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Alla frontiera dell'al di là
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E-book99 pagine1 ora

Alla frontiera dell'al di là

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Info su questo ebook

Avremmo voluto far precedere a questo volume sull’Occulto un breve studio che illustrasse ai lettori la possente e originale personalità dell'Autore e le idee fondamentali che hanno determinato tutti i suoi romanzi esoterici. Ma il tentativo era arduo se lo si fosse voluto contenere in poche pagine, come esigeva, del resto, il volume che pubblichiamo, esso stesso di modeste proporzioni. E così abbiamo pensato di farlo precedere da uno scritto di Meyrink su Meyrink, “Immagini nell'Aria” da cui si ricava che il Nostro divenne scrittore, e scrittore appunto di cose esoteriche, in conseguenza di una esperienza personalmente vissuta, il che ci premeva che il lettore sapesse.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2018
ISBN9788827814239
Alla frontiera dell'al di là
Autore

Gustav Meyrink

Gustav Meyrink (Meyer), geboren am 19. Januar 1868 in Wien; gestorben am 4. Dezember 1932 in Starnberg. Erzähler, Dramatiker, Übersetzer. 1889-1902 Bankier in Prag. 1902 erleidet er zu Unrecht wegen Verdachts der Geldunterschlagung drei Monate Gefängnis. Er kann sich strafprozessual rehabilitieren, sein geschäftlicher und sozialer Leumund sind freilich zerrüttet. Meyrink begibt sich nach Wien, arbeitet temporär als Redakteur der satirischen Zeitschrift »Der liebe Augustin«. 1906 zieht er nach München, 1911 nach Starnberg. Seine Hauptwerke sind zugleich Klassiker der phantastischen Literatur: »Der Golem«, »Das grüne Gesicht«, »Walpurgisnacht« und »Der weiße Dominikaner«.

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    Anteprima del libro

    Alla frontiera dell'al di là - Gustav Meyrink

    Ruggieri

    AI LETTORI

    Avremmo voluto far precedere a questo volume sull’Occulto un breve studio che illustrasse ai lettori la possente e originale personalità dell'Autore e le idee fondamentali che hanno determinato tutti i suoi romanzi esoterici. Ma il tentativo era arduo se lo si fosse voluto contenere in poche pagine, come esigeva, del resto, il volume che pubblichiamo, esso stesso di modeste proporzioni. E così abbiamo pensato di farlo precedere da uno scritto di Meyrink su Meyrink, Immagini nell'Aria da cui si ricava che il Nostro divenne scrittore, e scrittore appunto di cose esoteriche, in conseguenza di una esperienza personalmente vissuta, il che ci premeva che il lettore sapesse.

    IMMAGINI NELL'ARIA

    Spesso mi è stato chiesto come mai, dalla sera al mattino, da commerciante che ero, fossi divenuto scrittore. L’impulso esteriore fu questo: una volta ebbi modo di conoscere nel Sanatorio Lahmann lo scrittore Oskar A.H. Schmitz, il quale — mentre gli narravo alcuni fatti notevoli che mi erano accaduti — mi disse: Perché non li scrive?.

    E come si fa? io chiesi. Scriva tutto così semplicemente come parla, mi suggerì, e allora mi misi a tavolino e composi la novella Il soldato ardente, che inviai al Simplicissimus e fu subito accettata. D'allora in poi fu pubblicato, da editori e da giornali, tutto quello che andavo scrivendo; solo il mio romanzo Golem trovò, in principio, qualche intoppo: un critico, con tanto di barba, consultato in proposito, tuonò contro lo scandalo di dare alle stampe tante corbellerie. Ma, per fortuna Giorgio Enrico Meyer, il noto direttore della libreria di Kurt Wolff, non si lasciò allora fuorviare, e, malgrado tutto, stampò il libro. L’impulso interiore poi che suscitò in me il talento della poesia, è più singolare essenzialmente, e voglio descriverlo per filo e per segno, perché ne dedussi la convinzione che in ciascun uomo si trova sonnecchiante qualunque talento, ma si deve imparare il metodo per mezzo del quale possa destarsi. Se si applica il metodo, può in noi svilupparsi inconsapevolmente una dote il cui germe iniziale esisteva sin dalla più tenera età. In quanta a me, nella mia fanciullezza, non ebbi la menoma tendenza alla letteratura o alla poesia, e senz'alcun discernimento leggevo tutti gli autori che mi capitavano tra le mani: Dickens, Peter Nasen, Prevost, il Lederstrumpf, Eugenio Sue, Armand, il Vitaval, Carlo Temme e altri. I classici non m'interessavano menomamente. Più tardi la mia brama di leggere mi abbandonò del tutto, e mi parve che la vita consistesse soltanto in affari d' amore, nel gioco degli scacchi e nel canottaggio. Allora il mio destino, evidentemente preoccupato di tali indizi, mi percosse un giorno con una violenta staffilata che io, stanco per affanni d'amore e altri sentimentalismi, risolsi di troncare la mia giovane esistenza (non avevo in quel tempo che ventitré anni) con l'aiuto d' un revolver. Ma un fruscio alla porta della mia camera da scapolo mi trattenne; il fato, sotto le spoglie d'un garzone di libraio, fece scivolare sino a me, per di sotto la porta, un fascicolo. Se, fuori, fosse stata sospesa una cassetta per la corrispondenza oggi non sarei più in vita. Da ciò si desume che persino la mancanza d'un oggetto d'uso abituale può venire in aiuto dell'uomo.

    Presi il fascicolo e cominciai a sfogliarlo; contenuto: spiritismo, occultismo, stregoneria. Questi argomenti, che sino allora avevo conosciuto soltanto per averne sentito parlare, risvegliarono a tal segno il mio interesse che io riposi la rivoltella nel cassetto, per qualche altra circostanza futura, e risolsi di non escluder del tutto, dal mio orizzonte, così come l’arma da fuoco, le mie tre occupazioni predilette; volendo prima d' ogni altro, far compiere alla nave della mia vita un viaggio di scoperta in quella regione sconosciuta di cui parlava tanto l'opuscolo. E mi tuffai nel mare, un mare sconfinato di libri di occultismo. Da principio le onde si sollevavano spaventosamente; il fato, in veste da libraio, si nascondeva senz'altro fra quelle pubblicazioni specifiche. Ciò che prima avevo ritenuto una curiosità, o cosa d'interesse superficiale, divenne in pochi anni un'ansia ardente di sapere, una sete struggente, inesauribile. E la smania ansiosa di tutti gli uomini assillò a lungo anche me, quella, cioè, di domandare ad altri, nella supposizione che se ne possa trar giovamento, approfittando della loro scienza. Nel campo scientifico esteriore può, questa tesi, avere il suo valore; ma per quel che concerne l'evoluzione dell'uomo interiore, essa vien sempre meno. Quando ebbi appreso che dai libri morti non si riesce a cavarne alcuna esperienza viva, lampante, mi posi alla ricerca di uomini che potessero fornirmi qualche lume. Chi disponeva della mia sorte si assunse il compito d'intermediario e fece sì che, nel modo più strano, mi trovassi a contatto di tipi interessantissimi, e soprattutto di quelli che in Germania possedevano una qualche esperienza nel campo dell'occultismo: stranieri, asiatici, veggenti, veri e falsi profeti, estatici e medium. Nel modo più misterioso mi furono aperte vecchie e nuove logge occultistiche; ma, trascorso appena qualche anno, le abbandonai, con l'esperienza di non aver trovato nulla neanche qui! Fumo! Cicalate di scienza, insussistenza! Superficialità! Fanatismo teista! E particolarmente, poi, nel peggiore dei casi, l’acqua inzuccherata di un pietismo untuoso e quietista! Credetti, finalmente, di aver trovato quel che tanto cercavo: un'associazione di uomini – orientali ed europei – nell’India centrale, che asseriva di possedere i veri segreti dello Yoga, di quell’antico sistema asiatico che, solo, indica ed offre l’unica via per elevarsi di molti gradi su tutta l'imperfetta, incompleta, impotente umanità.

    Mi furono rivolte alcune domande metafisiche, e, dopo aver risposto in maniera che parve giusta, venni accolto. Le mie soluzioni furono trovate più intuitive che ragionate, e il mio certificato di ammissione diceva così You have the true spirit of a mystic in you. Avete in voi il vero spirito di un mistico. Poi mi fu rivolta una serie di quesiti sul modo di considerare la visione interiore, e da quel momento — per tre mesi — feci quasi la vita di un maniaco: mangiavo solo vegetali, non dormivo più di tre ore durante la notte, due volte al giorno degustavo un cucchiaio di gomma arabica, sciolta nell’acqua (ciò doveva essere particolarmente efficace per lo sviluppo della chiaroveggenza!), verso mezzanotte mi sottoponevo a dolorose posizioni a gambe incrociate, poi — trattenendo il respiro, il mio corpo si copriva di abbondante sudore e provavo la sensazione di morire soffocato.

    Una notte d'inverno, in cui nevicava e non mi era possibile, a causa del gelo alto, recarmi a cavallo sulla mia collina, sedevo su d'una panca della Moldava. Alle mie spalle si trovava una vecchia torre del ponte con un grande orologio. Rimasi lì diverse ore, imbacuccato nella mia pelliccia, ma irrigidito dal freddo, fissando il cielo e sforzandomi di ottener quanto mi veniva suggerito dalle lettere dei fratelli indiani o da visioni interiori. Tutto fu inutile! Fin allora, anzi dalla più remota fanciullezza, avevo notato in me una lacuna, o la mancanza di un'attitudine concessa a molti uomini, e cioè quella di vedere — a occhi chiusi — un'immagine o l’aspetto di qualcuno. Così, per esempio, mi era assolutamente impossibile dire se l’uno o l’altro dei miei conoscenti avesse occhi neri, azzurri, grigi, oppure un naso dritto o storto, in altri termini ero abituato a pensare con parole e non con immagini.

    Mi ero proposto di ricordare il tipo sublime di Gotamo Buddha, con tutte le forze di cui potevo disporre, e di non lasciare la panca se, prima, non avessi ottenuto almeno un lieve progresso. Potevano essere trascorse cinque ore circa, quando in me all'improvviso, si fece sentire il desiderio, molto umano, di conoscere che ora fosse. E allora, proprio allora, nel medesimo istante in cui mi risvegliai

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