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Il giro di Roma in 501 luoghi
Il giro di Roma in 501 luoghi
Il giro di Roma in 501 luoghi
E-book716 pagine7 ore

Il giro di Roma in 501 luoghi

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Info su questo ebook

La città come non l'avete mai vista

Una guida straordinaria, che vi condurrà tra le strade e i vicoli di una Roma davvero inedita.

Oltre 2700 anni di storia raccontati attraverso 501 domande e risposte che vi sveleranno segreti, aneddoti e curiosità sulla storia di Roma. Lasciatevi condurre per mano, fatevi accompagnare attraverso i secoli ripercorrendo i momenti più e meno noti. Incontrerete imperatori, re, papi, ma anche gente comune e personaggi di strada. Percorrerete strade, vicoli e piazze, scenderete nelle viscere della terra, salirete sui tetti, sarete condotti all’interno di palazzi, musei e chiese. Così rivivrete i momenti che hanno fatto grande Roma, e quelli che l’hanno condotta attraverso i periodi bui della storia. Scoverete misteri irrisolti ed enigmi ancora da risolvere. Come la torcia dell’esploratore illumina la via, questo libro farà luce tra i millenni. Dalle origini di Roma, passerete attraverso i fasti dell’impero, capirete le contraddizioni del Medioevo e quelle della Roma dei papi, vi appassionerete allo splendore del Rinascimento e al fervore patriottico del Risorgimento, e scoprirete la città delle guerre mondiali. Vagabonderete tra millenni, rivivrete gli eventi che hanno fatto e continuano a fare la storia della città. Questa guida non è soltanto uno scrigno pieno di risposte o una collezione di gustosissime sorprese. È una dichiarazione d’amore a Roma e un invito a vivere la città in modo completamente nuovo.

Qual è l’obelisco più alto di Roma?
Pasquino è l’unica statua parlante di Roma?
Qual è la porta più antica di Roma sopravvissuta fino ad oggi?
Perché via Condotti si chiama così?
È vero che i romani sono arrivati sulla luna?
Claudio Colaiacomo
è nato a Roma nel 1970. Da anni studia la storia di Roma antica e moderna. Collabora con «Il Giornale di Trastevere» e altri periodici locali e con «Roma Uno TV », dove interviene all’interno della rubrica I segreti di Roma. Con la Newton Compton ha pubblicato Il giro di Roma in 501 luoghi, Roma perduta e dimenticata e I love Roma.
LinguaItaliano
Data di uscita25 feb 2015
ISBN9788854180185
Il giro di Roma in 501 luoghi

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    Anteprima del libro

    Il giro di Roma in 501 luoghi - Claudio Colaiacomo

    I.

    Roma Antica

    Nella pagina precedente:

    Foro Romano. Veduta da via dei Fori imperiali.

    1. Perché Roma si chiama Roma?

    È una delle domande fondamentali della storia della città. Il mistero è fitto e non esiste risposta certa. Le supposizioni sono moltissime, dalle più fantasiose a quelle che derivano da approfonditi studi storici. La più nota è quella che lega il nome della città al suo fondatore: Romolo. Egli ne tracciò i confini sul Palatino dopo aver avvistato dodici avvoltoi, un segno che interpretò divino. Il gemello Remo dal colle Aventino ne avvistò solo sei, ma sosteneva di averli visti prima del fratello. Anche lui tracciò i confini di una città che battezzò Remuria. Ne nacque una violenta battaglia, Romolo ebbe la meglio e Remo perse la vita ucciso dal fratello. Di Remuria si persero le tracce, mentre Roma iniziava quel cammino che in pochi secoli l’avrebbe portata a dominare il mondo.

    Un’altra tesi lega il nome della città alla parola etrusca Rumon, che significa fiume. Dunque Roma sarebbe la città sul fiume, a sottolineare l’importanza che aveva il Tevere per la sua sopravvivenza. Oppure, potrebbe derivare dall’etrusco Ruma, che significa mammella e farebbe riferimento alla leggenda dell’allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa.

    Altri fanno risalire il nome a Rhom, che in greco significa forza.

    Alcuni studiosi infine sostengono che il nome sia legato ad alcuni personaggi, come per esempio Romide, tiranno dei latini o Roma, una ragazza troiana.

    Citiamo un’ultima affascinante supposizione legata a uno scrittore bizantino del V secolo. Giovanni Lorenzo Lido sostiene che Roma è semplicemente il nome Amor letto al contrario. Anche se molto romantica, la storia sembra piuttosto improbabile. Un graffito scoperto sul muro di una casa di Pompei riporta però proprio questo nome, rendendo il mistero ancora più profondo.

    2. Qual è la data di nascita di Roma?

    Non ne avremo mai la certezza e probabilmente neppure gli antichi lo sapevano con esattezza. Nonostante la leggenda di Romolo e Remo, è improbabile che Roma sia stata fondata con atto volontario in un giorno esatto.

    La città, in origine, era un semplice agglomerato di pastori e commercianti latini che si spinsero oltre le pendici dei colli Albani verso il Tevere, e si accamparono sulle alture del Palatino. In questo punto le acque del fiume rallentavano e si allargavano formando un acquitrino paludoso.

    La presenza dell’Isola Tiberina facilitava il guado delle acque. Era il punto di incontro ideale per lo scambio con i popoli etruschi, la cui area di influenza terminava proprio sulla sponda trasteverina.

    Indipendentemente dalla reale origine, Roma aveva bisogno di legare saldamente le proprie radici a un atto preciso e leggendario. Un episodio che unisse la città a divinità ed eroi riconducibile a una data precisa. La leggenda di Romolo e Remo ha tutti questi ingredienti. Romolo, infatti, discende dalla stirpe reale di Alba Longa, città fondata da Ascanio, figlio di Enea, nipote di Anchise e della dea Venere. Come se non bastasse Romolo e Remo erano figli della vestale Rea Silvia e del dio Marte.

    A questo punto mancava solo un compleanno preciso. Per completare il quadretto mitologico sappiamo che già agli albori dell’impero romano si celebrava il giorno della nascita di Roma.

    Lo studioso romano Marco Terenzio Varrone calcolò la data di nascita dell’Urbe contando a ritroso il numero di consoli e re. Questo avveniva a cavallo tra il I e il II secolo a.C., ed è probabile che contenga qualche errore di approssimazione.

    A ogni modo il 21 aprile dell’anno 753 venne fissato il compleanno ufficiale della città.

    Da quella data gli antichi romani contavano gli anni ab urbe condita, ovvero dalla nascita di Roma. Data che ancora oggi continuiamo a festeggiare.

    3. Dove approdò la cesta di Romolo e Remo?

    Ogni leggenda si nutre di realtà e fantasia. Il tempo fissa i racconti nella cultura di un popolo, che a sua volta li tramanda attraverso i secoli. Così è stato per la leggenda dei fondatori di Roma.

    Sappiamo che i romani avevano individuato un luogo ben preciso dove sarebbe approdata la cesta di Romolo e Remo. Una grotta alle pendici del colle Palatino, all’interno della quale la leggendaria lupa si prese cura dei due gemelli sfamandoli con il latte delle sue mammelle e riscaldandoli con il calore del proprio corpo. Quel luogo era chiamato Lupercale e, seppur senza averne la certezza, va individuato tra le rocce del colle lungo l’attuale via di San Gregorio.

    A quei tempi le acque del Tevere allagavano spesso la valle tra l’Aventino e il Palatino, e tutta la zona attorno all’attuale chiesa di Santa Maria in Cosmedin era una palude. È verosimile dunque che una cesta possa essere stata trasportata fin qui dalla corrente. Gli antichi romani festeggiavano l’evento con la solenne e misteriosa festa dei Lupercalia, che si teneva nel mese di febbraio e durante la quale si danzava e si sacrificavano animali agli dèi. La festa è stata una delle ultime celebrazioni pagane sopravvissute per tutta la durata dell’impero romano, anche quando la religione cristiana venne adottata come religione ufficiale dello stato.

    4. Come morì Romolo?

    Il 7 luglio 716, il primo re di Roma morì in circostanze che la storia ci ha tramandato sotto forma di leggenda. Romolo, racconta Tito Livio, sarebbe stato assunto in cielo da un turbine di vento e nuvole mentre parlava al suo esercito nel Campo Marzio. Un evento miracoloso, sorprendentemente simile all’assunzione in cielo di Gesù. Il prodigio ebbe luogo nell’area occupata dall’antico lago Capra, che si trovava pressappoco dove oggi sorge il Pantheon. Da quel momento Romolo venne proclamato dio con il nome di Quirino, figlio di Marte e padre di Roma. Altre fonti ci raccontano di una fine molto più terrena e cruenta. Il fondatore di Roma avrebbe perso la vita in una congiura consumatasi nel Foro Romano, presso il santuario del Volcanale. Il suo corpo sarebbe stato smembrato e sepolto in diverse zone della città.

    5. Qual è l’obelisco più alto di Roma?

    È senza dubbio quello che si trova a San Giovanni in Laterano. Si erge imponente per oltre 32 metri, compreso il basamento. Nacque tra il granito delle montagne di Assuan, in Egitto, quindici secoli prima di Cristo e venne portato a Roma solo nel 360 d.C. dall’imperatore Costanzo. Per due secoli ha ornato la spina del Circo Massimo fino a che non fu abbattuto probabilmente durante le invasioni barbariche dei Goti nel V secolo. Da quel momento se ne persero le tracce per tutti i secoli a venire fino a quando non venne recuperato nel 1587 a quattro metri di profondità nelle viscere del Circo Massimo.

    Le ricerche furono condotte da Matteo Bartolani in una sorta di caccia al tesoro che coinvolse direttamente il papa Sisto V, impegnato nella sua opera di abbellimento della città. Si sapeva di un obelisco di enormi proporzioni che ornava il Circo Massimo, eppure nessuno era riuscito a trovarlo, fino a quando venne alla luce un blocco di granito seguito da altri due. I geroglifici incisi nella roccia non lasciarono dubbi, l’obelisco più alto dell’antichità era stato rinvenuto, in tre segmenti. I lavori di restauro ed erezione durarono poco più di un anno e nel 1588, con grande stupore dei romani, l’obelisco tornava a svettare nel cielo di Roma, esattamente nel punto dove si trova oggi con il nome di Lateranense. Un pezzo di storia antica che già al tempo dei romani era antico. Pensate che quando fu eretto aveva la stessa età che ha per noi oggi l’Arco di Costantino!

    6. Come si è formata l’Isola Tiberina?

    È lì da sempre, da molto prima della fondazione di Roma. Per uno scherzo della geologia, un grosso strato di tufo piazzato sul corso del fiume ha favorito la sedimentazione di sabbia e la conseguente formazione dell’isola. In effetti, i geologi sono alquanto divisi sulle ipotesi della sua origine. A ogni modo, la presenza dell’isola è stata, senza dubbio, uno dei motivi principali per la fondazione e il successivo sviluppo dell’Urbe. La posizione in mezzo al fiume offriva un guado agevole tra le due sponde che, agli albori della civiltà romana, rappresentava il confine tra l’area di influenza etrusca e latina. Dunque, un punto di commercio ideale tra le due popolazioni.

    I primi ponti furono costruiti in legno e in seguito con marmo e mattoni, pressappoco come si vedono oggi. L’isola ospitò alcuni templi, ricordiamo quello di Esculapio, tramutato più tardi nella chiesa di San Bartolomeo. In epoca imperiale, l’isola fu addirittura decorata in marmo per farla assomigliare a una nave, come si può ancora vedere nella parte a valle, sotto la scaletta verso gli uffici di polizia fluviale. È un luogo suggestivo, dove godere di una prospettiva insolita sui resti del ponte Rotto.

    Anni di storia e vicissitudini di un’isola che, da qualche decennio, non è più un’isola, attaccata com’è al pilone centrale di ponte Garibaldi. Il contatto è avvenuto qualche anno fa, all’insaputa di tutti. È il tentativo di ancorarla, per evitare di farla scivolare a valle? Un po’ come i barconi, trascinati dalla corrente di una recente piena e rimasti incastrati sotto ponte Sant’Angelo? Misteri urbani!

    7. Qual è la porta più antica di Roma sopravvissuta fino a oggi?

    Accanto all’ingresso di Villa Celimontana, un arco di travertino è incastonato tra case medievali e ruderi romani. Si tratta dell’Arco di Dolabella, secondo un’iscrizione quasi del tutto cancellata, la quale cita i nomi dei consoli Sillano e Dolabella, promotori del restauro, dieci anni dopo la nascita di Cristo.

    L’arco, con molta probabilità, fa parte di una delle antiche porte della città, comprese nelle Mura Serviane, risalenti al IV secolo a.C. Gli studiosi concordano con questa teoria, ma non su quale porta si tratti. Porta Celimontana o Querquetulana? La certezza non l’avremo mai. È più probabile che in questo punto sorgesse Porta Celimontana, inserita nella muraglia difensiva, in blocchi di tufo, alcuni dei quali si possono vedere tuttora sulla destra dell’arco.

    Porta Querquetulana, invece, era molto più antica e faceva parte della cinta muraria, di cui non è rimasto quasi nulla e dove c’erano solo quattro porte: Viminale, Collina, Esquilina e appunto Querquetulana.

    Porta Celimontana è giunta fino a noi grazie a Nerone, il quale fece costruire una diramazione dell’acquedotto Claudio per portare acqua alla sua Domus Aurea. Uno degli archi dell’acquedotto inglobò la porta, preservandola da probabile distruzione, così come accadde per quasi tutte le porte della stessa epoca.

    8. È vero che le SPA le hanno inventate i romani?

    Ai giorni nostri, si discute molto sul concetto di mente e corpo e sull’importanza di trovare un equilibrio psicofisico, ma anche spirituale, per sostenere i ritmi della vita frenetica.

    Per rispondere a questa esigenza, la città si è arricchita di palestre, centri benessere e SPA che offrono trattamenti per la cura del corpo e non solo.

    Che tutto ciò non sia un’invenzione moderna si intuisce proprio dalla sigla SPA, che significa Salus Per Aquam, tanto di moda nei tempi moderni, eppure che risale a un’epoca antica.

    In via delle Terme di Traiano, all’interno del parco del colle Oppio, si visitano gli imponenti resti delle terme omonime, primo complesso termale aperto al pubblico a Roma.

    Le terme, costruite nel 109 d.C., non erano solo un luogo per rilassarsi in acqua, ma anche un ambiente per la cura del corpo e della mente.

    Molte erano le palestre, le biblioteche e gli spazi di aggregazione, contemplazione e pieno relax.

    Le terme erano aperte a tutte le classi sociali e anche alle donne, dettaglio non da poco per l’epoca.

    Tra le rovine, si vede una grande esedra che delimitava una palestra. Il curioso rudere, denominato Sette Sale e formato da una serie di stanze, conteneva i serbatoi dell’acqua per alimentare le piscine dell’impianto.

    Le sale in origine erano nove, ma per secoli se ne contavano solo sette, perché la nona e l’ottava erano scomparse alla vista, sepolte sotto il terreno.

    Tra gli altri grandi complessi termali della città ricordiamo le terme di Diocleziano, che sono anche le più grandi del mondo antico, e quelle di Caracalla, tuttora aperte al pubblico, per bagni di folla durante suggestive rappresentazioni teatrali.

    9. La Piramide Cestia era l’unica piramide di Roma?

    Quando Caio Cestio Epulone fece costruire il suo sepolcro, nel 18 a.C., le piramidi egizie alle quali si era ispirato avevano alle spalle una storia millenaria. La piramide di Giza, infatti, fu costruita 2558 anni prima di quella di Caio Cestio.

    L’antico Egitto affascinò i romani sin da quando Augusto lo annesse come provincia dell’impero nel 30 a.C. e, probabilmente, la piramide di Roma è una conseguenza di quell’ammirazione. Sappiamo con certezza che l’Urbe possedeva almeno altre due piramidi, entrambe andate perdute. Una nell’attuale piazza del Popolo e, più precisamente, dove oggi si trova la chiesa di Santa Maria dei Miracoli e, l’altra tra Castel Sant’Angelo e l’odierno ingresso di via della Conciliazione. Quest’ultima doveva essere molto simile a quella di Caio Cestio, perché i romani la ritenevano il sepolcro di Romolo, mentre la piramide Cestia rappresentava la tomba di Remo.

    Caio Cestio era un personaggio eccentrico e diffidente. Per essere sicuro di avere una tomba piramidale dopo la sua morte, nel testamento chiese esplicitamente la realizzazione del bizzarro sepolcro in meno di 330 giorni. In caso contrario, il testamento avrebbe perso validità e gli eredi non avrebbero avuto neppure un sesterzio. La scritta a ricordo dell’aneddoto è incisa nel marmo, in bella vista, nel lato della piramide che guarda piazzale Ostiense.

    Anche la piramide romana, come quelle egizie, nasconde un piccolo mistero. Al suo interno è racchiusa una cella funeraria affrescata, della quale non è mai stato trovato l’ingresso originale. Oggi vi si accede per mezzo di un cunicolo moderno, purtroppo, non aperto al pubblico.

    10. Qual è il terzo fiume di Roma?

    Roma è bagnata dalle acque del Tevere e da quelle dell’Aniene, pochissimi sanno che esiste un terzo fiume. Immaginiamo che l’appellativo di secondo o terzo corso d’acqua di Roma susciti imbarazzo. Forse è proprio per questo senso d’inadeguatezza che l’Aniene fa il timido, nascosto tra la vegetazione, le strade di periferia e i profondi fossi scavati nel tempo.

    Se l’Aniene si vergogna, figuriamoci l’altro. Non solo si confonde tra la vegetazione, ma appena giunto nelle zone centrali della città, gioca a nascondino, gettandosi letteralmente sotto la terra.

    È l’Almone, fiume sacro per gli antichi romani, quasi del tutto sconosciuto a quelli moderni.

    Per vederlo, dovete recarvi a via dell’Almone, all’altezza del civico 105. In questo punto la strada lo scavalca, non aspettatevi ponti antichi e neppure moderni.

    L’Almone è piccolo e s’intrufola agevolmente sotto la strada, senza spettacolari arcate come avviene invece per il Tevere o l’Aniene. Per vederlo da vicino e toccare le sue acque, dovete entrare nel parco della Caffarella dove si distende tra campi erbosi e può essere ammirato nella sua scorrevole naturalezza.

    Poco prima di scomparire per sempre nelle viscere della terra, riceve come affluente l’acqua della sorgente Egeria, detta santa. Per l’Almone rappresenta una sorta di estrema unzione. Quello che lo aspetta a pochi metri, infatti, è un girone infernale verso la morte. Giunto presso la via Appia Antica, all’altezza del ristorante Quo Vadis, entra in una caverna sotterranea che lo accompagna attraverso il quartiere Ostiense.

    Superata via Cristoforo Colombo, le sue acque entrano in condotti moderni raggiunte da scarichi fognari. Il sacro fiume a questo punto è così inquinato che le sue acque non sono più degne di mischiarsi con quelle del Tevere.

    Finisce in un collettore di scarico e muore in un depuratore della Magliana. Ecco la triste storia del terzo fiume di Roma.

    11. Il Colosseo era coperto?

    Sembra incredibile, ma il Colosseo non solo era coperto, ma aveva anche un’antica copertura geniale. All’ultimo piano dell’anfiteatro Flavio erano collocati dei pali verticali come a formare una corona. I fori per i pali si vedono tuttora sul cornicione del Colosseo, dalla parte verso via dei Fori imperiali. Ai pali era legata una complessa rete di funi, sulle quali scorrevano dei teli come delle vele, allungate e ritirate a seconda della necessità, da una squadra di marinai della flotta imperiale. Quando le vele erano spiegate, formavano una copertura, al centro della quale si apriva un ovale che lasciava scoperta l’arena e permetteva la ventilazione di tutto l’anfiteatro.

    L’odierna copertura dello stadio Olimpico riprende l’antico schema. Non sono stati utilizzati i pali verticali, ma la struttura è molto simile. I bianchi teli in materiale plastico sembrano srotolati lungo una serie di funi (in realtà sono binari), che circondano lo stadio, come accadeva al Colosseo. Al centro la stessa apertura ovale, che lascia scoperto il campo.

    12. Dove era il quartiere a luci rosse di Roma antica?

    Il civico 15 di via delle Botteghe Oscure ospita la chiesa nazionale polacca di Roma, dedicata a Stanislao, il santo polacco. Fino alla fine del XVI secolo era conosciuta come San Salvatore in Pensili. Fin qui nulla di strano, poiché non è raro che chiese e basiliche cambino il nome del santo a cui sono dedicate. La stranezza va invece ricercata nell’appellativo in pensili che solo apparentemente è irrilevante. Potrebbe riferirsi alle buie baracche, utilizzate dalle prostitute per vendere la loro mercanzia nell’antica Roma. In questa zona, infatti, si trovano le rovine del circo Flaminio. All’interno, alcuni resti delle arcate di sostegno degli spalti, dai quali furono ricavati i cosiddetti pensili: botteghe e alloggi di fortuna, alcuni utilizzati da meretrici d’infimo rango. D’altronde lo stesso nome botteghe oscure ha attinenza con questi tuguri. Qui si trovava una delle vie della prostituzione di Roma, una sorta di red light district ante tempora. Oggi, le buie botteghe non esistono più, anche se la via ha, seppur per caso, mantenuto un aspetto piuttosto buio e oscuro. Di quelle rovine adibite a catapecchie del peccato rimane palesemente la denominazione della strada e, in maniera più criptica, il nome di una chiesa.

    13. È vero che un lago sotterraneo si nasconde nelle viscere del centro storico?

    Il palazzo della Cancelleria nell’omonima piazza nasconde uno dei segreti più suggestivi e meglio custoditi della Roma antica. Nella zona, durante l’ultimo secolo prima di Cristo, furono sepolti due ufficiali dell’esercito di Giulio Cesare, Vibio Pansa e Aulo Irzio. Dei sepolcri si perse traccia fino a quando, quasi due millenni più tardi, nel 1938 ne fu rinvenuto uno casualmente nei sotterranei del palazzo. Si tratta del sepolcro di Aulo Irzio ritrovato, con grande sorpresa degli archeologi, sommerso dalle acque limpide di un piccolo lago. Come è possibile scovare un laghetto sotto un palazzo? In realtà lo specchio d’acqua si è formato a causa dell’Euripus, un piccolo affluente del Tevere che scorre nel Campo Marzio, e conosciuto fin dai tempi antichissimi. I lavori di sistemazione degli argini del Tevere ne hanno ostruito in parte il percorso creando le condizioni per un ristagno delle acque, così da formare il piccolo lago ipogeo. È sbalorditivo come Roma riesca a presentarsi in variegate forme e dimensioni, come uno straordinario trasformista abile nel nascondere alla vista i suoi trucchi. Esiste una Roma diversa per ogni periodo storico, ma anche una Roma inconsueta se osservate con occhi attenti i tetti, le facciate e, non ultimi, i sotterranei.

    14. Cos’è la Colonna Traiana?

    È uno dei monumenti più noti e riconoscibili di Roma, si erge per oltre 40 metri, ed è rimasta intatta dal momento della sua inaugurazione nel 113 d.C. fino a oggi. Non è mai crollata e non è mai stata spostata. Se ne sta lì, dritta e imponente, da quasi due millenni. Ma a cosa serviva davvero? Fu concepita per diversi scopi: segnava l’altezza esatta della collina, che univa il colle Quirinale e il Campidoglio, fatta sbancare da Traiano per la costruzione del Foro a lui dedicato. Doveva inoltre celebrare la gloriosa campagna militare, condotta da Traiano in Dacia, rappresentando le varie fasi della guerra. I bassorilievi sono scolpiti intorno alla colonna in una spirale lunga quasi 200 metri che giunge fino alla sommità. In questo punto svettava la statua bronzea dell’imperatore, oggi sostituita da quella di San Pietro. Le scene sono idealmente arrotolate attorno al tronco della colonna e un tempo erano colorate. Per leggerle e apprezzarne la sequenza storica, bisogna iniziare dal basso verso l’alto; alcuni studiosi ritengono possibile leggere una versione breve delle storie seguendo le linee verticali. Una sorta di antenato del Bignami.

    15. Dove si trova il carcere nel quale fu recluso san Lorenzo?

    Alcuni testi antichi fanno cenno alla prigionia di san Lorenzo, che fu arrestato nel 258 e recluso in una prigione della Suburra, attuale rione Monti, prima di subire il martirio. Dove si trova questa prigione è un mistero. Un indizio lo scorgiamo lungo il percorso di via Urbana, accanto al civico 50. Qui si trova la piccola chiesa di San Lorenzo in Fonte. Se avrete la fortuna di trovarla aperta, potrete rendervi partecipi di una piccola avventura. Seguite il vostro intuito fino a quando troverete una porticina con la scritta Aditum ad carcerem et fontem S. Laurent. Siete arrivati; tuttavia per entrare dovete chiedere il permesso di visita al parroco.

    Varcata la soglia, entrerete in un ambiente molto suggestivo. Si percepisce chiaramente l’attraversamento di una barriera invisibile che riporta indietro nel tempo. Le sorprese continuano in un’atmosfera colma di spiritualità, all’arrivo in una piccola sala circolare. È la cella dove san Lorenzo visse gli ultimi giorni di vita. In un angolo si scorge una fonte ricca di acqua, pura e limpida, dalle virtù considerate, ovviamente, miracolose.

    La tradizione vuole che in questo luogo avvenne un episodio miracoloso. Il santo battezzò un prigioniero cieco, di nome Lucillo, con l’acqua della fonte, e l’uomo tornò a vedere. Il guardiano, un certo Ippolito, assistette alla miracolosa guarigione e si convertì con tutta la guarnigione di soldati di guardia. Purtroppo, alla fortuna di Lucillo non corrispose quella di san Lorenzo e di Ippolito. Entrambi subirono il martirio, uno sulla graticola e l’altro trascinato fino alla morte da un cavallo in corsa.

    Su questo luogo fu edificato un centro di culto e in seguito la chiesa attuale. Sulla bella facciata di marmo si possono ammirare una suggestiva croce e una scritta che ricorda i nomi dei due martiri.

    16. Dove si trova Roma Vecchia?

    Roma vanta una storia millenaria, conosciuta dai più. Spesso si usa il termine Roma antica quando ci si vuole riferire ai lontani tempi dei cesari. Esiste una zona, fuori dalle mura antiche, che fin dai tempi remoti si chiama stranamente Roma Vecchia. Esisteva un’altra Roma lontana dal Colosseo e dai Fori imperiali? In realtà, si tratta solo di un soprannome usato nel Medioevo per indicare la Villa dei Quintili. Ruderi imponenti, archi, e vestigia di statue e colonne fecero immaginare una Roma antica in miniatura. Roma vecchia, appunto.

    La località era famosa anche agli albori dell’Urbe. Proprio tra queste distese, narra la leggenda, avvenne l’episodio degli Orazi e dei Curiazi. Roma si impose su Alba Longa, ottenendo la supremazia sulle città latine.

    I Quintili erano due fratelli molto popolari in città. Si chiamavano Sesto Quintilio Condiano e Sesto Valerio Massimo. La loro fama e ricchezza suscitò l’invidia dell’imperatore Commodo (quello del film Il gladiatore), che decise di farli uccidere e di appropriarsi dei loro possedimenti.

    La Villa dei Quintili è aperta al pubblico. Dal 1985 è diventata proprietà dello Stato, dopo secoli di appartenenza a imperatori, papi e nobili. Si può passeggiare tra ambienti diroccati e resti di ogni genere, scoprire grazie a loro come mai i nostri antenati chiamavano l’area Roma Vecchia.

    17. I romani antichi avevano i giochi da tavolo?

    La basilica Giulia, tra gli edifici più imponenti del Foro Romano, si trovava sulla sinistra dell’antica via Sacra, procedendo in direzione del Campidoglio. Oggi non ne rimane quasi nulla, solo pochi resti delle colonne, parte della pavimentazione e i gradini del basamento. Sembra incredibile, ma dopo tanti secoli e tanto splendore, sono visibili alcune interessanti incisioni sul marmo dei gradini. Si tratta di tavole da gioco improvvisate per semplici giochi da tavolo simili alla dama o al backgammon.

    La basilica era un luogo pubblico molto frequentato, dove trattare affari e discutere le vicende dell’impero. Un luogo che attirava mercanti e gente comune, molti dei quali si affollavano proprio sugli scalini dell’edificio, oziando e improvvisando giochi per trascorrere il tempo. Per scovare le incisioni bisogna vestire i panni di un archeologo e prepararsi agli sguardi incuriositi dei turisti. Dovrete, infatti, camminare lungo la recinzione che protegge i gradini, scrutare ogni lastra di marmo alla ricerca di incisioni. Con un po’ di fortuna e un occhio attento, vedrete dei cerchi con una serie di fossette, sistemate sulla circonferenza e al centro. È una tabula Iusoria, un gioco da tavolo, una sorta di tris, dove i giocatori muovevano a turno dei sassolini cercando di allinearli.

    I giochi da tavolo erano molto popolari e tanti di quelli in voga ancora oggi affondano le loro radici proprio ai tempi dei romani. Nei vicini musei capitolini, nelle sale del Tabularium, sono conservate una serie di incisioni di giochi antichi con la spiegazione delle regole. La visita vale davvero la pena, anche perché avrete il privilegio di godere una magnifica vista su tutto il Foro Romano.

    18. Qual è il secondo anfiteatro di Roma dopo il Colosseo?

    Percorrendo viale Castrense, in direzione San Giovanni, all’incrocio con via Nola, scorgiamo un particolare tratto delle Mura Aureliane. Il muraglione, oltre ad avere un insolito andamento circolare, è composto da un’elegante serie di archi e colonne murate.

    Una decorazione inopportuna per una muraglia austera, il cui unico scopo era intimidire e respingere gli aggressori di Roma!

    Rappresenta quanto rimane dell’anfiteatro castrense, inglobato nel percorso delle mura per velocizzarne la realizzazione.

    Una scorciatoia costruttiva utilizzata anche presso la piramide Cestia, Porta Maggiore e il Castro Pretorio. Si tratta del secondo anfiteatro giunto fino a noi, un piccolo Colosseo, a uso privato di una villa imperiale, edificata nella zona. Fu costruito tra il II e III secolo su modello del Colosseo, ma realizzato in mattoni e non in travertino. Si elevava su tre piani ed era coperto con drappi di tela sorretti da pali posti al piano superiore.

    Un lungo cunicolo collegava l’anfiteatro con la villa dove oggi sorge la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. C’era persino un circo. Qualche residuo si può vedere ancora oggi dietro la chiesa.

    L’inclusione all’interno delle mura ne determinò la chiusura e la decadenza ma, allo stesso tempo, ne permise l’ottima conservazione.

    Un dettaglio bizzarro e inaspettato: l’interno dell’anfiteatro è visitabile, ma al posto di gladiatori e leoni troverete pomodori, zucchine e melanzane! È l’orto del convento, curato dai frati della chiesa di Santa Croce.

    19. Esiste la tomba di Giulio Cesare?

    Per i romani l’eternità era un privilegio che non si conquistava automaticamente con la morte, ma che poteva e doveva essere raggiunta in vita, attraverso imprese da tramandare nei secoli, per tenere viva per sempre la memoria. Una delle condanne più terribili era, infatti, la Damnatio Memoriae, la cancellazione totale del nome da ogni opera, documento e persino dal racconto tramandato a voce. Era come minimizzare la vita di un uomo o di una donna e condannarli a non essere ricordati dai posteri. Nulla da lasciare in eredità oltre la morte.

    Tra i personaggi che subirono questa condanna, troviamo Caligola, Nerone e Domiziano. Quest’ultimo è stato salvato dall’antica condanna in tempi moderni, quando il comune di Roma ha fatto incidere sulla targa di piazza Navona la dicitura Stadio di Domiziano.

    Senza dubbio, numerosi sono i personaggi dell’antica Roma ad aver meritato l’eternità della memoria. Per esempio, i nomi degli imperatori romani sono conosciuti in tutto il mondo, le loro statue si trovano ovunque. Le gesta sono incise nel marmo dei monumenti, le loro imprese hanno segnato la storia dell’umanità.

    A Roma esiste un luogo, nascosto tra i ruderi del Foro Romano, dove l’eternità si rivela nel significato più profondo. Lungo il percorso dell’antica via Sacra, nel punto di incrocio con la strada che scende dall’ingresso principale, esiste una bassa costruzione ridotta ormai in rovina, dentro la quale si può ammirare una specie di altare in mattoni. Se entrate, troverete dei fiori lasciati lì spontaneamente dai visitatori, come per decorare una tomba. Rappresenta il punto in cui, nel marzo del 44 a.C., fu cremato il corpo di Giulio Cesare tra la commozione generale e la folla in lacrime. Riuscire a emozionare lo spirito dei viventi, dopo una breve vita vissuta più di duemila anni fa… Questa è l’eternità!

    20. Perché la statua di Marco Aurelio è giunta intatta fino a noi?

    Si tratta dell’unica statua equestre romana sopravvissuta a quasi duemila anni di storia e in perfetto stato di conservazione. Fu eretta nel 176 d.C. in un luogo a noi sconosciuto. Dopo il posizionamento al Laterano, fu definitivamente trasferita sul colle Campidoglio, nel Cinquecento, come ornamento della piazza realizzata da Michelangelo. Per secoli si è creduto che l’imperatore a cavallo non fosse Marco Aurelio ma Costantino perché con la mano destra sembra compiere il gesto della benedizione del papa. Costantino fu infatti il primo imperatore a convertirsi al cristianesimo e a riconoscere la religione cristiana come quella ufficiale dell’impero romano. L’equivoco salvò la statua da distruzione sicura, così come avvenne per tanti altri monumenti della città. L’imperatore in atteggiamento cristiano rappresentava la continuità tra l’impero romano e la chiesa, un’occasione propagandistica troppo ghiotta per essere sprecata. Tanti anni e tanta fama non potevano rimanere immuni da racconti e leggende popolari, tra le quali sono da ricordare due, tra le più bizzarre.

    Si raccontava che nelle notti d’estate la statua equestre emettesse rumori grevi e baritoni, come se fosse viva. Il fenomeno è collegato all’acqua che, nelle giornate di pioggia, si raccoglieva nella pancia del cavallo facilitando la nascita di girini, che in estate divenivano ranocchie gracidanti. Non è certo, ma non è da escludere dato che la statua, realizzata in bronzo, è cava all’interno.

    La seconda storia è legata a infausti presagi. Guardando la testa del cavallo, si possono notare i ciuffi della criniera che rimandano al profilo di una civetta poggiata tra le orecchie. Non si conosce l’origine della leggenda, ma si continua a ripetere da secoli che nel giorno del giudizio la civetta si animerà per annunciare la fine dei tempi. Se ciò dovesse accadere il pennuto prenderebbe vita all’interno dei musei capitolini, perché qui si custodisce l’originale dal 1981. Nonostante la statua della piazza sia una copia fedelissima, vale la pena andare a vedere l’originale. Oltre all’emozione di ammirare un’opera d’arte di duemila anni, si possono apprezzare ancora di più la bellezza e l’armonia, che la copia riesce a rendere solo in parte. L’occasione sarà utile anche per dare uno sguardo alla civetta e assicurarsi che, nel frattempo, non si sia animata!

    21. Gli attici sono sempre stati gli appartamenti dei ricchi?

    Nell’attuale società, sempre più consumista, legata ai valori dell’apparire e dell’esteriorità, la stratificazione sociale si misura, tra le altre cose, addirittura con la posizione del piano dell’appartamento in cui si abita.

    Nei tempi antichi non era così, nei palazzi della Roma imperiale, nelle cosiddette insulae, i ricchi occupavano i piani bassi mentre i poveri abitavano il piano attico. Il motivo della distinzione riguardava la facilità di fuga dai piani su strada durante i frequenti incendi, l’assenza di ascensori e la mancanza di servizi nei piani alti, dove non erano previste fognature e acqua corrente. Persino nei grandi palazzi nobiliari del Medioevo e del Rinascimento, in tutta Europa, alla servitù era riservato il piano più alto, solitamente nel sottotetto. Oggi lo potremmo definire piano alto mansardato con travi a vista, mentre allora consisteva in un tugurio buio, caldissimo d’estate e senza possibilità di riscaldamento d’inverno, con ripidissime scale di accesso. I miserabili, invece, poverissimi oggi come allora, si accampavano alla meno peggio in strada. Tra gli archi del teatro di Marcello, grande palazzo fortezza appartenuto alla nobile famiglia degli Orsini, apparivano fino a poco più di un secolo fa abitazioni di fortuna, costruite a ridosso dei possenti muri. Ancora oggi resistono al tempo larghi fori nel travertino, utilizzati per incastrare le travi di sostegno delle baracche.

    22. Si possono visitare gli interni delle Mura Aureliane?

    Roma è in gran parte, ancora, cinta da mura. Severi bastioni l’abbracciano, grandi porte la sorvegliano e alte mura la proteggono. Nell’antichità, i soldati di guardia si muovevano freneticamente sui camminamenti scavati in alto, all’interno delle mura. Si nascondevano tra i merli dei bastioni e sbirciavano dalle feritoie tagliate tra i mattoni. In caso di assedio, la posizione dominante avrebbe assicurato un’ottima difesa.

    Nella parte interna di Porta San Sebastiano, potrete visitare un piccolo museo che riserva grandi sorprese. Si tratta del museo delle Mura. Qui potrete conoscere la storia della cinta difensiva di Roma, l’estensione e lo sviluppo nei secoli. Scoprirete con quali sistemi moderni la città era difesa e quante mura l’hanno protetta. Potrete raggiungere l’interno del camminamento, un tempo utilizzato dai soldati, sbirciare tra le feritoie e immaginarvi difensori dell’Urbe. La passeggiata, a tratti all’aperto sopra le torri difensive, si snoda su un luogo senza tempo. Il museo è fuori dai grandi circuiti turistici, qui non troverete le moltitudini di visitatori armati di macchine fotografiche che assediano fontana di Trevi. In questo luogo proverete la sensazione di aver scovato un piccolo segreto, un clima confidenziale, a contatto diretto con un personaggio famoso.

    23. I romani avevano i gabinetti pubblici?

    Se vi affacciate dalla balaustra che delimita l’area archeologica di largo Argentina, nel punto di fronte al teatro omonimo, potrete notare, adiacente al muro di cinta, un canale di scolo inframmezzato ogni tanto da un muricciolo. Niente di sorprendente, in una città dove parti di colonne e rovine sono sparse ovunque, ma se osservate bene potrete riconoscere qualcosa di molto familiare. Dimenticatevi per un attimo i fasti dell’impero, non troverete alcuna attinenza con l’arte raffinata, i mosaici e i capitelli. Guardate meglio e vedrete un gabinetto, o meglio la tavoletta di un WC, riconoscibile dal foro centrale, ma anche da un’apertura frontale molto simile a quella dei gabinetti pubblici moderni. Orrore! Nell’area sacra di largo Argentina e tra le rovine di ben tre templi!

    I bagni pubblici erano sacri a Roma? No, nessuna traccia di sacralità, quelli che vediamo oggi sono i ruderi di un’ampia area pubblica, con diversi luoghi di culto, prospiciente il grande teatro di Pompeo, la cui facciata si trovava, pressappoco, sul posto dove è stato costruito il teatro Argentina. Qui, come in un’area pubblica moderna, erano situati i gabinetti pubblici.

    L’utilizzo dei servizi igienici nell’antica Roma era considerata un’esperienza sociale, con poca riservatezza personale. Si sedeva l’uno accanto all’altro su sedili forati in attesa fiduciosa degli stimoli opportuni. Magari l’occasione era propizia per qualche commento sulle rappresentazioni del vicino teatro o per qualche considerazione politica. Sotto i sedili, un canale di scolo con acqua corrente assicurava la rimozione delle poco nobili deiezioni. Per la pulizia finale erano disponibili ceste di spugne marine, da infilzare con bastoncini in dotazione.

    24. Dove era il centro dell’Impero romano?

    Accanto all’Arco di Settimio Severo, al Foro Romano, il visitatore attento può scorgere una struttura circolare in muratura, apparentemente di poco valore. In realtà l’aspetto è piuttosto semplice in un punto dell’area archeologica così ricco d’imponenti rovine. Entrando al Foro si può esaminare da vicino, ma ciò che troverete è solamente una base di mattoni con una piccolissima targa marmorea con inciso umbilicus urbis romae, tra l’indifferenza dei turisti che passano senza neppure accorgersi della sua esistenza. L’insignificante mucchietto di mattoni un tempo era ricoperto di marmo, un disco bianchissimo sul quale era posta una struttura di forma conica. Era il punto in cui i romani avevano individuato l’ombelico di Roma, il centro fisico dell’impero romano.

    Le rovine degli antichi templi sono certamente spettacolari, ma ciò che rende unico il rudere di poco pregio artistico è il valore simbolico che aveva per i nostri antenati, come punto di origine di un impero e a tutti gli effetti non solo l’ombelico di Roma, ma del mondo.

    25. Cos’è il piè di marmo?

    Al termine di via Santo Stefano del Cacco, a pochi metri dall’incrocio con via Piè di marmo, appare il frammento di una statua colossale posto su un piedistallo. Si tratta di un piede enorme di marmo con calzare, probabilmente appartenuto a una statua di Iside. La dea egizia, infatti, era molto venerata a Roma e in questa zona sorgeva proprio un tempio in suo onore, conosciuto come Iseo Campense. Al tempio si accedeva attraverso l’Arco Camilliano, posto all’inizio dell’attuale piazza del Collegio Romano. I ruderi si trovano ancora oggi in alcuni ambienti all’interno del civico 24a, di proprietà privata e quindi chiusi al pubblico. Nasce spontaneo chiedersi come abbiano fatto gli studiosi a risalire al piede di Iside. Semplicemente analizzando un frammento peraltro mal conservato. Ovviamente non si può avere certezza dell’appartenenza alla dea. Viene però riconosciuta nella zona l’esistenza di templi dedicati al culto egizio. Inoltre, il piede ha un calzare che ricorda molto da vicino quello di altre statue della dea, rimaste in buono stato di conservazione. Per esempio, la statua esposta all’interno dei musei capitolini. Dunque, possiamo ragionevolmente concludere: trattasi proprio del piede della dea. Non è possibile conoscere, invece, se il piede era un elemento di una statua di marmo o di un acrolito. Ovvero una statua togata con le estremità in marmo e la parte ricoperta dal tessuto della toga in legno. Il frammento marmoreo non è nella via che prende il suo nome, ma all’angolo con via Santo Stefano del Cacco. La spiegazione è presto trovata. Nel 1878, in occasione dei solenni funerali di Vittorio Emanuele, il piede venne spostato dove si trova oggi, poiché avrebbe intralciato il passaggio del corteo funebre in transito sulla via in direzione del Pantheon.

    26. Dove siede il diavolo in persona?

    Un’enigmatica piazza si nasconde tra le vie del cosiddetto quartiere africano. Un angolo oscuro conteso da maghi e streghe. Da qualche anno ha preso il nome di piazza Elio Callistio. Nonostante le targhe stradali siano cambiate, per molti romani è rimasta piazza della Sedia del diavolo.

    Il nome poco rassicurante deriva dal rudere che svetta nel bel mezzo della piazza. È il sepolcro di Elio Callistio, risalente al II secolo a.C. Ha la forma di un grosso trono diroccato, posto su una collinetta, a esaltarne l’imponenza. Inutile sottolineare la quantità di racconti popolari sorti sul luogo. Fantasmi, streghe e morti viventi si aggirano di notte, spaventosi ululati e misteriosi rumori provengono dalla profondità della terra. Le leggende sono state alimentate da briganti e prostitute che occupavano il rudere nell’Ottocento. I fuochi delle torce lo rendevano spettrale e maledetto. La notte appariva illuminato, e degno del soprannome mantenuto fino a oggi.

    27. Dove è sepolto Nerone?

    Iniziamo col dire che la cosiddetta Tomba di Nerone sulla via Cassia non ha nulla a che vedere con la sepoltura dell’imperatore più odiato di Roma. Quel blocco di marmo è con certezza il sepolcro di Publio Vibio Mariano, vissuto nel II secolo.

    Per scovare il luogo dove la tradizione vuole

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