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Il richiamo della sirena: Harmony History
Il richiamo della sirena: Harmony History
Il richiamo della sirena: Harmony History
E-book245 pagine4 ore

Il richiamo della sirena: Harmony History

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Info su questo ebook

Grecia/Inghilterra, 1820
La missione del capitano della Ascalon, Benjamin Forrester è chiara: deve andare sull'isola di Milo e recuperare la statua con le sembianze della madre per riportala in Inghilterra alla cognata Melina e riscattare così la sua nave, per metà di proprietà del fratello Andrew, conte di Warrington. Una volta sul posto, però, nulla va come previsto e lui si ritrova sulla nave non la statua, bensì una clandestina, Thessa, sorella di Melina. Bella e seducente come una sirena, lei ha un disperato bisogno d'aiuto, deve lasciare la Grecia se non vuole ritrovarsi sposata a un uomo che non ama. E così, col vento alle spalle, Ben salpa verso l'orizzonte. Ma dovrà resistere alle forti tentazioni che quella splendida venere farà nascere in lui.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2021
ISBN9788830530218
Il richiamo della sirena: Harmony History

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    Il richiamo della sirena - Liz Tyner

    Copertina. «Il richiamo della sirena» di Tyner Liz

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Captain And A Rogue

    Harlequin Historical

    © 2014 Elizabeth Tyner

    Traduzione di Laura Maggi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3053-021-8

    Frontespizio. «Il richiamo della sirena» di Tyner Liz

    1

    «Capitano, ecco la vostra sirena.»

    Non appena il primo ufficiale ebbe terminato di pronunciare quelle parole, Ben si girò di scatto, per scorgere una figura che solcava il Mar Egeo. Fece due passi verso il bordo roccioso e tagliente a picco sull’acqua. La brezza marina contribuì a fugare l’olezzo di uova marce proveniente dall’isola, mentre la figura in avvicinamento alla spiaggia contribuì a scacciare ogni pensiero dalla sua mente.

    Estrasse il cannocchiale dall’astuccio che teneva appeso al fianco e si mise a osservare. I suoi movimenti finirono per attirare l’attenzione di quella figura che, non appena comparve nel suo campo visivo, si fermò, restando a galla.

    Tenne gli occhi fissi in quelli di lui, catturandolo, poi si voltò, concludendo la nuotata con lunghe bracciate.

    Tutto scomparve, tranne quella visione dentro il cannocchiale. Ben trattenne il fiato. Aveva davvero trovato una sirena!

    «Ah, ci ha visti» borbottò Gidley, il primo ufficiale. «Ora diventerà una donna normale. Che sfortuna! Una volta che una sirena vede un uomo, le spuntano le gambe. Succede sempre così.»

    La donna raggiunse la sabbia. Ben grugnì per il disappunto, consapevole di essersi perso in un’illusione. Inclinò il cannocchiale per accertarsi che avesse davvero le gambe. Indossava una sottoveste, ma il sottile indumento bagnato, e per di più osservato con una fervida immaginazione, lasciava ben poco alla fantasia. Si fece forza e, mentre impediva alle ginocchia di cedere, si sporse in avanti, intrappolato nei propri pensieri.

    Gidley gli assestò una gomitata. «Prestatemi quel cannocchiale, capitano. Voglio guardare se si vede la coda.»

    Ben respirò a fondo, concedendosi il tempo necessario a riprendersi e parlare. «No» rispose, poi mormorò: «Niente pinne». Seno, quello sì.

    «Immagino sia quella che cercavamo» affermò Gidley.

    «Spero di sì. È...»

    «È una sirena, o una donna normale?»

    Ben fece una pausa. In realtà non l’aveva guardata in viso. Sollevò il cannocchiale, esaminandole le linee scolpite della mascella e le guance delicate. «Direi... entrambe le cose.» La vide infilarsi i vestiti e abbassò il cannocchiale. Si voltò e diede una pacca sul braccio di Gidley. «Voltati. Siamo dei gentiluomini.»

    L’altro torse la bocca, si mosse a fatica fino a girarsi del tutto. «Parlate per voi. Io sono un marinaio di sana e robusta costituzione. E quella è una sirena. Dovevo guardare, e anche voi. Sarebbe sbagliato non apprezzare, come versare per terra della buona birra. Però non lasciatela avvicinare tanto che possa sputarvi. Quelle creature hanno il veleno, in bocca.»

    Ben scosse la testa. «Non è una sirena. È una donna. E se è la sorella di Melina, non è neppure da prendere tanto alla leggera.»

    «Dovrò fare in modo di ritrovare quella gemma che ho lasciato l’altra volta. Bouboulina o Alenakous, o qualcosa del genere. Se avessi saputo che saremmo tornati l’avrei tenuto a mente. Questa volta ho portato più monete, per cui mi aspetto amore vero.» Gidley lasciò cadere la sacca di tela contenente i regali che avevano portato per la sorella di Melina, si aggiustò la fascia che teneva su i calzoni, gonfiò il petto e raddrizzò quello straccio di berretto che gli restava incollato alla testa anche durante le peggiori burrasche.

    La brezza dell’isola gli soffiò addosso e Ben attese che la donna si arrampicasse sulle rocce.

    «Quest’isola maledetta non sarebbe neanche un brutto posto, se non fosse per le zaffate demoniache di quel vecchio vulcano.» Gidley scrutò la zona. «Ma a noi ci vuole un vero viaggio, non essere sballottati a destra e a sinistra per far contento vostro fratello. Mi sembra proprio uno spreco.»

    «Non se questa faccenda si risolverà come deve» mormorò Ben, quasi a se stesso. Desiderava ripartire, proprio come il suo compagno. La sua vita era navigare e non certo andarsene in giro a compiere commissioni per il fratello, il conte, con il quale gli era toccato dividere la proprietà dell’Ascalon.

    Tuttavia il conte aveva fatto una promessa solenne. Se il fratello fosse tornato con il tesoro di Melina – una statua per la quale nessuno avrebbe mai sprecato neppure due soldi – gli avrebbe ceduto la sua metà dell’Ascalon.

    Matrimonio! Suo fratello era talmente innamorato della moglie da voler cedere la sua parte di nave solo per far felice quella donna.

    «Siete arrabbiato.» Gidley interruppe i pensieri di Ben, mentre si grattava la testa, muovendo il berretto. «Ero convinto che vedere una vera sirena vi avrebbe stampato un sorriso in faccia.»

    «Penso a mio fratello, che ha perduto la testa.»

    «Be’, perdere la testa per alcune donne vale la pena. Io potrei farlo per quella sirena lì, per esempio.»

    «Non essere sciocco, Gid, di sicuro è soltanto una sgualdrina dell’isola.» Proprio in quell’istante Ben sentì i passi di lei sulle rocce lì accanto, si voltò per guardarla e perse la presa del cannocchiale.

    Perfino Gidley non fece commenti mentre il cannocchiale capitombolava sulle rocce sotto di loro.

    Pur cogliendo la somiglianza con la cognata, Ben non riuscì a distogliere lo sguardo da quella donna come mai gli era accaduto con nessun’altra, prima di allora. Poteva anche non essere una sirena, ma Ben non si sentiva certo di escludere che discendesse direttamente da Afrodite.

    Thessa si tirò indietro la ciocca gocciolante di capelli che non era riuscita ad agganciare e lasciò indugiare lo sguardo sull’anglos che le aveva puntato addosso quell’oggetto. Attese che parlasse per primo. Aveva udito le sue ultime parole, era un inglese. Come suo padre, un uomo che riteneva le bugie in grado di nutrire la propria famiglia.

    «Mi chiamo Benjamin Forrester, e sono il capitano dell’Ascalon. Sono io che ho portato vostra sorella in Inghilterra» si presentò l’uomo. Erano così tante le domande che le rimbalzavano in testa che Thessa non riuscì a parlare. Non fu capace di convertire le parole in quell’inglese imparato sulle ginocchia del padre. Né poté chiedere ciò che desiderava sapere più di ogni altra cosa, ovvero cosa ne era stato di sua sorella. Dato che la nave aveva fatto ritorno e Melina non era con loro, doveva essere morta. Scacciò quei pensieri e fissò l’uomo che le stava di fronte e che di sicuro aveva condotto Melina alla morte.

    Lui sollevò la sacca ai suoi piedi e gliel’avvicinò, ma lei si limitò a lanciarle un’occhiata. Sapeva di non dover prendere nulla dai marinai. I regali non erano mai gratuiti e non avrebbe certo preso qualcosa da un uomo che aveva fatto del male a sua sorella. Piuttosto sarebbe morta.

    «Capitano. Nave. Melina. Via.» Le parlava con lentezza, sollevando la mano in alto e in basso con movimento ondulatorio per indicare una barca in navigazione. «Noi.» Toccò il braccio dell’amico e poi il proprio petto. «Siamo qui.» Lei pensò che stesse fingendo di scavare. «Melina inviati... per tesoro.» Si toccò l’anello d’oro e Thessa notò che portava anelli a entrambi i mignoli.

    Scosse il capo. Aveva fatto cenno alla sorella e ne parlava come se fosse ancora viva. I pensieri che le oscuravano la mente svanirono.

    «Provate in francese, capitano» lo esortò il tipo trasandato. «Con tutte le navi che attraccano qui, le sgualdrine devono imparare alla svelta.»

    «Sgualdrine?» esclamò Thessa, bruscamente.

    «Vedete, capitano...» A quello dai capelli grigi si stampò in faccia un sorriso così largo che lei pensò sarebbe esploso. «C’era solo da trovare le parole giuste. Melina mi ha detto che anche la sorella sapeva parlare l’inglese meglio di me.»

    «Non l’ho imparato di mia volontà» ribatté lei. «Mio padre ci ha obbligate.»

    «Dunque gliene dovrò esser grato» affermò il più giovane. «Vedere una donna che nuota e poi poterle anche parlare è indubbiamente un grande piacere. Quelle inglesi preferiscono evitare di bagnarsi.»

    Gli studiò il viso. Non possedeva l’aspetto cialtrone che aveva riscontrato in molti uomini. I suoi occhi erano del colore del cielo che si fondeva con il mare.

    «È vero» proseguì lui. «Neppure qualcuno tra i miei uomini sa nuotare. A quelli che sono con me da più tempo ho ordinato di imparare, una volta giunti in porti caldi e non molto popolati. Dove c’è popolazione l’acqua è molto sporca. Non vorreste immergervi neppure voi.»

    Lei lo osservò con attenzione. La redingote da ufficiale era in contrasto con gli ampi calzoni di tela da marinaio, e indossava stivali al ginocchio, logori. I capelli sferzati dal vento mostravano dei fili luminosi, forse dovuti a qualche spirito che vi aveva passato le dita attraverso. Ai lati del viso, vicino alle orecchie, c’erano delle piccole basette ordinate. L’aspetto nel complesso era piacevole, migliore comunque degli uomini che vedeva di solito. Il naso non era rotto. Aveva tutti i denti. Entrambe le orecchie. Nessuna cicatrice. Lievemente stravagante, doveva senz’altro provenire da un paese in cui gli uomini andavano a cavallo, invece di usare le proprie gambe, lavoravano con i libri mastri e indossavano volant intorno al collo. Tuttavia si vedeva che quest’ultimo aveva messo da parte il merletto. In prossimità del cordoncino che gli legava il collo della camicia chiusa, notò la pelle scurita, quasi come quella di un uomo dell’isola.

    Tuttavia, pur non trovando da ridire sul suo aspetto, non voleva che rimanesse a Milo. Gli uomini che ormeggiavano al largo di quell’isola non erano altro che i rifiuti del paese di origine. D’altro canto, se fossero stati di valore, se li sarebbero tenuti a casa.

    «Se la vostra sirena aveva la coda, doveva essere un po’ appuntita» affermò con calma il più vecchio, con un sopracciglio inarcato.

    «Con una tale perfezione di viso e di forme, non si può restare troppo turbati nello scoprire una pecca altrove» rispose il capitano, rivolgendole un sorriso che, lei ne fu certa, avrebbe aiutato ogni donna a tralasciare qualsiasi aspetto economico.

    In quel preciso istante Thessa si rese conto che magari sua sorella era seduta a casa loro. Solo perché non era con quegli uomini non significava che non fosse tornata con loro. «Avete portato Melina?» Rivolse quella domanda sempre tenendo gli occhi incollati su di lui. Ancor prima di ottenere una risposta si mosse di due passi verso il sentiero che portava a casa.

    «No» rispose il capitano. «Ha sposato mio fratello e, visto che probabilmente presto trascorrerà parecchio tempo nella camera dei bambini, suo marito ha ritenuto fosse imprudente farle affrontare il viaggio. La traversata precedente non le aveva giovato molto e dal momento che ha spesso la nausea, non ne avrebbe certo sopportato un altro.»

    «Sfornerà un bambino molto presto» annunciò il vecchio. Poi forse pensò di esser stato troppo delicato, perché aggiunse: «Lei sì che sa bene qual è il dovere di una donna».

    «Nothos!» esclamò Thessa. Avevano trattenuto la sorella, oppure l’avevano obbligata a farlo. Di certo, se non era tornata, le era stato impedito di partire. E il bambino. Significava che Melina si era venduta a un uomo. Sua sorella si era sacrificata per la famiglia.

    Il tipo trasandato inclinò la testa verso il compagno, bofonchiando: «Non credo che stia tessendo le mie lodi. Forse, se la gettiamo in mare si ritrasformerà in sirena e se ne andrà a nuoto».

    «In tal caso perderemmo quest’affascinante creatura» replicò il capitano, chinando la testa in segno di apprezzamento.

    Thessa lo guardò, poi alzò gli occhi al cielo per liquidare quell’adulazione.

    Le labbra di lui si incresparono. «Ci vogliono ben più di due logori uomini di mare per impressionare una sirena.»

    Lei agitò un braccio, per indicare gli olivi nodosi, poi accennò alle rocce scoscese che si ergevano maestose sul litorale di mare perfetto. «Vivo in mezzo a tutto questo. Non sono facilmente impressionabile.»

    «Non preferirei di sicuro una donna che lo fosse» ribatté il capitano distogliendo lo sguardo, non prima che da quegli occhi sprizzasse qualcosa che le tolse il fiato e le riscaldò il corpo.

    Thessa fece un mezzo passo indietro e raddrizzò le spalle. «Cosa volete?» domandò.

    «Melina ha detto che potete mostrarci la statua. Le pietre.»

    Lei inarcò le sopracciglia. «Statua? A un inglese? L’isola è ricoperta di roccia. Prendete il piccone. Per me tutte le pietre hanno valore.»

    Sì, ma solo per poggiarci sopra i piedi. In realtà era più preoccupata per il suo stomachi, e qualche roccia non poteva certo salvarla.

    Il matrimonio con Stephanos non sarebbe stato poi tanto male. Avrebbe vissuto nella casa che lui stava costruendo, sarebbe diventata intima di sua madre e il cibo non le sarebbe mancato.

    Alla fine avrebbe imparato a non respirare il fetore che Stephanos emanava, quando si avvicinava.

    2

    Ben pensò che l’obiettivo di impadronirsi dell’Ascalon si faceva sempre più arduo. Con la mano strinse la sacca che aveva portato con sé. Quella donna doveva aiutarlo, e Gid aveva ragione. Era pungente. La preferiva nell’acqua.

    «Sono certo che ogni sasso di quest’isola sia prezioso, per voi» esordì, «tuttavia questa roccia in particolare presenta le sembianze di un volto femminile, e Melina l’ha rinvenuta vicino a casa vostra. Non ha potuto portarla con sé in Inghilterra, quindi ha mandato me con il denaro necessario per acquistarla dall’uomo che possiede l’isola.»

    Thessa alzò le spalle. «Non avete lasciato che mia sorella facesse ritorno. Non vi aiuterò.» Con un cenno indicò il mare. «Dovreste rimettervi in viaggio, perché non ho alcuna intenzione di consegnarvi il tesoro. Non so se sia stata Melina a richiedere quella roccia, o se la tenete rinchiusa da qualche parte. Potrebbe essere prigioniera sulla vostra nave.»

    Ben rimase in silenzio. Era quello il motivo per il quale gli piacevano le sue sirene immaginarie. Non parlavano mai e svanivano al termine dei sogni.

    «Non credo proprio, vero, capitano?» Gidley sbuffò con allegria.

    Lei sfidò Ben con gli occhi scuri, ma anche se gli avesse puntato un fucile dritto al cuore, lui non avrebbe mosso un muscolo. Senza le rocce che Melina affermava di aver seppellito, ci sarebbe voluto un decennio, o forse più, prima di poter sperare di comprare la parte di nave da suo fratello. Per allora lo scafo dell’Ascalon sarebbe stato divorato dai vermi. Inoltre sua cognata desiderava disperatamente quelle rocce, affermando che quel viso somigliava a quello della madre, convinta che un antenato della famiglia avesse posato per lo scultore molto tempo addietro. A lui non interessava certo chi avesse posato, erano solo delle pietre. Incolori. Senza vita. Prive di espressione. D’altro canto, se per ottenere la sua nave avesse dovuto raccogliere i baffi di tutti i topi dell’isola, avrebbe dato subito il via alla caccia. Se fosse stato necessario, avrebbe caricato l’intera isola a bordo, pur di riprendersi l’Ascalon.

    Gidley gli aveva ripetuto molte volte che la fortuna aveva favorito Ben nell’aspetto, mentre a lui aveva tirato calci nei denti. Ben aveva appena compiuto diciassette anni quando Gidley gli aveva suggerito di avanzare una proposta più che indecente a una sgualdrina da osteria e aspettarne l’esito. Il mattino dopo, il compagno aveva bussato alla porta di quella sgualdrina per svegliarlo e l’aveva trovato già innamorato. Per l’intero viaggio successivo Gidley aveva abbassato gli occhi, scosso la testa e borbottato circa la buona sorte, e Ben gli aveva sorriso ogni volta.

    Guardò Thessa e sorrise. Lei strinse gli occhi e indietreggiò di un passo. Gidley nascose non troppo bene un risolino sotto un colpo di tosse.

    Tanto per cambiare tattica, Ben afferrò il compagno per le spalle. «Il mio primo ufficiale è un tipo superstizioso, convinto che solo rivolgendo un’occhiata a questa donna di pietra, il nostro vascello verrà protetto dalle tempeste.» Sembrava che avesse proposto a lei di raccogliere i baffi di tutti i topi del mondo.

    «Male non farebbe» aggiunse Gidley. Diede un colpetto al gilè vecchio di decenni che indossava in previsione di far colpo sulle femmine dell’isola e ne sollevò l’orlo, estraendo un fazzoletto dalla fascia che portava in vita. Era probabile che quel fazzoletto non fosse originariamente del colore della sabbia bagnata. «Pensavo che se avessi potuto passarle questo sul viso, avrei avuto la protezione da tutti gli spiriti maligni che ci hanno inseguito fin qui.» Agitò il pezzetto di stoffa con un gesto enfatico, e Ben tirò indietro la testa, schivando un colpo della stoffa non propriamente candida. Il cencio puzzava come se Gidley ci si fosse asciugato i piedi.

    Ben si voltò verso il compagno e lo guardò di traverso, quindi assunse un’espressione più gentile e tornò a considerare quella donna. Non le avrebbe permesso di fargli perdere tempo. Aveva un carico che attendeva di essere imbarcato per l’Inghilterra e doveva partire alla svelta da Milo. Malgrado la sua nave non fosse una East Indiaman dorata, gli era stato promesso un viaggio con la Compagnia delle Indie Orientali, se fosse rientrato in porto per tempo. Avrebbe trascorso due anni in mare, ma era ciò che desiderava fin dal suo primo viaggio. Essere capitano e navigare per la Compagnia delle Indie Orientali! Niente poteva avere più valore.

    «Miss Thessa, pensate a vostra sorella.» Fece una pausa. «Sta per avere un bambino.» Batté le palpebre e assunse uno sguardo che ritenne potesse eguagliare quello di un vicario nel pieno delle sue funzioni consolatorie. «Desiderare un bel ricordo della sua terra d’origine, magari per mostrare al suo piccolo com’era la nonna... Come potete negarglielo?»

    «Ci ha lasciati e non è tornata con voi. Perché non l’avete portata, affinché fosse lei stessa a chiederlo?»

    «Mio fratello si è preoccupato per la sua salute.»

    La donna si portò una mano alla fascia che aveva in vita. Strinse gli occhi. Fidi. Serpente. Come tutti gli inglesi. Lo sfidò con gli occhi. «Avete preso mia sorella, rifiutando di lasciarla tornare, e adesso volete il tesoro.»

    Ben le fissò la mano, tenendo d’occhio il manico del coltello. Non lo preoccupava disarmarla, ma sarebbe stata più dura convincerla a mostrargli le rocce, dopo che avesse tentato di tagliargli la gola. Aveva l’Ascalon a portata di mano. Lo attendeva il viaggio di una vita e la nave era ancora abbastanza giovane da sopportare almeno altre due traversate, prima che il mare si impadronisse dello scafo. Non intendeva far ritorno in Inghilterra ed essere costretto ad ammettere il proprio fallimento con il fratello maggiore. Esaminò il terreno sabbioso e gli alberi dalle radici poco profonde. Poteva di sicuro trovare quelle rocce da solo.

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