, che fu inoltrata immediatamente.

    Quando Sayed era andato a Londra, al Ministero degli Esteri in Whitehall, si era trovato davanti, oltre ad un funzionario del Foreign Office, tipicamente inglese, quattro membri della commissione, che gli fecero poche domande, ma che ascoltarono con attenzione la sua auto-presentazione e lessero con interesse la lettera del professore. Una sesta persona, che per aspetto e accento non gli sembrò inglese, era stata zitta per tutto il tempo, senza mostrare particolare attenzione. Era vestito in modo trasandato, con un orribile abito beige e, alla fine dell’esposizione di Sayed, se n’era uscito con una domanda secca, a bruciapelo.

    Come mai un egiziano non studia al Cairo? Non c’è una facoltà di economia in Egitto?

    Sayed aveva spiegato che senz’altro c’era, ma che Cambridge, rappresentava, con alcune università e business school americane, il posto più avanzato degli studi.

    Poi si era lasciato scappare una frase un po’ troppo fatta, … e poi l’Inghilterra è la culla delle teorie economiche ….

    Sì, ma quegli economisti sono morti e sepolti da un pezzo. Non ti sembra di tradire un po’ il tuo paese? Poi cosa conti di fare?

    Sayed stava per inalberarsi, ma si era trattenuto per non fare il gioco di quello strano tipo che, con tutta evidenza, cercava di provocarlo. Gli avevano raccontato di tecniche di colloquio che mettono in difficoltà il candidato per verificare le sue reazioni. Aveva risposto con calma dicendo che non pensava di tradire nessuno, che non aveva preso alcun impegno con nessuno, che si era sempre impegnato per avere una visione oggettiva del suo paese e che alcune cose gli piacevano e altre no e che pensava che magari avrebbe potuto lavorare in un’organizzazione internazionale, anche se in realtà non poteva dire con esattezza cosa avrebbe fatto dopo gli studi.

    Il mondo dell’economia è molto vasto, va dalle teorie, alla macroeconomia, alla finanza …

    OK. Mi risparmi la conferenza. Ho capito.

    Dopo di che si era richiuso nel suo silenzio ostile, che aveva impensierito Sayed.

    Aveva lasciato la commissione senza avere capito bene che impressione avesse fatto e quale sarebbe stato l’esito.

    Aveva espresso i suoi dubbi anche al professor Clark, senza entrare nel dettaglio del tipo di colloquio sostenuto, né il professore aveva fatto domande al riguardo, si era limitato a dire che quei colloqui sono sempre così e che in ogni caso la commissione avrebbe riportato i risultati dell’incontro ai veri decisori.

    Dopo due settimane aveva ricevuto un telegramma che gli diceva di tornare a Londra in Vauxhall Cross [1] e chiedere di Mister Watson. Era molto felice, perché se non avesse superato l’esame della commissione, non lo avrebbero invitato a un secondo incontro ma gli avrebbero risposto che lo avevano molto apprezzato, ma che la scelta era caduta su un’altra candidatura.

    Il professore era stato dello stesso avviso.

    Il giorno stabilito era andato in Vauxhall Cross dove, una volta superati controlli molto scrupolosi, aveva atteso di essere introdotto da Mister Watson, che si era scusato di avergli dato l’appuntamento in quella sede e che era solo per sua comodità, perché aveva una serie di riunioni proprio lì, per tutta la giornata. Lo aveva guidato nel suo ufficio e con sorpresa vi aveva trovato anche il personaggio dall’atteggiamento provocatore che lo aveva salutato come se fossero vecchi amici e sembrava aver perso la sua aria da duro.

    Benissimo, aveva esordito Watson, intanto vogliamo congratularci con lei per essere stato ammesso alla borsa di studio per il corso alla facoltà di economia a Cambridge.

    Sayed aveva ringraziato caldamente.

    Aspetti a ringraziare. Non sarà una passeggiata. La borsa di studio comporta moltissimo impegno e risultati più che brillanti per ogni esame e, conseguentemente, come media.

    Elementare Mister Watson, se mi passa questa battuta, aveva detto Sayed chissà quante volte avranno scherzato sul suo cognome, signore.

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