Le avventure della scopa Saggina
Di Daniela Mele
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Info su questo ebook
L'AUTRICE
Daniela è nata a Cagliari il 27 Marzo del 1975. A 27 anni, dopo aver interrotto gli studi in giurisprudenza e fatto alcune esperienze lavorative, lascia tutto per trasferirsi a Londra. È durante un corso di Inglese che scopre, grazie al suo insegnante Peter, la magia di creare una storia. Dopo aver perfezionato la lingua, intraprende un corso di laurea in Comunicazione e Produzione Cinematografica, con una specializzazione in Sceneggiatura. Il cuore però la riporta in Sardegna, dove collabora a diversi progetti interculturali. Durante un soggiorno in Toscana incontra, abbandonata in un viale, una scopa di bambù che lei e la sua amica Sara decidono di portare via. Entrambe, la scopa e l'amica, hanno ispirato la nascita di questa storia. Al momento Daniela sta concludendo un corso di professional editing e scrivendo il suo secondo libro.
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Anteprima del libro
Le avventure della scopa Saggina - Daniela Mele
DANIELA MELE
LE AVVENTURE DELLA SCOPA SAGGINA
AMICOLIBRO
Daniela Mele
Le avventure della scopa saggina
Proprietà letteraria riservata
l’opera è frutto dell’ingegno dell’autore
© 2018 AmicoLibro
Vico II S. Barbara, 4
09012 Capoterra (CA)
www.amicolibro.eu
info@amicolibro.eu
Prima Edizione
ottobre 2018
PREFAZIONE
La Scopa Saggina
Saggina e Sarina
La magia di Saggina
Avventure di una scopa
Come nascono le scope
Ringraziamenti
A Luna Eleonora,
l’allenatrice della mia fantasia
PREFAZIONE
Quando è arrivata non potevo credere ai miei occhi.
Ovviamente, non era la prima scopa in erica che vedevo, ma lei emanava una luce che la rendeva speciale.
L’uomo che me la consegnò però, sembrava non essersene accorto; mi disse solo di prendermi cura di lei e di non lasciarla mai. Quando andò via, il suo sguardo era triste e desolato e fui tentato di dirgli che non avrebbe dovuto lasciare la scopa, perché lei poteva aiutarlo.
Ma non è mia abitudine intromettermi nelle decisioni altrui, soprattutto se sono, come in questo caso sembrava, molto sofferte.
È ormai da molti anni che Saggina vive con noi al parco e anche se lei non lo sa, io conosco il suo segreto.
La sua magia è portentosa e la vedo espandersi attorno a lei, alle cose, agli animali e anche alle persone che frequentano il parco.
Faccio di tutto per agevolare la sua voglia di libertà e di scoperta, lasciandola fuori il più possibile, ma devo stare attento a che gli altri attrezzi non se ne accorgano, sennò diventerebbero gelosi e renderebbero la sua vita molto difficile.
Sento che presto arriverà il momento in cui Saggina realizzerà il suo destino e magari sarò io stesso ad accompagnarla in giro per il mondo. Ormai sono un vecchietto, ma ho ancora tanta energia e voglia di avventura e siccome tra un po’ di tempo smetterò di lavorare, voglio portare Saggina con me.
Ah! Se vi state chiedendo come fa una scopa di erica a chiamarsi Saggina eccovi la risposta.
Dovete sapere che io vengo dal Piemonte e che mio nonno era un artigiano di scope saggine. È per rendere onore alla memoria di nonno Alberto che ho deciso di darle questo nome e anche per la sua saggezza.
Ma capirete meglio quando arriverete alla fine di questa avventura, quindi non perdete tempo e girate pagina!
Con affetto
Annibale, il custode del parco
La Scopa Saggina
C’era una volta una scopa e, sicuramente, non era una scopa come tutte le altre.
Non sapeva esattamente di che cosa era fatta, ma ciò che era certo è che tutti la chiamavano Saggina ed era questo il nome a cui si sentiva di rispondere.
Saggina viveva da moltissimo tempo in una città chiamata Lucca e lo sapeva non perché avesse studiato geografia o altro, l’aveva semplicemente dedotto dai discorsi della gente che andava a passeggiare nel parco pubblico dove abitava.
Il suo arrivo, tanti anni prima, aveva trasformato anche gli altri attrezzi da lavoro e persino i lampioni, il cancello e la recinzione furono, da quel momento, in grado di comunicare l’un l’altro. Il parco così si era animato di un continuo chiacchiericcio che nessun altro però poteva sentire.
Scopa Saggina non ricordava niente delle sue origini, ma era certa di essere venuta al mondo per una ragione ed era determinata a scoprire quale fosse.
Saggina avrebbe potuto percorrere i viottoli e i sentieri del parco anche a occhi chiusi; sì, possiamo dire che conosceva quel recinto verde come le sue tasche, anche se, ovviamente, di tasche proprio non ne aveva.
Si alzava molto presto la mattina e passava le sue giornate con un vecchino simpatico e chiacchierone di nome Annibale a spazzare vialetti e marciapiedi o a sfuggire alle grinfie di cani dispettosi che cercavano di morderla o, peggio, innaffiarla quando si riposava al sole.
Ben pochi sapevano che Saggina era capace di muoversi da sola; anche se, in realtà, il suo non era proprio un camminare, visto che non aveva le gambe: si trattava piuttosto di un saltellare veloce a cui lei si abbandonava più spesso di quanto non fosse opportuno, visto il rischio di essere scoperta.
Ma non le piaceva essere rinchiusa, quando veniva la sera, dentro