Un cavaliere, l'Amore e la cometa
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Recensioni su Un cavaliere, l'Amore e la cometa
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Anteprima del libro
Un cavaliere, l'Amore e la cometa - Livio Tollucan
Indice
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
SE
Capitolo 6
Capitolo 7
Seconda parte
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Terza parte
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Epilogo
L'AUTORE
Un cavaliere, l'Amore e la cometa
Livio Tollucan
Un cavaliere, l'Amore e la cometa
© 2018 - Livio Tollucan
ISBN | 9788827825563
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il
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Ogni riferimento a cose, persone e luoghi menzionati in questo libro è da intendersi come puramente casuale e frutto di elaborazione artistica.
Finito di stampare nel mese di Marzo 2018
A chi cerca l’alba nella tenebra
Prologo
Conobbi Giovanni anni fa, quando era un neolaureato con la passione dello studio e della vita, in occasione dell’apertura della sua ditta individuale.
A livello interpersonale si vedeva che era una persona dal carattere spigoloso e sfaccettato, che non aveva ancora piena coscienza della nuova avventura nella quale si era imbarcato.
Si vedeva lontano un miglio che era un alieno capitato in un mondo non suo e pensavo che sarebbe fallito nell’arco di un anno, o che avrebbe resistito al massimo un paio di mesi.
Mi sbagliavo: forse non avrei mai pensato di diventare amico di un personaggio simile, che aveva fatto della poesia e della letteratura il pane quotidiano.
Era stato capace di gestire una ditta di giornali da solo per quindici anni, lavorando come un dannato per pagare il mutuo e rispettare le varie scadenze.
Mi sembrava il capitano di una nave statica, che vedeva passare il mondo dentro e fuori dalla tempesta delle vicende quotidiane: due settimane all’anno di vacanza e lui sempre lì, dalla mattina alla sera. Mi faceva pena, ma rispettavo la sua dignità di lavoratore che cercava di affrontare la vita a testa bassa, anche se era rimasto un emotivo ansioso, dietro la sua maschera di duro imperturbabile. D’inverno era bardato come Bibendum, l’omino della Michelin perché il riscaldamento elettrico di una stufetta nel suo negozio sfiorava appena i sedici gradi. D’estate invece si schiattava per il caldo e le intemperanze dei turisti. Una volta un turista aveva dimenticato a luglio una borsa di Puzzone di Moena nel suo angusto negozietto e sembrava che lui, il titolare, non si fosse lavato da giorni: a fine di giornata il formaggio aveva preso un’altra direzione.
Negli ultimi tempi lo vedevo sempre più affaticato: camminava male, doveva rimanere seduto ma non poteva farlo. Si era attrezzato con uno sgabello da bar e si muoveva il meno possibile dal suo trespolo, come uno sparviero sofferente in gabbia.
Dopo una serie di controlli medici aveva preso la grande decisione di vendere, cercando di operare sempre con discrezione e senza pregiudicare la prosecuzione degli affari.
Quando mi comunicò tre anni dopo che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno da lavoratore autonomo, non ne fui sorpreso e fui contento per lui.
Morto un papa se ne fa un altro, anche se negli anni ricordo la sua figura di alieno in un mondo non suo come quella di una persona versatile, umile, che ha saputo far suo un lavoro che per cui non era portato facendosi apprezzare da quelli che sapevano come prenderlo.
Sono rimasto sorpreso quando mi ha chiesto di scrivere una prefazione a questo strano libro, che gli è servito per lasciare un suo punto di vista su quanto gli era accaduto negli ultimi cinque anni. Scavare nei meandri dell’anima non è facile, credo che lui abbia operato al meglio delle sue possibilità dando alle stampe questo libriccino.
In bocca al lupo Giovanni.
Egon Weiss
Capitolo 1
A volte la vita ti riserva delle sorprese, a volte ci mette con le spalle al muro e non sappiamo a che santo appellarci per andare avanti, sempre che si abbia la fortuna di credere nella Provvidenza e confidare in quel Qualcuno.
Qualcuno, sia detto per inciso, che fino a quel momento era sempre stato apparentemente dedito a fare dell’altro negli ultimi anni.
La fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo, almeno nel mio caso.
Quel giorno di miseria radiosa pioveva pure a dirotto ed ero al quinto piano di un grigio ospedale di periferia.
Il medico, con fare totalmente distaccato e freddo, mi disse con nonchalance e con un lampo luciferino negli occhi:
"Lei ha l’artrite reumatoide, per questo si sente male quando si alza la mattina, ma non si preoccupi, oggi non è come