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Elemental - Il Risveglio della Quintessenza
Elemental - Il Risveglio della Quintessenza
Elemental - Il Risveglio della Quintessenza
E-book272 pagine3 ore

Elemental - Il Risveglio della Quintessenza

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Info su questo ebook

Tess è una ragazza come tante, sognatrice e un po’ ribelle, la cui vita cambia per sempre quando sua sorella minore, Gaia, scompare misteriosamente. Decisa a ritrovarla ad ogni costo, si affida alle uniche persone che sembrano disposte ad aiutarla, i misteriosi Gebedia, Hermes e Salamanca, straordinari guerrieri che governano gli elementi. Quale destino la lega agli elementali? E cosa si è disposti a sacrificare per amore? In una corsa contro il tempo Tess inizia una caccia, alla ricerca di Gaia e della propria identità, sulle tracce di un oscuro stregone in un mondo sovrannaturale popolato da fate, demoni e mistiche divinatrici.
LinguaItaliano
Data di uscita5 mar 2020
ISBN9788831654616
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    Anteprima del libro

    Elemental - Il Risveglio della Quintessenza - Nina J. Alexander

    Indice

    CAPITOLO 1 L’ombra nel cielo.

    CAPITOLO 2 Presa di coscienza.

    CAPITOLO 3 Il risveglio.

    CAPITOLO 4 Un incontro inaspettato.

    CAPITOLO 5 Discesa nel paradiso della Regina Sibilla.

    CAPITOLO 6 L’Oracolo.

    CAPITOLO 7 Fiamme tra i ghiacci.

    CAPITOLO 8 Sfere di luce.

    CAPITOLO 9 Il falò nel bosco.

    CAPITOLO 10 Cioccolato e arancia.

    CAPITOLO 11 Bomarzo, un varco per l’Ellendeen.

    CAPITOLO 12 L’Uno su Mille.

    CAPITOLO 13 Faccia a faccia.

    CAPITOLO 14 Epilogo.

    Nina J. Alexander

    Elemental

    Il Risveglio della Quintessenza

    Youcanprint

    Nina J. Alexander

    Elemental – Il Risveglio della Quintessenza

    ISBN | 978-88-31654-61-6

    Prima edizione digitale: 2019

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi, 6 - 73100 - Lecce

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio,

    di quante ne sogni la tua filosofia.

    (W. Shakespeare)

    Ad Arianna, che crede nei sogni,

    anche nei miei.

    CAPITOLO 1 

    L’ombra nel cielo.

    Una pioggia sottile batte contro il finestrino dell’autobus, che procede stanco e pesante, schiacciato in mezzo al traffico prenatalizio romano come in una mandria di buoi assonnati.

    Accanto a Tess una signora di mezza età, carica di buste del discount, sbuffa indispettita fissando torva l’autista davanti a sé.

    «Lo sapevo che avrei fatto prima a piedi. Ormai in questa città va tutto a scatafascio!»

    Trascinandosi per raggiungere la portiera, la signora lancia un’occhiata alla sua giovane vicina di posto che, a quanto pare, non ha colto l’attimo per lamentarsi prontamente del caos in cui versa la città la settimana di Natale.

    La ragazza è minuta e dai lineamenti delicati, con lunghi e setosi capelli castani che ricadono come un manto sul giubbino imbottito mentre fissa intenta attraverso il finestrino.

    Niente, nessuna reazione.

    "Questi giovani sono capaci solo a imbambolarsi davanti al cellulare." Pensa la donna e infila decisa la porta d’uscita, spingendo un trio di ragazzine che, seccate, le rimbrottano un «Signora, si dia una calmata che qua dobbiamo tutti andare da qualche parte!»

    La diciannovenne Tess non ha assistito a nulla di questa scena. Gli occhi color dell’ambra sono persi nello sfavillio sfocato che la pioggia dona alle luci dei lampioni e dei fari delle auto, con gli scooter che, selvaggi come gazzelle, schizzano di qua e di là tra i passanti e le auto in fila, lanciando faville di lucine bianche in un turbinio di giallo e blu.

    A Tess piace il periodo del Natale e i tragitti interminabili dall’Accademia delle Belle Arti a casa, trascorsi in bus, sono la sua evasione dal mondo. In fondo le basta distrarsi un attimo e la mente va per conto suo.

    Chissà come sarebbe ora librarsi in cielo, tra pioggia a sprazzi e folate di vento, planare sopra le auto e poi sempre più in alto, sopra i palazzi, fino a non sentire più i rumori, e ancora su, sopra la pioggia e le nuvole, solo lei e la luna, a ridere al vento col freddo sui denti.

    La vibrazione nella sua tasca destra la riporta velocemente a terra, nel caldo umidiccio del bus strapieno.

    Sulla schermata dello smartphone, imperterrita, campeggia la scritta MADRE.

    Oh no. Proprio no!

    Imposta su modalità silenziosa se lo rinfila in tasca.

    Ultimamente lei e sua madre viaggiano su binari separati. Opposti, sarebbe meglio dire. La verità è che parlano due lingue differenti. «Somigli sempre di più a tuo padre!» ormai è la frase con cui si chiudono tutte le conversazioni, e non è che sia proprio un complimento. Essere come suo padre comprende l’essere musona, depressa, superba, insomma tutto, fuorché cose belle. Tess non crede di assomigliare a suo padre, ma di sicuro non è come sua madre. Sua sorella Gaia invece sì.

    Entrambe timide ma decise, impacciate in pubblico, sempre così schive e metodiche, pignole, responsabili… Gaia!

    Ecco cos’era! Al rientro dalle lezioni doveva passare a prendere Gaia che, finiti i compiti, andava a fare merenda da Dany.

    Daniela Rogi, alias Dany, l’amichetta nevrastenica di sua sorella minore, con i genitori da poco divorziati e sempre in cerca di un ragazzo cui accollarsi.

    Senza tanti complimenti Tess infila l’uscita, strattonandosi dietro la tracolla con l’album da disegno, beccandosi un sonoro «E dai!» dal trio di ragazzine che, ignare del pericolo, stazionano al portello di uscita per farsi notare da un ragazzo alto e del tutto indifferente.

    Solo una volta scesa dall’autobus si rende conto che ha saltato almeno tre fermate, piove a dirotto, è buio e ci sono almeno dieci minuti di strada di corsa tra lei e casa di Dany. Tess non può librarsi in cielo come sogna, no, ma se le Converse non l’abbandonano, può comunque provare a volare.

    ****

    «Hai dimenticato l’ombrello. Non posso crederci! Come hai fatto se piove da stamattina?»

    «Ce l’avevo l’ombrello quando sono uscita. Non l’avevo più dopo la seconda ora di lezione.»

    Tess e Gaia camminano lungo l’elegante e familiare Corso Trieste a passi piccoli e veloci, l’una accanto all’altra, le cartelle che sbattono sui fianchi mentre percorrono il breve tratto che dalla villetta di Dany porta a casa loro, una graziosa costruzione dei primi del Novecento in Viale Gorizia.

    Benché più piccola di ben quattro anni e mezzo, sua sorella è già più alta di lei, anche se di poco.

    «Meno male che oggi avevo lezione di musica, così la diamonica ha coperto il mio quaderno degli appunti di algebra.»

    «Eh sì, non sia mai che oltre che incomprensibile quella roba sia pure illeggibile!» Sbuffa Tess ridendo veloce. A Gaia, che frequenta il primo anno del Liceo Scientifico, non piace far brutta figura a scuola e neanche farsi sballottare dalla sorella a piedi senza ombrello, ma sorride sotto i baffi alla battuta.

    «Perché non abbiamo ripreso l’autobus al ritorno?»

    «Perché era un carro del bestiame, il Natale tira fuori il peggio dalle persone. Molto meglio qui fuori.»

    «Dany ha detto che il padre la manda a fare un corso in Provenza quest’anno, dice che la dizione lì non è un granché ma i ragazzi sono molto carini.»

    «Dany andrebbe a fare un corso perfino a Beirut se ci fossero ragazzi carini.»

    «Devi smetterla di parlar male di lei. Dany dice sempre che avere una sorella maggiore sarebbe la cosa più bella del mondo, soprattutto un’artista come te.»

    «E tu le hai detto che poteva tenermi vero?»

    «Ovvio. Ma non ha voluto!»

    Percorrendo i gradini che dal marciapiede immettono al portoncino di casa, Tess ha, come al solito, l’istinto di ritrarsi. Dura solo un attimo, poi spinge il portoncino e scompare all’interno.

    Non le piace tornare a casa e non le piace neanche uscirne la mattina. Nessun posto va mai veramente bene per lei.

    ****

    I suoni arrivano ovattati, intorno a Tess solo le bollicine e la vista sfocata del soffitto e delle mattonelle intorno alla vasca.

    È troppo presto per pensare, per fare qualunque cosa che non sia trattenere il respiro sott’acqua e lasciarsi cullare dal risucchio sordo delle vecchie tubature del bagno di sua madre. I suoi genitori hanno predisposto un bagno per le figlie, che comunica con entrambe le camerette, ma vi hanno installato la doccia, per comodità, e a lei fare la doccia non piace.

    A Tess piace restare in acqua immobile a sentire il nulla finché non si trova le dita delle mani e dei piedi completamente raggrinzite.

    «Signorina comincio a perdere la pazienza!»

    La voce di Agnese, sua madre, penetra nella coltre mattutina di sonno e schiuma, riportandola velocemente alla realtà.

    «Guarda che Gaia è già sotto che ti aspetta. Io non capisco che gusto ci provi a startene lì a mollo come una prugna secca in un vecchio bagno pieno di spifferi. Va bene il bagno rilassante d’estate, ma la mattina alle sette, con tre gradi fuori e l’acqua che si fredda solo a guardarla, figlia mia proprio non so.»

    Agnese fa l’assistente sociale, è una donna pratica e perennemente indaffarata che gira sempre per casa con la tazza di caffè in mano, lasciando aloni marroni ovunque le capiti, e in costante ricerca delle chiavi dell’auto.

    In questo momento Tess la guarda aprire la busta della bolletta e sventolarla al cielo. Regge la cartella piena di fogli stropicciati sotto il braccio e, mentre con una mano s’infila saltellando la décolleté, con l’altra tiene in equilibrio precario una tazza di caffè nero fumante.

    Sua madre è slanciata e aggraziata, con capelli neri, mossi e corti e la carnagione olivastra come sua sorella Gaia, che l’aspetta pronta e compita sulla porta della cucina.

    «Ha detto la madre di Dany che Gaia può rimanere da loro fino alle sei, oggi pomeriggio, poi devi riprenderla perché le vanno degli studenti a casa.»

    La Professoressa Rogi, madre di Daniela e insegnante di greco e latino al Liceo Classico Giulio Cesare, ha l’abitudine di tenere dei corsi extra a casa per studenti particolarmente interessati.

    «Veramente ero d’accordo con Edo di andare da Marinari a prendere un caffè, così ci scambiavamo i regalini di Natale.»

    Edo è il suo migliore amico dalla terza elementare, dal giorno in cui Amanda, della sezione D, disse davanti a tutti che sarebbe uscita con Edo solo quando si fosse ghiacciato l’inferno. E lei, a quel punto, si era vista costretta a vuotarle la Vinavil sui capelli.

    «Teresa! Che ne è dei bei discorsi fatti all’inizio dell’Università? Sostenevi di essere adulta, di poter fare da sola le tue scelte, di assumerti le tue responsabilità, o no? Non sono passati neanche due mesi e ti vedo fare solo quel che ti aggrada! Cerca di mantener fede alle tue promesse!»

    La ragazza guarda sua madre, questa donna sempre pronta a mettere i bisogni degli altri davanti ai suoi, e capisce che non ha scelta. Si può combattere per iscriversi all’Accademia d’Arte anziché a Giurisprudenza, ma non si può far guerra su tutto.

    «Beh, posso sempre dire a Edo di vederci qui stasera, appena torno con Gaia.»

    Agnese, un turbinio di scartoffie e profumo, si ferma e guarda sua figlia. Lo sguardo si addolcisce e, con un mezzo sorriso sulle labbra, propone «È anche un modo carino per stare tutti insieme, tu, Edo, Iaia ed io, aspettando che torni tuo padre da lavoro. Vedrai che sarà una bella serata.» Poi, rivolta alla sua sorellina, lancia un «Buona giornata puffetta. Fai la brava!» e infila la porta di casa, veloce e leggera come sempre.

    ****

    Sono quasi le sei e il marciapiede che Tess sta percorrendo è buio.

    Casa di Dany è sita in una graziosa viuzza laterale del quartiere Coppedè, dove si affacciano solo giardini di villette signorili ed eleganti cancelli.

    Le è sempre piaciuto quel particolare agglomerato di case dove le elaborate decorazioni architettoniche, i lampadari in ferro battuto e le loggette intarsiate, le parlano una lingua che tanto ama.

    Ogni tanto, qua e là, si affretta una signora delle pulizie che, silenziosa, scivola lungo la stradina buia per far ritorno alla sua calda e confortevole casa dopo una giornata di lavoro.

    "Almeno oggi non piove pensa rigirandosi tra le dita i ciondoli del braccialetto anche perché ho di nuovo dimenticato non so dove l’ombrello".

    L’ultima ora di lezione è stata particolarmente noiosa, con quel professore di Disegno che si ostina, da due mesi, a farle riempire fogli su fogli di texture e riproduzioni di stoffe: piegate, stropicciate, appese a una bottiglia...

    «Disegnate le luci e non le ombre!» Ma che accidenti significa? Per lei disegnare è sempre stata la cosa più naturale del mondo: pensa a un soggetto e, magicamente, senza neanche guardare il foglio, ne ricrea i tratti, l’essenza. Ecco perché, dubbiosa su quei metodi, si era attardata in corridoio ad attendere l’uscita del professore. Ma lui l’aveva guardata di sbieco e passando senza fermarsi, aveva biascicato un «Continui a esercitarsi signorina.»

    Stava ancora riponendo i pastelli e le cere quando, di sfuggita, aveva letto l’ora sull’enorme orologio che campeggia sopra la porta dell’aula VI, ed era schizzata fuori alla velocità della luce.

    Mancano pochi passi al cancello di casa di Dany.

    Una vecchia gatta calico, che ultimamente ama dormire proprio sotto la ruota di un’auto parcheggiata lungo la stradina, si accinge furtivamente a raggiungere il cassonetto al suo fianco, in cerca di uno spuntino.

    All’improvviso un irreale bagliore bianco squarcia il suo campo visivo e, inondando di luce dietro ai cassonetti e sotto le auto parcheggiate, illumina a giorno la stradina.

    La vecchia gatta sfreccia a pochi passi da lei, terrorizzata, in cerca di riparo dietro al cancelletto più vicino e poi via, verso l’oscurità.

    Tess, colpita da un fastidioso, agghiacciante sibilo, porta le mani alle orecchie e cade a terra in ginocchio. Strizzando gli occhi, crede di vedere un’ombra vorticare in alto, a grandi cerchi.

    Poi più niente.

    ****

    Quando riprende i sensi non ha idea di quanto tempo sia passato.

    La stradina è ancora buia e desolatamente vuota. Una pagina di giornale molliccia, trascinata da un venticello ghiacciato che le s’insinua sotto la giacca, è impigliata alla sua caviglia destra.

    Si rimette in piedi lentamente, appoggiando prima le ginocchia a terra, poi aiutandosi con le mani.

    "Ma che cavolo…?? Devo essere svenuta. Mamma lo dice sempre che tre caffè non fanno un pasto."

    Aveva sentito di gente che prima di svenire vedeva a macchie bianche e sentiva fischiare le orecchie.

    "Bah, almeno non mi è successo all’Accademia, davanti a tutti."

    Si avvicina al muretto lentamente, ondeggiando e resta lì a chiedersi come sia successo, visto che non le è mai capitato niente del genere.

    "Se la signora Rogi mi vedesse così, mi scambierebbe di sicuro per una drogata e così liscia l’orlo della giacca imbottita blu scuro e passa rapidamente in rassegna i jeans: dopo la caduta sono chiazzati d’acqua; le converse color jeans erano già macchiate e bucate da prima, ma ci è affezionata Resterò sul portico, all’ombra, così non ci farà caso". Dopotutto, sua madre è un’assistente sociale e le scoccerebbe da morire se la Signora Rogi, MissSempreinordinesemprelegante, dicesse alle sue amiche «Quell’Agnese fa tanto la buona samaritana in giro e poi le figlie escono vestite come straccione!»

    Con un gesto deciso, dopo aver srotolato l’elastico appeso alla tracolla della borsa, lega i lunghi capelli a cipolla sulla testa, in due falcate percorre il vialetto dei Rogi e suona il campanello.

    Dany ci mette un po’ ad aprire la porta, sul viso l’espressione incerta di chi non t’inquadra appieno.

    «Beh allora?» sbotta Tess. "Dio com’è lenta questa ragazzina" pensa fra sé mentre Dany sposta il peso da una gamba all’altra, con una mano sulla maniglia e l’altra sullo stipite.

    Poi, come colpita da un pensiero, l’espressione sul viso della ragazzina passa da dubbiosa a indifferente e fa «La mamma ha già iniziato la sua lezione, non ammette nessun ritardo, mi dispiace.» e abbassando lo sguardo inizia a richiudere l’uscio.

    «Per mia fortuna» risponde Tess infilando la mano nella porta «ho detto addio alle lezioni di greco da tempo. Ora, se non ti dispiace, dì a Iaia che se non esce immediatamente dovrà riportarmi a casa in spalla, perché sto congelando.» e apre la porta di casa per entrare.

    L’espressione di Dany si fa guardinga e pericolosamente agitata «Guardi che c’è un errore! Qui non c’è nessuna Iaia. Mammaaaaaaa!» strilla con quella fastidiosa vocetta.

    Dalla prima porta a vetri del lungo corridoio, quella che immette in salotto, si avverte un brusio, vari spostamenti di sedie e la Professoressa Rogi, alta e impettita, fa capolino con aria stizzita «Daniela cara, ricordi quel bel discorso sul tono di voce appropriato?» Poi, alzando lo sguardo verso l’ospite, piega l’angolo sinistro della bocca leggermente in basso, in un’espressione di biasimo, evidente come se sulla fronte le campeggiasse la scritta gialla su fondo nero STRACCIONA.

    «Posso fare qualcosa per lei?»

    «Professoressa Rogi sono Teresa Della Rocca, sono venuta a riprendere Gaia alle sei, come d’accordo con la mamma. Mi scuso per il lieve ritardo ma…» la voce di Tess si affievolisce man mano che parla. L’espressione sui volti di Dany e sua madre è di smarrimento, si guardano tra loro.

    La Professoressa Rogi esce dal salotto, richiude la porta dietro di sé e si avvicina all’ingresso, le spalle dritte, le mani che si portano automaticamente sulle spalle di Dany, un gesto inconscio di protezione.

    «Signorina ci dev’essere un po’ di confusione. Non c’è nessuno qui che si chiami Gaia, evidentemente si tratta di un equivoco.»

    «Mi scusi ma… fate sul serio? Insomma, vengo qui tre volte a settimana! Mi tocca per forza, da almeno, non so, cinque anni! Con Dany che copia ogni santo giorno i compiti da Iaia e le spiattella tutti i resoconti su questo e quell’altro ragazzino da cui viene sistematicamente ignorata!»

    Dany, che finora aveva mantenuto un atteggiamento composto, drizza le spalle, si fa rossa in viso e guarda la mamma costernata «Io questa non l’ho ma vista! Non so di che parla!»

    La Professoressa Rogi, evidentemente indispettita dall’atteggiamento di una sconosciuta malvestita che piomba in casa sua, per di più pallida in viso e con labbra e naso rossi di gelo, stringe con più forza le spalle di sua figlia, inspira a fondo e, con voce perentoria, proferisce «Molto bene signorina. Ci troviamo di fronte a due possibilità: o, con mio enorme disappunto, quegli sciocchi della 5°A mi hanno fatto l’ennesima burla, e vi assicuro che arrivare a disturbarmi in casa passa ogni limite, oppure, mia cara, lei si trova in stato confusionale ed ha sbagliato casa. Nel qual caso, mi permetta di chiamare i suoi genitori, anzi no, la polizia! Così una volta per tutte la finirete di vendicarvi dei voti che, cari miei, vi meritate per la vostra indolenza! Questa volta passate ogni limite!» Sbraita terminando con una nota stridula e, avanzando lungo il corridoio, costringe Tess a indietreggiare verso l’uscita.

    Nel turbinio di risposte coerenti per una situazione tanto strampalata Tess pensa "Ecco Dany da chi ha preso quella bella vocetta da Banshee". Purtroppo non fa in tempo a spiegare la serietà della situazione, perché ormai si trova fuori dalla porta, dove la corrente le gela le orecchie.

    Ancora stordita dalla recente caduta, si appoggia allo stipite pigolando affranta «Ma guardi che non si tratta di uno scherzo!»

    Troppo tardi, la porta le è stata richiusa in faccia e il lampioncino sul portico è spento. Nella pallida luce che filtra dalle vetrate dell’elegante portone scorge ancora l’alta e scarna sagoma di Dany, immobile dov’era un attimo prima. Come se fosse ancora indecisa su cosa pensare di questo strano incontro.

    «Dany, ti prego!» supplica Tess appoggiata alla porta chiusa, le dita che grattano piano sul legno, quasi volesse ammansire un cucciolo selvatico. Niente da fare, alle sue parole, anziché riaprire la porta, la sagoma di Dany si allontana, silenziosa e veloce, fino alle scale in fondo al corridoio, lasciandola nel portico, al buio e sola, ad eccezione del suo più grande sgomento.

    Attraversando il portico di volata Tess oltrepassa il vialetto correndo e sbuca sulla stradina isolata. Si guarda intorno, confusa.

    Le luci dei lampioni illuminano la strada, creando strani giochi di luci e ombre contro le siepi sempreverdi che si affacciano dai cortili delle villette. Ci sono più macchine parcheggiate ai lati della strada adesso, è quasi ora di cena, e i pendolari sono rientrati alla loro quotidianità. Una mamma al telefonino scivola giù da un SUV posteggiato poco più avanti, apre la portiera posteriore e, senza guardare, fa scendere un bimbetto di circa otto anni, con indosso la divisa della scuola privata francese che è in centro, tutto concentrato sul suo Nintendo DS. Insieme, senza parlarsi né guardarsi, mamma e figlio entrano nel cancello di

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