Sfumature
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Anteprima del libro
Sfumature - Laura Bartolini
-1943
L’amore agro
1 – Luigi cammina con passo spedito. Ogni mattina compie lo stesso percorso, da casa alla stazione, dove il regionale lo porta a Parma. È un uomo di quarantaquattro anni, alto, magro, occhi neri e folti capelli che vanno ingrigendo alle tempie. Una latente timidezza lo fa camminare con lo sguardo rivolto a terra, lungo la solita strada dove quel giorno il vento gioca con un sacchetto di plastica. Tira brevi boccate di fumo e si passa spesso la mano tra i capelli, mentre con l’altra sistema lo zaino portato sulla spalla sinistra che tende a scivolare. Butta la cicca in terra e la schiaccia con la punta del piede. Si mette in fila sulla banchina insieme agli altri. Nel giro di pochi minuti, l’altoparlante annuncia il treno 6664 che da Fidenza transita per Parma. In mezzo al fragore della frenata e all’odore del metallo surriscaldato, si affretta e con uno slancio sale i tre gradini. Dà un’occhiata allo scompartimento di destra, dove si siede di solito vicino al finestrino. Appoggia lo zaino nel posto accanto per evitare che qualcuno gli si sieda vicino, lo apre e tira fuori il libro che sta leggendo; così ogni mattina inganna il tempo di quella mezzora di viaggio. Si mette comodo, allungando le gambe sotto il sedile davanti e inizia a leggere. Dopo una decina di minuti, alla fermata successiva, una stazioncina scalcinata, i muri aggrediti dalle erbacce, una panchina di legno quasi marcita dalla pioggia, salgono alcune persone. Luigi non alza neppure gli occhi, continua la lettura e non si ferma neppure quando lo scalpiccio di coloro che salgono si fa intenso.
«Posso?» Una voce squillante lo strappa dalla sua quiete. Si volta e si trova davanti una giovane donna che sorridendogli indica il posto accanto a lui. Luigi annuisce col capo e toglie lo zaino. Nel movimento improvviso gli cade il libro. La donna lo raccoglie, lo trattiene un attimo guardando la copertina.
«La ragazza di Bube, Cassola» dice e glielo porge. Luigi la guarda stupito. Il treno sferragliando riprende la sua corsa.
2 – L’officina meccanica è poco distante dalla stazione, Luigi col suo passo svelto in pochi minuti ci arriva. Il proprietario è Domenico, Mimmo per tutti, un calabrese che negli anni Cinquanta, spinto dalla mancanza di prospettive, abbandonò il suo piccolo paese e emigrò. Sapeva aggiustare i motori e questo decise che dovesse essere il suo lavoro, lassù, al nord. I primi anni furono duri, guadagnava appena di che mangiare, serbava ogni soldo che poteva. Nella sfortuna di suo fratello, quando Vito rimase vedovo per la morte improvvisa della moglie, trovò un aiuto. Domenico tornò di corsa al paese e tanto disse e tanto fece, che lo convinse a farsi dare un prestito. «Vedrai» gli diceva «in pochi anni ti rendo il capitale e gli interessi.» Mimmo affittò un capannone, dopo un anno con i guadagni riuscì a comprarlo e le cose presero il verso giusto. Un nuovo benessere stava allentando le maglie della miseria. Intanto la moglie e il figlio l’avevano raggiunto e l’Officina Bonfiglio si era fatta la sua clientela.
A suo figlio ripete che con l’ignoranza non si va avanti e che serve al padrone per tenerti schiavo, e in base a questo suo fondamentale principio lo ha costretto a studiare; Pino detto Uccio frequenta con grande indolenza e senza convinzione una scuola tecnica.
L’officina è un largo stanzone ingombro di vecchi pneumatici e pezzi di ricambio. Sui lunghi scaffali si possono vedere lattine d’olio per i motori, scatole di candele e altri prodotti, alla rinfusa. In mezzo stazionano due o tre autovetture con il cofano aperto, in attesa di essere riparate. Al muro un poster raffigura una Alfa Romeo e un altro mostra una bella bionda in bikini che beve un amaro. Dopo aver salutato, Luigi si sdraia su un carrello con i cuscinetti, con quello va fin sotto il motore e facendosi luce con una lampada a gancio comincia a svitare la coppa dell’olio.
«Controlla anche i semiasse, dice che fanno rumore!» gli urla Mimmo. «E gli ammortizzatori!»
Luigi ammattisce per svitare quei grossi bulloni, quando ci è riuscito pone una bacinella sotto la coppa, e fa uscire l’olio vecchio. Al suono della campanella che annuncia la fine del lavoro della mattinata, Luigi si meraviglia di come sia passato in fretta il tempo. Una porticina sul fondo nasconde un cesso alla turca e un lavandino sbreccato, su un piattino vecchio c’è il sapone e la lisciva con i quali Luigi cerca di togliersi la morchia dalle mani. Dopo aver mangiato una frittata dentro a due fette di pane, e aver bevuto una lunga sorsata d’acqua, si accende una nazionale. Sputa il primo péscolo di tabacco che gli s’incolla alle labbra secche e va verso Mimmo, che sta bevendo del caffè da un thermos. Mentre Mimmo ne porge un bicchierino a Luigi, lui gli accende una nazionale e gliela porge.
«L’hai cercato ancora il carburatore, poi?» gli domanda. Mimmo espelle il fumo e fa no con la testa.
«Non ho avuto l’occasione, tanto devo andarci dal Paini, vedrai che te lo trovo.» Sono uniti dalla passione per le moto. Luigi ne ha una, che era di suo padre, e che cura come una reliquia, una Guzzi 500 Falcone versione turismo.
«Ma ti ricordi qual era? Che sia quello giusto, te lo avevo fatto vedere il modello...»
Mimmo annuisce, butta la cicca in un bidone vuoto, dopo qualche momento di silenzio si rimettono al lavoro.
3 – Quando entra in cucina la sua attenzione è colpita da un foglio di carta bianco appoggiato al fiasco del vino rosso, sulla tavola apparecchiata con una tovaglia d’incerato verde. A caratteri grandi e con calligrafia scomposta c’è scritto, ‘sono a casa dell’Emilia’. Accanto, due piatti a conchiglia, coperti dal tovagliolo. Li scopre e vede la pasta col sugo di carne. È stanco ed è contento che Nicoletta sia fuori, a giocare a carte con le sue amiche, le comari velenose, come le chiama lui. Almeno può stare in silenzio o guardarsi un telegiornale senza i continui commenti della moglie. Dopo essersi lavato, si siede in cucina e divora la pasta con quattro forchettate. Si mesce un bicchiere di vino e si accomoda sul divano davanti al televisore, tirando profonde boccate dalla sigaretta, con soddisfazione, finché si addormenta.
Gli sembra di dormire da cinque minuti quando sua moglie lo risveglia scuotendolo per una spalla: «Dai mo’, vai a letto ch’è tardi! Dio bonino, che t’addormenti come i vecchi!»
Luigi si tira in piedi, va verso la camera da letto, si sdraia e riprende a dormire. Un attimo prima, ha un secondo di angoscia, un malessere, come un rigurgito dell’anima. Da qualche parte il suono di un’ambulanza strappa il silenzio.
4 – Intanto maggio è arrivato, le temperature si sono alzate e Luigi sente che la bella stagione è alle porte. Dentro di sé esulta, belle gite in moto e pesca sul fiume, basta con i lunghi pomeriggi domenicali piovosi e freddi. Va giù in cantina, dove sono sistemate bottiglie di vino, scatole con vecchie scarpe e altri oggetti, cose inutili che andrebbero buttate. In fondo è situato il suo banco da lavoro, con attrezzi, un trapano, le punte, cacciaviti di varie misure, valvole. Attrezzi per le riparazioni di casa, un ciuffo di canapa, carta vetrata, dadi, viti. Alla fine del banco, lungo il muro, c’è sistemata la sua moto, che tiene sempre coperta da un telo.
Aspetta che Mimmo gli trovi il carburatore originale, e Mimmo, che conosce chi vende pezzi di ricambio a buon prezzo, gli ha promesso che lo troverà. Tira via il telo e la Guzzi Falcon appare nella sua bellezza con il lungo tubo di scappamento lucido che spicca nell’insieme. Rossa con le rifiniture cromate, con la sella quasi nuova. Con uno straccio morbido, piano piano, prende a spolverarla.
Dall’alto gli arrivano le voci di Nicoletta e delle sue amiche, che ogni domenica pomeriggio, a casa dell’una o dell’altra, si ritrovano a giocare a carte. Rimane sempre sorpreso dall’animosità che mettono nel gioco, l’Emilia, l’Elvira, la Rita, che se le vedi a messa, sembrano tutte sante, con le carte in mano si trasformano in belve per un punto da assegnare. Intanto la mette in moto e ascolta il rombo regolare, il minimo è perfetto, dà due o tre sgassate e poi la spenge, altrimenti sa con certezza che sentirebbe la voce adirata di Nicoletta per la quale quel rombo perfetto è solo un rumore insopportabile.
Quando ritorna su in casa, Nicoletta lo guarda esasperata.
«Non ci posso credere! Oggi è domenica, capito? E tu stai giù a fissare quella moto neanche fosse un altare!»
Fa due passi su se stessa e poi: «Ma dio bonino, possibile che non ci hai altro per la testa? E io che non faccio altro che lavare tute e camicie sporche d’unto! Corri a lavarti, va’, che mi fai uscir fuori dai gangheri!» Luigi si affaccia alla finestra e si rende conto che deve esser piovuto.
5 – Distante molti isolati da quel quartiere, in un piccolo appartamento di ringhiera, su di un tavolo sono sistemati due piatti, due bicchieri, due forchette e una bottiglia d’acqua e le due bustine dell’Idrolitina. Sandra guarda giù nel cortile lo scrosciare improvviso di un violento temporale che lava le pietre. Una sveglia appoggiata sul mettitutto emette un ticchettio snervante. Segna le tre del pomeriggio. Si avvia verso la stanza di sua figlia e, dopo aver aperto la porta, si avvicina al letto. Susanna è rinvoltolata nelle coperte, s’intravedono i capelli, la nuca. Le tira giù la coperta dal viso, il sonno le conferisce un’innocenza inconsueta. Sente il pianto crescerle in gola e bruciarle gli occhi. Vorrebbe poterla abbracciare e in quell’abbraccio ristabilire un dialogo, un punto di contatto semplice e potente. Ma sa di non poterlo fare, un gesto così spontaneo le è negato. Sua figlia si sveglierebbe e in malo modo gliene chiederebbe la ragione. «Perché mi hai svegliato?!!» con quella sua voce rauca e sgraziata quando vuole essere cattiva con lei.
Non è stata in grado di offrirle una vita migliore, a sua figlia. Eppure non ha guardato ai natali o alle pasque, ha fatto molti lavori, tutti umili perché non ha studiato ma ha accettato di tutto pur di dare a sua figlia quello che i bambini si aspettano dai genitori. Perché Susanna non si sentisse inferiore agli altri. Ma non è servito a renderla una ragazza serena. È ombrosa, volubile, ribelle. È nata con la parola no in gola, è la