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La scelta di Krupkin
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La scelta di Krupkin
E-book149 pagine1 ora

La scelta di Krupkin

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Info su questo ebook

Irrompe nuovamente sulla scena l'ex agente Pavel Krupkin.

Nonostante sia sfuggito alla morte, "per il rotto della cuffia", è sempre mosso dall'insano desiderio di vendetta che lo porta a compiere nefande imprese senza tenere in minimo conto le inevitabili conseguenze.

Però ancora una volta il destino, e la non perfetta pianificazione, giocherà un ruolo importante nell'esito della sua impresa.

Dopo i fatti di Parigi tutti pensano che quel dannato russo sia definitivamente "uscito di scena" e credono di poter finalmente vivere tranquilli.

Questa volta, inaspettatamente, Krupkin sceglierà di collaborare con i suoi "nemici" del Servizio di Sicurezza presidenziale.
LinguaItaliano
Data di uscita2 mar 2020
ISBN9788831659772
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    Anteprima del libro

    La scelta di Krupkin - The hawk

    pre­si­den­zia­le.

    Personaggi  Principali

    *LE ARMI*

    BROWNING 6,35

    Bro­w­ning, secon­do il suo sti­le, in­ven­tò con­tem­po­ra­nea­men­te ca­li­bro e pi­sto­la co­me ave­va fat­to con la 7,65 e con la 9 bro­w­ning long e co­me fa­rà poi col 9x17 bro­w­ning.

    Jo­nh Mo­ses co­strui­sce at­tor­no al­la car­tuc­cia (o crea per la car­tuc­cia) una pic­co­la se­miau­to­ma­ti­ca, la 1906, che na­sce ad Her­stal, in Bel­gio.

    Un pa­io d’an­ni do­po la 1906, con qual­che cam­bia­men­to, di­ven­ta la sto­ri­ca Bro­w­ning 6,35 Ba­by.

    L’idea era va­li­da e sem­pre nel 1908, la Colt mi­se sul mer­ca­to una se­miau­to­ma­ti­ca mol­to si­mi­le al­la Ba­by.

    Non a ca­so ven­ne chia­ma­ta "Ve­st Poc­ket, ov­ve­ro ta­sca del gi­let", a sot­to­li­near­ne le ca­rat­te­ri­sti­che: por­ta­bi­li­tà ed oc­cul­ta­bi­li­tà.

    Ov­via­men­te ne ap­pro­fit­tò an­che per at­tri­bui­re la pro­pria pa­ter­ni­tà al ca­li­bro che da al­lo­ra, ne­gli USA ed in al­tre par­ti del mon­do, ven­ne co­no­sciu­to co­me 25" A.C.P. Au­to­ma­tic Colt Pi­stol.

    Nac­que co­sì uno dei ca­li­bri più lon­ge­vi e di­scus­si del­la sto­ria del­le ar­mi cor­te.

    La bro­w­ning 6,35 è una car­tuc­cia di bas­sis­si­ma po­ten­za ca­me­ra­ta con re­go­la­ri­tà da an­ni.

    Già il con­fron­to con la 7,65 la ve­de for­te­men­te pe­na­liz­za­ta, ma ha una do­te in­com­pa­ra­bi­le: le ar­mi che la uti­liz­za­no pos­so­no es­se­re por­ta­te in qual­sia­si mo­do si sia ve­sti­ti.

    Que­sto con­sen­te di an­da­re ar­ma­ti an­che quan­do l’ab­bi­glia­men­to è ri­dot­to all’es­sen­zia­le.

    Le ta­sca­bi­lis­si­me pi­sto­le che uti­liz­za­no que­sto ca­li­bro han­no ne­ces­sa­ria­men­te or­ga­ni di mi­ra ele­men­ta­ri e can­ne cor­tis­si­me, pro­prio in fun­zio­ne del­la lo­ro por­ta­bi­li­tà.

    Il lo­ro uso a di­stan­za su­pe­rio­re ai 10-12 me­tri è del tut­to im­pro­po­ni­bi­le.

    *    *    *    *    *

    DESERT  EAGLE

    La De­sert Ea­gle è una pi­sto­la se­mi-au­to­ma­ti­ca di gros­so ca­li­bro azio­na­ta a gas pro­dot­ta in Israe­le dall'IMI (Israel Mi­li­ta­ry In­du­stries) per la Ma­gnum Re­sear­ch Inc.

    Di que­st’ar­ma ab­bia­mo com­pi­ta­men­te par­la­to nei li­bri pre­ce­den­ti quin­di omet­tia­mo di ri­pe­ter­ne le spe­ci­fi­che e ca­rat­te­ri­sti­che.

    Ri­cor­dia­mo so­lo che è l’ar­ma pre­fe­ri­ta dall’Agen­te Emi­ly Bian­chi.

    Lha, a suo tem­po, ri­ce­vu­ta in re­ga­lo in oc­ca­sio­ne del com­plean­no da un suo in­na­mo­ra­to poi de­ce­du­to per ma­no dell’ex-agen­te Pa­vel Kru­p­kin.

    Lei la ma­neg­gia ed usa con estre­ma abi­li­tà.

    *    *    *    *    *

    LA GLOCK  17 / 19

    Glock - Esi­sto­no prin­ci­pal­men­te due mo­del­li di que­st'ar­ma: la Glock 17 e la Glock 19.

    La 19 è iden­ti­ca al­la 17 ma di di­men­sio­ni più con­te­nu­te.

    An­che di que­st’ar­ma ab­bia­mo lun­ga­men­te di­squi­si­to e quin­di, an­che in que­sto ca­so, omet­tia­mo di ri­pe­ter­ci.

    Ri­ba­dia­mo so­lo che è di­ven­ta­ta l’ar­ma pre­fe­ri­ta da va­ri Ser­vi­zi di Si­cu­rez­za uf­fi­cia­li, co­me quel­li del Ser­vi­zio di Si­cu­rez­za del Pre­si­den­te ame­ri­ca­no, ed an­che, per le sue ca­rat­te­ri­sti­che, da un gran nu­me­ro di ma­lin­ten­zio­na­ti.

    *    *    *    *    *

    P R O L O G O

    P A R I G I

    FRANCIA

    Tempo  prima

    Kru­p­kin vi­de che la stra­da era li­be­ra.

    Pie­gò a si­ni­stra in di­re­zio­ne del­la Sen­na spin­gen­do l’au­to a ol­tre cen­to cin­quan­ta ki­lo­me­tri ora­ri ver­so il tun­nel De l’Al­mà.

    Emi­ly, per non far­si sbal­lot­ta­re, ave­va i pie­di di­va­ri­ca­ti pian­ta­ti con­tro il tap­pe­ti­no del­la Ci­troen di An­dré, la sua ar­ma in pu­gno, con il pen­sie­ro spin­ge­va la vet­tu­ra per non far­si di­stan­zia­re dall’au­to di Kru­p­kin.

    Non osa­va apri­re il fuo­co con­tro il fug­gi­ti­vo giac­ché, con le con­ti­nue svol­te e i re­pen­ti­ni cam­bia­men­ti di cor­sia, ri­schia­va di col­pi­re qual­che in­col­pe­vo­le vet­tu­ra di pas­sag­gio.

    Si ren­de­va con­to che la Mer­ce­des era trop­po più po­ten­te del­la Ci­troen C4 di An­dré, ma non vo­le­va ar­ren­der­si, quel ma­le­det­to rus­so le era sfug­gi­to trop­pe vol­te.

    Non ap­pe­na le con­di­zio­ni del traf­fi­co lo avreb­be­ro per­mes­so avreb­be co­min­cia­to a fa­re il ti­ro al ber­sa­glio.

    An­dré, al­la gui­da del­la Ci­troen, spin­ge­va al mas­si­mo la sua au­to spre­men­do ogni ca­val­lo dal mo­to­re.

    Af­fron­tò a tut­ta ve­lo­ci­tà la cur­va di Rue du Co­li­sée tro­van­do­si da­van­ti al trat­to di ret­ti­li­neo che con­du­ce al­la Sen­na, la Mer­ce­des sta­va già spa­ren­do nel tun­nel.

    Men­tre si av­vi­ci­na­va­no al sot­to­pas­so, dal tun­nel ri­suo­nò il fra­stuo­no di uno schian­to ter­ri­bi­le che si pro­pa­gò lun­go le pa­re­ti del ma­nu­fat­to di ce­men­to.

    An­dré fre­nò de­ci­so fa­cen­do fer­ma­re di tra­ver­so la sua au­to pro­prio all’in­gres­so del sot­to­pas­so.

    I tre sce­se­ro di­ri­gen­do­si di cor­sa ver­so il pun­to in cui si ve­de­va un am­mas­so di la­mie­re ac­car­toc­cia­te at­tor­no ad uno dei pi­la­stri di so­ste­gno del­la vol­ta.

    Men­tre si av­vi­ci­na­va­no, scor­se­ro le fiam­me fuo­riu­sci­re dal co­fa­no dell’au­to.

    Fiam­me che, stra­na­men­te, si sta­va­no pro­pa­gan­do ver­so la par­te po­ste­rio­re.

    Emi­ly, tan­to ca­ri­ca di adre­na­li­na, non fe­ce ca­so al­lo stra­no odo­re che im­pre­gna­va l’aria ma An­dré, for­tu­na­ta­men­te, sì.

    Af­fer­ran­do le brac­cia del­le due don­ne, Emi­ly e del­la col­le­ga Co­rin­ne, le tra­sci­nò via strat­to­nan­do­le vio­len­te­men­te men­tre ur­la­va:

    «Via, via è gas, il ser­ba­to­io può esplo­de­re da un mo­men­to all’al­tro

    Il pa­dro­ne del­la Mer­ce­des, per ri­spar­mia­re un po’ sui con­su­mi e au­men­ta­re l’au­to­no­mia del­la vet­tu­ra, ave­va fat­to in­stal­la­re un im­pian­to a GPL.

    La vio­len­za dell’ur­to, ol­tre ad ac­car­toc­cia­re la car­roz­ze­ria, ave­va strap­pa­to i tu­bi dell’ali­men­ta­zio­ne e il ca­lo­re del mo­to­re ave­va fat­to il re­sto.

    Un istan­te do­po la pal­la di fuo­co dell’esplo­sio­ne av­vol­se tut­ta la vet­tu­ra.

    La vio­len­za dell’on­da d’ur­to, in­ca­mi­cia­ta dal­le pa­re­ti del tun­nel, rag­giun­se i tre in­se­gui­to­ri in fu­ga sca­ra­ven­tan­do­li a ter­ra.

    Scheg­ge di me­tal­lo fu­ro­no sca­glia­te ovun­que, di­vam­pò un vio­len­to in­cen­dio che av­vol­se tut­ta l’au­to, o me­glio ciò che re­sta­va dell’au­to, poi esplo­se an­che il ser­ba­to­io del­la ben­zi­na com­ple­tan­do co­sì la de­va­sta­zio­ne.

    Ar­ri­va­ro­no al­tre au­to del­la Gen­dar­me­ria, lo stes­so Co­lon­nel­lo Bar­diou Le­feb­vre e l’au­to­pom­pa dei Vi­gi­li del Fuo­co.

    Quan­do al­la fi­ne l’in­cen­dio fu do­ma­to, le la­mie­re raf­fred­da­te e ci si po­té av­vi­ci­na­re ai rot­ta­mi non c’era più nul­la da esa­mi­na­re.

    All’in­ter­no del­la vet­tu­ra si ca­pi­va es­ser­ci sta­ta una per­so­na ma il fuo­co, e le due esplo­sio­ni, ave­va­no smem­bra­to il cor­po ren­den­do im­pos­si­bi­le qua­lun­que ri­lie­vo.

    Emi­ly era fu­ren­te, se non riu­sci­va a iden­ti­fi­ca­re il ca­da­ve­re di quel ma­le­det­to rus­so non era con­ten­ta.

    Ma so­prat­tut­to non era tran­quil­la!

    Trop­pe vol­te quel ma­le­det­to rus­so l’ave­va gio­ca­ta.

    Pe­rò il gra­do di de­va­sta­zio­ne era ta­le che non si po­te­va ri­ca­va­re nul­la più di quel che si ve­de­va.

    *    *    *    *    *

    POCO PRIMA

    Kru­p­kin al­zan­do lo sguar­do al­lo spec­chio re­tro­vi­so­re si ac­cor­se che, gra­zie al­la po­ten­za del mo­to­re del­la Mer­ce­des, era riu­sci­to a gua­da­gna­re ter­re­no sull’au­to che lo brac­ca­va.

    Ten­ne il pie­de pe­san­te­men­te pre­mu­to sull’ac­ce­le­ra­to­re gua­da­gnan­do al­tri me­tri  pre­ci­pi­tan­do­si, ad al­ta ve­lo­ci­tà, a im­boc­ca­re il tun­nel de L’Al­mà.

    In un ba­le­no in­tra­vi­de la pos­si­bi­li­tà di li­be­rar­si dei suoi in­se­gui­to­ri.

    Si but­tò fuo­ri dal­la vet­tu­ra

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