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L'angolo buio
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E-book453 pagine5 ore

L'angolo buio

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Info su questo ebook

Florida, il paradiso in terra.

Ma anche il paradiso nasconde i suoi demoni e, a volte, incrociano la tua strada.

Indagare su di un omicidio è normale, se si è una coppia di detective, ma questo caso sarà diverso.

Si troveranno davanti lo spettro di un serial killer e tutte le loro convinzioni cesseranno d'esistere.

Dovranno tenere gli occhi aperti e i nervi saldi perchè, questa volta, non tutto sarà come sembra,

non tutti si mostreranno per quello che sono e, quanto se ne accorgeranno, potrebbe essere troppo tardi.
LinguaItaliano
Data di uscita17 dic 2015
ISBN9788892530249
L'angolo buio

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    Anteprima del libro

    L'angolo buio - Riccardo Berardelli

    Epilogo

    Citazioni

    "Eppure, guardando quella brutta immagine allo specchio,

    non provavo alcuna ripugnanza, ma un moto di soddisfazione.

    Anche questo ero io."

    .

    Robert Louis Stevenson

    "Ogni uomo nasce gemello,

    colui che è, e colui che crede di essere."

    .

    Martin Kessel

    "C'è un posto dentro te in cui fa freddo

    è il posto in cui nessuno è entrato mai."

    .

    Luciano Ligabue

    Prologo

    L’alba vista dalla Torre era sempre qualcosa d’indescrivibile.

    Le grandi vetrate dello Skyline Dining and Conference Center incorniciavano lo spicchio di sole che affiorava dall’oceano, inondando di colore tutto il panorama.

    La cucina era chiusa, ma non erano lì per mangiare, c’era un cadavere, ed iniziare il turno così, per quanto fosse il fondamento del loro lavoro, non era mai di buon auspicio.

    Marcelo guardava i colori dello sfondo variare lentamente e cercava di immagazzinare almeno una piccola parte della tranquillità che quell’immagine trasmetteva.

    Fra poco l’indagine sarebbe entrata nel vivo e non avrebbe più avuto tempo di meditare, c’era un assassino da trovare, anche se non sembrava un grosso problema, non stavolta.

    La vittima era un certo Ivan Drakovic, serbo, regolarmente negli Stati Uniti da tre anni, lavorava come aiutante di cucina allo Skyline da tre mesi e, a detta dei colleghi, era una brava persona, un buon lavoratore, attento, veloce e sveglio, nulla di cui lamentarsi. Era stato trovato con la testa spaccata davanti all’ingresso di servizio del locale. Il suo aggressore lo aveva colpito da dietro con un oggetto pesante ma Ivan, prima di cadere, era riuscito a far scattare l’allarme, impedendo all’uomo di completare il suo lavoro. Le telecamere di sorveglianza avevano ripreso tutto ed ora bastava rivedere le immagini per identificare l’aggressore e portare a termine il loro compito. Sembrava facile, forse troppo, ma sapeva che l’impulso e la rabbia facevano commettere gravi errori e dimenticarsi delle immancabili telecamere era uno dei più frequenti.

    Abbiamo i video disse una voce alle sue spalle.

    Marcelo si voltò ed incontrò lo sguardo dolce di Elisabeth che lo fissava con un dvd in mano.

    Ottimo rispose, ci serve un lettore.

    Elisabeth fece un cenno con la testa e si voltò, avviandosi verso l’ingresso. Marcelo la seguì, dando prima un’ultima occhiata al panorama. Lasciarono l’immensa vetrata e seguirono la linea retta fra i tavolini che, vuoi per le tovaglie nere con piccoli decori bianchi centrali, vuoi per le candele perfettamente allineate al centro di ogni tavolo, ricordavano a Marcelo la pista d’atterraggio dell’aeroporto Isla Grande, ricostruito per adattarsi a dei micro modelli d’aereo.

    Entrarono nel corridoio che ospitava l’ingresso degli spogliatoi e si diressero verso l’ufficio del responsabile. Raggiunsero una piccola stanza che non sembrava l’ufficio direttivo di un locale come quello e, in effetti, non lo era. Qui incontrarono McDolan, Ronald McDolan, nome volontariamente assonante con quello del suo ben più famoso concorrente. Roland era un ometto piccolo e grassoccio, più portato ad essere un cliente del suo quasi omonimo che non un rivale commerciale. Un ampio ciuffo di capelli biondi, spaventosamente finti, gli ricadeva sull’occhio destro rendendolo la parodia gastronomica di Capitan Harlock, ma il giallo intenso che esibivano, unito al rosso della divisa, lo riportava sulla strada intrapresa dal nome.

    Signor McDolan, il detective Morales disse Elisabeth.

    Marcelo lesse la targhetta col nome appuntata sul petto, poi tese la mano, ottenendo una flebile e umida risposta.

    Guardò la collega e, dallo sguardo, capì che aveva fatto mentalmente il suo stesso pensiero, ma non commentò, limitandosi ad un sottile quanto eloquente sorriso.

    Lei è il direttore? Chiese Marcelo.

    Non proprio il dottore è a Miami per una conferenza e il signor Lexton, il suo vice, era fuori città per affari, ma sta tornando. Poi ci sarebbe il signor Wood, ma oggi è in malattia. Per il momento faccio io le sue veci.

    Marcelo annui perplesso, non conosceva il signor McDolan, ma, per istinto, non gli avrebbe mai affidato le redini di un locale, specie se di quella portata. Lasciò da parte le sue opinioni personali e si riconcentrò sul caso.

    Dovremmo visionare un dvd chiese, mantenendo un tono cortese.

    L’uomo indicò il computer e, senza dire una parola, si spostò di lato. Elisabeth si avvicinò, aprì lo sportellino ed infilò il disco. La procedura automatica propose l’avvio della riproduzione e lei accettò.

    Le immagini lasciavano poco spazio alla fantasia. Un uomo aveva raggiunto Ivan all’ingresso e si era intrattenuto con lui in una conversazione che era iniziata in modo tranquillo ma, rapidamente, aveva preso le sembianze d’una discussione, animandosi sempre di più. Improvvisamente Ivan aveva spinto lo sconosciuto, si era voltato e lo aveva abbandonato sul posto. L’uomo era scomparso dalle telecamere per riapparire pochi secondi dopo con un tubo fra le mani. Aveva raggiunto Ivan e lo aveva colpito. L’impatto era stato tremendo, ma aveva dato comunque il tempo alla vittima di premere sul telecomando il tasto antiaggressione, attivando

    l’allarme. L’assassino si era chinato su di lui e aveva frugato nelle tasche, poi, accortosi che il tempo non sarebbe bastato, aveva optato per la fuga, abbandonando tutto com’era, ma portando l’arma del delitto con sé. Lo conosce? Chiese Marcelo.

    L’uomo si avvicinò al monitor ed osservò il fermo immagine. La qualità era ottima, non poteva sbagliarsi.

    disse, è Goran Sevic.

    Marcelo rimase in attesa del seguito, ma l’uomo non disse più nulla.

    Cosa ci può dire di lui? Chiese a quel punto.

    Il vice del vice del vice direttore rimase in silenzio, grattandosi la nuca, come se cercasse d’allontanare i cattivi pensieri.

    Allora? Lo incalzò Elisabeth.

    McDolan la osservò nervoso, ma non si sottrasse oltre.

    È un connazionale di Ivan, è stato assunto dieci giorni fa, il direttore diceva che sembrava un tipo a posto ma, a quanto pare, si sbagliava.

    A quanto pare… Sottolineò Marcelo.

    Cosa pensa possa essere successo? Chiese Elisabeth.

    Purtroppo penso si sia trattato di un piano organizzato da tempo. Il lunedì mattina nel ristorante abbiamo l’incasso di tutto il week end e sono parecchi soldi. Penso che Goran puntasse a quello. Forse lo aveva saputo da Ivan, forse erano d’accordo, ma qualcosa non ha funzionato.

    Ivan aveva le chiavi, è normale dopo solo tre mesi? Chiese Elisabeth.

    Ivan era un uomo onesto, almeno credo. Più volte aveva avuto occasione di arrotondare senza che nessuno se ne accorgesse, ma non lo aveva fatto, aveva sempre portato tutto al capo. Una volta si è presentato con un portafoglio contenente 1000 dollari dimenticato in sala, poteva tenerselo, avevamo già chiuso, il cliente avrebbe pensato d’averlo perso o che glielo avessero rubato, ma lui non aveva avuto esitazioni. Purtroppo ha incontrato Goran.

    Sa dove trovarlo? Chiese Elisabeth.

    L’uomo estrasse dal cassetto una piccola rubrica e l'aprì in corrispondenza della lettera G.

    L’indirizzo che mi ha dato è questo disse, voltando il quaderno verso Elisabeth, non so se sia vero. Elisabeth lesse la via, tolse il dvd, lo ripose nella custodia e si avviò verso l’uscita:

    Questo lo teniamo noi disse, lei non si allontani dalla città.

    Ripercorsero il corridoio in direzione dell’uscita, controllando con la coda dell’occhio l’espressione indecifrabile dell’uomo in rosso.

    Che si fa? Chiese Elisabeth.

    Direi di richiedere un mandato di cattura per Sevic e di tornare in centrale, magari facendo una piccola sosta per colazione rispose Marcelo.

    Direi che è un’ottima idea. Conosco un posticino sulla Prudential che sforna ciambelle favolose.

    La Prudential? Non è esattamente di strada commentò Marcelo.

    Elisabeth nascose un certo disappunto, mostrò il suo sorriso migliore e replicò:

    Non te ne pentirai, te lo prometto.

    Marcelo la guardò, valutò il percorso e si disse che, dopotutto, la Prudential non era poi così lontana e, in fin dei conti, non erano obbligati a rientrare immediatamente.

    Vada per le ciambelle disse.

    Elisabeth lo prese sottobraccio ed insieme si diressero agli ascensori. La discesa fu rapida e i 42 piani scivolarono via meglio di un foglio di carta da sotto un piatto. Uscirono dalla Barnett Center Tower, come si ostinavano a chiamarla quasi tutti gli abitanti della zona, che erano da poco passate le sette, raggiunsero l’auto e si avviarono verso il John T. Alsop jr. Bridge. Il traffico iniziava ad intensificarsi ma, per loro fortuna, la loro direzione era opposta a quella della gran massa di veicoli che imboccavano il ponte. S’infilarono sotto l’enorme struttura d’acciaio ed attraversarono il Saint Johns e, come preventivato, il viaggio non durò più di dieci minuti. Una volta usciti dalla Main street, imboccarono la Gulf life, raggiungendo in un attimo la Prudential drive.

    Dove vado? Chiese Marcelo.

    Sempre dritto rispose Elisabeth.

    Marcelo obbedì e, dopo venti metri, si ritrovò davanti alle insegne del BB’s Restaurant.

    È qui! disse Elisabeth.

    Marcelo entrò nel parcheggio e si fermò nell’unico posto libero. Entrarono nel locale e si sedettero al bancone.

    Si guardò attorno e valutò che, probabilmente, avrebbero perso più tempo del previsto, la clientela era piuttosto numerosa anche per quell’ora ed era, ovviamente, di buon auspicio.

    Le sue previsioni furono però smentite velocemente. L’ottima organizzazione, unita alla decennale esperienza, fecero si che le decantate ciambelle li raggiungessero in pochi minuti e così si presero qualche momento di pausa, sfogliando le pagine del Florida Times senza troppo interesse e assaporando gli ultimi sorsi di caffè.

    Marcelo posò la tazza e guardò la collega che, senza bisogno di parole, lo imitò e si diresse verso l’uscita.

    Erano appena risaliti in auto, quando la radio irruppe fragorosamente:

    A tutte le unità, è stato rinvenuto un cadavere al Hampton Inn, 1331 di Prudential drive!

    Elisabeth anticipò Marcelo, alzò il ricevitore e premette il tasto di risposta:

    Qui Wright e Morales, siamo a meno di un isolato dall’albergo, andiamo noi.

    Ricevuto rispose la radio, confermo alle altre unità, chiudo.

    Due omicidi in meno di due ore? Proprio un bel modo d’iniziare la settimana commentò Marcelo e mise in moto. Costeggiò tutto lo stabile, rispettando il senso unico, attese all’incrocio per pochi istanti, poi attraversò, dirigendosi verso l’albergo che, come stimato, si trovava a poche centinaia di metri dal bar.

    L’imponente struttura di cinque piani, affiancata all’altrettanto importante complesso dell’Extended Stay, occupava l’intero isolato e si faceva apprezzare per la linea semplice ma elegante nel suo color nocciola neutro, né troppo pallido né troppo vistoso.

    Lasciarono l’auto col lampeggiante acceso davanti all’ingresso principale e raggiunsero la hall. Un uomo alto, estremamente magro e abbigliato alla moda del maggiordomo della Regina Elisabetta, la prima, gli si fece incontro.

    Meno male siete già qui disse, seguitemi.

    Lei è? Chiese Marcelo.

    Scusate rispose l’uomo, sono Archibald Stenton, direttore dell’albergo e vi sarei grato se poteste utilizzare la massima discrezione nelle indagini, i nostri clienti ci preferiscono anche per questo.

    Ha paura che un cadavere le rovini la reputazione? Chiese sarcastico Marcelo.

    L’uomo stava per rispondere, ma Marcelo si voltò, facendo un cenno con la mano che equivaleva ad un "lasci perdere." Detestava quell’innata predisposizione umana che portava certi individui a porre il lavoro, la reputazione o, più cinicamente, il denaro davanti a qualsiasi cosa, anche ad una morte violenta e prematura, e non riusciva a nascondere il suo disappunto.

    Archibald lo superò e si mise a guidare il gruppo sino all’ascensore. Salirono al terzo piano senza dire una parola e si ritrovarono in un lungo corridoio con una moquette rosso scuro e delle pareti color albicocca. L’uomo li condusse verso l’ultima camera nel lato di destra, quello rivolto verso il fiume. Si fermò sulla porta e indicò la stanza.

    Chi l’ha trovato? Chiese Marcelo.

    Io rispose il direttore, aveva chiesto la sveglia per le 7 di questa mattina e, dopo vari tentativi senza risposta, ho deciso di venire a controllare di persona. Non ricevendo risposta nemmeno dalla porta, ho aperto con la mia chiave e l’ho visto.

    Ha toccato qualcosa?

    Assolutamente no. Mi sono fermato sulla porta, non sono nemmeno entrato.

    Marcelo infilò i guanti e superò la soglia, imitato dalla collega. Sul letto, ancora vestito, c’era un uomo. L’abito era elegante, da sera, una camicia rosa a trama lavorata abbinata ad una cravatta grigia leggermente allentata ed un completo grigio scuro apparentemente di ottima fattura. Non aveva le scarpe e le braccia erano alzate, legate alla spalliera del letto ad imitare una crocifissione. La testa era inclinata da un lato e la bocca era coperta con un bavaglio. La causa della morte pareva evidente. Sulla camicia, leggermente a sinistra, due chiazze di sangue rappreso indicavano chiaramente i fori d’entrata di due proiettili di buon calibro, forse di una 9 millimetri, e la colorazione, unita alla crosta ormai formatasi sulla stoffa, indicava che la morte era riconducibile ad almeno ventiquattrore prima. L’uomo era sulla quarantina abbondante, forse aveva già raggiunto i cinquanta, il taglio di capelli e l’abbigliamento suggerivano un personaggio attento alla sua immagine, ma non dava indicazioni precise. Marcelo si avvicinò per controllare meglio. La mano destra confermava l’ipotesi, nessun callo, unghie curate e un bel bracciale d’oro, importante ma discreto e di ottimo gusto. Si spostò verso la mano sinistra, quella che fin da subito aveva attratto la sua attenzione. Al polso notò un cronografo svizzero che lui poteva solo ammirare nelle vetrine e le unghie delle quattro dita rimaste erano perfette, come nell’altra mano. L’anulare mancava, al suo posto era comparso un troncone ricoperto da sangue rappreso che aveva formato una colata lungo il palmo, finendo la sua corsa sulla moquette davanti al comodino.

    Marcelo si voltò verso Elisabeth.

    Che ne pensi? Chiese.

    Non sembra una rapina, solo l’orologio varrà 5000 dollari rispose la donna, sembrerebbe più una questione personale.

    Marcelo annuì e si mise ad ispezionare tutta la stanza, iniziando dal cadavere. Nella tasca esterna della giacca trovò le chiavi di una Corvette, le ripose e continuò. Nella tasca interna trovò il portafoglio, lo estrasse e controllò il contenuto. Come previsto, i soldi e le carte erano ancora presenti, così sfilò i documenti. La patente di guida era intestata ad un certo Russel Goldwin di Tampa. Rimise il tutto al proprio posto e

    cercò nella stanza un qualsiasi indizio potesse essergli utile. Restò sorpreso dalla pulizia complessiva. Era sicuramente un hotel di buon livello, doveva pur giustificare i 130 dollari a notte, ma la perfezione di quella stanza aveva qualcosa di strano, di anormale.

    Fece scorrere l’anta dell’armadio. Sul ripiano alto c’erano due coperte d’emergenza, in Florida non si usano spesso, sovrastate da un cuscino apparentemente nuovo. Non c’erano abiti appesi e i cassetti erano deserti come gli scaffali di un supermercato durante i saldi. A terra, accostata alla parete, c’era una valigetta di pelle nera, presumibilmente della vittima. La raccolse e la posò sul fondo del letto.

    Aprì il bagaglio dell’uomo, una ventiquattrore leggermente più alta del normale. All’interno trovò il classico equipaggiamento da viaggio breve, un piccolo necessaire, della biancheria intima, una camicia ed una confezione di profilattici (che non rientrerebbero nel concetto di classico, almeno non per tutti). Aprì la scatola, tolse il contenuto e lo ripose al proprio posto. Non ne mancava nessuno.

    Richiuse la valigia e la ripose accanto all’armadio. Guardò Elisabeth che, con una mimica facciale eloquente, confermò le sue perplessità.

    Uscirono e si fermarono sulla soglia.

    Lei lo conosceva? Chiese Marcelo ad Archibald.

    No, io no, non mi occupo direttamente della clientela, dovrebbe chiedere al portiere.

    Marcelo stava per dire qualcos’altro ma, dal corridoio, giunse la voce del vecchio Geremia. Si voltarono tutti e, sentendosi osservato, Geremia smise di parlare. Li raggiunse in silenzio ed attese le presentazioni. Questo è il dottor Kruner, il nostro medico legale, ed il suo assistente Braitner disse Elisabeth, si occuperanno di tutto, lei ci segua.

    Archibald buttò uno sguardo preoccupato nella stanza, ma non obiettò.

    Tranquillo intervenne Marcelo, capendo il messaggio, sarà veloce e discreto, domani riavrà la sua stanza come nuova. Certo, avrà dei grattacapi a pulirla, il sangue e la moquette non vanno molto d’accordo.

    Si voltò e si diresse verso gli ascensori, seguito, dopo un momento di riflessione, dall’uomo.

    I tre tornarono nella hall, lasciando Geremia al suo lavoro. Archibald li condusse sino al banco della reception e chiamò il portiere.

    Buongiorno, signori, come posso aiutarvi? Chiese in tono molto professionale l’uomo.

    Avremmo bisogno d’informazioni sull’inquilino della stanza 308, tutto quello che può dirci.

    L’uomo prese i registri e controllò attentamente.

    Si è registrato a nome Russel Goldwin, sabato mattina. Ha detto che si sarebbe fermato due notti, ha pagato in anticipo e in contanti.

    Era solo? Chiese Marcelo.

    Sì, quando si è registrato sì.

    E quando l’ha visto l’ultima volta?

    Io non l’ho più rivisto, probabilmente ha incrociato il mio collega del turno notturno.

    Possiamo vederlo?

    L‘uomo si voltò verso Archibald che intervenne:

    Lo chiamo immediatamente.

    Archibald si spostò dall’altro lato del bancone e sollevò il telefono.

    Nell’attesa Marcelo cercò di ottenere qualche altra informazione dal portiere diurno.

    Lei non ha sentito nulla di strano in queste due notti? Chiese, senza troppe speranze.

    Io stacco alle 20 e mi ripresento solo la mattina seguente, non sono mai qui di notte disse, come se fosse un alibi, il portiere.

    E lei? Chiese Marcelo, rivolto ad Archibald che, nel frattempo, aveva terminato la telefonata.

    Nulla di anormale rispose asciutto il direttore.

    Marcelo stava per esporre un nuovo quesito, quando la porta sul retro si aprì e un ometto piccolo, dai tratti somatici sudamericani fece capolino alle spalle del portiere.

    Vieni avanti, Carlos, non temere disse sorridendo Archibald.

    Questo è Carlos, il nostro portiere notturno disse rivolto ai poliziotti.

    Marcelo osservò lo sguardo impaurito del nuovo arrivato e, anziché a lui, si rivolse al direttore:

    Come ha fatto ad arrivare così in fretta?

    Colto di sorpresa, Archibald parve scosso, ma riprese immediatamente la sua postura anglosassone.

    Carlos è nuovo della città e, finché non trova una sistemazione adeguata, rimane ospite in una delle stanze del personale.

    Aveva dato una risposta convincente, anzi, aveva mostrato anche la bontà d’animo dell’albergatore, poteva essere fiero di sé. Marcelo, però, non la vedeva allo stesso modo. Fissò Carlos per un po’ e dedusse che la sua ipotesi fosse più che plausibile. Mise una mano sulla spalla al messicano e cercò di tranquillizzarlo:

    Senti Carlos, secondo me tu sei un clandestino e il Lord qui presente ti sfrutta fingendo di farti un favore, ma io sono della Omicidi, sono buono e, soprattutto, sono portoricano e perciò capisco alla perfezione la tua situazione, quindi, facciamo così, tu mi dici tutto quello che sai sull’uomo della 308 e io fingo di non averti mai visto, ti va?

    Carlos fissò con disprezzo Archibald e con gratitudine Marcelo, strinse il cappello fra le mani ed iniziò a parlare:

    L’uomo l’ho visto rientrare sabato notte, verso le due.

    Era solo?

    Si, ma non conta.

    "Cosa intendi con non conta?"

    Carlos si voltò verso il direttore che annuì malvolentieri, invitandolo a proseguire.

    Voglio dire che, in questo albergo, ai clienti che ne fanno richiesta, viene fornita la chiave dell’accesso laterale, quello che porta agli ascensori di servizio. Uno potrebbe entrare da solo e dare un party con duecento persone senza che nessuno noti nulla.

    E l’uomo della 308 era uno di quei clienti?

    Si. Sabato sera, quando è uscito poco dopo le 20, è passato di qui e mi ha detto che un amico gli aveva consigliato questo albergo anche per questi particolari servizi. Io gli ho dato la chiave, come sempre.

    Mi perdoni intervenne Elisabeth, se il signor Goldwin è uscito alle 20 si suppone che sia prima rientrato. Per quale motivo lei non lo ha incrociato? Chiese al portiere di giorno.

    L’uomo, colto di sorpresa, mostrò un certo nervosismo ma, in suo soccorso, intervenne il direttore:

    Probabilmente aveva trattenuto la chiave della stanza dalla mattina e non è passato alla reception al suo rientro.

    Quasi sicuramente è così aggiunse il portiere, grato per il salvataggio.

    Sicuramente. Commentò senza troppa convinzione Elisabeth.

    Di conseguenza, tornando al rientro notturno, potrebbe essere salito in camera con chiunque, o sbaglio?

    Non sbaglia. Quando l’uomo è venuto al banco a prendere la chiave della camera era visibilmente eccitato.

    Ciò vuol dire che, alle 20, la chiave della camera l’aveva riconsegnata? Chiese Marcelo.

    rispose Carlos.

    Marcelo rimase in silenzio. Poteva non significare nulla, ma si annotò comunque la cosa. Ripose il blocco e si rivolse nuovamente allo staff dell’albergo.

    Possiamo supporre che si sia diretto all’ingresso laterale ed abbia fatto entrare qualcuno, presumibilmente una donna disse Marcelo. Dopo d’allora l’avete più rivisto?

    Il terzetto incrociò gli sguardi, ma tutti confermarono di non aver più avuto contatti col soggetto.

    Marcelo fece una panoramica della hall, come se cercasse qualcuno, poi guardò il direttore:

    Mi scusi, ma se questo è successo sabato notte, per quale motivo il cadavere è stato trovato solo stamattina?

    L’uomo si spostò dietro al banco, aprì un cassetto e tolse una busta, che consegnò a Marcelo. All’interno c’era uno dei fogli da lettera dell’albergo con due righe scritte a mano: "Vi sarei grato sei domenica evitaste di pulire la mia camera, avrò molto da fare."

    Marcelo voltò il registro dalla sua parte e confrontò la calligrafia con la firma, ad una prima analisi poteva trattarsi della stessa mano.

    C’era solo questo? Chiese.

    Certo rispose immediatamente Archibald.

    In realtà c’era anche un pezzo da 100 dollari disse sottovoce Carlos.

    Archibald arrossì, ma si limitò ad un’occhiataccia senza parole.

    E quando lo avete avuto?

    Era sul bancone domenica mattina quando ho preso servizio disse il portiere di giorno.

    Perciò non avete visto chi lo ha consegnato, giusto?

    No.

    E non avete sentito proprio niente di strano? Un colpo di pistola non dovrebbe passare inosservato, nemmeno se arrivasse dal terzo piano.

    I tre erano convinti e si mostrarono fermi sulle loro dichiarazioni.

    Ok disse poco dopo Marcelo, torno subito.

    Si voltò e puntò verso l’uscita, Geremia stava scendendo col cadavere, voleva dei chiarimenti. S’incrociarono davanti alla porta girevole e il dottore si avvicinò.

    Suppongo tu voglia delle informazioni disse sorridendo.

    Nei limiti del poco tempo che hai avuto rispose umilmente Marcelo.

    Bene, ti posso dire che la morte è avvenuta fra 28 e 32 ore orsono. La causa della morte, quasi sicuramente, sono questi due colpi di pistola, quasi certamente calibro 9 disse, indicando la camicia, l’amputazione del dito è avvenuta post-mortem, ma risale a pochi istanti dopo la stessa. Come al solito, ti saprò dire di più dopo l’autopsia.

    Marcelo lo guardò con gratitudine e sorrise:

    Direi che già quello che mi hai detto è molto importante, comunque ci sentiamo più tardi.

    Geremia mimò un pessimo saluto militare e spinse la lettiga oltre l’accesso laterale alla porta principale. Marcelo guardò la compagna e, sorridendo, sussurrò:

    Diamo la brutta notizia al conte.

    Elisabeth rispose al sorriso, lasciano intravedere parte del suo fascino.

    Si avvicinarono al banco, seguiti dagli sguardi attenti dei portieri.

    Sono consapevole dell’ora e delle problematiche legate alla privacy, ma avremmo la necessità d’interrogare i vicini di stanza del signor Goldwin disse Marcelo cercando di mantenere un tono dispiaciuto.

    È proprio necessario? Chiese senza speranze Stenton.

    Ho paura di sì rispose il poliziotto.

    Posso avvisare prima telefonicamente? Non vorrei trovarmi in situazioni imbarazzanti.

    Faccia pure.

    Devo chiamare tutto il piano? Chiese Stenton, cercando di guadagnare tempo.

    Si, e si sbrighi rispose Marcelo, consapevole del tentativo.

    Il direttore alzò la cornetta ed iniziò a contattare la prima camera mentre, con le dita, indicava al portiere il numero della seconda stanza da chiamare. L’operazione combinata richiese pochi minuti dopo di ché, con un’espressione degna d’un reduce appena sopravvissuto ad una battaglia epica, si rivolse a Marcelo:

    Tutti gli ospiti sono stati avvisati. Vi aspettano nelle loro stanze.

    Ottimo lavoro sancì Marcelo. Noi saliamo, preferisce seguirci o aspettarci qui?

    Stenton meditò sul da farsi. Non presentarsi sarebbe stato comodo ma avrebbe danneggiato l’immagine dell’albergo, viceversa avrebbe mostrato l’impegno del personale ma, di contro, si sarebbe dovuto esporre alle domande e alle probabili lamentele. Senza molto entusiasmo si avviò verso gli ascensori, seguito da due agenti.

    Tornati al piano, si divisero le stanze ma Stenton intervenne:

    Posso chiedervi di attendere che sia io a contattare i singoli ospiti?

    Marcelo non capiva sino in fondo il motivo, ma ritenne la richiesta accettabile e quindi non si oppose.

    Stenton bussò alla prima stanza controllando prima il cognome su di un foglio che aveva compilato durante le chiamate telefoniche.

    Sono il direttore Stenton, può aprire per cortesia?

    Dopo pochi istanti la porta si aprì e un uomo alto con dei baffi da pittore francese si presentò all’ingresso.

    Buongiorno direttore, come posso aiutarla? Chiese l’uomo molto formalmente.

    Buongiorno signor Wallace, mi scusi il disturbo. Questo è l’ispettore Morales della polizia, dovrebbe farle alcune domande, se possibile.

    Certamente rispose Wallace in tono cordiale.

    Prego, ispettore. Io proseguo con la sua collega.

    Stenton si spostò verso la seconda stanza seguito da Elisabeth, mentre Marcelo tendeva la mano all’ospite della camera 301.

    Mi scusi esordì Marcelo, ma questa mattina è stato trovato un cadavere nella stanza 308. Visto che si tratta certamente di un omicidio, vorrei sapere se, per caso, lei ha sentito qualche cosa questa notte o anche la precedente.

    Wallace controllò la posizione del direttore poi, con voce leggermente più bassa, disse:

    Se devo dire la verità, questa notte ero talmente sbronzo che non avrei sentito un attacco aereo e ieri notte non ero qui, mi dispiace.

    Non si preoccupi disse Marcelo con finta comprensione, capita a tutti di esagerare un poco.

    Allungo la mano che Wallace strinse vigorosamente.

    Grazie comunque e scusi il disturbo.

    Dovere rispose l’uomo chiudendo la porta.

    Marcelo si allontanò in direzione di Stenton che, nel frattempo, aveva già allarmato la stanza 303.

    Il tour si snodò per tutto il piano con un ritmo cadenzato e senza sussulti sino al termine del corridoio.

    Questa era l’ultima disse sollevato Stenton.

    Marcelo guardò Elisabeth scoraggiato.

    Io non ho niente, e tu? Chiese alla collega.

    Io molto meno. Oltre alla mancanza d’informazioni utili, mi sono dovuta sorbire dei rimproveri per l’ora e un paio di complimenti non proprio da gentleman.

    Direi che qui abbiamo finito commentò deluso Marcelo, osservando il sorriso malcelato di Stenton, possiamo scendere e fare un riepilogo di tutto quello che sappiamo.

    Il terzetto tornò verso gli ascensori controllando se, per puro caso, qualche porta non si riaprisse in cerca d’informazioni, ma non accadde. Tornarono nella hall e ritrovarono i due portieri ancora in attesa al banco.

    Un’ultima cosa, disse Marcelo, non ho notato telecamere nell’albergo, non ce ne sono o avete sistemi di controllo celati?

    Non ce ne sono rispose orgoglioso Stenton, noi ci fidiamo dei nostri clienti e, come vi ho detto prima, la riservatezza è una delle nostre priorità!

    Marcelo mostrò il suo miglior sorriso di circostanza, trattenendo a stento un commento maligno.

    Signori disse dopo un attimo, noi abbiamo finito, per il momento, ma potremmo avere ancora bisogno di voi quindi, per cortesia, vi pregherei di non lasciare la città.

    I due portinai si limitarono ad annuire, mentre il direttore tornò alla questione di massima importanza:

    Per la camera? Chiese ansioso.

    Marcelo lo fissò sconsolato ma, ancora una volta, evitò di esprimere il suo vero pensiero, limitandosi alle più neutrali frasi di rito:

    Temo che dovrà aspettare l’autorizzazione della squadra della scientifica che sarà qui a momenti. Le diranno loro quando potrà riutilizzare la camera. Fino ad allora nessuno può accedere.

    Capisco rispose deluso Stenton.

    Se non c’è altro, noi andremmo disse Marcelo.

    Buona giornata e buon lavoro riuscì a dire con un sussulto di professionalità il direttore.

    Grazie, speriamo lo sia davvero commentò Elisabeth voltandosi verso l’ingresso e precedendo il collega alla macchina.

    Restarono fermi sotto il portico dell’albergo ed iniziarono a raccogliere le idee. Elisabeth lesse le informazioni che aveva raccolto mentre Marcelo interrogava i dipendenti:

    Russel Goldwin, nato a Tampa nel 1960 e ancora residente in città. Sposato, con due figli grandi di 27 e 24 anni, era avvocato di un importante studio legale del posto, nulla in sospeso, conti in regola, lindo come un bimbo. Lo studio è ancora chiuso, vedrò di contattarlo prima possibile.

    Marcelo controllò il suo notes e riassunse il tutto:

    Abbiamo un uomo, uno stimabile avvocato, che passa da noi per il week end, probabilmente non per lavoro. È la prima volta, per lo meno è la prima volta in questo albergo. Decide di spassarsela per una sera, alla faccia del bravo padre di famiglia, esce a cena, trova compagnia e torna in albergo, ma qualcosa va storto. Dal tipo e dalle informazioni raccolte escluderei che fosse con una prostituta, almeno non una da strada, pertanto la domanda è, con chi era? Un incontro casuale o un appuntamento pianificato? E comunque, che fine ha fatto la donna?

    Elisabeth espose il suo punto di vista:

    L’uomo arriva, prende la chiave e va all’ingresso laterale. Fa entrare la donna, ammesso che donna fosse disse, sorridendo maliziosamente, perciò, se nessuno ha visto estranei entrare dall’ingresso principale, ci sono due ipotesi, la donna è l’assassina, banale ma coerente, oppure all’ingresso non era sola o, in alternativa, al suo posto si è presentata una persona diversa.

    Giusto rispose Marcelo, davanti ad un’arma l’uomo non avrebbe reagito, sarebbe salito in camera sperando d’uscirne vivo, ma come spieghi il biglietto?

    Forse l’assassino voleva avere più tempo per dileguarsi e l’ha obbligato a scrivere quel foglio.

    "Giusto, rimane anomala l’immagine dell’uomo. Era senza scarpe e

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