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Secolarizzazione gioachimita e teologia politica: Il messianismo di Giuseppe Mazzini
Secolarizzazione gioachimita e teologia politica: Il messianismo di Giuseppe Mazzini
Secolarizzazione gioachimita e teologia politica: Il messianismo di Giuseppe Mazzini
E-book556 pagine7 ore

Secolarizzazione gioachimita e teologia politica: Il messianismo di Giuseppe Mazzini

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La presente ricerca indaga il gioachimismo come modello di secolarizzazione all’interno di una delle figure più importanti del contesto risorgimentale, quella di Giuseppe Mazzini. Il lavoro va dunque a precisarsi attorno alla tematica della secolarizzazione gioachimita e della teologia politica nel messianismo della cultura italiana ottocentesca e, in particolare, nel sistema politico-religioso mazziniano. All’interno di questo panorama, viene ripercorsa la parabola che da Lessing, passando per il socialismo utopistico della prima metà del XIX secolo, conduce a Mazzini. A tale scopo è stata ricostruita la genesi dell’interesse del genovese nei confronti dell’abate, attraverso anche l’indagine dei luoghi, nella sterminata letteratura dell’autore, in cui Mazzini cita espressamente Gioacchino da Fiore.

Sofia Alunni (Perugia, 1988) ha conseguito nel 2017 il Dottorato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia. Durante il suo percorso ha affrontato autori e tematiche legate alla filosofia politico-morale, lavorando in particolare sulle categorie di “secolarizzazione” e “teologia politica”. Ha partecipato a convegni in Italia e pubblicato contributi in riviste.

In copertina: Raffigurazione di Giuseppe Mazzini e I cerchi trinitari di Gioacchino da Fiore (tavola tratta dal Liber Figurarum).
LinguaItaliano
Data di uscita17 giu 2019
ISBN9788838248245
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    Anteprima del libro

    Secolarizzazione gioachimita e teologia politica - Sofia Alunni

    Sofia Alunni

    Secolarizzazione gioachimita e teologia politica

    Il messianismo di Giuseppe Mazzini

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    Copyright © 2018 by Edizioni Studium - Roma

    ISBN 9788838248245

    www.edizionistudium.it

    ISBN: 9788838248245

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prefazione. Modello gioachimita e teologia politica mazziniana

    Introduzione

    I. Filosofia della storia ed escatologia moderna

    1. L’ideale di Lessing: il nuovo Vangelo eterno

    2. La storia come escatologia: le letture di J. Taubes e K. Löwith

    3. Gioacchino da Fiore dopo Lessing: le letture di H. De Lubac e M. Reeves-W. Gould

    II. Il gioachimismo nella cultura italiana dell’Ottocento

    1. La ripresa mazziniana degli studi danteschi di Ugo Foscolo: l’incontro fondamentale tra Giuseppe Mazzini e Gioacchino da Fiore

    2. Gli studi di C. Cantù, F. Tocco, G. Volpe e G. Barzellotti

    3. La reazione al sansimonismo e al mazzinianesimo. Il circolo fiorentino: R. Lambruschini e T. Mamiani

    III. Una visione religiosa della storia. Mazzini critico ed erede del socialismo

    1. Il Nuovo Cristianesimo di Saint-Simon

    2. Uno sguardo generale. Mazzini e il sansimonismo

    3. Mazzini e i sistemi socialisti della prima metà del XIX secolo

    4. Punti di accordo e di dissenso. Conclusioni

    IV. Giuseppe Mazzini e Gioacchino Da Fiore. L’eredità gioachimita nel pensiero mazziniano

    1. Giuseppe Mazzini sulle orme di Gioacchino da Fiore

    2. Ernest Renan: Joachim de Flore et l’Évangile éternel

    3. Gli Appunti manoscritti di Giuseppe Mazzini su Gioacchino da Fiore

    4. Il carteggio tra Giuseppe Mazzini e Marie d’Agoult

    V. La religione civile di Giuseppe Mazzini

    1. Dio e Popolo, Progresso, Umanità, Terza Roma: il sistema politico-religioso mazziniano

    2. Fate della rivoluzione una religione: la religione politica di Mazzini

    3. La teologia politica di Mazzini e l’Internazionale (1871). M. Bakunin contro Mazzini

    Conclusione

    Bibliografia

    Indice dei nomi

    Ringraziamenti

    CULTURA

    Studium

    146.

    La Dialettica

    Sofia Alunni

    SECOLARIZZAZIONE GIOACHIMITA E TEOLOGIA POLITICA

    Il messianismo di Giuseppe Mazzini

    Prefazione di Massimo Borghesi

    A mio Nonno.

    Al Pensiero che fa la storia, e non viceversa.

    A un Ideale di passione, che m’ha salvata.

    […] e lucemi dallato

    il calavrese abate Giovacchino

    di spirito profetico dotato.

    ( Dante, Paradiso XII, vv. 139-141)

    [...]

    Esule antico, al ciel mite e severo

    Leva ora il volto che giammai non rise,

    Tu sol pensando o idëal, sei vero.

    (G. Carducci, Giuseppe Mazzini, 1872)

    Prefazione. Modello gioachimita e teologia politica mazziniana

    di Massimo Borghesi

    Il Risorgimento italiano non fu semplicemente l’esito di un impegno politico ideale ma, come chiariscono gran parte degli studi, rappresentò, nella sua componente ribelle e rivoluzionaria, anche una costruzione mitica, teologico-politica [1] . Le categorie di religione civile o di religione politica, impiegate da George Mosse nell’analisi del nazionalsocialismo e da Emilio Gentile per l’interpretazione del fascismo, hanno una loro valenza ermeneutica anche per l’interpretazione della componente rivoluzionaria del moto risorgimentale. Con l’entrata in scena dell’idea di nazione il XIX secolo conosce una passione che il Settecento ignorava. Come osserva Federico Chabod:

    La politica acquista pathos religioso [...] La nazione diventa patria: e la patria diviene la nuova divinità del mondo moderno. Nuova divinità: e come tale sacra. È questa, la gran novità che scaturisce dall’età della Rivoluzione francese e dell’Impero. [...] Patria sacra; sangue versato per essa, santo. Ed ecco che allora, effettivamente, voi sentite parlare di martiri per l’indipendenza, la libertà, l’unità della patria: i martiri del Risorgimento in generale, e in ispecie i martiri dello Spielberg, di Belfiore, ecc. [...] La sacralità viene attribuita a cose terrene; la lotta politica acquista quel carattere religioso e spesso fanatico che è andato a mano a mano esasperandosi, con l’erompere dei vari nazionalismi [2] .

    Questa trasposizione, del linguaggio religioso in quello politico, costituisce il nucleo del processo di secolarizzazione che riguarda la cultura europea degli ultimi due secoli. Essa caratterizza, in profondità, la temperie spirituale dell’età romantica e, segnatamente, quella che soggiace agli ideali propri del Risorgimento. Fuori da questo orizzonte non è comprensibile la figura di colui che fu, in Italia, il principale protagonista del moto risorgimentale: Giuseppe Mazzini. Mazzini non fu semplicemente un politico ma assunse la fisionomia di un vero e proprio profeta della nuova Italia. Intellettuale, educatore, testimone, politico, sacerdote, Mazzini appare come una sorta di Mosé, come un Cromwell redivivo, un personaggio in cui passione politica e afflato religioso, mistico, si fondano in modo indissolubile. Nel lavoro che qui presentiamo Sofia Alunni ha il merito di puntualizzare un aspetto poco noto del genovese, la sua dipendenza ideale dal modello gioachimita delle tre età della storia reso famoso da Gotthold Ephraim Lessing nel suo saggio L’educazione del genere umano, edito nel 1780. In esso, nei paragrafi 86-89, Lessing scriveva:

    Verrà certamente il tempo di un nuovo Evangelo eterno, che ci è stato promesso nei libri elementari della Nuova Alleanza. Forse, proprio certi sognatori ( Schwärmer) del tredicesimo e del quattordicesimo secolo avevano colto un raggio di questo nuovo Evangelo eterno; e sbagliarono solo nell’annunciarne l’avvento così vicino. Forse, la loro idea delle tre età del mondo non era una fantasticheria tanto vuota; e, certamente, non avevano cattive intenzioni insegnando che la Nuova Alleanza doveva diventare altrettanto antiquata quanto la Vecchia. Anche presso di loro rimaneva sempre la medesima economia del medesimo Dio. Sempre – per farli parlare con il mio linguaggio – il medesimo piano dell’educazione universale del genere umano. Solo che ne anticiparono troppo i tempi; solo che credevano di riuscire a fare di colpo, e senza né rischiaramento, né preparazione, dei loro contemporanei, che avevano a mala pena lasciato l’infanzia, uomini degni della loro terza età [3] .

    Lessing, utilizzando la teologia della storia di Gioacchino da Fiore, tracciava le linee portanti dell’ Aufklärung tedesca, conferiva ad essa una valenza escatologica, la colorava di un afflato religioso. L’idea delle tre età del mondo e dell’avvento prossimo dell’era dello Spirito, del nuovo Vangelo eterno destinato a sostituire quello cristiano, occuperà la scena e l’immaginario dell’800 e di parte del ’900 [4] . È l’ideale di Lessing che costituisce il polo caldo dell’era della secolarizzazione, un ideale teologico-politico, una religione civile che riprende i contenuti della simbolica cristiana e li fa diventare linfa di altro, di un movimento orizzontale, immanente, in cui essi sono, inevitabilmente, sottoposti a metamorfosi. La secolarizzazione presuppone, certamente, stadi diversi di sviluppo e, soprattutto, riveste molte facce. Donde l’ambiguità del termine e il conflitto delle interpretazioni. Nondimeno è una categoria necessaria per intendere il processo di trasposizione del religioso sul piano laico che caratterizza il XIX secolo dominato dalla polarità tra laicizzazione dello Stato e della religione e risacralizzazione del politico. In questo processo la lettura lessinghiana di Gioacchino da Fiore riveste un ruolo essenziale. La Alunni utilizza nel suo lavoro tre opere fondamentali sull’argomento: i due volumi de La postérité spirituelle de Joachim de Flore di Henri de Lubac, il testo di Marjorie Reeves e Warwick Gould su Joachim de Flore and the myth of the Eternal Evangel in the nineteenth century, la ricerca di Fulvio De Giorgi su Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo [5] . Tutte e tre offrono scenari di ampio respiro pur non coincidendo nella lettura delle chiavi del processo che delineano. La magistrale ricostruzione di Reeves-Gould diverge da quella di de Lubac. Ciò che gli autori inglesi contestano alla ricostruzione del gesuita francese è l’idea del «carro gioachimita» [6] , di una posterità spirituale ideale strettamente dipendente da Gioacchino. «Gli esempi di pensiero ternario nell’ambito della teoria politica, spacciati per gioachimiti, mostrano in modo impressionante con quale facilità si possa trarre un modello ternario di sequenze logiche slegate» [7] . Secondo Reeves e Gould

    la maggior parte dei riferimenti a Gioacchino esaminati fino ad ora non bastano a dimostrare un’effettiva influenza delle sue idee. È poi perlomeno curioso che la maggior parte delle volte nelle quali Gioacchino è nominato espressamente non si faccia riferimento alla sua idea dei tre status; mentre, d’altra parte, spesso riferimenti a tre stadi o ad un’imminente nuova era non contengono alcuna allusione al gioachimismo. All’inizio del XIX secolo l’idea di una prossima età è ormai largamente diffusa, senza però richiamarsi esplicitamente a Gioacchino. Gli esempi in tal senso sono tanto numerosi che in questo caso l’assenza di un’argomentazione contraria pare sufficiente a chiudere la discussione. Sembra che si possa perciò concludere che uno schema trinitario della storia o l’attesa di una nuova età non provino di per sé l’influenza di Gioacchino [8] .

    Reeves e Gould contestano, quindi, l’idea di fondo dello studio di de Lubac: quella di un filo rosso che collega uno dei due filoni della posterità gioachimita, quella

    dei teologi spirituali, profeti, filosofi, riformatori, rivoluzionari, avventurieri di ogni specie, che raccolsero in un modo o nell’altro l’idea fondamentale che Gioacchino aveva espresso nella sua esegesi: quella di una terza età a venire, nel tempo e su questa terra, che sarebbe l’età dello Spirito [9] .

    Ciò che concedono è che «materiale su di lui era accessibile ai pensatori del XIX secolo in varie forme – anche se erano rare le opere di Gioacchino vere e proprie – ed occorreva solo che qualcuno attirasse l’attenzione degli idealisti sulla sua esistenza. E questo perché, anche se Gioacchino non era la fonte di tutti i modelli tripartiti della storia proposti fino ad allora, la sua visione era straordinariamente in sintonia con le aspirazioni degli idealisti dell’epoca» [10] . In tal modo la ricostruzione empirica della corrente gioachimita, nella cultura europea tra ’800 e ’900, tende a scartare una influenza diretta di Gioacchino il cui nome verrebbe scoperto successivamente, per analogia con un modello trinitario della storia già circolante. Lo può fare perché opera una rimozione, quella della rilevanza di Lessing e del suo scritto L’educazione del genere umano come manifesto dell’escatologia illuminista in direzione gioachimita. Per la Reeves e Gould

    Lessing, nel tardo XVIII secolo, costituisce l’unica eccezione ma, stanti le teorie che hanno arruolato Lessing tra le file dei gioachimiti, vale la pena di rammentare qui che egli si limitò a parlare di taluni visionari del Due e del Trecento che avevano colto un raggio di questo nuovo Evangelo eterno, senza però nominare assolutamente Gioacchino [11] .

    Il rilievo documenta il limite di uno studio serio e pregevole. Sfugge, infatti, agli autori il peso enorme che l’ideale di Lessing, che si ispira consapevolmente al modello gioachimita, avrà nella cultura tedesca dell’800 e, di riflesso, in quella francese. Essi ammettono che «la fantasiosa resurrezione, operata da Lessing, di quest’eresia medievale scomparsa può aver fornito un simbolo emotivo a un intero gruppo di pensatori francesi della metà del XIX secolo, sia direttamente sia tramite i sansimoniani» [12] . Si tratta di un’onda che arriva fino ad Auguste Comte e alla sua legge dei tre stadi. In Germania sarà Schelling che, nelle sue lezioni su La filosofia della Rivelazione del 1831, parlerà espressamente dell’abate Gioacchino e dell’avvento della Chiesa giovannea. Epperò si tralascia di ricordare quanto Schelling debba, già nella sua formazione giovanile, alla nota opera lessinghiana.

    Stando così le cose non sorprende che il prefattore italiano dell’opera, Fulvio De Giorgi, dopo averne riconosciuto il valore, osservi come «non sembra possa completamente escludersi la prospettiva di chi, come Henri de Lubac, ha studiato la posterità spirituale di Gioacchino da Fiore secondo una visione di lungo periodo che, nel suo svolgersi, può giungere a perdere il riferimento diretto iniziale all’abate calabrese» [13] . La correzione delubacchiana è fatta propria dall’autore che, da parte sua, provvede ad integrare il quadro dell’800 gioachimita offrendone il panorama italiano trascurato dai precedenti studiosi. Nel suo Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo, un testo importante per la ricerca della Alunni, De Giorgi offre un quadro suggestivo del modello di Lessing incentrato sulla figura di colui che incarnò, per eccellenza, il sacerdote della religione civile della nuova Italia: Giuseppe Mazzini. Figura del tutto marginale nel volume di Reeves-Gould, Mazzini diviene centrale per l’autore che si muove nel solco degli studi di Mosse sulla estetica della politica nel ’900. La categoria portante è quella di millenarismo la quale implica la centralità del modello escatologico lessinghiano così come emerge da L’educazione del genere umano. «Il paradigma lessinghiano giunse nel Risorgimento in Italia e [...] sostenne la visione pedagogica e politica di Mazzini: tanto che, – scrive De Giorgi – forzando un po’ il discorso, ma non poi tanto, si potrebbe anche considerare questa mia ricerca come uno studio della fortuna di tale paradigma in Italia» [14] . Lessing, Gioacchino, Mazzini: un rapporto ideale poco studiato che la ricerca della Alunni, assieme al lavoro di De Giorgi, ha il pregio di approfondire. A tal fine la Alunni si serve dello studio, poco noto, di Bianca Rosa per mettere in luce l’importanza, per la conoscenza del pensiero gioachimita da parte di Mazzini, del saggio di Ernst Renan Joachim de Flore et l’Évangile éternel del 1866 [15] . In precedenza era stata soprattutto l’influenza del sansimonismo che lo aveva portato a Lessing e, attraverso di lui, all’idea dell’Evangelo eterno. Si crea così una saldatura tra la conoscenza dell’abate calabrese, acquisita attraverso la lettura dei saggi danteschi di Ugo Foscolo, e il modello escatologico mutuato da Lessing. Il risultato è una visione millenarista, una teo-politica. Come scrive Mazzini:

    Sulla via fecondata da cinquanta generazioni di martiri, noi salutiamo con Lessing quell’immenso avvenire, la cui leva avrà a punto d’appoggio la Patria, per fine l’Umanità, quando i popoli stringeranno un Patto comune e definiranno fratelli la missione di ciascuno nel futuro, l’ufficio che spetta a ciascuno nell’associazione generale governata da una legge per tutti, da un Dio per tutti. Spetta a noi d’affrettare il momento in cui la campana a stormo dei popoli, la Rivoluzione, convocherà una Convenzione che sia un vero Concilio generale. [...] Veniamo in nome di Dio e dell’Umanità [16] .

    Ciò che Mazzini vagheggia è la terza religione, quella dello Spirito, la religione universale dell’Umanità.

    Roma – scrive – non è una città: Roma è una Idea. Roma è il sepolcro di due grandi religioni, che furono vita al mondo nel passato, e il santuario di una terza che albeggia e darà vita al mondo nell’avvenire. Roma è la missione d’Italia fra le Nazioni: la Parola, il Verbo del nostro Popolo: il Vangelo Eterno d’ unificazione delle genti [17] .

    Il millenarismo educatore di Mazzini fa leva sull’educazione per portare l’Umanità al terzo stadio, al superamento del cristianesimo verso una fede universale umanitaria che sta sorgendo.

    Educazione, come diceva Lessing del genere Umano, la Rivelazione scende continua da Dio tra noi, profetizzata dal Genio, evocata dalla Virtù e dal Sagrificio, acclamata d’Epoca in Epoca dalle grandi evoluzioni religiose dell’Umanità collettiva. D’Epoca in Epoca, le pagine di quell’ EVANGELO ETERNO, che uomini Italiani, negletti dai nostri e perseguitati da voi, vaticinarono primi, si svolgono sotto l’alito dello Spirito che si diffonde perennemente rinovatore da Dio alla sua Creazione, e ciascuna addita un periodo di progresso sulla via che ci è segnata dal disegno provvidenziale [18] .

    L’Educazione-Rivelazione è la religione civile fondata sul sacrificio, l’unica in grado di superare la logica individualistica dei diritti in favore di quella comunitaria dei doveri. Al modo della Eticità hegeliana anche per Mazzini il superamento dell’individualismo e dell’utilitarismo illuminista richiedeva una soluzione teologico-politica, una filosofia che secolarizzasse e, al contempo, inglobasse il contenuto religioso. Come osservava, criticamente, Gaetano Salvemini:

    Queste sono le teorie religiose, politiche e sociali di Giuseppe Mazzini: una specie di Evangelo Eterno del [...] calabrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato; molte fra le idee democratiche dei nostri giorni incastrate in uno di questi sistemi teocratici-utopistici, di cui fu così feconda la scolastica medievale; la fusione del De Monarchia di Dante, del Contratto sociale di Rousseau e delle dottrine sansimoniste, compiuta da un rivoluzionario unitario italiano del secolo XIX [19] .

    Salvemini coglieva, lucidamente, il carattere teocratico, teologico-politico, della ideologia mazziniana.

    Quel popolo, in cui Mazzini infonde il suo Dio, dopo averlo strappato alle chiese cristiane e alle monarchie di diritto divino, diventa per questo fatto anch’esso un idolo, com’erano stati i papi e i re. E la repubblica unitaria democratica mazziniana emanante dal popolo deificato deve apparire come una nuova teocrazia tanto più oppressiva delle antiche quanto più a base dogmatica ed elettiva [20] .

    Seguendo questa linea di lettura anche la Alunni, da parte sua, conclude il suo volume con l’analisi della religione politica mazziniana, con quella che Michail Bakunin chiama, nel suo opuscolo del 1871, La Théologie politique de Mazzini [21] . La fede civile mazziniana rappresenta, per il rivoluzionario russo passato attraverso il materialismo della sinistra hegeliana, una mistificazione, una minaccia per la libertà. In Mazzini vive

    il principio di un idealismo metafisico e mistico al tempo stesso, innestato nell’ambizione patriottica dell’uomo di Stato. È il culto di Dio, dell’autorità divina ed umana, è la fede nella predestinazione messianica dell’Italia, regina delle nazioni, con Roma capitale del mondo; è la passione politica della grandezza e della gloria dello Stato, fondate necessariamente sulla miseria dei popoli. È infine questa religione di tutti gli spiriti dogmatici e assoluti, la passione dell’uniformità che essi chiamano unità e che è la tomba della libertà. Mazzini è l’ultimo gran sacerdote dell’idealismo religioso, metafisico e politico, che se ne va [22] .

    La penna dissacrante di Bakunin, come poi quella di Salvemini, coglieva il volto autoritario della religione civile mazziniana. Come osserva Emilio Gentile:

    La Terza Italia, unita in repubblica, nell’ideale disegno di Mazzini, si configura come una teocrazia democratica, fondata su una concezione mistica e religiosa della nazione e sull’unità di fede del popolo. Per Mazzini, infatti, non poteva esserci vera unità politica senza unità morale, e non poteva darsi unità morale senza fede comune e senza coscienza di una missione. Dio e popolo erano i capisaldi di questa teologia politica: il Dio mazziniano era un Dio politico, il popolo da lui idealizzato era un’associazione concepita come comunità mistica di credenti, uniti nel culto della religione della patria [23] .

    La sacralizzazione della politica è uno dei possibili esiti della secolarizzazione del modello gioachimita ereditato da Lessing. L’escatologismo millenaristico intende la terza età del mondo come costruzione terrena del Regnum Dei; la secolarizzazione produce una metamorfosi sia del religioso che del politico. Il risultato è la teologia politica successiva alla grande Rivoluzione [24] . Nel caso di Mazzini la trasfigurazione religiosa abbraccerà non solo la sua dottrina ma anche la sua persona, da vivo e poi dopo la sua morte [25] . Lui stesso diviene, consapevolmente o meno, il Messia della terza religione. Di fatto attraverso di lui, l’ideale di Lessing, il suo escatologismo della terza età e del Vangelo eterno attraverserà tutta la storia dell’Italia post-unitaria, dal fascismo all’antifascismo [26] . Darà luogo alla corrente calda dell’era della secolarizzazione: quella della politica concepita come salvezza, rigenerazione morale, rinascita civile del popolo. Una concezione che, oggi, nell’era della globalizzazione dominata dal modello tecnocratico, torna sotto mutate spoglie, priva dell’impeto internazionalista ed umanitario, nelle forme teologico-politiche che si oppongono al mondo presente.


    [1] Per la trasposizione della simbologia religiosa in quella politica resta fondamentale A. M. Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita, Einaudi, Torino 2000.

    [2] F. Chabod, L’idea di nazione, a cura di A. Saitta ed E. Sestan, Laterza, Roma-Bari 1974 (III ediz. ), pp. 61-65.

    [3] G. E. Lessing, L’educazione del genere umano, tr. it. in Id., Opere filosofiche, a cura di G. Ghia, Utet, Torino 2008, pp. 537-538.

    [4] Cfr. M. Borghesi, L’età dello Spirito in Hegel. Dal Vangelo storico al Vangelo eterno, Studium, Roma 1995; Id., L’era dello Spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, Studium, Roma 2008.

    [5] H. De Lubac, La postérité spirituelle de Joachim de Flore, I, De Joachim à Schelling, Lethielleux, Paris 1979; II, De Saint-Simon à nos jours, Lethielleux, Paris 1981 (tr. it., La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, Jaca Book, Milano 1980); M. Reeves-W. Gould, Joachim de Flore and the myth of the Eternal Evangel in the nineteenth century, Clarendon Press, Oxford 1987 (tr. it., Gioacchino da Fiore e il mito dell’Evangelo eterno nella cultura europea, introduzione di F. De Giorgi, Viella, Roma 2000); F. De Giorgi, Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo, Viella, Roma 2010.

    [6] M. Reeves-W. Gould, Gioacchino da Fiore e il mito dell’Evangelo eterno nella cultura europea, cit., p. 2.

    [7] Ibid.

    [8] Op. cit., p. 4.

    [9] H. De Lubac, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, I, Dagli Spirituali a Schelling, cit., p. 20.

    [10] M. Reeves-W. Gould, Gioacchino da Fiore e il mito dell’Evangelo eterno nella cultura europea, cit., p. 4.

    [11] Op. cit., p. 5, nota 20. L’obiezione è ridimensionata dagli stessi autori che scrivono: «Lessing non specifica la fonte dalla quale ha dissotterrato l’Evangelo eterno, ma grazie a Henri de Lubac sappiamo che l’opera di Johann Lorenz von Mosheim intitolata Institutionum historiae ecclesiasticae [...] libri quatuor costituì una delle sue fonti principali. Il dubbio di Mosheim sull’effettiva esistenza di Gioacchino è probabilmente il motivo per cui il riferimento di Lessing è tanto vago e il nome di Gioacchino è stato omesso. [...] In ogni caso, un’espressione come le Tre Età del Mondo, utilizzata assieme a Evangelo eterno, permette di identificare con sicurezza questi entusiasti medievali con i gioachimiti» ( op. cit., p. 70).

    [12] Op. cit., p. 71.

    [13] F. De Giorgi, Gioacchino da Fiore e il mito dell’Evangelo eterno nell’Italia dell’Ottocento, Introduzione a M. Reeves-W. Gould, Gioacchino da Fiore e il mito dell’Evangelo eterno nella cultura europea, cit., p. VII.

    [14] F. De Giorgi, Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo, cit., pp. 12-13.

    [15] E. Renan, Joachim de Flore et l’Évangile éternel, in «Revue des deux mondes», LXIV (1866), pp. 94-142. Lo studio di Bianca Rosa è Appunti manoscritti di Giuseppe Mazzini su Gioacchino da Fiore, Impronta, Torino 1977.

    [16] G. Mazzini, Fede e avvenire [1835], in Id., Scritti editi ed inediti, vol. VI, Cooperativa Tipografica Editrice Paolo Galeati, Imola 1909, p. 345.

    [17] G. Mazzini, Ai Romani [1866], in Id., Scritti editi ed inediti, vol. LXXXVI, Cooperativa Tipografica Editrice Paolo Galeati, Imola 1940, p. 65.

    [18] G. Mazzini, Dal Concilio a Dio. Ai membri del Concilio residente in Roma [1870], in Id., Scritti editi ed inediti, vol. LXXXVI, cit., p. 281.

    [19] G. Salvemini, Il pensiero religioso, politico, sociale di Giuseppe Mazzini, Libreria editrice Antonio Trimarchi, Messina 1905, pp. 65-66.

    [20] Op. cit., pp. 79-80.

    [21] M. Bakunin, La Théologie politique de Mazzini et l’Internationale, Propagande Socialiste, Neuchâtel 1871, tr. it., La teologia politica di Mazzini e l’Internazionale (1871), a cura di P. Masini, Novecento Grafico, Bergamo 1960.

    [22] Op. cit., p. 1.

    [23] E. Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 9-10.

    [24] Cfr. M. Borghesi, Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana, Marietti, Genova-Milano 2013.

    [25] Cfr. S. Luzzatto, La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato 1872-1946, Rizzoli, Milano 2001.

    [26] Cfr. S. Levis Sullam, L’apostolo a brandelli. L’eredità di Mazzini tra Risorgimento e fascismo, Laterza, Bari 2010.

    Introduzione

    Le correnti gioachimite sviluppatesi dopo Gioacchino da Fiore (1130 circa-1202) sono state a volte fedeli all’insegnamento dell’abate ma, più spesso, ne hanno snaturato la visione teologico-trinitaria della storia. Di fatto, molte di queste letture hanno interpretato l’ideale gioachimita della futura età dello Spirito in chiave manifestamente eterodossa. La storia dell’abate calabrese «è una storia di fraintendimenti e false interpretazioni» [1] . È questo il giudizio di Herbert Grundmann a cui fa eco quello di Henri de Lubac, che ha dedicato alla posterità gioachimita due grandi volumi:

    La storia della posterità spirituale di Gioacchino è dunque anche, e per la maggior parte, la storia dei tradimenti del suo pensiero. È stato così già all’indomani della sua morte [...]. A ogni tappa dei suoi sviluppi, la molteplice posterità di Gioacchino da Fiore potrebbe richiamarsi al suo principio per autorizzare ciascuno di questi tradimenti [2] .

    Ciò vale per i primi veri gioachimiti, gli Spirituali dei secoli XIII e XIV, nei quali Gioacchino occupa il rango di profeta di Francesco e l’enfasi posta sulla povertà e sulla vita apostolica sembra collimare con l’ideale spirituale dell’abate da Fiore.

    Gioacchino aveva annunciato nello svolgersi della storia una terza età, l’epoca dello Spirito Santo, formalmente distinta dall’età del Padre e da quella del Figlio. Un’epoca di maggior pienezza spirituale. In questo modo, nella teologia gioachimita, Gesù non è più la persona attorno alla quale tutto si organizza, ma diviene Spiritus Sancti typus. L’opera di Gesù annuncia, come un semplice anello della seconda età, la pienezza spirituale della terza: «Simbolismo terribile! Gioacchino ignora la signoria del Cristo; questa lacuna esegetica [...] avrà delle conseguenze incalcolabili» [3] . Tutto è plasmato sulle prospettive e sulle aspettative cristiane, ma viene trasposto in un tempo nuovo e annunciato con una nuova esigenza storica. Allo status della Chiesa della seconda età, ancora parzialmente sottomessa alla legge, fa seguito un nuovo e diverso status della comunità degli uomini spirituali: l’epoca dello Spirito Santo.

    Il punto nevralgico del gioachimismo consiste proprio nella frattura storica che si stabilisce fra il tempo del Cristo e quello dello Spirito. Per cui, una volta che lo Spirito si separa dal Cristo, può assumere forme diverse rispetto a quelle stabilite dal dogma. È nell’ambito della metamorfosi della figura dello Spirito che prendono forma idee e movimenti che caratterizzano il volto del moderno.

    Come osserva Raffaello Morghen: «Il messaggio di Gioacchino costituisce veramente la chiave di volta del passaggio dal Medioevo al Rinascimento: dall’attesa della fine dei tempi all’attesa della nuova età» [4] . Questa attesa entra nella costituzione della modernità al punto da costituirne la forma mentis:

    Il moderno è il tempo del novum, dell’utopia che si realizza, della maturità e del progresso; è il tempo dello Spirito e della Chiesa universale. La stessa partizione storiografica, di storia antica, medievale, moderna assume, da questo punto di vista, un valore assiologico. Il moderno è il punto di non ritorno, il luogo della pienezza ontologica, della compiuta manifestazione della ragione. È il terzo regno dello Spirito Santo [5] .

    Lo schema escatologico gioachimita ha avuto conseguenze impreviste. In effetti, come rileva giustamente Karl Löwith [6] , l’intenzione dell’abate di desecolarizzare la Chiesa si trasformerà nel suo opposto, ossia nella secolarizzazione del mondo. L’attesa gioachimita di una nuova età di perfezione ha avuto l’effetto, non previsto né voluto dall’abate, di incoraggiare nuove concezioni politico-religiose.

    In questo processo, una funzione determinante è stata svolta dall’opera di Gotthold Ephraim Lessing, L’educazione del genere umano (1780), destinata a diventare il manifesto dell’ Aufklärung, nonché della ripresa secolarizzante di Gioacchino da Fiore. La terza età è da Lessing concepita come il regno venturo della ragione e dell’autorealizzazione umana, e insieme come il compimento della rivelazione cristiana: «Con Lessing il modello gioachimita delle tre età diviene la filosofia della storia dell’età romantica, il paradigma proprio dell’incontro tra secolarizzazione moderna ed escatologia» [7] .

    L’influenza del gioachimita Lessing è molto vasta e profonda. Oltre che tra gli idealisti tedeschi – Hegel e Schelling in particolar modo – essa si esercita in Francia nella scuola di Saint-Simon.

    Emerge, pertanto, una continuità ideale che parte da Gioacchino e che dimostra la vitalità della sua visione:

    Lo schema storico-cristiano e soprattutto la costruzione storico-teologica di Gioacchino crearono un clima spirituale e una prospettiva in cui divennero possibili certe filosofie della storia che non avrebbero trovato luogo nell’ambito del pensiero classico [...]. Il cristianesimo può, in ultima analisi, essere responsabile della possibilità della propria secolarizzazione e delle sue conseguenze anti-cristiane, ma la proclamazione originaria di un regno di Dio non mirava certo a rendere il mondo più mondano di quel che già era per i pagani [8] .

    Il presente lavoro si propone di indagare il gioachimismo come modello di secolarizzazione. E intende farlo a partire dall’analisi del pensiero di una figura centrale del Risorgimento italiano, quella di Giuseppe Mazzini, la cui visione politico-religiosa costituisce un paradigma della secolarizzazione dell’ideale puro gioachimita.

    Una serie di testi hanno permesso di chiarire la diffusione della teologia trinitaria gioachimita nel corso del XIX secolo sia nel contesto europeo che in quello italiano, mettendo in luce come il modello dell’abate calabrese sia diventato un motivo dominante, a partire proprio dall’opera di Lessing, per tutto l’Ottocento. Tra gli studi più importanti presi in considerazione nella parte iniziale della ricerca, ricordiamo innanzitutto i due volumi che tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 del Novecento Henri de Lubac ha dedicato a La posterité spirituelle de Joachim de Flore. Lo studioso francese riconosce l’immensa importanza storica dell’abate calabrese e la differenza tra la dottrina di Gioacchino e le interpretazioni successive. Al contempo, sostiene che tutte le teorie sul terzo regno hanno la loro radice in Gioacchino.

    Procede nel senso opposto lo studio di Marjorie Reeves e Warwick Gould, Joachim of Fiore and the myth of the Eternal Evangel in the nineteenth century [9] . Per i due autori, Gioacchino non poteva prevedere gli usi e gli abusi del suo pensiero in epoche successive, tanto più che non è documentabile una dipendenza certa di tutti i suoi supposti epigoni.

    Nell’affrontare il tema della filosofia della storia e dell’escatologia moderna, si è tenuto preziosamente conto di due letture fondamentali, quella di Jacob Taubes e della sua Abendländische Eschatologie [10] da un lato e Karl Löwith con Meaning in History. The Theological Implications of the Philosophy of History [11] dall’altro. Due testi, questi, indispensabili per chiarire il legame tra escatologia e modernità, seppure nelle loro, a volte, diverse interpretazioni.

    Sullo sfondo di questa ricostruzione sta il testo di Massimo Borghesi, L’era dello Spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, nel quale viene delineata la visione della modernità come processo di secolarizzazione e di disincanto verso il cristianesimo e la religione, che ha avuto come effetto una religione laica e una fede escatologica nelle cose ultime totalmente immanente. È ciò che è avvenuto nel passaggio dalla teologia della storia gioachimita alla moderna filosofia della storia con la sua utopia della terza età come «ideale escatologico e titanico ad un tempo» [12] .

    Per affrontare il tema della ripresa del modello gioachimita nell’ambiente italiano ottocentesco, si è fatto tesoro dello studio di Fulvio De Giorgi, Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo [13] , dove l’autore sottolinea come il messianismo di matrice mazziniana, derivante da un gioachimismo trasformato in millenarismo rivoluzionario, si diffonderà negli ambienti risorgimentali tramite una linea legata ad Ugo Foscolo e al mito di Dante. La portata secolarizzatrice del mazzinianesimo sta, dunque, nell’aver riproposto il millenarismo come forma di religione politica, trasformando così la profezia medievale di una terza età dello Spirito nell’annuncio della terza Roma del popolo.

    L’incontro determinante tra Mazzini e Gioacchino avviene a partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento tramite Ugo Foscolo. Mazzini, infatti, ristampa il Discorso sul testo della Commedia che Foscolo aveva pubblicato nel 1825 a Londra e la postilla che il poeta aveva scritto, senza mai divulgare, su Gioacchino da Fiore, a cui era stato ricondotto dai versi 139-141 del XII canto del Paradiso dantesco. Ma già dagli anni Trenta Mazzini viene iniziato al gioachimismo, nella forma secolarizzata di Lessing, dalla scuola sansimoniana e dal socialismo utopistico della prima metà del XIX secolo. I sansimoniani, infatti, contribuiscono in modo importante alla diffusione del pensiero di Lessing, sensibilizzando Mazzini alle tematiche gioachimite tramite l’argomento lessinghiano della successione delle religioni e di una rivelazione continua della verità.

    Centrale, perciò, si rivela il Nuovo Cristianesimo (1825) di Saint-Simon, il quale elabora l’edificio economico-politico ed etico-sociale di una nuova società, affrontando il tema di una religione nuova, sociale e rivoluzionaria che avrà come base il principio fondamentale della morale divina.

    Se vi sono interpretazioni divergenti circa il carattere socialistico o meno di Mazzini, è invece fuori dubbio il fatto che il genovese abbia ripreso dal sansimonismo e dal socialismo utopistico principi e toni che contribuiranno a determinare la sua dottrina. In particolare ciò avviene con la trasformazione della religione in un’azione di apostolato sociale e del cristianesimo in dottrina politica. Nel Nuovo Cristianesimo, precisamente, non si ha più una religione, ma una dottrina politica accompagnata da una religione che guarda alla terra. Ciò, tuttavia, non deve trarre in inganno, poiché Mazzini tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta inizierà a muovere forti accuse ai principi dei sistemi socialisti francesi. Questi ultimi dagli anni Trenta, specialmente con l’inizio dell’esilio a Marsiglia, erano confluiti nella sua visione, facendo sorgere la sua fede fondata sull’equazione Dio, Progresso, Umanità.

    Il mazzinianesimo viene a rappresentare, in questo modo, tramite l’influenza di Lessing e della scuola sansimoniana, l’espressione di una fede laicizzata e di una religiosità mondana, una sorta di metamorfosi secolarizzata dell’età dello Spirito di Gioacchino da Fiore. Di conseguenza, la teologia della storia gioachimita appare come il modello paradigmatico per comprendere il processo di secolarizzazione in Europa tra la fine del Settecento e l’Ottocento.

    Sebbene Mazzini possa vantare un enorme numero di scritti, i luoghi in cui cita espressamente Gioacchino da Fiore sono scarsi, ma altamente significativi. È ciò che risulta dall’interessante studio di Bianca Rosa, Gli appunti manoscritti di Giuseppe Mazzini su Gioacchino da Fiore [14] , nel quale viene trascritto e pubblicato il manoscritto inedito mazziniano di appunti Joachimo, appunti per uno studio storico sull’abate Gioacchino, utili per comprendere, all’interno del rapporto con l’abate, la visione morale e politica di Mazzini. Si è pensato, a questo punto, di inserire un approfondimento circa l’articolo di Ernest Renan Joachim de Flore et l’Évangile éternel [15] (1866), dove viene stabilito che le origini dell’Evangelo eterno risiedevano nelle aspirazioni degli Spirituali francescani del XIII secolo. Mazzini, malgrado le contrastanti vedute politico-nazionaliste, è debitore al saggio dello studioso francese, in quanto è proprio da qui che proviene la gran parte delle informazioni presenti nel manoscritto mazziniano su Gioacchino.

    Il genovese, inoltre, parla dell’abate da Fiore in tre lettere a Daniel Stern (Madame d’Agoult), datate 2 e 26 settembre 1864 e 6 ottobre 1864, utili anch’esse per inquadrare il pensiero politico-religioso mazziniano [16] . In esse, egli tratta dell’idea della terza Roma e della futura trasformazione religiosa che coinvolgerà dogma e culto.

    L’analisi di queste fonti, sicuramente poco conosciute all’interno della sterminata letteratura mazziniana, ha permesso di confermare da un lato come tutte le idee politiche di Mazzini non siano altro che traduzioni della questione religiosa, che è quella fondamentale; dall’altro ha dimostrato che l’interesse del genovese verso l’abate non è stato momentaneo, ma continuativo, proprio a partire dalla comune finalità di dare inizio ad un’epoca nuova basata sulla vera religiosità e sull’uguaglianza sociale. La renovatio auspicata da Gioacchino per l’umanità nel XII secolo diventa così il preludio all’altra rinascita desiderata, sette secoli dopo, da Giuseppe Mazzini:

    L’aspetto profetico, messianico di Mazzini ha una certa derivazione dal profetismo medievale, attraverso le appassionate ricerche del calabrese abate Gioacchino/di spirito profetico dotato [...]. Anche per Mazzini l’idea della Terza Roma, come per Gioacchino quella del Terzo Stato non ha valore spaziale, ma soltanto temporale; se, per il Calabrese, il Terzo Stato non è una categoria di cittadini sorta a dominare sulle altre, ma un’età nuova, quella dello Spirito Santo, età di pace, di lavoro e di giustizia per tutti, lo stesso si può dire per Mazzini [17] .

    È sicuramente possibile individuare tra la teologia gioachimita e la dottrina politico-religiosa mazziniana un’affinità di presupposti. Più difficile scorgervi un’analogia di intenti. La riforma religiosa voluta da Gioacchino non fa da sfondo ad una trasformazione politico-sociale, come accade invece in Mazzini, ma resta confinata in un orizzonte puramente ascetico e mistico interno alla Chiesa. Di contro, la visione mazziniana trae origine da un’esigenza pratico-politica che culmina nell’affermazione della terza Roma dei popoli, dopo quella degli imperatori e quella dei papi:

    Roma non è una città: Roma è una Idea. Roma è il sepolcro di due grandi religioni, che furono vita al mondo nel passato, e il santuario d’una terza che albeggia e darà vita al mondo nell’avvenire. Roma è la missione d’Italia fra le Nazioni: la Parola, il Verbo del nostro Popolo: il Vangelo Eterno d’unificazione delle genti [18] .

    La religione dell’avvenire avrà Dio al vertice e il popolo come suo profeta, in una vera e propria trasfigurazione politica dei concetti religiosi e morali. Il dovere diviene il nuovo principio educatore alla base della morale mazziniana, definendo la vita individuale come missione e sacrificio, nella perfetta armonia di Pensiero e Azione. Lo stesso partito repubblicano è un partito religioso, con il compito di fornire una fede umanitaria comune che associ e affratelli.

    La rivoluzione mazziniana richiede una prospettiva profetica, «ma se la Rivoluzione implicava l’Educazione, tale prospettiva profetica non poteva che essere quella lessinghiana, nazionalizzata [...] da Mazzini attraverso il gioachimismo della Terza Roma» [19] .

    Fate della rivoluzione una religione, afferma Mazzini già nel 1832. Gli elementi del suo sistema formano una metafisica politica che sfocia in una dogmatica etico-religiosa. L’esito preannunciato è quello di una sacralizzazione della politica, ovvero, come spiega Emilio Gentile in Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi [20] , l’attribuzione di un carattere sacro a un’entità secolare, la quale definisce il significato e il fine ultimo dell’esistenza individuale e collettiva, così da portare alle religioni della politica. Esse sono sorte alla fine del Settecento e si sono sviluppate nel corso dell’Ottocento per venire oggi ricomprese nel fenomeno più ampio di religione secolare che interpreta l’azione politica secondo una funzione messianica.

    Il processo di sacralizzazione della politica e di religione della politica ha posto in una nuova prospettiva i rapporti tra politica e religione, conferendo carattere religioso alla politica e una missione educatrice allo Stato. Ciò ha trovato la sua massima espressione, nella cultura laica del Risorgimento, nel misticismo politico di Giuseppe Mazzini, la cui ideologia viene compresa, per primo, da Michail Bakunin come teologia politica, nel suo saggio La Théologie politique de Mazzini et l’Internationale [21] .

    Il presente lavoro si suddivide in cinque capitoli. Un primo capitolo svolge un’analisi della filosofia della storia e dell’escatologia moderna a partire da Lessing, con cui ha inizio la secolarizzazione dell’ideale gioachimita. Un secondo capitolo analizza il gioachimismo nella cultura italiana ottocentesca e segue la genesi e lo sviluppo dell’interesse di Mazzini per Gioacchino da Fiore. Un terzo capitolo indaga i rapporti di Mazzini con il sansimonismo e il socialismo utopistico della prima metà del XIX secolo, attraverso i quali viene recepita la mediazione lessinghiana del gioachimismo.

    Un quarto capitolo esamina i luoghi, all’interno dell’ opera omnia mazziniana, in cui il genovese parla espressamente dell’abate. In questa ricerca dei passi in cui Mazzini cita Gioacchino è stata fondamentale la consultazione degli Indici agli Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (Edizione Nazionale) a cura di Guglielmo Macchia, tre volumi compilati tra il 1961 e il 1974 [22] .

    Un quinto capitolo considera il messianismo mazziniano e la sua metamorfosi secolare del modello gioachimita come fonte della religione civile, anche attraverso l’opera di Bakunin, che risulta essere il primo studio a caratterizzare il mazzinianesimo come teologia politica.


    [1] H. Grundmann, Studien über Joachim von Floris, B.G. Teubner, Stuttgart 1975 (1° ed. Leipzig-Berlin 1927); trad. it. di S. Sorrentino, Studi su Gioacchino da Fiore, Marietti, Genova 1989, p. 170.

    [2] H. de Lubac, La posterité spirituelle de Joachim de Flore, vol. I: De Joachim

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