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Come il filo dell'aquilone
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E-book144 pagine1 ora

Come il filo dell'aquilone

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Info su questo ebook

Dopo l'esordio con "Il ceppo brucia ancora", in questo secondo romanzo l'autore narra il periodo della giovinezza e della maturità di Luigi: l'università, il militare, il lavoro, la famiglia, la vita culturale, politica e amministrativa.
Stavolta il punto di vista è esterno al vecchio borgo. Tuttavia dal paese non ci può distaccare, così rimangono fermi i valori che hanno segnato l' infanzia e l'adolescenza del protagonista.
Il filo dell'aquilone è quel filo che tiene insieme il romanzo, il legame che unisce il figlio alla madre o l'amicizia con il compagno più caro, che consente di vivere le proprie esperienze in piena libertà.
Quando quel filo, che a volte diventa sottile, si spezza, tutto sembra venir meno. Eppure con la forza di volontà si riuscirà ogni volta a riannodarlo per dare un senso alla propria vita.
LinguaItaliano
Data di uscita16 gen 2018
ISBN9788827553183
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    Anteprima del libro

    Come il filo dell'aquilone - Rosario Casillo

    http://write.streetlib.com

    Introduzione

    Dopo l’esordio, con Il ceppo brucia ancora, dove vengono raccontati gli anni della prima infanzia e dell’adolescenza di Luigi, in questo secondo romanzo l’autore si cimenta con il periodo della giovinezza fino ad accompagnarlo agli anni della maturità.

    Mentre nel primo romanzo le immagini dell’infanzia e dell’adolescenza di Luigi scorrono come in controluce, sullo scenario del vecchio borgo devastato dalla guerra, in Come il filo dell'aquilone le vicende si svolgono quasi tutte lontano dal paese. Si incontrano fatti e personaggi che sono distanti dalla routine nel romanzo d’esordio, e si svelano mondi che sembrano lontani anni luce dalla vita che si svolge nel vecchio borgo. Tuttavia anche in questa seconda opera, l’autore, pur descrivendo scenari inconsueti, non si distacca mai completamente da quelli che sono stati per Luigi i legami con i luoghi e i fatti, che hanno segnato in maniera indelebile la sua infanzia e la sua adolescenza.

    È come se ci fosse, un filo sottile, invisibile, che lega Luigi ad una realtà, incancellabile, che sembra venir meno ogni volta che questo filo si spezza, per l'ineluttabilità delle vicende della vita. Tuttavia la forza di volontà che anima il protagonista riuscirà sempre a ricreare le condizioni per ritrovare il capo di quel filo spezzato, e riannodarlo per dare ancora un senso al suo vivere.

    I legami veri sono quelli che consentono di vivere pienamente in libertà; perché c’è la consapevolezza che anche nei momenti più critici della nostra esistenza, c’è sempre qualcosa che rimanda a quella mano che comanda con forza e sicurezza l’aquilone che è dentro di noi.

    Poesie

    I figli sono come aquiloni.

    I figli sono come aquiloni,

    passi la vita a cercare di farli alzare da terra.

    Corri e corri con loro

    fino a restare senza fiato...

    Come gli aquiloni, essi finiscono a terra...

    e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.

    Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri

    che presto impareranno a volare.

    Infine sono in aria:

    gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.

    E a ogni metro di corda

    che sfugge dalla tua mano

    il cuore ti si riempie di gioia

    e di tristezza insieme.

    Giorno dopo giorno

    l'aquilone si allontana sempre di più

    e tu senti che non passerà molto tempo

    prima che quella bella creatura

    spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,

    come è giusto che sia, libera e sola.

    Allora soltanto saprai

    di aver assolto il tuo compito.

    (Erma Bombeck)

    Gli aquiloni sono come gli angeli.

    Sfidano il vento e accarezzano il sole.

    Sono come i nostri sogni che volano

    liberi nell'aria fresca della sera.

    A volte ricadono nel vuoto proprio

    come succede nella vita di un uomo.

    A volte succede.

    Ma se tendi bene la corda

    sapranno tirarsi su e volare in alto,

    sempre più su fino a toccare il cielo e salutare le nuvole.

    Gli aquiloni non si lamentano e volano finché possono,

    colorano il cielo come un arcobaleno,

    tendono le ali come corde di chitarra.

    Gli aquiloni sono come i nostri pensieri nascosti

    che trovano spazio nel cielo dell'anima.

    Stridono del vento in un impercettibile lamento.

    Gli aquiloni sono come gli uomini,

    a volte imprevedibili spesso irraggiungibili,

    ti tradiscono se perdono il filo,

    si spezzano in due come il cuore di un uomo che non è amato.

    (Anonimo)

    Capitolo 1

    Dopo una tirata di circa cinquecento chilometri i quattro amici, partiti di buonora dal vecchio borgo, raggiunsero Napoli; e come previsto dal programma lasciarono l'autostrada per consentire a Luigi di raggiungere la stazione della circumvesuviana di Porta Nolana, da dove sarebbe partito il treno che lo avrebbe portato a Torre Annunziata, la città dove era nato il padre Raffaele, e dove risiedevano ancora alcuni parenti.

    Dopo aver accompagnato Luigi alla stazione, i suoi compagni di viaggio proseguirono in direzione di Salerno; da lì avrebbero imboccato di nuovo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, per proseguire poi per la Sicilia.

    I quattro avevano deciso per quella vacanza in Sicilia soltanto pochi giorni prima della partenza; e Luigi aveva aderito da subito all’idea di una vacanza al sud, al posto delle solite vacanze fatte negli anni precedenti, che venivano spese quasi sempre nelle puntate mordi e fuggi in qualche località della Versilia, o della costa livornese. Luigi era uno studente universitario, e come tale aveva a disposizione risorse economiche molto limitate, se paragonate a quelle degli altri componenti del gruppo, che erano tutti occupati nelle aziende dell’indotto, che si era sviluppato in maniera quasi frenetica attorno all’industria calzaturiera. La lavorazione del cuoio e delle pelli sembrava prosperare oltre ogni più rosea previsione in tutto il comprensorio del valdarno di sotto, che non a caso veniva indicato ormai col toponimo di Comprensorio del cuoio e della calzatura

    Nel volgere di pochi anni decine e decine di piccole aziende artigiane si erano insediate in ogni angolo del vecchio borgo, e assicuravano ai loro dipendenti un salario più che dignitoso per quei tempi.

    I quattro amici avevano scelto di fare questo nuovo tipo di vacanza anche per verificare se i racconti di Tatuccio, l'elemento più estroso del gruppo, che non finiva mai di decantare le bellezze della Sicilia, erano millanterie oppure descrizioni di una realtà ancora viva, che cercava di valorizzare e proporre al grande pubblico nel modo migliore i monumenti, ancora bellissimi, di quella che era stata la Magna Grecia.

    Tatuccio era il maggiore di tre fratelli, e la sua famiglia era emigrata da Canicattì verso il vecchio borgo, alla fine della seconda guerra mondiale.

    Un paio di anni addietro Tatuccio si era recato, forse per la prima volta, a fare una visita in Sicilia a tutti i suoi parenti; e da quel momento i racconti dei luoghi che aveva visitato, finivano per essere argomento di discussione con noi, suoi amici più stretti.

    Quando prendeva a raccontare di Agrigento, Porto Empedocle, la Valle dei Templi, e di quella parte siciliana della Magna Grecia, saremmo stati ore ed ore a sentirlo parlare, tanta era la curiosità che riusciva a suscitare.

    Luigi in verità non avrebbe potuto permettersi quella vacanza; ma la piccola somma, guadagnata lavorando alcune giornate nel tacchificio dell’amico Dante, e la possibilità di risparmiare una parte del costo del viaggio fino a Napoli, approfittando di un posto nell'auto degli amici, contribuirono a fargli cambiare idea e ad aggregarsi alla compagnia.

    Il giovane aderì all’idea del viaggio al sud, perché ciò gli avrebbe consentito di poter trascorrere qualche giorno di vacanza ospite dei parenti di Torre Annunziata in provincia di Napoli, che non vedeva ormai da qualche anno.

    Sarebbe andato verso sud con gli amici, per poi fare sosta a Napoli, da dove avrebbe proseguito con la circumvesuviana per raggiungere gli zii e i parenti da parte del babbo.

    L’ultima volta che era stato da quelle parti Luigi era ancora ragazzo, e le giornate passate in compagnia dei cugini, alla scoperta dei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza del padre, erano rimaste ben impresse nella sua memoria. Non aveva mai dimenticato le visite alle località archeologiche vesuviane, seppellite in seguito alla drammatica eruzione del 79 d.C.; ed in particolare era rimasto affascinato dagli scavi di Oplontis, che offrivano le più significative testimonianze monumentali delle ville della zona suburbana di Pompei.

    L'insieme degli edifici di età romana rinvenuti, a cominciare dall'epoca borbonica, proprio nel cuore della moderna città di Torre Annunziata, era riconducibile ad un vero e proprio centro urbano periferico, sottoposto amministrativamente alla giurisdizione di Pompei; ed era caratterizzato dalla presenza di ville ed edifici pubblici, e da un reticolo di strade che lo collegavano alla città vesuviana.

    Ciò che caratterizzava gli scavi di Oplontis era la presenza di due monumentali edifici di diversa destinazione: la cosiddetta Villa imperiale di Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone, che era un grandioso e lussuoso complesso a carattere residenziale; e la Villa di Crassius Tertius, un complesso adibito a magazzino per lo stoccaggio del vino che veniva esportato fino alle città più lontane dell’impero.

    La lussuosa villa di Poppea ad Oplontis, che ora si trova nel cuore della città di Torre Annunziata, era stata sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ed era stata riportata alla luce da scavi archeologici iniziati molti anni addietro. Gli scavi, più volte interrotti, per garantire la stabilità della struttura, avevano disvelato gran parte dei suoi tesori già a partire dal 1964, e in quei primi anni settanta si stava procedendo per la sua messa in sicurezza.

    La villa presenta numerosi ambienti con portici, terrazze, sale residenziali con affreschi e mosaici, locali adibiti a terme, ed un'ampia piscina adornata da statue marmoree.

    In molte stanze sono presenti decorazioni ad affresco in ottimo stato di conservazione.

    Per Luigi, grande appassionato della storia romana, la visita di quei luoghi, ed i momenti passati ad osservare quelle vestigia, sarebbero stati indimenticabili; e sarebbero stati sicuramente i più importanti tra quelli trascorsi alla ricerca di una parte importante delle sue radici, che attraverso le testimonianze raccolte cercava faticosamente di riannodare.

    Suo babbo Raffaele aveva lasciato Torre Annunziata, la sua città natale per rispondere alla chiamata alle armi; e come quasi tutti quelli che abitavano nelle città di mare, aveva fatto la guerra in forza alla Regia Marina con la qualifica di marò fino all’otto settembre 1943, quando, dopo l’armistizio con gli alleati, fu fatto prigioniero dai tedeschi.

    Alla fine del '44, dopo il passaggio del fronte, si era ritrovato in Toscana, al vecchio borgo, dove era giunto prigioniero dei tedeschi, e aveva conosciuto Maria, la ragazza che sarebbe divenuta sua moglie e compagna di tutta una vita.

    La guerra aveva presentato un conto durissimo a Raffaele, che aveva perso in circostanze drammatiche tre fratelli e il padre.

    La madre di Raffaele era rimasta sola con le due figlie femmine; e la famiglia che prima della guerra poteva contare

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