Stonewall: Il canto di una liberazione
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Anteprima del libro
Stonewall - Carlo Scovino
scampo
Prefazione
Marina Malgeri
Una delle prime immagini a cui il termine liberazione può rimandare è lo schiavo che, sciolto dalle catene che lo tenevano prigioniero, comincia a vivere una vita non più caratterizzata dalla soggiogazione del padrone nei suoi confronti.
Libertà è un termine connesso ai concetti di autodeterminazione, autonomia e capacità di scelta e oggi è un diritto umano il più delle volte riconosciuto in sempre maggiori ambiti delle esistenze degli individui, almeno nel mondo occidentale.
Quando si parla di liberazione, inevitabilmente si fa riferimento a un cambiamento di una condizione che da oppressa diventa slegata da vecchi vincoli e proibizioni. Il termine si è poi declinato in diversi ambiti, da quello sociale a quello morale, addirittura anche finanziario, mantenendo tuttavia la stessa connotazione di passaggio da uno status ad un altro.
Il testo che segue questa introduzione non è rivolto a un pubblico specifico: è probabile che possa entrare a far parte della letteratura LGBTIQ+, ma ciò non vuol dire che il pubblico stesso dovrà essere ristretto a questa fascia, o perlomeno questa non è intenzione dell’autore. In ogni caso, vorrei che le persone a cui questo testo arriverà si mettessero nell’ottica di star leggendo un libro che tratta di una delle tante liberazioni di cui siamo circondati, quella legata a uomini e donne e transgender che hanno vissuto la loro libertà sessuale e di genere in maniera oppressiva e che, stanchi di sentirsi divisi, schiacciati e perseguitati, si sono ribellati avviando un processo rivoluzionario in grado di condurli alla conquista di spazi di libertà e di uguaglianza (ma non di omologazione).
I Moti di Stonewall hanno dato il via ad una coscientizzazione (il termine viene ripreso da Paulo Freire il quale lo utilizza in sostituzione di «presa di coscienza» per indicare il metodo pedagogico che permette all’essere umano di riscoprirsi riflettendo sul processo della sua esistenza) di massa in grado di rivendicare il diritto a essere se stessi, a poter amare, desiderare sessualmente, provare interesse o piacere con persone dello stesso sesso, a non sentirsi appartenenti al proprio sesso biologico, ad avere il desiderio di volere essere diversi e la facoltà di poter esprimere il proprio pensiero.
Per anni il mondo occidentale, quello che Goliarda Sapienza definiva «la ferocia del dogma», ha chiuso, ghettizzato, criminalizzato e reso patologica l’omosessualità, creando e legittimando comportamenti di esclusione e mal comprensione, diagnosi e colpevolizzazioni, danni morali, sociali e psicologici che ancora oggi sono visibili.
A voi lettori auguro di cogliere attraverso le parole di Carlo Scovino quale vero significato hanno portato nel mondo che noi oggi conosciamo i Moti di Stonewall, una battaglia combattuta non solo contro uno Stato e/o un oppressore politico, ma contro un senso comune dilagante che imponeva, e ancora impone, un solo modello di società e di conseguenza un solo modello di vita per i singoli dal quale i deboli e i diversi da sempre sono esclusi.
Paulo Freire, pedagogista e attivista politico tra i più noti del XX secolo, nei suoi saggi parla di rivoluzione amorosa, dal portoghese revuloção amorosa (quest’ultimo termine viene tradotto in italiano con il significato di «affettuoso, affezionato»). Il concetto di rivoluzione amorosa secondo l’autore concerne la rivoluzione autentica che è sempre mossa dall’amore verso l’altro e verso il mondo, che pretende coraggio, flessibilità, apertura mentale e che è capace di generare atti di libertà grazie all’impegno per una causa. Stonewall non ha rappresentato solo una rivoluzione per l’amore, ma anche una rivoluzione di amore, perché caratterizzata da quegli aspetti di vicinanza, lotta e rivendicazione della propria esistenza contro l’incomprensione, l’esclusione, l’ignoranza e il bigottismo. A chi si chiede perché i Pride debbano essere così appariscenti, colorati e nudi (nel senso che mettono a nudo le contraddizioni della società borghese) rispondo che chi ha dovuto tenere la propria identità di genere e sessuale così nascosta per anni ha bisogno di affermarsi rendendo visibile in una grande manifestazione l’oggetto della sua oppressione. Il Pride comunica che è finito il tempo della vergogna, delle relazioni segrete, del nascondimento e della frustrazione.
La lotta contro l’omofobia non è conclusa.
Non illudiamoci che, essendo trascorsi oltre cinquant’anni, tutto sia diverso e le problematiche legate alla discriminazione siano relegate ai decenni passati.
Al World Gay Pride di New York del 2019, al quale ho partecipato insieme a un gruppo di amici e che è celebrato insieme al cinquantesimo anniversario dai Moti di Stonewall, sono riuscita a respirare un’aria di festa, accettazione e orgoglio e i tre milioni di persone che hanno sfilato hanno dato un significato di forza al movimento: questo è quello che ho visto.
Lo spaccato che quotidianamente vivo, tuttavia, mi dice altro: uomini e donne che ancora nutrono paura, la quale a sua volta conduce al ripudio dell’omosessualità; genitori che non accettano i loro figli; persone, in particolare giovani, che faticano a essere supportati e che come tutti i giovani senza una guida rischiano di trovarsi in situazioni di sfruttamento e di pericolosità; uomini politici che ancora inneggiano alla famiglia tradizionale (senza specificare di quale famiglia stiano parlando), fornendo modelli discriminatori e poco tutelanti nei confronti delle minoranze; sguardi di disprezzo e/o insulti a uomini con atteggiamenti effeminati o a donne che camminano mano nella mano; esclusione sociale e lavorativa.
Spero che i lettori che leggeranno questo libro, ispirati dalla Liberazione che Stonewall ha rappresentato, possano continuare a credere che un mondo migliore è possibile e che è necessario continuare a considerare le tematiche LGBTIQ+ come una lotta per i diritti umani di tutte e di tutti.
A conclusione cito la dichiarazione rilasciata dal difensore dei diritti umani colombiano Juan Pablo Ordonez
… la difesa dei diritti umani degli omosessuali solo da parte degli omosessuali è improponibile – nella migliore delle ipotesi li pone in pericolo di morte. La lotta deve essere sostenuta da fuori, da coloro che non subiscono il clima ostile di questa società…
Io ci sono.
Introduzione
Prima di introdurre la riflessione su questo testo, mi corre l’obbligo di condividere con il lettore alcune note sui termini che verranno utilizzati.
Il linguaggio e la terminologia nell’area della sessualità possono presentare elementi di problematicità, perché le auto-percezioni e le autoidentificazioni delle persone possono variare ampiamente da cultura a cultura, così come al loro interno.
Molti donne e uomini, la cui principale attrazione o condotta emotivo-sessuale è nei confronti delle persone dello stesso sesso, non si identificano necessariamente come lesbiche o gay, per molte ragioni. Alcuni possono identificarsi con altri termini analoghi che sono più significativi nel loro particolare contesto culturale e altri potrebbero non vedere la loro sessualità come una base su cui costruire un’identità, o potrebbero trovare difficoltà ad applicare un’etichetta fissa alla loro sessualità.
In questo testo le espressioni lesbica e gay vengono usate perché sono i termini inglesi più comunemente utilizzati nel discorso internazionale sui diritti umani. Tuttavia, non si intende in alcun modo ignorare la diversità di altri termini e identità, né negare le connotazioni culturali associate a questi due termini. L’orientamento sessuale è qui usato per indicare la direzione dell’attrazione o della condotta emotivo-sessuale che può manifestarsi nei confronti di persone del sesso opposto (orientamento eterosessuale), verso persone di entrambi i sessi (orientamento bisessuale) o verso persone dello stesso sesso (orientamento omosessuale).
Il termine transgender si riferisce a persone che sperimentano un’identificazione psicologica con il sesso biologico opposto che può essere profondo e irresistibile e che può portare alcuni a cercare la riassegnazione di genere attraverso procedure mediche. Questo è generalmente considerato come un problema riguardante l’identità di genere di una persona piuttosto che il suo orientamento sessuale. Tuttavia, i modelli di discriminazione e abuso contro le persone transgender sono strettamente collegati a quelli vissuti dalle persone non eterosessuali. Sempre più spesso le lesbiche, i gay, gli uomini e le donne bisessuali e transgender conducono insieme campagne di informazione e di abolizione delle discriminazioni come parte di una battaglia comune. Tali azioni vengono definite come diritti LGBTIQ+, o diritti delle minoranze sessuali. Nell’interesse della leggibilità del testo e al fine di rispettare la ricchezza della terminologia, in questo saggio viene utilizzata una varietà di espressioni, in gran parte intercambiabili (per esempio la definizione diritti umani lesbici e gay dovrebbe essere letta come abbreviazione dei diritti umani delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
Le etichette sono per l’abbigliamento e non sono per le persone
(Martina Navratilova, campionessa di tennis)
In questo testo verrà usato l’acronimo LGBTIQ+ anche se nella letteratura internazionale sui diritti umani e in altri documenti ai quali ho attinto la lettera Q seguita dal segno + appare raramente.
Alla fine del secolo scorso, il drammaturgo irlandese Oscar Wilde fu mandato in prigione per quello che fu eufemisticamente chiamato «l’amore che non osa pronunciare il suo nome». Nel corso del ventesimo secolo i tabù che circondavano l’omosessualità sono stati sfidati. Le successive generazioni di individui hanno rifiutato di accettare vite di auto-negazione, vergogna e invisibilità; hanno avuto il coraggio di parlare alle loro famiglie, ai loro amici e alla comunità. Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per il loro coraggio e, sebbene questo secolo abbia visto una maggiore apertura relativamente a una sessualità non solo binaria, si è anche assistito ad alcune delle forme più virulente di repressione anti-gay, inclusa la persecuzione di massa di omosessuali e lesbiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Queste violazioni dei diritti umani hanno raramente provocato indignazione. Nella maggior parte dei casi i fatti non sono stati denunciati per timore di rappresaglie e/o per pudore (l’ under reporting continua ad essere presente anche in questo secolo).
Molte delle persone prese di mira provenivano dai settori più poveri e più emarginati della società e quindi potrebbero non essere state in grado di contare sui rimedi giuridici disponibili per le altre vittime di abusi. Fino ad alcuni decenni fa molti attivisti dei movimenti per i diritti umani e per le libertà civili hanno dimostrato evidenti difficoltà nell’infrangere quel silenzio e quell’indifferenza. Mentre la situazione dei dissidenti politici imprigionati in molte parti del mondo attirava l’attenzione dell’opinione pubblica, quelli perseguitati come «dissidenti» sessuali ed emotivi sono rimasti vittime dimenticate. Questo è stato particolarmente vero per gli abusi contro le lesbiche, perché vittime di una doppia discriminazione basata sia sul genere che sull’orientamento sessuale.
Sul Bollettino Archivio Pace Diritti Umani - n. 28 - 3/2004 a pag.1 si legge
… parlare di violenza di genere in relazione alla diffusa violenza su donne e minori significa mettere in luce la dimensione «sessuata» del fenomeno in quanto […] manifestazione di un rapporto tra uomini e donne storicamente diseguali che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne
Quella violenza che può assumere la forma di uno stupro o di un trattamento psichiatrico forzato spesso si verifica nella sfera privata delle pareti di casa o della comunità, piuttosto che per mano di funzionari statali, e quindi può sfuggire al controllo e all’attenzione delle organizzazioni per diritti umani e civili. Tuttavia, la cospirazione del silenzio che circonda le violazioni dei diritti delle lesbiche e dei gay piano piano si sta infrangendo: un movimento globale, vibrante e numericamente significativo è emerso negli ultimi tre decenni per rivendicare i diritti negati da tanto tempo. Questi attivisti hanno riportato alcune vittorie impressionanti contribuendo a importanti cambiamenti negli atteggiamenti culturali.
I Moti di Stonewall, che hanno rappresentato il punto di svolta di questo cambiamento, hanno fatto sì che le lesbiche e i gay potessero pronunciare il loro nome, il loro orientamento, la loro identità e il loro diritto alla dignità: lo hanno fatto in centinaia di lingue e in una voce globale.
Perché, allora, molti governi e individui in tutto il mondo resistono ancora nell’implementare pratiche e azioni non discriminatorie anche riconoscendo che le persone lesbiche e gay sono uguali in dignità e diritti?
In molte parti del mondo essere gay o lesbiche non è considerato un diritto ma un errore: l’omosessualità è considerata un peccato, una malattia, una deviazione ideologica o un tradimento della propria cultura. La repressione che le persone gay e lesbiche subiscono è spesso difesa con passione da molti governi o individui in nome della religione, della cultura, della morale o della salute pubblica. Gli omosessuali sono marchiati come pervertiti e come pedofili, l’AIDS è etichettata come una piaga gay e l’omosessualità come la malattia dell’uomo bianco. Le relazioni omosessuali sono soprannominate unChristian, unAfrican, unIslamic o decadenza borghese. Nelle parole del presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, le lesbiche e gli omosessuali sono «peggio dei maiali» e «meno che umani».
Disumanizzando le persone omosessuali e marginalizzandole come «altro», i leader sanno che stanno promuovendo un clima in cui l’opinione pubblica non sarà preoccupata dei diritti umani delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Dopotutto, se sono meno che umani, perché dovrebbero godere di pieni diritti umani? Quando coloro che sono stati etichettati come «meno che umani», solo perché la loro identità li separa da «noi», si apre la strada a gravi violazioni dei diritti umani contro tali persone. I confini dell’identità non sono fissi o statici in nessuna cultura; sono soggetti a trasformazioni politiche, culturali e sociali. La discriminazione contro un particolare gruppo può essere alimentata o infiammata a fini politici, come sta accadendo in molti paesi europei, compresa l’Italia, dove la discriminazione omofobica è stata incoraggiata per consentire a coloro che sono al potere di sopprimere qualsiasi sfida alla propria autorità. In molti paesi le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender si sono rivelate un comodo capro espiatorio per una serie di mali sociali: un’economia recessiva, una percepita rottura della famiglia eterosessuale, il terrorismo o un aumento della criminalità. La manipolazione politica del pregiudizio basato sulla differenza sessuale fa parte di questo schema. In un clima in cui i gay sono percepiti non come esseri umani dotati di diritti fondamentali ma come desechables (s pazzatura usa e getta), il loro omicidio provoca poco o nessuno sdegno e mobilitazione pubblica.
Mentre le voci per i diritti delle donne e i diritti delle lesbiche e degli omosessuali si rafforzano, la comunità LGBTIQ+ è sempre più esposta ad attacchi da coloro che detengono il potere, che credono che le nozioni tradizionali ed eterosessuali di genere, sessualità e famiglia siano minacciate.
La promozione dei diritti fondamentali delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender appartiene direttamente all’agenda dei diritti umani a causa della natura e della portata degli abusi subiti dalle persone LGBTIQ+: uccisioni illegali, torture, privazione arbitraria della libertà ecc. Laddove questi abusi costituiscono un modello diffuso di persecuzione sistematica contro un settore distinguibile dell’umanità, essi diventano una preoccupazione fondamentale. Il difensore dei diritti umani colombiano Juan Pablo Ordonez ha affermato che
… la difesa dei diritti umani degli omosessuali solo da parte degli omosessuali è improponibile – nella migliore delle ipotesi li pone in pericolo di morte. La lotta deve essere sostenuta da fuori, da coloro che non subiscono il clima ostile di questa società…
Se tolleriamo la negazione dei diritti per qualsiasi minoranza indeboliamo l’intera struttura protettiva dei diritti umani togliendone il suo asse centrale: gli uguali diritti e la dignità di tutti gli esseri umani. Quando i governi ignorano le proprie responsabilità verso un settore della società, i diritti umani di nessuno sono al sicuro.
«Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti»: questo è quanto viene affermato nell’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con buona pace da quanto affermato da Robert Mugabe, Presidente dello Zimbabwe «Non credo che [gli omosessuali] abbiano alcun diritto».
Leggi e pratiche volte a costringere gli individui a modificare o negare il loro orientamento sessuale attaccano un aspetto profondamente radicato della personalità umana, infliggendo un’enorme violenza psicologica, se non fisica, perché costringono alcune persone a rinunciare a un’area di esperienza che, per molti, offre il massimo potenziale per la realizzazione umana. Riferendosi così agli affari più profondi del cuore, ai desideri più intimi della mente e alle espressioni più intime del corpo, l’orientamento sessuale va al centro di