La profezia del platinum tribus: trilogia dei misteri terreni-capitolo 1-
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DI SVELARE UN IMMINENTE SEGRETO.
IL PROTAGONISTA, PANEBIANCO FABIO, PER AIUTARE UN AMICO A SCAPPARE, PERTECIPA ALLA SEDUTA E, DURANTE QUEL RITO, SENZA VOLERLO RIMANE COINVOLTO IN UNA SERIE DI AVVENIMENTI COLLEGATI CON LA FINE DELL'ERA MAJA, IL 21
DICEMBRE DEL 2012.
INSIEME ALLA RICERCA DI UN OGGETTO MISTERIOSO, IL RAGAZZO PROVERA' AD INDAGARE PER RISOLVERE IL GRAVE PROBLEMA DELL'INVERSIONE POLARE FUTURA, METTENDO INSIEME I VARI TASSELLI CHE LA STORIA HA SEMINATO NEI
SECOLI.
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Anteprima del libro
La profezia del platinum tribus - Fabio Panebianco
RINGRAZIAMENTI
CAPITOLI 1/5
LA MASCA
TITOLO: LA PROFEZIA DEL PLATINUM TRIBUS
SCRITTORE: FABIO PANEBIANCO
Didascalia...
CAPITOLO 1
ANNO 1028 D.C.
Ore 22.34
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Con una stretta di mano si salutarono nuovamente i due conoscenti, in quella fredda notte d'inverno.
La donna era la contessa Berta, sconosciuto rimaneva il suo passato, una persona molto chiusa sempre vestita di nero: nonostante lo stile tenebroso, abbagliava la sua presenza, in armonia con una bellezza unica; tra i suoi interessi c'era lo studio dell'occulto e delle arti magiche, in quel campo aveva sviluppato innumerevoli progressi. A causa della superstizione del tempo, tenne in una camera segreta tutti i suoi libri ed esperimenti, situata nei sotterranei del palazzo nel quale abitava; nessuno sapeva chi fossero i suoi avi, il marito l'aveva conosciuta dopo un viaggio in Africa. Dietro lei correvano molte voci e da quando era diventata vedova, eran state ancor più alimentate dal suo isolamento esagerato.
Negl'anni una nuova guida le aveva ridato la speranza e l'aiuto nel guardare il futuro da un'angolazione più ottimista: Gerardo di Mons Fortis, fondatore di un gruppo di preghiera, il quale esaltava un nuovo modo di accogliere la fede in Dio. Egli era il capo della comunità, un tipo sempre disponibile, pronto ad aiutare il prossimo e chiunque avesse voluto unirsi alla congregazione. Nessuno era stato messo al
corrente dell'interesse oscuro della donna, solo Gerardo riuscì a farsi raccontare cosa celasse dietro a quella presenza privata e discussa: ella aveva una missione da compiere e l'oggetto dato, alla guida del paese, sarebbe servito nell'intento: il fulcro celato non doveva assolutamente andare nelle grinfie della chiesa, altrimenti sarebbe fallito il compito della donna in questo mondo. Si fidava ormai ciecamente di quell'uomo, al punto di mettere a disposizione la sua dimora. Il pacco venne portato a destinazione, lontano dalle mani sbagliate il mattino dopo.
Qualche giorno prima l'arcivescovo di Milano, Ariberto d'Intimiano, aveva convocato Gerardo, insospettito dallo stile di vita che la comunità, del piccolo borgo, adottava;
l'incontro servì per dei chiarimenti sulle loro credenze e sul rapporto che avevano con la chiesa di Roma. Lui raccontò ogni cosa sulla loro fede, inconsapevole dei fastidi che avrebbe potuto dare ad un religioso d'alto rango;
dell'oggetto non ne parlò a nessuno, quello era un argomento troppo scottante e, come aveva detto la contessa, sarebbe stato pericoloso per la sua custodia: la gente non doveva sapere del potere occulto, utile nei tempi futuri.
Il pastore, anche se sospettoso, credette di aver fatto la cosa giusta per la salvaguardia dei cittadini di Mons Fortis, l'odierna Monforte, ma purtroppo rimase assai deluso Ariberto, per quello che udì: una nuova minaccia sarebbe caduta sulla comunità cristiana, i suoi trasgressori erano i Catari, ovvero i puri. Essi stavano progredendo, per la prima volta in Europa, proprio nella zona delle Langhe, in un paese sperduto tra le colline.
Gerardo consegnò il pacco con successo appena in tempo perché dopo una settimana, tra la sua gente, arrivarono un numero consistente di soldati ad arrestare gli abitanti, definiti eretici, per conto dell'arcivescovo. Essi vennero portati a Milano, per mesi si cercò di reintegrarli nella fede cattolica ma non ci fu nulla da fare: in una strada, della città, Ariberto elevò da un lato la santa croce di Gesù Cristo onnipotente, dall'altro lato fece accendere un gran fuoco. Chi avesse confessato i propri peccati, convertendosi all'unicità del cristianesimo, si sarebbe potuto avvicinare alla croce ammettendo le proprie mancanze immonde, ottenendo la libertà; chi si fosse rifiutato di rinnegare l'eresia, continuando ad appoggiare le idee sbagliate coltivate in precedenza, sarebbe stato bruciato al rogo. Alcuni si salvarono, la maggior parte mantennero la loro posizione e vennero uccisi tra le fiamme spietate. Il castello a Mons Fortis venne distrutto.
Questa fu la prima strage per eresia nel mondo allora conosciuto: la strada di Milano, nella quale vennero giustiziati i Catari, prese il nome del loro paese, in ricordo dello sterminio, come esempio per tutti nel non cadere nella perdizione, meta preferita del Demonio.
Riguardo al cofanetto ed all'oggetto misterioso, non si seppe più nulla.
CAPITOLO 2
Mercoledì 19/12/2012 D.C.
Ore 00.21
Un campanello nella notte rompe il silenzio.
In una piccola cittadina del cuneese un trillo improvviso sveglia Fabio e la sua famiglia; dopo aver visto un film in sala ed un'ora di sonno tra le coperte in lana merinos, avvolte da un lenzuolo rilassante nel loro caldo alloggio, il ragazzo si accinge a vedere chi è alla porta. Per il giovane è molto seccante alzarsi di soprassalto: nei primi secondi è intrattabile ma poi, lentamente, inizia ad ingranare ritornando un uomo civilizzato.
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L'addormentato si avvia per inerzia verso il citofono: nel prenderlo, senza farlo apposta, lo fa cadere piantando l'ennesimo rumore che fa imbestialire la donna, la quale borbotta qualcosa d'incomprensibile.
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Poi preme il pulsante che consente l'apertura del cancelletto e della porta principale del condominio; rimbomba lo sbattere metallico, nonostante l'irruenza nel non accompagnarlo rimane aperto quel cancello, ossidato dal freddo. Il ragazzo si aggiusta un po' i capelli, alla veloce si toglie il pigiama ed infila una tuta per essere almeno presentabile.
All'uscio di casa arriva quell'uomo che nel cuore della notte ha disturbato il sonno: mortificato esce dall'ascensore e, prima del saluto all'amico, si scusa: <
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Elia è un settantenne alto circa un metro e ottanta, ha un bel portamento ed è sempre curato nel vestire. Questa sera ha indosso un cappotto in panno grigio, sotto il soprabito ha un completo blu con camicia azzurrina; la cravatta delinea la sua eleganza, non caduta nel classico grazie alla sua tonalità metallizzata, la quale varia tra il chiaro e lo scuro di un rosso acceso. Seduto sul divano si alzano leggermente i suoi pantaloni, mettendo in evidenza le scarpe nere di una lucentezza impeccabile: sembra che, prima di venir dall'amico, sia passato in strada a farsi lustrare le scarpe da un venditore di prodotti per calzature, uno di quei personaggi che, durante le fiere, fanno le dimostrazioni pratiche invogliando i passanti ad acquistare i loro articoli.
Fabio l'ha conosciuto in un modo particolare quindici anni prima, in riva al mare a Borghetto Santo Spirito: era in spiaggia tranquillo che leggeva uno dei suoi libri preferiti ‘Sulla strada’ di Jack Keruac; un signore, vicino di asciugamano, incuriosito dalla lettura gli chiese informazioni riguardo i suoi gusti letterari. Da quel giorno, per tutta la settimana di vacanza, i due hanno dedicato parte del tempo in spiaggia a discutere oltre che di letteratura, di politica, musica, cronaca, passioni e sfizi presi o da prendere. Capitava raramente che quest'uomo chiacchierasse con qualcuno: insieme all'adolescente, nonostante la differenza generazionale, aveva scoperto una certa sintonia ed ogni tanto, durante questi anni, si era ancora trovato con lui come vecchi amici; Elia abita a Torino quindi la distanza tra lui ed il padrone di casa non è enorme. Solamente in questo ultimo periodo si sono visti poco, prima capitava spesso nella provincia alla ricerca di spunti per i suoi quadri: oltre alle sue innumerevoli passioni è anche un bravo pittore ed, essendo in pensione, riesce a curare al meglio le sue tele.
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L'anziano nel momento in cui sente quella replica, prova un senso di smarrimento e cerca di spiegare così all'amico: <
E' il giovane adesso a mutare in volto, prende una piega dispiaciuta, come se si aspettasse una di quelle notizie che fan ribaltare il parere positivo nutrito nei confronti di una persona.
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All'interrompere del discorso, da parte di Elia per prendere fiato, Fabio avanza: <
L'amico, ancora un po' stordito dal sonno mancato, si mette le mani sulla bocca come a frenare un'insieme di parole che potrebbero peggiorare la situazione, la quale è già grave di per sé. Dopo circa una ventina di secondi, serviti a riprendersi, interviene: <
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Il giovane, un po' perplesso, continua con le domande: <
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Fabio, sgranando gli occhi, guarda l'amico con l'aria di chi vorrebbe dare una scrollata a chi gli sta davanti e consigliar di tornare sul pianeta terra. Prima di parlare, cercando di mantenere il controllo, si sbilancia così: <
Elia abbassa nuovamente lo sguardo, avrebbe voluto interrompere il ragazzo ma sa, con dispiacere, che ha ragione e non può replicare come quando, tempo fa, discutevano di cultura generale. L'argomento non abbraccia solo una questione di gusti, porta con se una serie di fatti che hanno fondamento.
Dopo l'amara delusione, nei confronti del vecchio smarrito, il ragazzo si calma e prova a tendergli la mano: <
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CAPITOLO 3
29/07/1544 D.C.
Ore 19.42
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Giacomo, che era un tantino più coraggioso del conoscente, non si spaventò, andò tranquillamente a posare i suoi attrezzi trenta metri più avanti, dove c'era la cascina nella quale viveva con la sua famiglia; entrando, con un tono un po' rude, sbraitò: <
La moglie scese dal piano di sopra, scura in volto come se avesse visto un fantasma: <
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La moglie Caterina, anzianotta e un po' gobba, era una timorata di Dio sempre terrorizzata da qualunque argomento che non fosse inerente alla chiesa: innocua e privata non si sbilanciava mai se non con suo marito; dopo quelle parole lo guardò ancora perplessa poi, con un filo di fiato, quasi impercettibile, aggiunse: <
Era un tipo mite il vecchio contadino, cercava sempre di stare fuori dalle dicerie ma, purtroppo, da qualche anno anch'egli s'informava dei fatti spiacevoli legati alla forestiera, sposata con un suo amico del posto.
Questo giovane ragazzo, tempo fa, si avventurò al di là del Tanaro, nonostante fosse stato sconsigliato dai vecchi di Paucapalea, l'odierna Pocapaglia. Era alla ricerca dell'anima gemella e, senza badare ai pericoli dell'epoca, arrivò fino all'antica Bas Reul, la oggi battezzata Barolo.
Si dice che quella cittadina fosse antica già allora perché fondata dai Celti: quest’ultimi le hanno dato il nome, il significato è ‘luogo basso’ per via della sua posizione tra le colline langarole. Valorizzata in seguito dai Romani per il suo vino, fu meta combattuta negl'anni a venire. Nel X secolo venne costruito il castello il quale ancora oggi s'impone nell'affascinante centro storico.
In questo luogo, ricco di storia, trovò la donna della sua vita: una certa Micaela Angiolina Damasius. La portò all'altare nel giro di poco ed andarono a vivere successivamente nel quartiere dove risiedeva il marito, il borgo Bricchetto.
All'inizio sembrava una comune unione tra un onesto e una ragazza di un altro paese ma, col trascorrer del tempo, si scoprì che la donna possedeva dei poteri soprannaturali: presto la voce si sparse tra la gente del luogo, la quale iniziò a temerla fino a che la sua fama venne divulgata anche nei paesi vicini. Innumerevoli aneddoti vennero raccontati tra la folla di paurosi: si narrò che la femmina avesse uno sguardo inquietante e che portasse sventura a chiunque provasse ad avere a che fare con lei. Si descrissero addirittura persone diventate storpie o gobbe dopo aver visto la megera, altre morte dopo averci parlato: suo marito fece quest'ultima brutta fine.
Quando le disgrazie aumentarono in modo eccessivo intervenirono le autorità religiose e la ormai definita ‘masca’ venne rinchiusa nelle carceri del castello. Dopo pochi giorni s’impose il volere della Santa Inquisizione: la strega venne processata e la lingua le venne sciolta con le torture facendole rivelare tutte le sue fatture ed incantesimi;
naturalmente la chiesa ritenne che fosse opera del Demonio il sapere occulto venuto a galla. Ella comunque continuò la sua confessione, durante il rogo, con le seguenti insinuazioni: <
Dopo quel delirio, la donna morì su una catasta di legno e fascine arroventate, in prossimità di una rocca di Pocapaglia, battezzata poi da quel giorno ‘Bric d'la masca Micilina’. Ancora oggi si dice che in quel luogo si scorgano delle macchie rosse: ne vento ne pioggia, a distanza di secoli, son riusciti a cancellarle.
Gli anziani del luogo narrano, dopo quasi cinquecento anni, di questa signora dall'impressionante foga brutale, elencando innumerevoli vicende oscure ed inquietanti, come se le avessero vissute personalmente, come se il suo spirito fosse ancora presente e la facesse pagare agli eredi delle famiglie che l'hanno allora condannata.
Dalle testimonianze, dell'epoca, è trapelato che la sua maledizione continuerà fino alla fine di questa era.
CAPITOLO 4
Mercoledì 19/12/2012 D.C.
Ore 01.03
Fabio è realmente preoccupato, non si sarebbe mai più aspettato un problema del genere dal suo amico; quest'ultimo è anziano ed, al giorno d'oggi alla gente di una certa età, è facile contarla. Nel caso di Elia l'avrebbe considerato un'alternativa quasi impossibile: di fronte ha un uomo dall'enorme bagaglio culturale, trova assurdo il suo cedere a blande promesse. Egli ha dato al ragazzo innumerevoli dritte teoriche e pratiche in passato, insegnandogli a cavarsela nella società complicata di oggi, quindi giudica surreale la vicenda che lo coinvolge.
Adesso sono uno di fronte all'altro, nessuno ha il coraggio di rompere il silenzio, sceso da circa cinque minuti: L’anziano guarda fisso sul pavimento, sembra che stia analizzando le irregolarità delle piastrelle in cotto nella sala; il giovane ha la mano sinistra sulla fronte e fissa il vuoto, come a cercare che un'idea caschi dal cielo, per affrontare l'intrigo sul quale sa ancora troppo poco.
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