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Scritture Aliene - Alien Platinum
Scritture Aliene - Alien Platinum
Scritture Aliene - Alien Platinum
E-book188 pagine2 ore

Scritture Aliene - Alien Platinum

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Info su questo ebook

Un manager represso e stressatissimo si ritroverà grazie a nuove droghe sintetiche ? Il nostro domani sarà governato e scandito da un misterioso elaboratore alieno ? Come mai l’antica discarica di Malagrotta vomita corpi di gente scomparsa da decenni ? Un folle biologo riuscirà a riprodurre la Creazione in vitro ? Un mostruoso lucertolone alieno può aprire varchi spazio-temporali ? Pacifici scienziati insettoidi entrano in contatto con la terra. Chi risponde dall’altra parte del cosmo ? Alla catastrofe nucleare sopravvivranno solo sparuti miliziani cannibali ? I nostri posteri riusciranno a resuscitare l’ormai disabitata Terra ? La sterilità dilagante ci costringerà ad adottare androidi senzienti ? Il surriscaldamento globale ci riporterà in pieno medio evo ? Chi è l’uomo misterioso che tormenta l’infelice Adam Ewers ? L’umanità può resistere a un’invasione di rettiliani telepatici ?
LinguaItaliano
Data di uscita30 lug 2019
ISBN9788834162262
Scritture Aliene - Alien Platinum

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    Anteprima del libro

    Scritture Aliene - Alien Platinum - Francesca Panzacchi

    SCRITTURE ALIENE

    Alien Platinum

    Scritture Aliene

    Alien Platinum

    Editrice gds

    via pozzo 34

    20069 vaprio d’adda-mi

    tel 02.90970439

    www.gdedizioni.it

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Un po’ di tempo

    Friedrich L. Friede

    1.

    Doccia. Colazione.

    – Muovetevi, è ora di andare! Camilla, finisci i tuoi cereali. Alberto, la cartella. Andiamo, su. Ciao, tesoro.

    Auto. Traffico. Scuola.

    – Certo, tutto bene. Buona giornata anche a te e salutami tuo marito.

    Auto. Coda. Lavoro.

    – È il terzo giorno di fila che arriva in ritardo. Cosa devo pensare?

    – Nulla, dottor Carboni, un caso, il traffico. Lavoro qui da più di dieci anni.

    – Veda di non farci l’abitudine.

    Postazione. Il computer mi riconosce e si attiva. Lo spazio davanti a me si riempie di dati, montagne di dati che attendono il mio tocco per mettersi a danzare in ordinate coreografie. E io li addomestico, li dirigo. Grazie all’interfaccia virtuale posso vedere l’intera foresta e la singola foglia. Le mie dita sono il flauto di Hamelin, la bacchetta dello stregone.

    – È pronta la mia presentazione? Tra un’ora sono in videoconferenza con i cinesi. – Chiede la faccia di Carboni da un riquadro in basso a destra.

    – Quasi pronta, direttore, l’avrà in tempo.

    – Non la voglio in tempo, la voglio prima. Dovrò ben darci un’occhiata. Si sbrighi!

    Carboni scompare e il suo posto viene preso da slavine, vortici e cascate di dati. Dolore. Le spalle. Sgranchirsi.

    Sopra il pannello che separa il mio cubicolo dal suo c’è Gessica. Gessica con la G. Spuntano i suoi occhi verdi, i capelli iridescenti secondo la moda. Sorride.

    È giovane e bella, non quanto Anna da giovane, ma quasi. E poi quando si è presentata, quando le labbra carnose si sono schiuse nel pronunciare la lettera ‘G’, ho sentito un brivido correre lungo la schiena e fermarsi proprio lì, in mezzo alle gambe. Pensando a lei posso ancora sentire quel formicolio.

    Sorrido anch’io, poi abbasso la testa. I dati. Bordate di dati.

    Immettere. Selezionare. Incasellare. Graficare.

    Pausa pranzo. Sandwich. Diet Coke.

    Gessica si avvicina, mi parla, rispondo in modo evasivo. Non ho tempo per lei. Vorrei, ma non ce l’ho. Una frequentazione, flirtare, magari una relazione, ma non ho idea di dove potrei infilarla nelle giornate farcite d’impegni.

    Scrivania. Fiammate di dati mi aggrediscono, mi cadono addosso come chicchi di grandine e allagano abissi in cui potrei affogare, se non sapessi reggere il timone.

    Telefono, è Anna.

    – Ciao, tesoro.

    – Hanno chiamato dalla scuola, Alberto ha ancora quel mal di pancia.

    – Quello che han detto essere psicosomatico?

    – Sì, ma bisogna andare a prenderlo.

    – Non puoi tu?

    – Sto entrando in sala operatoria.

    – Capito, ci sentiamo dopo.

    I dati devono aspettare. Corridoio. Ufficio.

    – Dottor Carboni, ho un’emergenza, mio figlio…

    – Vada, vada. La conferenza con i cinesi è stata un successo, ma la famiglia viene prima di tutto.

    – Grazie, dottore.

    Ascensore. Parcheggio. Auto. Scuola.

    – Ecco il tuo papà.

    – Che succede, Albi?

    – Mi fa male da morire.

    – Male da andare in ospedale?

    – Non so, forse con una borsa di acqua calda…

    Auto. Babysitter, per fortuna è disponibile. Casa. Auto. Coda. Lavoro. Dati, dati, dati. Telefono.

    – Filippo, da quanto non ci sentiamo?

    – Mario carissimo, un bel pezzo. Sono al lavoro.

    – Oh, scusa. Volevo solo invitarti a bere una birra. In nome della nostra amicizia, che fine ha fatto? Eravamo inseparabili.

    – Eravamo una cosa sola. Le mogli erano gelose, te lo ricordi?

    – Lo so, spiace anche a me, ma sai com’è, il lavoro, mille impegni.

    – Eh, a chi lo dici? Anch’io sono sparito, lo so.

    – Vediamoci per una birra, dai.

    – Non so se posso. Credo di non avere neanche dieci minuti questa settimana.

    – Devo parlarti di una cosa importante.

    – Potrei… No, lasciamo perdere, ci sentiamo con calma.

    – Sai che questo vuol dire fra un sacco di tempo o anche mai.

    – Lo so… Senti, forse… Niente, risolto, me la vedo io. Alle sei al nostro posto?

    – Sapevo che non mi dicevi di no. A dopo.

    Un po’ mi vergogno, una bugia è una piccola cosa, ma viene sempre seguita da altre bugie. Ma Mario… Da quanto non vedo Mario? Neppure riesco a ricordarlo. Una sola uscita, dopo mai più. Mi aiuterà a non scoppiare. Telefono.

    – Tesoro, Alberto sta bene, è con la tata. Io devo trattenermi al lavoro.

    – Dovevi accompagnare Camilla a danza.

    – Lo so, non riesci a farlo tu? Qui ci sono dei problemi. I cinesi, sai, un casino.

    – Accidenti… vabbè, cancello il parrucchiere.

    – Grazie, amore, ci vediamo dopo.

    Mi rilasso sulla poltrona, stropiccio gli occhi. Solo il pensiero mi fa stare bene. Scendere per un attimo dalla giostra, mezz’ora solo per me. Apro gli occhi. Gessica è lì, con gli occhi verdi che spuntano sopra il divisorio. Sorride. Sorrido.

    Se posso farlo con Mario. No, è solo per una volta. Non ho mai mentito ad Anna e non comincerò ora. Questa è la vita che abbiamo costruito, sarà soffocante, ma è solo un periodo limitato. I ragazzi cresceranno, ci daranno un po’ di respiro, un po’ di tempo per noi.

    È che Gessica mi provoca quel formicolio, mentre Anna ormai…

    Mi rituffo nei dati, nuoto controcorrente. Non manca molto alle sei.

    2.

    Auto. Il caos del rientro. Un delirio.

    Escludo l’autopilota. Esco dalla colonna.

    Giro a destra. Strada libera. Periferia. Il nostro vecchio pub.

    – Mario, scusami il ritardo, c’era un casino per strada.

    Si alza e ci abbracciamo. Il pub non è cambiato per nulla, è solo invecchiato come noi. Un po’ di polvere e i segni del tempo conferiscono una certa autenticità all’arredamento finto inglese. È quasi vuoto, non è ancora orario. Le cameriere sono nuove, ma lo scontroso Vasijli dietro al banco è sempre lui. Due birre bionde. Grandi. Brindiamo, chiacchieriamo come se il tempo non fosse mai passato, come se ci fossimo visti ieri sera. Questa è la vera amicizia.

    – Allora, cos’è quella cosa importante di cui mi volevi parlare?

    – Ah, quella. La soluzione di tutti i problemi.

    Mette sul tavolo una bustina. All’interno luccicano delle pastiglie.

    – Ecco qua: la cosa più preziosa che c’è al mondo.

    – Ti droghi? Alle volte ci penso anch’io, un po’ di coca per reggere il ritmo, ma non sono fatto per quelle cose.

    – Ma no, che dici? Questa non è una droga, è un’opportunità.

    – Vuoi fare il misterioso?

    – Non con te. È Extempo, la soluzione ai nostri problemi.

    – Okay, vuoi fare il misterioso.

    – Lasciami parlare. Ero incasinato come e peggio di te, poi un collega me ne ha fatto provare una. Non ha effetti collaterali, nessuno. Ti regala solo tre ore di tempo. Tempo extra, tutto per te.

    – Ma com’è possibile?

    – Questo non lo so, ma funziona.

    – Cristo, se non fossi tu a dirmelo… E da quanto la usi?

    – Una settimana, forse dieci giorni. L’ho provata un po’, poi ho pensato al mio più caro amico che non vedo mai perché non abbiamo tempo. Filippo, credimi, questa cosa mi ha cambiato la vita. Stress sparito. Quando mi sento sotto pressione mi faccio le mie tre ore e ritorno esattamente dov’ero, felice e rilassato. Il tempo è la cosa più preziosa che esista.

    – Ma…

    – Provale, questa busta è per te, quando le hai finite ci sentiamo. Ora devi scusarmi, devo prendere Gianluca a parkour e portarlo a violino.

    Mario non è cambiato. È sempre quello delle idee strane, a volte disastrose, altre geniali. Mi ha fatto bene vederlo, ma devo rimontare in giostra. Fra mezz’ora riunione di condominio, poi cena, controllare i compiti dei ragazzi, portare fuori la spazzatura. Forse avrò mezz’ora da passare con Anna, se non mi addormento. Lei non sa perché, ma cercherò di farmi perdonare.

    3.

    Doccia. Colazione.

    – Come stai oggi, Albi? Camilla, hai preso la sacca da ginnastica? Ciao, tesoro, a dopo.

    Auto. Traffico. Scuola.

    Auto. Coda. Lavoro.

    Dati. Grafici. Proiezioni.

    Qualcosa non va: i cumulonembi di dati dovrebbero stare in alto e sgocciolare nel sicuro alveo della fiumana in basso, invece vorticano imbizzarriti lanciando schizzi in ogni direzione.

    – Cristo santo!

    – Che succede?

    Gessica allarmata si sporge oltre il divisorio.

    – Devo aver introdotto un errore, qui è tutto un casino.

    Aggira il divisorio. Emana un profumo lieve, carico di promesse.

    – Fammi vedere.

    Mi sfiora nel protendersi verso l’interfaccia gestuale. Controlla i dati, addomestica i turbini e quieta le tempeste con pochi gesti ben misurati.

    Io controllo il cavallo dei pantaloni. Laggiù è un incendio.

    – Ecco, vedi, è una cosa banale. Tu che sei così esperto… Ecco fatto. Secondo me sei sotto pressione, dovresti rilassarti.

    Si porta dietro la poltrona e mi accarezza le spalle. Scatto in piedi.

    – Vado a prendermi un caffè. Grazie… grazie dell’aiuto.

    – Quando vuoi.

    Porto con me il suo sorriso fino all’area relax. Gessica, giovane e carina. Non ho tempo per lei. Non ho tempo per nulla.

    Telefono. Anna.

    – Ti ricordi che oggi viene il tecnico per la lavatrice?

    – A che ora?

    – Sei e mezza, sapevo che non ti ricordavi. Io porto Alberto dal pediatra. Vedi di essere a casa.

    – Certo. Ci vediamo dopo.

    La bustina nella tasca destra sembra pesare un chilo in più. Tre ore. È un tempo immenso. Potrei… Intanto devo tornare ai miei dati indomabili.

    4.

    Quasi le sei. Non ho finito il lavoro della giornata. Ne ho almeno per altre due ore. Dovrò pensarci domani. Devo recuperare. Gessica si alza.

    – Allora ci vediamo domani.

    Mi alzo.

    – Sì, a domani.

    – Ciao.

    – Grazie ancora per prima. Senti… Ho pensato a quella cosa dello stress.

    Sorride compiaciuta.

    – Magari potrei prendermi una serata, non so, stasera…

    – Mi sembra un’ottima idea. Da Aldo alle otto?

    Le labbra si schiudono come quando dice ‘Gessica con la G’. Io infilo la mano in tasca, la bustina è ancora lì.

    – Da Aldo alle otto.

    Parcheggio. Auto. Colonna.

    Perché nessuno prende i mezzi? Io devo accompagnare i ragazzi a scuola, ma gli altri? Devo arrivare prima del tecnico o chissà quando sarà di nuovo disponibile. Chi se la sente Anna?

    Arrivo e il tecnico sta rimontando sul furgone.

    – Mi perdoni, sono in ritardo. Se vuole la faccio salire.

    – Ho già perso dieci minuti ad attenderla, devo andare al prossimo appuntamento.

    – Guardi, è davvero importante per noi.

    – Lo è per tutti, sa? Buonasera.

    Mi aggrappo allo sportello.

    – È davvero molto importante, la prego. Se esegue l’intervento posso dimostrarle la mia riconoscenza.

    Lo sguardo del tecnico scende alla tessera che ho estratto dalla tasca. Sbuffa. Smonta. Saliamo. Lui va in bagno e io resto in sala. Ho ancora tutto quel lavoro da fare.

    Prendo il computer portatile. Sono le sei e cinquanta, tra mezz’ora ritornano Anna e i ragazzi. Mi immergo nei flussi di dati. Mi lascio trascinare dalle correnti di cifre, dalle onde di grafici fino a che l’uomo della lavatrice non mi distoglie toccandomi la spalla.

    – Io avrei finito.

    – Certo, grazie. È tutto a posto?

    – Sicuro, vi durerà almeno altri cinque anni.

    Mi porge il terminale.

    – Molto bene. Questo è per il lavoro e questa la piccola gratifica che abbiamo concordato.

    Se ne va. Mi rimetto al lavoro. Arrivano i ragazzi seguiti da Anna.

    La mia giornata si riduce a questo: dieci minuti la mattina, un’ora la sera per stare con loro. Il resto è una continua corsa, un passare da un’attività all’altra senza nemmeno il tempo per pensare e io… Sono le sette e mezza e alle otto avrei appuntamento con Jessica. Che razza di idea mi è venuta? Non so neppure se le pastiglie di Mario funzionino, ma ormai ci sono dentro.

    – Porto via la spazzatura, torno subito.

    – Adesso? Di solito la porti dopo cena.

    – Sono stanco, non credo di farcela dopo.

    – Se lo dici tu…

    Raccolgo i sacchetti ed esco. Carta. Plastica. Secco. Non so se bisogna mettersi in qualche posizione particolare. Mario non mi ha detto nulla.

    Bustina. Prendo una pastiglia con due dita, la guardo alla luce del lampione. Ingoio.

    5.

    Sono passati cinque minuti e non è successo niente. Assolutamente nulla. Sento il ronzio delle macchine dalla strada, il rumore dell’umanità che vive e si muove. È tutto troppo normale. Non so che fare. Se la pillola non funziona devo ritornare a casa. Se funziona sono in ritardo per il ristorante.

    Telefono.

    – Mario, ciao. Ho preso un’Extempo.

    – Ottimo, Filippo, goditi le tue tre ore.

    – Ma non sento nulla, è tutto normale. Sicuro che funzioni?

    – Figurati, non ti fidi più di me? Fra tre ore ritornerai esattamente dove sei e saranno le sette e cinquanta. Vai e divertiti.

    – Okay, se lo dici tu…

    Starò facendo una cazzata? Sicuramente la sto facendo, ma con questa pillolina nello stomaco dovrei passarla liscia. Tre ore per fuggire dalla realtà, fare quel che voglio e ritornare senza patire conseguenze. Grazie Mario!

    Mi incammino verso il ristorante con l’anima leggera. È una sensazione nuova, non ricordo più quando mi sono sentito così l’ultima volta. Passeggiare, annusare l’aria. Ci sono sempre stati questi alberi? Sono… tigli? Ho mai saputo come è fatto un tiglio? Evidentemente sì.

    L’aria è fresca in modo piacevole, viene voglia di aprire la giacca.

    Gessica è lì che mi aspetta vicino all’entrata del ristorante.

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