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La storia del Mistero. Punto di non ritorno
La storia del Mistero. Punto di non ritorno
La storia del Mistero. Punto di non ritorno
E-book279 pagine4 ore

La storia del Mistero. Punto di non ritorno

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Info su questo ebook

La guerra tra le forze del Bene e quelle del Male giunge all'apice, tutti i mondi sono colpiti, tutti gli esseri viventi chiamati a prenderne parte. Demoni, angeli, dèi, umaghi, goetici, nessuno si può tirare indietro dallo scontro magico-militare definitivo. Merkenes e Aleka da una parte, Astris e Ashgarti dall'altra. Ma se la realtà non fosse cosi semplice e i confini cosi netti? In un ciclo infinito di distruzioni e creazioni, incontri e scontri, morte e rinascita, amore e odio, le storie dei protagonisti si intrecciano, rivelando legami inaspettati.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2016
ISBN9788892618725
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    Anteprima del libro

    La storia del Mistero. Punto di non ritorno - Mario Serroni

    personale.

    PARTE QUARTA – LA GUERRA DEI CLONI

    1 – Il diario sepolto

    Non indugiarono e si consultarono sul da farsi, quando si presero tutti e cinque per mano e si smaterializzarono, guidati da Arian, che conosceva esattamente l’ubicazione del posto da ispezionare per portare a termine la prima fase della loro missione: ricostruire la realtà della vicenda delle decadi passate per riportare ordine e sereno nelle loro e altrui vite.

    Guidati da Arian, si smaterializzarono alla volta dei confini del mondo verso quella città fantasma che era rimasta abbandonata ma incolume. Si seguirono tra di loro in un varco dimensionale, in cui era il paesaggio a muoversi e non loro per farli arrivare alla loro destinazione. Man mano che lo spazio si accorciava per permettergli di arrivare, il mondo circostante si deteriorava come se fosse stato impregnato delle essenze negative al confine con gli altri due mondi nefasti. Sebbene fossero vicini, le influenze che esercitavano energeticamente con gli altri mondi si risentivano al lambire dei limiti. Appena arrivati, in un batter d’occhio Astris e Ashgarti si addentrarono nella città fantasma, seguiti da Ariel, Arian e Ariub.

    Un tempo questa città era prosperosa e rigogliosa fece Ariel.

    Poi arrivarono le propagazioni belliche che si ripercossero sull’indole dei cittadini, e giunsero i cataclismi per la rabbia della terra barbaramente straziata, che stravolsero l’equilibrio dell’ecosistema portando le energie negative dei due mondi inferiori spiegò Arian.

    Dovete sapere che i maghi goetici e teurgici in battaglia solevano portare caschi investiti di poteri magici e di lotta contro i propri demoni, che però per paura e debolezza prevalsero sulla loro volontà, portandoli a pensare solo a se stessi e a far sì che si salvasse chi poteva. Fu così che iniziò il grande esodo, la diaspora di molte genti in campi profughi, che soffrirono della mancata verifica di analisi e visione della realtà confutata dai tribunali mentali degli altri esseri, che cercarono di ostacolare con fili spinati, frammenti di vetro e punte metalliche, oltre che mine a inseguimento sotterraneo magiche aggiunse Ariub.

    Gli usi e costumi dei mondi sottostanti traviarono e mortificarono gli spiriti degli ultimi umaghi rimasti, che abbandonarono il loro mondo svanendo per sempre: delusi e amareggiati per l’eccessiva crudeltà uccisero le loro stesse anime, per vivere in giacenza come in un limbo che non portasse da nessuna parte sottolineò Ariel.

    Costoro da allora non trovano pace e si sentono tuttavia legati alle loro memorie. Non sono né morti né vivi: semplicemente sono in una fase di transizione, che li può portare a tornare in vita così come a sparire per sempre, non finendo nemmeno nell’Aldilà aggiunse Arian.

    Talvolta se ne vedono alcuni aggirarsi per le vie, ma è meglio non disturbarli per non confondere il sistema. Sono solo memorie cariche di stagnazione magico - energetica che si diffondono nell’ambiente. È difficile riconoscere le diverse entità: alcuni potrebbero essere solo ripetizioni di ricordi di eventi vissuti o ideazioni di vite parallele o solo pensate, altri invece solo rimasugli psichici di gente che è partita, ma non se n’è mai andata via per davvero, che un giorno torneranno a essere energia di pura luce che si mischierà nel vento e saranno portati in ogni dove chiarì Ariub.

    S'inoltrarono nelle vie e nei vicoli di notte, che dopo quella situazione campale era volta al termine nei differenti moti del tempo, e l'unico suono a far loro compagnia era il fruscio del vento nelle fronde degli alberi. Case diroccate, negozi fatiscenti, lugubri spettri si aggiravano nella penombra. I fantasmi erano sia di esseri viventi sia di mezzi o luoghi rimasti o un tempo esistenti che nonostante tutto si palesavano ai loro occhi. Il cielo, le acque e la terra erano fatti di scudi umani.

    I ragazzi se ne accorsero e si voltarono più volte armati: Ariel, Arian e Ariub di bacchette e sfere energetiche, mentre Astris e Ashgarti con solo la bacchetta. Presi dalla tensione reagirono a quei brividi che provarono immergendosi in quella realtà.

    Chi siete? Fatevi avanti! chiese Astris, il cui suo tuonare echeggiò nel vuoto invano.

    Su! Fatevi vedere! insistette Ashgarti.

    Non vi temiamo! fecero in coro Ariel, Arian e Ariub.

    L'atmosfera era tetra e buia, la tensione salì al massimo … dai vicoli si udirono profondi respiri, rumori di passi trascinati a forza. Le gambe di Arian e Ariel, con la bacchetta sguainata, tremarono. Ariub, Astris e Ashgarti puntarono minacciosi con le bacchette, e Astris in più generò un virgulto di una sfera di fuoco elettrico pronta a scagliarla. In tondo guardarono in tutte le direzioni, ma non sentirono nessuno arrivare.

    Aiuto, ho paura! bisbigliò spaventato Ariel.

    Anch'io sussurrò shoccato Arian.

    Forza ragazzi, animo, su! li caricò fiero Astris.

    Subito un’ombra nera si scagliò contro di loro … non potevano niente contro un demone oscuro se prima non lo avessero neutralizzato e riconosciuto per la sua natura letale, così Astris nel dubbio scagliò la sfera di fuoco elettrico.

    State giù! urlò nervosamente Astris.

    L'attacco ottenne esito positivo scacciandolo, ma subito se ne presentò un altro alle spalle di Astris.

    Astris, spostati! urlò isterica Ashgarti.

    Astris si scansò e ruzzolando si scoprì il capo.

    Feiru expalis disse Ashgarti, conscia delle proprie arti magiche infuse. Tale incantesimo era una propagazione psichica delle proprie energie vitali, guidata dal pensiero ed essere guida custode che di Ashgarti scoprì essere uno spettro in tutto simile agli albori delle sue reincarnazioni, che primitivamente conservava l’istinto bellico e sbriciolò l'entità malevola.

    Ogni umago che si rispettasse aveva il proprio spirito guida, con cui poteva confrontarsi e confidarsi, per accrescere la propria concentrazione e fondersi con il momento in cui operava e viveva al fine di elevarsi psichicamente. Lo spirito guida poteva operare nell’inconscio o nel conscio a seconda della propria consapevolezza, in base a cosa occupasse la mente nel proprio tempo secondo le proprie percezioni.

    Proseguirono dunque oltre, fino a quel momento illesi, e a un certo punto sentirono un vocio rotto da un inconsolabile pianto da un vicolo. S'avvicinarono con le spade sguainate, che avevano prodotto dalle bacchette che servivano per assimilare i cuori e le vibrazioni magiche degli esseri passati, e videro nella penombra una strega che Astris immediatamente riconobbe, nonostante non l’avesse mai vista prima, solo per il frutto dei propri ricordi innestati:

    Beltaner Uisuis, che ci fai qui?

    Come le parlò ebbe una visione in mente di cosa aveva passato e visto fino a quel momento, e si concentrò con tutta la sua attenzione possibile per capire come venirle incontro.

    Ciao Astris, mi sono persa. Stavo cercando mio padre che è stato rapito. Mi hanno ologrammato dicendomi di portare i soldi per il riscatto in questa città, dove la magia ordinatrice non li avrebbe di sicuro cercati, e di venire sola perché se avessi provato a farmi pedinare dalla polizia magica lo avrebbero ucciso. Devo presentarmi nell'antico parco dei desideri alle 21, ma non sono ancora arrivata e temo per la vita di mio padre.

    Vieni con noi. Abbiamo ancora tre quarti d'ora. Ti aiuteremo a salvare la vita di tuo padre.

    Voi sapete dove si trova?

    Dopo il cimitero. Ci arriveremo in tempo, prima però dobbiamo trovare la tomba del signor Benjamin Grydis. Ci stai?

    Okay!

    Da questa parte, venite! fece un cenno con la mano Ashgarti, osservando la sfera che mostrava al suo interno la cartina della città, e riponendola poi nel suo zaino sospeso con un gioco di mani.

    Appena giunsero al cimitero, si chiuse dietro di loro magicamente il cancello. Arian tornò indietro nel tentativo di riaprirlo e tentò invano di forzare la serratura, ma ogni sforzo fu vano.

    Lascia perdere, Arian! Vorrà dire che attraverseremo tutto il cimitero!

    Nei luoghi di forte carica mortuaria vigevano leggi fisiche e magiche diverse: era un controsenso, nei cimiteri come nei campi di battaglia o nelle necropoli, che ci si potesse teletrasportare, anche se possibile, senza impregnarsi di cariche deleterie che affaticassero e indebolissero i viandanti perfino appropriandosi delle loro energie vitali che i morti disperatamente volevano recuperare dal loro sonno. Era come la rabbia della morte e l’invidia della vita così come in vita c’era l’invidia della giovinezza. Spesso i morti tormentavano i vivi invidiosi del loro stato e, nei sogni così come nella veglia, apparivano per cercare di vivere dentro di loro attraverso il loro corpo per sentire ancora una volta in quello stato l’ebbrezza di essere vivi.

    Dividiamoci! fece Astris.

    Arian, tu vai con Ashgarti, Ariel tu vieni con me, Ariub tu vai con Beltaner. Chi per primo di noi trova la tomba avvisa con la sfera magica gli altri continuò Astris.

    Prendete ciascuno di voi un segnalatore e accendetelo. Ci terrà in contatto e ci permetterà di smaterializzarci nel posto di chi per primo trova la bara.

    Per farsi luce Astris, Ashgarti e Beltaner fecero l'incantesimo luminoso luz fuler e si persero nell'oscurità. Illuminando lapide per lapide, si diressero Astris e Ariel verso est, Arian e Ashgarti verso nord e Beltaner ed Ariub verso sud. A loro insaputa da sotto terra sbucarono delle mani. Erano degli zombie. Trascinandosi li inseguirono senza che se ne fossero accorti e, quando Beltaner e Ariub videro la lapide e trovarono la bara, avvisarono gli altri, così insieme iniziarono a scavare con le bacchette sollevando magicamente la terra da sotto i loro piedi. Mentre scavavano i ragazzi sentirono un rumore che li avvertì di aver toccato la bara. Astris la aprì e trovò la salma, che teneva in mano il diario.

    Preso! Astris strappò con forza il diario dalla mano del signor Benjamin Grydis, a cui ruppe il polso che rimase attaccato al diario, e così Astris staccò la mano dal diario e la ripose con grazia nella bara. Come lo toccò Benjamin Grydis riprese vita e spaventato li attaccò sguainando la bacchetta.

    Chi siete voi? Cosa avete fatto? State lontani da me! Astris si sorprese del suo fluente potere e disse:

    Benjamin fermati, sono io, Astris, non voglio farti del male!

    Astris, che sorpresa, per tutta la vita ti ho aspettato e con la morte pensavo che non ti avrei mai incontrato. Ora che ti vedo dal vivo assomigli così tanto a lei: i tuoi occhi sono come quelli di tua madre! E tu chi sei? concluse rivolgendosi ad Ashgarti.

    Io sono Ashgarti! rispose la ragazza.

    Bene. Finalmente ti vedo e sei reale! Scommetto che siete qui per sapere cosa fare … bene, non perdiamo tempo: il segreto di Merkenes e Aleka è … stava per dirlo quando fu morso da un non morto e lasciando la presa dal suo corpo, non avendo affinato il loro potere, ferito, per lo spavento cadde all’indietro e ritornò decomposto per essere divorato dagli zombie. Non appena chiusero la bara per difendersi, tutti quanti vennero aggrediti dagli zombie che tentarono di mangiarli. Inizialmente i ragazzi li affrontarono, chi con la magia chi con le armi energetiche. Uno di loro, Ariub, venne preso e stava per essere morso, ma venne salvato da Arian e Beltaner.

    Sono troppi! Scappiamo! urlò Ariel.

    I ragazzi scapparono e vennero inseguiti. Arrivarono al cancello e come fecero per uscire gli si chiuse magicamente davanti a sé, quindi si videro costretti ad affrontarli poiché erano circondati.

    Siamo in trappola! affermò costernata Beltaner.

    Sono troppi! Non ce la faremo mai! aggiunse affranto Arian.

    Non fecero in tempo a smaterializzarsi che vennero attaccati. Li evitarono e ammazzarono alcuni di loro, ma ne vennero altri ancora contro cui si fecero avanti anche i ghoul per cibarsene, per cui Astris, Beltaner ed Ashgarti crearono un'onda d'urto con la formula bridei laidei.

    Stanno ritornando, presto prendetevi per mano! fece Astris.

    Stavano per smaterializzarsi ma, prima che ciò accadesse, Ariel venne morso e si ritrovarono al di là del cancello. Ariel si appoggiò sulle spalle di Beltaner e s'accasciò a terra. Aveva i brividi e sudava freddo.

    Presto Astris, fa qualcosa o diventerà uno di loro! ordinò agitata Beltaner. Astris scoprì la spalla di Ariel, strappò la camicia, che usò come una sorta di laccio emostatico, e succhiò via il veleno che sputò per terra.

    Non basta! affermò Ashgarti scuotendo la testa. Ho io qualcosa! aggiunse tirando fuori dallo zaino una boccetta.

    Forza Ariel, resisti! Bevi questo!

    Aspetta! Cos'è? chiese interrompendola Astris.

    È un antidoto: dovrebbe chelare il veleno.

    Ne sei sicura? chiese timoroso Astris.

    Non lo so: dovrebbe inibire gli effetti del veleno, ma la febbre non scenderà finché non lo avrà espulso.

    Improvvisamente si verificò un processo di epirogenesi accelerato, che li fece sussultare e balzare da parte a parte, sballottati come proiettili. Le loro energie intrinseche collassarono e allo stremo delle forze le loro componenti organiche vennero dissezionate e disassemblate, per essere esaminate e inseminate con il germe della profonda connessione con gli elementi. Inaspettatamente la terra fu percossa da violente raffiche e scariche di tempeste elettriche infuocate, che bruciarono avidamente in circolo come una danza esoterica le sterpaglie e il terreno che si rese carnoso, sterile e carbonizzato. I ragazzi, come rapiti da una sinfonia di distruzione, si centellinarono in particelle che vibravano in risposta ai tuoni e alle musiche che si generarono per contrasto e contrazione degli eventi atmosferici. La maledizione dei mondi inferiori si stava propagando a vista d’occhio anche nei mondi vergini e incontaminati, ritornati da troppo poco per quanto scorre velocemente il tempo in una placida situazione di tranquillità, sebbene preludio e frutto allo stesso tempo di un grave depauperamento. Beltaner, che si era frammentata, tentò di ristabilire un contatto con la propria unione di cooperazione dell’asse mente-corpo-spirito, ma due parti su tre vennero decimate dal violento e tremendo colpo di delirio di potenze ataviche, che ridussero a brandelli il suo corpo già provato e disarmato e soggiogarono in catene energetiche di visioni ripetitive ed estenuanti il suo spirito, lasciando la sua mente vigile e conscia di quel che le stava capitando in balia di quegli sconvolgimenti naturali, che sfogavano l’ira delle forze al servizio della madre di tutte le creature, venerabile natura che interagiva con la sua progenie a livello arcaico di comunicazione ancor prima che verbale, emotiva e sensoriale, quasi come se il rapporto che si fosse instaurato tra gli esseri fosse di compartecipazione a una celebrazione dell’immaginario creativo delle forze celesti e terrene.

    Beltaner capì che la sua ora era giunta e, stoicamente impassibile sebbene emotivamente instabile, volle rivolgere un ultimo sguardo ai suoi compagni di viaggio. In quell’incomparabile istante progressivamente corrotto, come violato e privato di quella primordiale assenza di biocontaminazione e rispetto delle forze operanti nei canali energetici sensibili alla produzione di fatti, enti ed emanazioni di contrasto alle interazioni vitali. I suoi occhi comparvero nell’etere come ebbero la forza di ricompattarsi, e una lacrima bionica, carica di emozioni, pensieri e sensazioni condensati in quel campo elettrostatico e cibernetico di una realtà alterata e costantemente rielaborata, scese da entrambi gli specchi dell’anima, che racchiudevano al loro interno la pienezza dell’universo e la sua inconsistenza. Come si dissolse ebbe un ultimo attimo di triste intesa con i suoi compagni, che devozionalmente ossequiosi della sua scomparsa intonarono un epicedio mentre lei stava cedendo al suo destino, come ad accompagnarla nel suo ultimo grande viaggio nell’ignoto. In una fragorosa deflagrazione di elementi biologici, bionici e spirituali Beltaner si scompose e le sue singole parti si dispersero ai quattro venti. Vennero gli eoni a coglierla e a far trascendere e ascendere il suo brillio di vita ai circuiti celesti. Nel cielo i piccoli frammenti di cosmo interiore e apparizione esteriore si illuminarono e lentamente salirono, seguiti da scie catarifrangenti che s’avvilupparono attirando a sé le luci delle lacrime dei suoi compagni, che indifesi, inermi ed impotenti non potevano far altro che assistere allo scempio e alla profanazione del suo essere.

    En plein air si concentrò in un pot‐pourri di spettri prismatici di colori, una enrosadira di riflesso nell’amalgama dei fenomeni contrastanti che produsse un calo di tono e di tensione delle apparizioni ai loro occhi: subitaneamente l’ambiente perse l’intensità cromatica calando la tonalità di tutti i soggetti circostanti diventando da multi cromatici a bianco e nero.

    Come un evento epizootico vennero da circolarmente che erano sospesi in aria per convergere in un cerchio energetico al fine di superare le barriere celesti ed entrare in comunione con le divinità, trascinati verso il basso per strisciare ed essere schiacciati in serie consequenziale sul terreno arido e rovente, per marchiarli di quel sentimento naturale di cui loro stessi erano colpevoli per averlo varcato dopo che era stato abbandonato da immemorabile tempo affinché si rigenerasse. Come il tempo si fermò, progredì e ritornò sui suoi passi, i ragazzi che stavano per disintegrarsi e disorientarsi sotto le sferze dei paradigmi di calcoli complessi sintetici della virtualità di quel presente avviarono un processo di endofasia: un discorso interiore per portare alla luce le problematiche, le meditazioni e le riflessioni che avevano maturato fino a quel momento per uscire da quell’impasse. Tutti i cinque rimasti generano nel loro programma di analisi e memorizzazione un éndice del rapporto che ebbero seppur breve con Beltaner, per tramandare ai posteri il mistero di tutto quello che avevano vissuto per lasciarlo andare. C’erano forze superiori alle loro potenzialità che non dovevano essere toccate.

    A sedare e placare gli animi irrequieti e spaventati occorse provvidenzialmente un empifondo dalle coste che si avvicinarono al luogo dello scontro delle forze naturali contro quelle spirituali, generando una mareggiata che spense i circuiti in sovraccarico e le generazioni di fuochi elettrici che trasformavano gli elementi in materiali più complessi ed evoluti, ma distanti e separati dal contesto in cui risiedevano: era come se gli ambienti celesti stessero scendendo sul mondo per prenderne possesso. Le bocche dei ragazzi che si erano raggrumate per cantare precedentemente si macchiarono di emottisi. In un alternarsi del tempo la fine e l’inizio si equivalevano e si verificavano costantemente in antitesi in unione e in sovrapposizione, come se tutti i momenti si verificassero simultaneamente a velocità considerevolmente variabili e si combinassero infinitamente per produrre risultati diversi coesistenti o scissi. L’enchiridio prese vita e parlò esprimendo la sua insindacabile sentenza:

    Voi non saprete mai la ragione di tutto questo. Ciò è segreto e incomprensibile a tutti, persino agli dei!

    Detto questo, il diario si aprì e pagina per pagina si strappò scosso dal vento, che cancellò i suoi pensieri scritti sulla carta con una penna magica, capace di sguinzagliare le parole al di là delle prigioni della carta e facendo prendere loro vita. Questa ecocatastrofe peggiorò in un ecocidio portando gli elementi circostanti a perdere il controllo e a mantenere la propria posizione in quell’abbaruffio che portava a confondersi tutti i presenti, che accusarono un’ecmnesia, peggio di un déjà vu, ricordando una beatitudine irrimediabilmente persa ora che si trovavano di fronte al dolore.

    2 – Viaggi nel tempo

    Nel bel mezzo della radura corsero fuggiaschi due lesti figuri. A guardar bene da lontano sembravano un uomo e una donna che scappavano affannati e terrorizzati, inseguiti da due chimere nere dagli occhi rossi a cavallo di due scope. Di loro non seppero mai l’identità e non poterono fare nulla per salvarli in quanto non li rividero più.

    Non li riconobbero, non solo perché presi dai loro perniciosi avvenimenti, ma in quanto tali esseri, insicuri del fatto che fossero di natura umana o animalesca, avevano fatto un incantesimo del viso ignoto: usato solo dai maghi soldati cattivi per celarsi agli occhi dei buoni, per non essere riconosciuti e non essere usati contro i cattivi, confondendosi così agli occhi dei buoni con un aspetto irriconoscibile, confondibile con quello di demone o spirito nero per cui da evitare.

    Poteva essere neutrale, pericoloso o fantasma di caduto in pena con la divisa da soldato, quindi considerato innocuo quando in avanscoperta o con un intero reggimento. Poi capirono il tranello, la trappola e combatterono contro di loro, senza riuscire però a riconoscerli per via dell'incantesimo ignoto, che poteva essere tolto solo da chi aveva stretto insieme agli altri un patto di sangue, quindi solo i compagni cattivi, che tra di loro si vedevano benissimo, normalmente possono sciogliere l'incantesimo del viso ignoto, ma non ne hanno motivo, a meno che venga congedato e non sia più belligerante o in missione speciale in borghese come spia, e essendo visibile come infiltrato insospettabile non doveva dare adito a sospetti, quindi si tolsero l'incantesimo del viso ignoto solo quando morì per dare comunicazione alla famiglia, o quando infiltrato nel reparto dei buoni, o quando congedato e non più in servizio in guerra o nella vita normale di tutti i giorni: era un

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