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La Ragazza dell'Alba
La Ragazza dell'Alba
La Ragazza dell'Alba
E-book341 pagine4 ore

La Ragazza dell'Alba

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Info su questo ebook

Chi è la bella ragazza trovata morta all’alba, su una striscia deserta di sabbia dorata? Qual è il suo segreto?
L’Agente Speciale dell’FBI,Tess Winnett, cerca le risposte a questo crimine incomprensibile e, a ogni passo, a ogni traccia, s’imbatte in altri elementi inquietanti che la conducono a un’unica conclusione possibile: la Ragazza dell’alba non è la prima. Il suo assassino aveva già ucciso.
Nascondendo a sua volta un segreto terribile, Tess deve affrontare le sue paure più profonde, in una sfida sconvolgente per catturare un killer che si sta preparando a colpire di nuovo. Ma riuscirà a trovarlo in tempo e a impedire un altro omicidio? E anche se ce la farà, quale sarà il prezzo da pagare?
Le regole del gioco sono cambiate.
E, da ora, anche la definizione di serial killer.
L’Agente Speciale Tess Winnett è l’eroina coraggiosa, diretta e suscettibile di La Ragazza dell’alba. Mettendo in pericolo la propria vita, non si risparmia nella ricerca della verità e dell’uomo che continua a uccidere, mentre lei indaga. Intelligente, intraprendente e inflessibile, Tess coinvolgerà i lettori in un viaggio memorabile e spaventoso in questo thriller piscologico avvincente e ricco di suspense.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2020
ISBN9788855311151
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    Anteprima del libro

    La Ragazza dell'Alba - Leslie Wolfe

    Leslie Wolfe

    La Ragazza dell'Alba

    Agente Speciale Tess Winnett Vol. 1

    1

    Titolo: La Ragazza dell'Alba

    Autrice: Leslie Wolfe

    Copyright © 2020 Hope Edizioni

    Copyright © 2016 Leslie Wolfe

    Translated and published by Hope Edizioni, with permission from Italics Publishing. This translated work is based on Dawn Girl by Leslie Wolfe. © 2016 Leslie Wolfe. All Rights Reserved. Italics Publishing is not affiliated with Hope Edizioni or responsible for the quality of this translated work.

    ISBN: 9788855311151

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Progetto grafico di copertina: FranLu

    Immagini su licenza Bigstockphotos.com

    Fotografi: Pattadis, Phongphan e Marta_Photo

    Traduzione: Raffaella Patriarca

    Editing: Marina Morgese

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Questo libro è concesso in uso esclusivamente per il vostro intrattenimento personale. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualunque forma o con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, compresi i sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell’autore, tranne nel caso di brevi citazioni contenute in una recensione. Se state leggendo questo libro e non lo avete comprato, per favore, scoprite dove potete comprarne una copia. Vi preghiamo di rispettare il duro lavoro dell’autore. Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, avvenimenti o luoghi è puramente casuale.

    Tutti i diritti riservati.

    Prima edizione digitale febbraio 2020

    Indice

    1 Pronto

    2 Alba

    3 Scena del crimine

    4 Incarico

    5 Precedenti

    6 Sonya

    7 Autopsia

    8 Ricordi

    9 Persona scomparsa

    10 La promessa

    11 Media Luna

    12 Quelli che muoiono

    13 Vittimologia iniziale

    14 Dossier

    15 Prove

    16 Richiesta di aiuto

    17 Incomprensioni

    18 Amiche

    19 Pranzo

    20 Profiler

    21 Un altro elefante in cristalleria

    22 Preconcetti

    23 Una normale teenager

    24 Una notte fuori

    25 Nido vuoto

    26 Scomparsa

    27 Il viscido

    28 Svanita

    29 Iniziativa

    30 Oscurità

    31 Vita in famiglia

    32 Un paio di telefonate

    33 Le Glades

    34 Foto segnaletica

    35 Siero

    36 Ore piccole

    37 Via fi fuga

    38 Ex ragazza

    39 La pulizia

    40 Famiglia

    41 Agonia

    42 Considerazioni

    43 Giusto processo

    44 La tana

    45 Un invito

    Ringraziamenti

    Hope edizioni

    1

    Pronto

    1

    Si sforzò di aprire gli occhi, obbligando le palpebre pesanti a obbedirle. Deglutì a fatica, la gola secca e riarsa, mentre combatteva contro un’ondata di nausea. Stordita e confusa, lottò per tornare lucida. Dov’era? Si sentiva debole e intorpidita, incapace di muoversi, come se si stesse svegliando da un sonno profondo o da uno stato di coma. Cercò di spostare le braccia, ma non ci riuscì. Qualcosa la teneva immobilizzata, ma senza farle male. O forse non era in grado di sentire il dolore, non più.

    La vista cominciò ad abituarsi all’oscurità, abbastanza da distinguere l’uomo che si muoveva con calma nella stanza. Quella figura le inondò di ricordi la mente annebbiata. Ansimò, sentendo la gola stringersi, mentre lacrime cocenti le scivolavano lungo le guance gonfie.

    La mente sempre più vigile le scatenò ondate di adrenalina per tutto il corpo, e lei provò disperatamente a liberarsi da ciò che la teneva bloccata. Ad ogni inutile tentativo respirava con maggiore affanno, annaspando disperata in cerca di aria da inviare ai polmoni. La paura guadagnò terreno stringendole la gola in una morsa mentre lei, sempre più debole, strattonava inutilmente i legacci. L'oscurità la ingoiò, come un buio proveniente dal suo cervello esausto. Cercò di resistere alle tenebre, combattendo contro il suo stesso corpo che l'abbandonava.

    I rumori che faceva attirarono l’attenzione dell’uomo.

    «Vedo che sei sveglia. Ottimo» le disse senza voltarsi.

    Lo osservò appoggiare una siringa su un piccolo vassoio metallico. Ne udì il tintinnio, seguito da un altro rumore, stavolta il suono stridente e rivelatore di una lima che sfregava l’estremità di una fiala. Poi uno schiocco, quando l’uomo aprì la fialetta. Afferrò la siringa e aspirò il liquido contenuto nella fiala, poi espulse l’aria in eccesso, spingendo il pistone finché dall’ago non uscirono diverse goccioline.

    Lei fu colta da un capogiro e chiuse gli occhi per un istante.

    «Merda» borbottò l’uomo, poi aprì un cassetto in cui frugò in tutta fretta.

    Sentì l’ago penetrarle la coscia, come se stesse accadendo a un’altra persona. Lo avvertì, ma distante. Quando lui le iniettò il liquido nel muscolo, percepì un leggero bruciore, che svanì quando tolse l’ago. Chiuse di nuovo gli occhi stanchi, priva di forze contro i lacci che la imprigionavano.

    L’uomo ruppe una fiala di sali d'ammonio sotto il suo naso e lei riprese conoscenza in un lampo, sentendosi vigile e furiosa. Per un attimo si dibatté per liberarsi, ma si gelò quando vide l’uomo davanti a sé.

    Stringeva un bisturi vicino al suo viso. Di per sé, quel piccolo, scintillante oggetto d’argento era in grado sia di guarire che di provocare dolore. La differenza era nella mano che lo impugnava. Sapeva che per lei non ci sarebbe stata guarigione: solo sofferenza.

    «No, no, ti prego…» supplicò, mentre gli occhi gonfi le si riempivano di lacrime che le scendevano brucianti lungo le guance. «No, per favore, io… io sono disposta a fare qualunque cosa.»

    «Io sono pronto» disse l’uomo. Sembrava calmo, composto, distaccato. «E tu?»

    «No, no, ti prego…» supplicò.

    «Sì», replicò lui piano, quasi bisbigliando, a pochi centimetri dal viso di lei. «Dimmi di no. Lo adoro.»

    Tacque, terrorizzata. Questa volta era diverso. Lui era diverso.

    2

    Alba 

    1

    «E se ci scoprono?» bisbigliò la ragazza, mentre seguiva il giovane.

    Camminavano velocemente lungo la stradina residenziale immersa nel buio, rimanendo al centro della carreggiata. Non c’era marciapiede. Case lussuose si susseguivano su entrambi i lati, con molta probabilità dotate di faretti a sensori che non volevano attivare per sbaglio.

    Lo tirò per la mano, ma lui non si fermò. «A te non importa di queste cose, Carl, ma a me sì. Se ci beccano, resterò chiusa in casa per sempre!»

    Il ragazzo continuava ad avanzare, stringendole forte la mano.

    «Carl!» lo chiamò, alzando il tono della voce e lasciando trasparire l’ansia.

    Lui si bloccò, girandosi per affrontarla. Si accigliò vedendola preoccupata, ma poi le sorrise e le accarezzò una ciocca di capelli sfuggita dal cappuccio della felpa.

    «Non c’è nessuno, Kris. Nessuno si accorgerà di noi. Vedi? Nessuna luce accesa, niente. Dormono tutti. Ronf ronf ronf. Sono le cinque del mattino.»

    «Lo so» sospirò lei, «ma…»

    Carl le baciò dolcemente le labbra imbronciate, in un gesto un po’ esitante e impacciato che denotava la sua giovane età.

    «Andrà tutto bene, te lo prometto» la rassicurò, afferrandole di nuovo la mano. «Coraggio, siamo quasi arrivati. Ti piacerà.»

    Qualche passo più in là, la stradina finiva nel parcheggio asfaltato di un qualche progetto residenziale futuro, forse un centro commerciale. In quel punto dovevano attraversare la Highway 1. Si accovacciarono accanto alla striscia di asfalto e attesero che il leggero traffico si diradasse. Non potevano permettersi di essere visti, nemmeno da lontano. Al momento opportuno, attraversarono la statale, mano nella mano, e tagliarono per un campo in direzione della spiaggia. Poi dovettero attraversare Ocean Drive, quindi s’infilarono tra le siepi e gli alberi per raggiungere il litorale sabbioso.

    «Accidenti, Carl» protestò Kris, bloccandosi all’inizio della striscia di alberi. «Chissà che cosa c’è lì dentro? Potrebbero esserci serpenti, lucertole…»

    «Potrebbero, ma non ci sono» ribatté Carl, apparentemente sicuro di sé. «Fidati di me.»

    Trattenendo il fiato, la testa bassa, Kris strinse più forte la mano di Carl. Lui accese la torcia del cellulare e si avviò senza esitazione. Alcuni secondi più tardi, sbucarono sulla spiaggia e Kris si abbandonò a un lungo sospiro.

    La luce della luna calante si rifrangeva sulle onde calme dell’oceano, spargendo scintille ovunque e coprendo la spiaggia di ombre color argento. Erano completamente soli. Le uniche creature a tener loro compagnia erano i granchi pallidi, che assunsero un atteggiamento bellicoso quando Kris e Carl, gli calpestarono la sabbia intorno ridacchiando.

    «Visto? Te l’avevo detto» riprese Carl. «Qui nessuno ci vedrà. Possiamo fare quello che vogliamo» aggiunse scherzoso.

    Urlando, Kris si mise a correre verso la torretta del bagnino. Dipinta di giallo e arancio, nella luce del giorno era una macchia di colori festosi lungo la striscia di sabbia gremita di turisti. Con il buio, la struttura appariva cupa, simile a un essere minaccioso dalle zampe lunghe come un insetto.

    «Assomiglia a una di quelle creature aliene della Guerra dei mondi» mormorò Kris, poi riprese subito a correre, agitando le braccia in aria e fingendo di volare.

    Carl la inseguì, ridendo e gridando insieme a lei mentre correvano in cerchio intorno alla torretta, creando ricami di passi tra i solidi sostegni di legno.

    «Che cattivo odore» si lamentò Carl, smettendo di rincorrerla e allontanandosi un po’. «Puzza di piscio. Spostiamoci da qui.»

    «Già…» replicò Kris, seguendolo. «Perché voi ragazzi fate così?»

    «Che cosa? Pisciare?»

    «Tutti fanno la pipì, genio» ribatté Kris, ancora ansimante dopo la corsa. «Intendevo dire farla dove poi la puzza infastidisce gli altri. Le donne la fanno tra i cespugli. Gli uomini dovrebbero farla nell’acqua se non gradiscono i cespugli.»

    «Sul serio? Che schifo.»

    «Dove pensi che facciano pipì i pesci? Se non altro, le onde la porterebbero via e non ci sarebbe alcuna puzza a rovinarci l’alba.»

    «I pesci fanno la pipì?» replicò Carl, incredulo.

    «Secondo te?»

    Si allontanarono mano nella mano, mettendo ancora qualche metro di distanza tra loro e la torretta. D’un tratto, Carl si lasciò cadere a terra, trascinando Kris con sé. Lei strillò di nuovo, ridendo.

    «Sediamoci qui» disse lui. «Lo show sta per iniziare. Vediamo se siamo fortunati.»

    Il cielo cominciò ad illuminarsi verso oriente. Loro osservavano in silenzio, mano nella mano, come i toni scuri del blu e del grigio si infiammavano gradualmente, impastandosi in sfumature di rosso scuro e arancione. L’orizzonte era sereno, una linea netta dove cielo e mare s’incontravano.

    «Sarà magnifico» disse Carl. «Niente foschia, nessuna nuvola.» La baciò velocemente sulle labbra e poi si concentrò nuovamente sullo spettacolo di luci che gli offriva il cielo.

    «Sei uno strano tipo, Carl.»

    «Ah sì? Perché?»

    «Altri ragazzi mi avrebbero chiesto di uscire di nascosto in piena notte per pomiciare. Con te è per vedere l’alba, nient’altro. Devo preoccuparmi?»

    Carl le rivolse un ampio sorriso, poi si mise a farle il solletico finché Kris non implorò pietà tra respiri affannosi e scoppi di risa incontrollabili.

    «Basta! Smettila. Non riesco a respirare!»

    «Sai, adesso potrei anche voler pomiciare» rise Carl.

    «Nah, si sta facendo chiaro. Qualcuno potrebbe vederci» ribatté Kris, scettica. «Qualcuno potrebbe passare di qui.»

    Carl scrollò le spalle e tornò a osservare l’alba. Le prese la mano, stringendola con delicatezza, giocando con le sue dita.

    Praticamente metà del cielo aveva preso fuoco in una sfida al chiaro di luna, cancellando la maggior parte della sua luce riflessa sulle onde calme e serene dell’oceano.

    Carl controllò l’ora sul cellulare.

    «Tra qualche minuto sorgerà» annunciò serio, come se stesse prevedendo un evento raro e significativo. Scattò qualche foto al cielo, poi, all’improvviso, ne fece una a Kris.

    «Ah… no» protestò lei. «Dammelo subito, Carl.» Gli tolse il telefono di mano per guardare la foto che le aveva scattato. L’immagine mostrava una giovane con i capelli castano chiaro spettinati, che si copriva parte del volto teso e corrucciato segnato da profondi solchi sulla fronte. La foto immortalava Kris totalmente concentrata nell’atto di rosicchiarsi l’unghia dell’indice e come se non bastasse, con il polsino della felpa sbavato.

    «È orribile» protestò, poi premette cancella.

    «No!» gridò Carl, strappandole il telefono. «A me piace!»

    «Qui non c’è niente di piacevole! Ecco» gli disse, rilassandosi un po’ e sistemandosi i capelli con le lunghe dita sottili. «Mi metto in posa.» Gli sorrise.

    Carl le fece diverse foto. Era bellissima con il cielo fiammeggiante sullo sfondo, la sabbia rosa e l’acqua turchese. Le scattò una foto dopo l’altra, mentre lei si immedesimava e gli faceva delle smorfie, ridendo, ballando e piroettando intorno a lui.

    Il primo penetrante raggio di sole schizzò fuori dal mare e nel medesimo istante Kris urlò, un agghiacciante urlo di terrore che fece balzare Carl in piedi e lo fece correre da lei.

    Ammutolita, Kris indicò con mano tremante la torretta del bagnino. Al di sotto, tra i pali di legno che sostenevano la struttura, c’era il corpo nudo di una giovane donna. Sembrava in ginocchio, come se stesse pregando rivolta al sole nascente. Teneva le mani giunte davanti a sé, nel gesto universale e inconfondibile di una silenziosa supplica.

    Trattenendo il fiato, si avvicinarono con prudenza, curiosi ma spaventati per quanto avevano scoperto. La luce crescente del nuovo mattino rivelava maggiori dettagli man mano che avanzavano. La schiena della donna, coperta di lividi e taglietti, era sporca di sangue secco e rappreso. Gli occhi azzurri spalancati avevano lo sguardo spento. Qualche granello di sabbia le era rimasto attaccato alle lunghe ciglia scure, il viso bellissimo era immobile, chiazzato di sabbia luccicante. Aveva le labbra appena dischiuse, come per esalare l’ultimo respiro. I lunghi capelli biondi, bagnati dagli spruzzi del mare, quasi le nascondevano il profondo taglio nel collo.

    Dalla ferita non usciva sangue; il suo cuore aveva smesso di battere già da un po’. Tuttavia, restava dritta e ferma nel suo atteggiamento di preghiera, le ginocchia saldamente piantate nella sabbia coperta dalle loro impronte, i suoi occhi fissi sulla meravigliosa alba che erano venuti ad ammirare.

    3

    Scena del crimine

    1

    Il detective Gary Michowsky imprecò sottovoce mentre spalancava la portiera dell’auto di pattuglia con le insegne di Palm Beach. Si morse un labbro e, irrigidendo i muscoli stanchi, si preparò alla fitta di dolore che gli avrebbe attraversato la schiena quando avesse appoggiato i piedi a terra nell’atto di uscire dalla macchina. Se fosse stato considerato meritevole di uno dei nuovi SUV usati dalla polizia dell’intero stato, forse avrebbe avuto meno problemi a salire e scendere dal proprio veicolo. E invece no, non lui. Non ancora, perlomeno.

    Attese che il suo partner, Todd Fradella, uscisse dall’auto per primo. Non voleva che in sala operativa arrivasse nemmeno il sentore di un pettegolezzo sul suo attacco di sciatica. L’ultima cosa che gli serviva era un mucchio di battute stupide – sulla sua età, sulla sua capacità di fare quel lavoro e soprattutto sulla sua autostima – sparate da detective spocchiosi e stronzetti in uniforme. Non era così vecchio: aveva solo 49 anni. Era solo a pochi mesi dalla fatidica cifra tonda dei cinquanta. Non era l’età la causa dell’attacco di sciatica, a meno che non si tenesse conto, naturalmente, del fatto che faceva sollevamento pesi senza cintura, credendosi ancora un ventenne. La vicinanza quotidiana con il suo giovane partner, Fradella, dalla bellezza bohémien, con i capelli lunghi fino alle spalle e un numero infinito di telefonate da parte di ragazze sexy, non lo aiutava affatto. Si sentiva obbligato a competere, ad aggrapparsi alle ultime briciole di qualsiasi sorta di giovinezza gli scorresse ancora nelle vene.

    Già. E così da alcuni giorni era fottuto; doveva lavorare torturato da un dolore lancinante, malgrado gli antidolorifici che prendeva ogni due ore. Non poteva prendersi delle ferie, non con quel nuovo caso capitato proprio nel loro distretto. Se gliele avesse chieste, come minimo il capitano lo avrebbe guardato storto.

    Fradella saltò fuori dall’auto di pattuglia con un’invidiabile agilità giovanile e sbatté la portiera dietro di sé. L’onda d’urto provocò a Michowsky un’intensa stilettata di dolore alla schiena, ricordandogli che doveva andarci piano. Grugnì, poi afferrò con discrezione il telaio della portiera con la mano sinistra, usandola come leva per issarsi fuori dall’auto. Un paio di terribili secondi dopo, si stava dirigendo verso l’area transennata con la schiena quasi dritta, anche se si muoveva un po’ più lentamente del solito.

    La torretta del bagnino era già stata delimitata dal nastro giallo della polizia, grazie a dei paletti improvvisati piantati nella sabbia. La squadra che aveva risposto per prima alla chiamata era stata veloce, e aveva fatto bene il proprio lavoro per proteggere la scena. Michowsky si fermò davanti al nastro, esitante. Chinarsi per passarci sotto, come faceva di solito, era fuori questione. Vedendo che non era stato tirato fin dentro l’acqua, decise di girarci intorno. S’incamminò il più velocemente possibile, raggiungendo l’estremità del nastro proprio nel momento in cui si avvicinava il furgone del medico legale con le ruote semi-sprofondate nella sabbia soffice.

    Arrivato alla torretta del guardaspiaggia, ebbe la prima visione chiara della vittima. Rimase quasi senza fiato. La posizione in cui era stata messa era scioccante e la faceva sembrare viva. Completamente nuda, era inginocchiata sulla sabbia, leggermente piegata in avanti, ma la schiena era dritta e la testa sollevata. Era bellissima, anche da morta. Il poliziotto scosse la testa con amarezza. A volte il suo lavoro gli dava la nausea, gli provocava un vero disgusto per la vita, per i mostri dell’umanità.

    «Che cosa abbiamo?» domandò, restando a qualche passo di distanza dal corpo.

    Un agente in uniforme si avvicinò con il taccuino aperto tra le mani.

    «La chiamata è arrivata alle 6.48 del mattino. L’hanno trovata i due ragazzi laggiù.» Indicò due adolescenti stretti l’una all’altro, con le spalle curve, seduti sulla sabbia vicino all’area delimitata dal nastro. La ragazza piangeva silenziosa. «Carl Collunga, sedici anni, Kristen Bowers, sedici anni anche lei. Vede quel punto laggiù, in mezzo all’erba, evidenziato come prova numero 7? Ci ha vomitato un paio di volte, la ragazza intendo, Kristen. Era davvero sconvolta.»

    «Capisco. I genitori non sono ancora stati avvisati?»

    «Sì, certo» rispose l’agente. «Stanno arrivando.»

    «Che cos’hanno detto i ragazzi?» domandò Fradella.

    «Che erano venuti per guardare l’alba e che hanno trovato il cadavere laggiù. Nient’altro.»

    «L’alba, eh?» sbuffò Michowsky.

    «Già…» rise l’agente. «Altro che appuntamento per vedere l’alba!»

    «Avete controllato il loro background?» riprese Michowsky, appoggiandosi a uno dei pali di legno della torretta.

    «Famiglie agiate, del posto, nessun precedente, tutto okay. Sono sgattaiolati fuori di nascosto, si prenderanno una bella strigliata appena arriveranno i genitori.»

    «Ci scommetto. Che cosa mi dici di lei?» chiese Michowsky, indicando il cadavere. «È stata identificata?»

    «Non abbiamo nessun elemento.»

    «Immagino che non ci interessino le impronte» borbottò Michowsky, guardando la sabbia calpestata ovunque. Per alcuni secondi osservò il modo in cui la brezza dell’oceano trasportava i granelli di sabbia da e verso la scena del crimine, erodendo e alterando ogni cosa. La natura era il contrappeso forense perfetto, soprattutto lì, sulla spiaggia. «È inutile. Quel bastardo è un tipo sveglio… Non possiamo raccogliere nessuna prova qui. E comunque, questo è solo il luogo dove ha scaricato il corpo. Non c’è sangue, ma dovremo scavare sotto il cadavere per esserne certi. Prendete un po’ di quella sabbia.»

    Si avvicinò lentamente alla vittima, studiandola, osservando i dettagli.

    «Ah…» mormorò, indicando le mani della ragazza.

    «Già» replicò Fradella. «Anch’io non me n’ero accorto, non subito almeno.»

    Le mani della ragazza erano legate con un sottile filo da pesca trasparente, quasi invisibile, che le teneva giunte come se stesse pregando. Dal filo che le stringeva i polsi ne partiva un altro verso l'alto, fissato alla struttura di legno della torretta. Questo faceva in modo che le mani e il resto del corpo restassero fermi al loro posto. Quel figlio di puttana aveva messo in piedi un bello spettacolo.

    Michowsky s’infilò un guanto, poi toccò il filo da pesca. Era teso e resistente. Premette con maggior forza, ma le mani non si mossero. Doveva essere qualcos’altro a tenerle bloccate in quella posizione.

    «Vediamo se c’è ancora altro» disse Michowsky, socchiudendo gli occhi per verificare se il corpo fosse sostenuto da altri supporti. «Controlla la testa. È troppo dritta per essere una posa naturale.»

    «Non intendo toccarla finché non arriva il Dottor Rizza» ribatté Fradella.

    «Ottima decisione» commentò il Dottor Rizza, apparendo dietro il nastro giallo. Il medico legale raggiunse i due poliziotti subito seguito dai suoi assistenti, che trasportavano la solita montagna di attrezzatura. «Mettiamoci qui» aggiunse, indicando un punto accanto alla torretta.

    Il primo assistente, un giovanotto che tutti chiamavano AJ, appoggiò la barella per terra e cominciò a preparare il sacco per il cadavere, tirando giù la zip. Poi aprì una valigetta e porse al Dottor Rizza la sonda per misurare la temperatura epatica.

    Il medico l’afferrò senza staccare gli occhi dal corpo della giovane donna. Con la mano guantata, le esaminò la punta delle dita, poi fece un gesto verso uno dei tecnici della scena del crimine, Javier Perez, perché rilevasse le impronte digitali. Quindi, il medico legale le tirò indietro gentilmente alcune ciocche dei lunghi capelli biondi, mettendo in evidenza la profonda incisione sul lato sinistro del collo.

    A Michowsky piaceva guardare il Dottor Rizza mentre lavorava. Era uno della vecchia scuola, rispettoso e preciso, che si prendeva il suo tempo, e che non era costantemente ossessionato da statistiche, numeri e rapporti. Era affidabile; si prendeva cura delle vittime.

    «Posso dirvi la causa di morte preliminare» annunciò il Dottor Rizza.

    «Spara» lo invitò Michowsky, pronto a prendere appunti.

    «Direi dissanguamento dovuto a una ferita da arma da taglio al collo. Per ora. Conoscete la regola. Non voglio che mi citiate in modo ufficiale finché non finisco il rapporto.»

    «Arma del delitto? Tracce?»

    «Dovrò fare dei calchi… con tutta probabilità un bisturi. Nessun segno di esitazione. L’ha già fatto in precedenza.»

    Il Dottor Rizza si passò la mano guantata tra i capelli radi, asciugandosi il sudore che gli imperlava il cuoio cappelluto, poi si bloccò, lo sguardo fisso sulla propria mano per una frazione di secondo. «Un genio… sono davvero un genio…» borbottò togliendosi il guanto contaminato. Lo gettò nel sacchetto dei rifiuti e se ne infilò uno sterile.

    «La ragazza non è nel sistema» annunciò Javier, riponendo lo scanner delle impronte digitali e afferrando la macchina fotografica ad alta risoluzione. «Comincio con le foto.»

    «Non ancora» lo fermò il Dottor Rizza. «Dacci un minuto.» Si mise alla ricerca di ulteriori lacci con il filo da pesca e ne trovò diversi. Erano difficili da vedere nella parte in ombra sotto la struttura della torretta.

    La testa era tenuta ferma da una porzione di filo fissata sotto la mascella e da un’altra avvolta intorno alla fronte, nascosta dai capelli. Pure le spalle erano sostenute dal filo, e anche in questo caso le legature erano state coperte da ciocche di

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