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Un viaggio tutto italiano tinto di rosa
Un viaggio tutto italiano tinto di rosa
Un viaggio tutto italiano tinto di rosa
E-book140 pagine2 ore

Un viaggio tutto italiano tinto di rosa

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Info su questo ebook

Un giovane napoletano, laureatosi in architettura all’Università Federico Il di Napoli con 110 e lode, intraprende la carriera di insegnante di tecnologia. Come primo incarico viene destinato a una scuola media di una piccola città della Sardegna nord-orientale. Il viaggio per raggiungere la sede è pieno di peripezie. Fra le varie avventure vissute non manca l’incontro amoroso, avvenuto sul traghetto, con una signora sarda che gli lascia in bocca il dolce e l’amaro. Anche sull’isola le sorprese non mancano mai. Deve superare non poche difficoltà, compresa una perfida iniziativa di un pretendente del luogo, prima di arrivare a rivedere e conquistare definitivamente la donna. Tutto questo accade proprio a lui, che è sempre riuscito a non farsi coinvolgere dai sentimenti. Molto probabilmente è giunto il suo momento.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2018
ISBN9788865377451
Un viaggio tutto italiano tinto di rosa

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    Anteprima del libro

    Un viaggio tutto italiano tinto di rosa - Antonio Formicola

    rosa

    Prefazione

    Ho deciso di scrivere questo libro, arricchendolo con fatti vari, per dare sollievo, in particolare, a coloro che giornalmente vivono situazioni di stress in genere. Voglio precisare che ogni riferimento a eventi o nominativi di persone, pur rappresentando l’attuale realtà quotidiana è puramente casuale, essendo soltanto frutto della mia fantasia. Anche alcune località sarde sono figlie della mia immaginazione.

    Capitolo 1

    Enzo Amoringo, un bel giovane moro, nato a Napoli e residente a Portici (NA), frazione Bellavista, a seguito di superamento di un concorso pubblico fu destinato come insegnante di tecnologia a una scuola media di una piccola città della Sardegna Nord-Orientale. La presentazione all’istituto scolastico per intraprendere la sua carriera era fissata per la mattinata del primo di settembre. La partenza del treno da Napoli Centrale per Roma Termini, per poi proseguire con un altro convoglio per Civitavecchia, quale luogo di imbarco sul traghetto per Olbia, era prevista per le ore 16:30 del giorno precedente. Enzo, considerando che il tratto Bellavista-Napoli veniva effettuato dai mezzi pubblici normalmente in mezz’ora o tre quarti d’ora, essendo previdente, decise di avviarsi con largo anticipo, perciò alle ore 13:30 del 31 agosto partì con un filobus.

    Alla fermata lo accompagnarono la mamma Angela Cargiulo, il papà Antonio e due amici d’infanzia: Ciro Russo e Gaetano Esposito. Con sé portava una valigia trolley rigida con dentro, oltre alla biancheria e l’occorrente per la cura della persona, tanti buoni prodotti del Sud (melanzane sott’olio, peperoni, mozzarella di bufala, pane, olive verdi, nere di Gaeta e schiacciate piccanti), che la nonna materna Lucia Gallo, con tanto amore, gli aveva preparato. La carica di entusiasmo che teneva dentro era esplodente, in quanto stava andando a svolgere il lavoro che aveva sempre sognato, per il quale si era impegnato moltissimo nello studio, laureandosi in architettura con 110 e lode all’Università Federico II di Napoli.

    Dopo alcuni minuti dall’inizio del viaggio, in località Riccia, proprio nell’incrocio a ‘T’, il traffico si era appena bloccato per un incidente senza feriti verificatosi tra due autovetture. Si capiva benissimo che il conducente di quella che precedeva il mezzo pubblico, nel girare a sinistra in direzione di Ercolano, aveva omesso di dare la precedenza all’altra che proveniva da destra. Però, siccome nei sinistri stradali quasi tutti i protagonisti sono convinti di avere ragione, o non vogliono assumersi le responsabilità che ne conseguono, non liberarono la strada e chiesero l’intervento della Polizia Municipale per i rilievi. Fino all’arrivo degli agenti, comunque tempestivo, i due automobilisti, entrambi molto giovani, fecero in tempo a scambiarsi tre o quattro pugni. Uno dei due guidatori, proprio colui che aveva allungato le mani per primo, che fra l’altro era in torto, perdeva sangue dal naso, perciò i vigili dovettero chiedere l’invio di un’autoambulanza per il suo trasporto presso un pronto soccorso della zona. Dato il clima rovente che si era creato, gli agenti chiesero al loro comando la presenza di altre due pattuglie per evitare che la breve scazzottata degenerasse in una vera rissa tra tutti gli occupanti delle due automobili, in totale sette ragazzi. Nel giro di pochi minuti giunsero le due macchine della Polizia Municipale. Intanto che i vigili procedevano con i rilievi, tenendo d’occhio i due gruppetti avversi, arrivò l’autolettiga con i volontari, che prelevarono il ferito, il quale si teneva un fazzoletto sul naso per fermare un po’ l’epistassi, e seguita da una delle due autoradio richieste in appoggio, partì in direzione del capoluogo campano.

    Ripristinata la circolazione, dopo i previsti accertamenti, la filovia riprese la marcia svoltando a destra per proseguire nel suo itinerario; frattanto era trascorsa già mezz’ora dalla partenza. In circa 10 minuti, tra una fermata e l’altra, il veicolo si era riempito. Moltissime persone erano in piedi, sembravano tante acciughe stipate. L’architetto, per fortuna, aveva trovato il posto a sedere davanti, lato destro, ma si sentiva un po’ incastrato; in più aveva una giovane signora molto in carne, non tanto alta, che spinta involontariamente dagli altri, nel tran tran, gli andava addosso continuamente, colpendolo con il suo abbondante seno alla spalla sinistra. Ciò non gli dava assolutamente fastidio, però pensando all’imbarazzo della donna, avrebbe voluto alzarsi per cederle il posto, ma in quel momento era molto difficile effettuare l’operazione, perciò dovette rinunciare e subire i morbidi colpi. Arrivati a San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli, dalla parte posteriore del mezzo, una signora, ad alta voce, invitò l’autista ad arrestare la corsa e tenere le porte chiuse, in quanto si era accorta che le avevano appena rubato il portafoglio dalla borsa.

    Il conducente, probabilmente con una lunga esperienza in materia, subito fermò il filobus e disse: Se tra i passeggeri vi è qualche appartenente alle forze di polizia, faccia la cortesia di intervenire.

    Un uomo, nel mentre, qualificatosi brigadiere dei Carabinieri, che in borghese stava andando a Napoli per iniziare il proprio turno di servizio, si era già fatto avanti e aveva individuato le responsabili del furto. Si trattava di due ragazzine nomadi, di colorito scuro, occhi e capelli neri, davvero belle, forse erano sorelle; vestivano molto bene, sicuramente per confondersi con l’ambiente e non dare sospetti sulla loro attività delinquenziale. Il sottufficiale riuscì a convincere le piccole ladre a consegnargli la refurtiva, evitando così un frugamento o addirittura una vera perquisizione. Poi con il proprio cellulare, chiese alla sua Centrale Operativa l’intervento di un adeguato automezzo militare per raggiungere la stazione dei Carabinieri più vicina, unitamente alle minorenni e la derubata. Dopo 5 minuti giunse un carabiniere con un pulmino dell’Arma, sul quale salirono i quattro per essere trasportati presso il locale comando per le formalità di rito.

    Durante il trasbordo da un veicolo all’altro, Enzo sentì il brigadiere che diceva al collega arrivato in soccorso: Ci risiamo.

    Che cosa vuoi dire?

    Significa che le due rom non hanno documenti, indubbiamente sono di età inferiore ai 14 anni e i genitori per non essere identificati e denunciati non si fanno avanti per prenderle in affidamento. Motivo per cui bisogna accompagnarle in una comunità, da dove, entro questa sera o al massimo durante la notte, se ne andranno alla chetichella.

    Il futuro professore pensò: In questi casi gli operatori di polizia certamente sono costretti ad assumere, in silenzio, una vera overdose di rabbia, perché consapevoli di dover sbrigare tanto lavoro per niente, mentre potrebbero impiegare il proprio tempo nell’attività preventiva o investigativa.

    Immediatamente dopo la filovia ripartì, ma nel frattempo erano passati altri 20 minuti ed era ancora a metà tragitto. Per un altro quarto d’ora tutto proseguì normalmente, anche il mezzo si era svuotato abbastanza, però a un tratto, a circa due chilometri dalla stazione di Napoli Centrale, il filobus si fermò nuovamente e subito si sentirono le sirene dei mezzi di soccorso e poi un via vai di Vigili del Fuoco, autoambulanze e personale delle forze dell’ordine.

    Dopo alcuni minuti si avvicinò un dipendente dell’azienda dei trasporti, in divisa, e disse al suo collega autista: Pochi minuti fa si è aperta una profonda voragine proprio al centro della strada; sono rimasti intatti soltanto i marciapiedi, quindi si può procedere solamente a piedi in fila indiana e rasenti alle facciate dei palazzi. Durante il cedimento sono finite nella grossa buca due automobili e una moto che in quel momento stavano transitando. Ci sono dei feriti, forse anche un morto, credo che sia un signore anziano. I pompieri stanno recuperando dall’enorme cavità i mezzi e le persone coinvolte, otto o nove. Gli agenti della Polizia Municipale, sia all’inizio che alla fine della via, la quale è a doppio senso di circolazione, per evitare la paralisi completa di questa parte della città, stanno deviando il traffico su altre strade.

    Poi l’uomo in uniforme, rivolgendosi ai passeggeri, continuò dicendo: Voi potete stare tranquilli. Ora arriva un pullman sostitutivo all’altra parte della voragine per proseguire la corsa fino al capolinea. Purtroppo ci vuole un po’ di pazienza; tutti sappiamo che a Napoli i cedimenti sono frequenti.

    Da parte degli utenti, un poco per la curiosità di vedere da vicino la grossa buca e un po’ perché conoscevano bene la situazione sotterranea della città, non ci fu alcun commento. Dopo circa dieci minuti arrivò l’autobus e come disposto dal tranviere, senz’altro un controllore, tutti i passeggeri, in modo ordinato, si trasferirono sul nuovo mezzo di trasporto, che riprese la marcia. Per quasi due chilometri il viaggio proseguì normalmente, anzi anche troppo scorrevole, tanto da non sembrare vero. Però in corso Garibaldi, a pochissimi metri dall’omonima piazza, quindi a poche centinaia dalla stazione, il traffico si bloccò di nuovo. L’ingorgo questa volta era stato causato dal passaggio del funerale di un famoso personaggio napoletano che attraversava il piazzale. La bara, in legno di noce nostrano lucido, veniva trasportata da un’enorme carrozza in stile barocco napoletano, tirata da sei maestosi eleganti cavalli con il mantello nero corvino, diligentemente bardati; era un bellissimo tiro a sei. Il loro passo regolare e cadenzato era sicuramente invidiabile da ogni buon marciatore. Il conducente, un uomo di mezza età, austero, pallido, vestito di nero, con in testa un cilindro nero, completava bene lo scenario mortorio.

    Il corteo funebre era formato da almeno 2.000 persone. A questo punto Enzo, preoccupato per il ritardo accumulato, con il consenso dell’autista, assieme con altri, scese dal pullman e tirandosi dietro la pesante valigia a rotelle raggiunse la vicina piazza Garibaldi, ove voltò a destra e dopo aver dato un ultimo sguardo ai sei imponenti equini, a passo svelto si avviò verso la ferrovia. Poco più avanti, passando davanti a un chiosco mobile per la vendita delle bibite, ornato di festoni di grossi limoni con foglie verdissime, avrebbe tanto voluto fermarsi per 5 minuti ad asciugarsi bene il sudore che gli inondava il viso e sorbire una fresca spremuta per dissetarsi, ma per non perdere altro tempo preferì tirare dritto.

    Dopo circa 50 metri, vide che davanti a sé un signore distinto si staccò da un gruppetto di persone e con una valigetta marrone tenuta sotto il braccio sinistro, inseguito da un poliziotto, correva verso di lui. Lo sconosciuto, incrociandolo, inavvertitamente, anche a causa del marciapiede affollatissimo, lo urtò con la spalla destra, facendolo terminare al suolo unitamente al trolley, continuando la sua corsa. La caduta fu a effetto domino, in quanto, dalla

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