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I valori della vita
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E-book148 pagine1 ora

I valori della vita

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Info su questo ebook

Questo libro è nato quasi per caso, una sfida di Maria Scatena all’incipiente età che avanzava, al desiderio di fermare per scritto le vicissitudini della sua intensa e straordinaria esistenza. Lei che avrebbe voluto fare la giornalista e che invece è stata costretta a lottare duramente per assicurare alla sua famiglia una vita dignitosa.
Sebbene alle soglie dei novant’anni, con la salute malferma, i suoi ricordi sono lucidi e tantissimi. Quadernetto dopo quadernetto, Maria traccia l’affresco spietato di un’esistenza semplice fatta di poche cose essenziali, il lavoro nei campi, le faccende domestiche, il bucato al fiume, il lavoro in manifattura tabacchi. Mai un lamento, mai una resa. Combattiva, intelligente, determinata. Sostenuta sempre dal marito, il suo primo e unico grande amore.
Scrive Marisa Cecchetti nella postfazione: “La figura di Maria Scatena rappresenta il secolo che lei ha vissuto, con le sofferenze, i sacrifici delle donne a cominciare dai periodi di guerra, quando si sono trovate senza i loro uomini, solo con vecchi e bambini a tirare avanti il lavoro dei campi; quando nelle fabbriche hanno preso il posto dei maschi assenti. Ma anche nei momenti delle emigrazioni, quando mariti, padri, fratelli, cercavano lavoro oltre Oceano con la speranza di tornare a investire i risparmi nella propria terra”.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788832925623
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    Anteprima del libro

    I valori della vita - Maria Scatena

    Madre

    Introduzione

    Questo libro è nato quasi per gioco, una sfida di mamma all’incipiente età che avanzava, al desiderio di fermare per scritto le vicissitudini della sua intensa e straordinaria esistenza. C’è stato un momento della sua vita particolarmente buio. Papà se ne era andato da poco più di due anni, mamma stava toccando la soglia dei novanta anni e quell’ansia, quella depressione incombente, che l’hanno sempre sfiorata e a momenti alterni ne hanno rubato la straordinaria vitalità, rischiavano di offuscarle di nuovo la vita. Ha sempre avuto il desiderio di scrivere della sua vita e fare la giornalista era un’ambizione che coltivava già da ragazzina. Ma il tempo e il lavoro, con cui ha lottato una vita, e forse anche un po’ di sano pudore a parlare di sé, l’hanno sempre frenata.

    Quando le lanciai questa sfida per riempire le giornate che erano divenute troppo vuote per una donna come lei, mi rispose restia: Ma che dici? Come faccio alla mia età con le mani che tremano? Come puoi pensare che mi possa mettere a scrivere!

    Un giorno le portai un quaderno di scuola che avevo a casa, lo misi sulla sua scrivania insieme a una penna. Mamma, le dissi, lo lascio qui, se ti viene voglia, scrivi qualcosa. Di nuovo replicò che era inutile, non poteva più farlo, anche se in passato le sarebbe piaciuto.

    Passò un po’ di tempo, non le dissi più niente. Una domenica, quando di solito l’andavo a trovare per stare un po’ con lei, le telefonai per dirle che non potevo perché avevo una mole di lavoro da smaltire per la scuola. Ero io stessa amareggiata e già mi prefiguravo la delusione per questa ennesima volta che non avevo tempo da dedicarle, mi vedeva così poco. Invece, con aria serena, che riconobbi subito dalla voce, mi disse: Fa lo stesso, se non puoi venire non ti preoccupare. Ma almeno hai tempo di ascoltarmi un momento? Ti leggo una cosa?

    Incredula risposi di sì.

    " Sono nata una piccola contadina in un paesino di campagna…"

    Ascoltavo allibita, le parole fluivano con naturalezza, con passione, con vigore. La sua vita era lì che scorreva sulle righe scritte, non la vedevo ma sentivo tutto il suo amore. Cominciai a piangere in silenzio. Non ci credevo, non era possibile, l’aveva fatto davvero, la sfida che le avevo lanciato era stata accettata. Come sempre era accaduto nella sua vita anche questa volta non si era tirata indietro. Si fermò improvvisamente.

    Ehi, ma mi ascolti o ti sei messa a fare i tuoi lavori?

    No mamma ti ascolto.

    Quando ebbe finito di leggere mi disse che era solo all’inizio, che poi avrebbe continuato e che aveva già trovato il titolo: I valori della vita. Naturalmente le manifestai la mia gioia, le espressi gratificazione e la stimolai a continuare. Manifestò preoccupazione per gli errori che ci avrei trovato, le dissi di non preoccuparsi e in modo scherzoso replicai che ci avrei pensato dopo io. In fondo era il mio lavoro! Era l’otto gennaio del 2011, pochi mesi al traguardo dei suoi novanta anni.

    Quando poi lessi per la prima volta il suo diario rimasi stupita nel vedere quel corsivo così fermo e preciso, un miracolo per le sue mani nodose e malferme. Aveva persino sottolineato con una matita rossa gli errori che da sola aveva individuato.

    Passavano i giorni e lei con orgoglio e perseveranza continuava a scrivere. Aveva dato di nuovo un senso alla sua vita. Poi con fierezza leggeva, con quei suoi toni da romanzo, quello che aveva scritto a figli e nipoti. Il quaderno giorno dopo giorno si riempì e ce ne fu bisogno di un altro e un altro ancora. Solo allora forse aveva iniziato a riflettere su come la sua vita fosse stata unica ed eccezionale e su quanto fosse importante comunicare ai propri figli tutto l’amore che secondo lei non aveva potuto o saputo manifestare nel corso della vita. Credo che questo libro sia un dono che ha voluto fare proprio a noi, i suoi amati figli.

    In quel periodo mi chiedeva spesso quando avrei trasformato questi quaderni in un libro vero. Lo farò, mamma, te lo prometto, quando andrò in pensione lo farò, ora ho poco tempo, continuavo a ripeterle.

    Arrivarono momenti di stasi. Ora basta, non ricordo più nulla, diceva. E io sempre lì a stimolarla. Una volta le ho lasciato una serie di titoli come fossero temi da sviluppare.

    Parlo dei miei amici di scuola. Parlo dei miei nonni. Descrivo la mia casa. Il lavoro. E così via. Lei, come una diligente scolaretta, svolgeva i suoi compiti e me li faceva leggere.

    Quando finalmente, dopo quasi due anni, ho iniziato a riportare al computer tutto quello che lei aveva scritto, è subentrata in me la curiosità e il desiderio di saperne di più. Tante cose le conoscevo già, quelle del vissuto quotidiano, quelle dei racconti che si fanno in ogni famiglia, quei ricordi che si sedimentano in te fin da bambina, ma di altre avevo desiderio di maggiori dettagli. Devo dire che a un certo punto della mia vita, soprattutto quando papà si era quasi infermato, avevo già cominciato a sentire il bisogno di fissare tutto quello che mamma e papà mi raccontavano del loro passato, avvertivo che le vicissitudini della loro vita avevano qualcosa di speciale.

    Avevo acquistato una videocamera e l’accendevo davanti a loro che raccontavano, in seguito purtroppo me la rubarono e dei diversi nastri registrati me ne è rimasto solo uno. Ho anche provato col registratore, quindi mi sono riempita di biglietti, fogliettini, appunti dove ho annotato e scritto tutto quello che mamma e papà mi raccontavano. Tante delle aggiunte che ci sono rispetto al libro che ha scritto mamma vengono anche di lì. Poi ho voluto cercare foto, documenti negli archivi comunali, le nascite, le morti, i parenti, le guerre, l’emigrazione, i luoghi, insomma tutto quello che riguardava le sue ma anche le mie origini. Anche le foto di famiglia, quegli album sfogliati per tante e tante volte, hanno acquistato un valore completamente diverso. Come un fiume in piena i miei interessi hanno cominciato a lievitare e questo, se pure ha avuto un aspetto positivo, nello stesso tempo ha rallentato il lavoro. Mamma ha cominciato a spazientirsi, a dubitare che potessi finirlo.

    Che bisogno c’è di andare a cercare tutte quelle cose lì! mi ha ripetuto spesso. Ma ormai non potevo più frenare questo fiume in piena. Semmai ho avuto seri ripensamenti e preoccupazioni quando la salute di mamma ha cominciato a vacillare. Mi venivano rimorsi di non fare in tempo a finire. Lei ci teneva tanto a questo libro.

    A un certo punto ho cominciato a rilevare nei suoi scritti non solo una importanza personale, familiare, ma anche una rilevanza storica, sociale e culturale. Dai suoi racconti così precisi, frutto di una memoria ancora ferrea e lucida, emergeva la storia di un territorio, con le sue usanze, i suoi costumi, insomma un mondo di cui si va perdendo memoria. Io, che ho lavorato con i bambini, so quanto sia importante la memoria del passato recente e di quello lontano. Quando insegnavo e raccontavo ai bambini di quello che stava facendo mia madre, loro allibiti e interessati mi chiedevano di portarla a scuola a raccontare della guerra, della vita di quei tempi. Magari ce l’avessi portata! La loro età ormai non gli permetteva di avere nonni che potessero narrare di quei periodi storici che aveva vissuto mia madre.

    La sua scrittura aveva assunto l’aspetto di un diario-romanzo. Il romanzo della sua vita. Da quando ha cominciato a riflettere sul suo passato ha sempre pensato che la sua vita fosse stata un romanzo. A volte sentiva in tv persone che raccontavano le proprie esperienze e vicissitudini, e con orgoglio ma anche un po’ di presunzione rivendicava la sua superiorità.

    La mia vita sì che è stata un romanzo, basti pensare soltanto che ho vissuto due guerre, una nei racconti e negli occhi di mio padre, una sulla mia pelle. La stesura del suo libro mi ha permesso di capire e riflettere su molti aspetti della vita di mamma e dei miei genitori. Spesso, mentre scrivevo, mi sono trovata a fronteggiare una grande commozione, che non avrei mai pensato di provare di fronte alla straordinarietà della sua, della loro esperienza. E allora è crollata tutta una serie di muri che nel corso della vita si erano creati, difficili da abbattere.

    Come la grande maggioranza delle persone anch’io, ma anche le mie sorelle e in parte mio fratello, ho vissuto la mia dose di conflittualità nei rapporti con i genitori, che si è acuita o attenuata a seconda dei periodi e dell’età. Ci sono cose che a mia madre pensavo di non poter mai perdonare, come le modalità utilizzate per entrare a lavorare in Manifattura, il suo rapporto con la politica che erroneamente interpretavo come disinteresse, o la sua religiosità che confondevo col bigottismo, o il fatto di aver sempre seguito di più il suo lavoro che i figli. E ancora l’estremo rigore nell’educazione, soprattutto delle femmine, scambiato spesso per autoritarismo. A tutto ciò si era unita quella certa e malcelata predilezione per il figlio maschio, nato dopo tre femmine e dopo così tanto tempo. Non per ultima cosa la sua quasi presunzione di non aver mai sbagliato niente nella vita e la durezza manifestata per scelte fatte dai figli, insomma tante cose che da giovane, viste con occhi estremamente critici, ti sembrano muri insormontabili. Dicono che bisogna diventare mamma e anche nonna per capire i propri genitori, credo sia vero, e aggiungerei che bisogna arrivare a quella maturità che solo l’età può portare.

    Dal suo diario emergono con forza caratteristiche, tratti del carattere, che le hanno permesso di vivere una vita così intensa,

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