La spezia viola
Di Rossella Seu
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Secondo le forze dell’ordine però le preoccupazioni di familiari e amici, sebbene comprensibili, non sono sufficienti per far scattare le ricerche. Sofia, allora, decide di rivolgersi al detective Beccaria, conosciuto in occasione dello stesso evento delittuoso in cui rimase coinvolto Filippo.
Il detective, dopo avere perquisito la casa del neurologo, ritiene ci siano motivi sufficienti per intervenire.
Benché rassicurata, Sofia non intende restare in disparte, convinta che attraverso la sua capacità di leggere nel pensiero possa più facilmente della polizia scoprire una o più piste investigative da girare a Beccaria. Nel corso di questa sua indagine parallela, in cui coinvolge anche Giulia, entra in contatto con un’organizzazione criminale implicata, tra l’altro, in spaccio di droga e prostituzione minorile.
Cosa collega l’amico scomparso a un locale di striptease e alla spezia viola, una nuova droga difficilmente reperibile sul mercato?
In un susseguirsi di colpi di scena, seconde chance ed errate prime impressioni (forse…), la vicenda poliziesca si tinge, finalmente, di rosa.
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Anteprima del libro
La spezia viola - Rossella Seu
Ross
1
Doppio risveglio
Il vento gelido si infrangeva sulle tapparelle producendo un crepitio a intervalli regolari. Questo rumore, che qualsiasi altra persona avrebbe paragonato né più né meno al calpestio di una foglia, al contrario nella mia testa martellava con le spropositate dimensioni di uno schiacciasassi. Aprii gli occhi e fissai il soffitto. La stanza stava volteggiando intorno a me. In bocca avevo un sapore amaro, come se avessi masticato la gomma di un copertone.
Come sono tornato a casa?
Mi rendevo conto di aver dormito sopra alle coperte ancora vestito. Una volta in bagno, lo specchio a tutta parete mi restituiva un riflesso, che stentavo a riconoscere. Un uomo cinereo in viso, dal colorito pallido sulle mani, e con un vistoso semicerchio nero sotto gli occhi stava in piedi davanti a me. Solo tre anni prima comparivano i primi capelli bianchi e ora ero del tutto brizzolato.
Filippo non hai più vent’anni, questo è certo!
dissi all’altro me, che mi guardava con un misto di compassione e noia.
Mi fu chiaro che i tempi dei bagordi nei locali, senza avvertire il giorno dopo alcuna conseguenza, erano finiti. La decisione di ritardare almeno di un’ora l’entrata al laboratorio era inevitabile, tuttavia c’era una cosa che non volevo rimandare. Da tempo avevo perso l’abitudine di documentare meticolosamente i progressi del mio lavoro tramite appunti cartacei, piuttosto ne tenevo traccia attraverso brevi note vocali sul cellulare.
Venti febbraio, procedura terminata, effettuata terza prova,
registrai, presenza delle controindicazioni precedenti: all’apparenza nessuna. Nuovi sintomi: vuoto di memoria e senso di smarrimento. Indagare e riprovare evitando di bere super alcoolici.
Spensi il registratore e uscii in balcone, dove mi accesi una Lucky Strike. Aspirai profondamente ed espirando delle piccole nuvole di fumo si alzarono e si dissolsero intorno a me. Guardai la strada sottostante punteggiata da automobili colorate, senza particolare attenzione, prima di tornare a letto. Nel portafoglio non era rimasto altro che una banconota da cinque euro e sul comodino spiccava una bustina trasparente, contenente una polvere viola, segno che lo scambio era stato effettuato correttamente. Il fatto di non ricordare nulla della conversazione con la donna dai capelli rossi e dalla pelle di porcellana, mi metteva a disagio. Non ero nemmeno convinto di aver bevuto così tanto, da giustificare quella mancanza di coscienza.
E se mi avessero drogato?
Ero consapevole, che fosse giunto il momento di trovare una nuova via per reperire quell’ingrediente, così raro e così pericoloso. D’altronde non appena avessi consegnato le informazioni in mio possesso a chi di dovere, avrei dovuto di certo sparire per un po’. Ieri la strana sensazione che tutti gli occhi fossero orientati su di me, non mi aveva abbandonato un attimo. Forse stavo solo diventando paranoico.
Allontanai quell’ultimo pensiero. Ero uno stimato neurologo, un ricercatore, un uomo che verificava in maniera empirica ogni elemento, prima di emettere giudizi. La paranoia era un lusso che non mi potevo permettere.
Un mese dopo, 10 marzo
Un sole freddo stendeva i suoi pallidi raggi obliqui attraverso i rami spogli degli alberi. Un merlo era intento a raccogliere piccoli frammenti, da trasportare al nido in costruzione, e non si preoccupava delle poche automobili, che transitavano nella strada accanto. Aveva scelto come riparo un melo in un quartiere tranquillo popolato per lo più da anziani. Le costruzioni erano villette singole o bifamiliari con una siepe che le circondava o qualche metro quadrato di verde sul davanti. Una donna bionda, avvolta in un cappotto beige, che finiva poco più giù dell’altezza del ginocchio, girò l’angolo e si trovò di fronte a un cartello con un cerchio rosso diviso da un rettangolo orizzontale bianco. La scritta avvertiva che da lì in avanti cominciava una strada privata. La donna avanzò. Il ticchettio ritmato dei tacchi mutò da un suono sommesso a un tono più acuto, mano a mano che il marciapiede asfaltato lasciava il posto al vialetto lastricato. La donna verificava il numero civico dipinto sulla mattonella in ceramica bianca davanti a ogni cancelletto, e subito dopo abbassava lo sguardo sul biglietto che teneva stretto nella mano destra. Dopo aver superato alcune case, finalmente sembrò trovare ciò che stava cercando e suonò il campanello. Attese un minuto, ma non accadde nulla. Le tapparelle al piano terra erano abbassate e una musica proveniva dal piano superiore. Era abbastanza certa che ci fosse qualcuno in casa. Rimase immobile, fino a che una voce alle sue spalle le chiese gentilmente di spostarsi. Si trattava di una vecchietta, alta un metro e cinquanta, che trascinava un carrellino per la spesa e teneva in mano un mazzo di chiavi.
Sta cercando qualcuno?
le chiese.
Sì, una vecchia amica,
mentì la donna elegante, credevo abitasse qui, ma devo essermi confusa.
Al primo piano abita una signorina, Sofia. Non credo abbia molti amici, non esce spesso.
Così dicendo la vecchietta aprì il cancello e la invitò a entrare. Abbiamo due ingressi indipendenti, giri attorno alla casa e troverà le scale per il primo piano. Buon pomeriggio.
La donna bionda seguì le istruzioni e si ritrovò sul pianerottolo a suonare nuovamente il campanello. La porta si aprì, una donna all’incirca della stessa età le stava di fronte. Indossava un paio di pantaloni della tuta e una felpa grigia assolutamente anonimi. I capelli ondulati sciolti sulle spalle lottavano con piccoli ciuffi, che non ne volevano sapere di restare composti. Le due donne non potevano essere più diverse tra loro. In un baleno la padrona di casa identificò la sua visitatrice e sgranò gli occhi in uno sguardo di sorpresa e dolore.
Giulia!
Erano passati circa tre anni dal loro ultimo incontro. Giulia era stata l’amante del suo grande amore, ed era anche una delle poche persone a conoscenza del suo segreto, l’unica di cui non si fidava per niente. Avrebbe evitato volentieri quella visita a sorpresa. Nonostante tutto non poteva fare a meno di guardarla con una certa ammirazione. Niente sembrava in grado di scalfirla. Era sempre semplicemente perfetta. Anche ora, si presentava davanti alla sua porta con i capelli accuratamente raccolti in una acconciatura all’ultima moda, le unghie curate con un semplice, ma raffinato, french manicure e un filo di trucco che faceva risaltare i suoi occhi azzurri.
Mi fai entrare?
chiese Giulia con una punta di acidità.
Ecco forse l’unica nota stonata in quell’armoniosa creatura, una voce fine e stridula o forse quello era semplicemente il tono riservato a lei. Sofia si scostò, lasciandola passare e le fece strada in cucina. La vicina di casa non aveva torto. A giudicare dalle condizioni dell’appartamento, Sofia non doveva ricevere ospiti tanto spesso. Dire che la stanza era disordinata era un eufemismo. Era come se una raffica di vento si fosse abbattuta dentro le mura domestiche e si fosse divertita a trasportare oggetti da una camera all’altra senza alcun criterio. Sulle spalliere delle sedie vi erano appesi asciugamani e vestiti. L’intero ripiano accanto al lavandino era ingombro di libri e appunti. Sopra i fornelli c’erano diverse pentole, come se ci si accingesse a cucinare per un grande evento. Una parte del tavolo era coperto da riviste e piccoli oggetti.
Giulia non sapeva dove appoggiare il cappotto e così lo tenne addosso. In fondo sapeva che non si sarebbe fermata a lungo. Le convenzioni sociali impongono di offrire qualcosa da mangiare o da bere a chi viene a trovarci e Sofia invitò Giulia a sedersi, cercò la caffettiera dietro a qualche tazzina, la preparò con acqua e caffè macinato e la mise sul fuoco.
Non invito mai nessuno qui,
rispose Sofia al pensiero di Giulia. Dal tono con cui pronunciò queste parole, Sofia non stava cercando di giustificarsi per quel disordine. Era una semplice constatazione.
Gradirei che non lo facessi. Non leggere i miei pensieri,
rispose Giulia seccata. La riteneva una violazione dei propri diritti di privacy e non intendeva rimanere in silenzio.
Non è qualcosa che posso scegliere di fare o ignorare. Tieni gli occhi aperti fissi su di me e non guardarmi. Se ci riesci, ti sarei grata di fornirmi le istruzioni e non leggerò più i tuoi pensieri,
ribatté Sofia in tono neutro.
La conversazione non era iniziata con il piede giusto e Giulia se ne rammaricò. Non aveva fatto cercare Sofia da un investigatore privato per litigare al primo scambio di battute.
Per quale motivo sei qui?
tagliò corto Sofia.
Per Filippo. Vorrei solo sapere da quanto tempo non lo vedi e se sai dove si trova ora.
Sofia si lasciò cadere sulla sedia di fronte a Giulia e la fissò, come per recuperare il filo di un discorso iniziato tanto tempo addietro e perduto per strada. Filippo era un argomento tabù per lei. Dopo l’assassinio di Riccardo Greco, il suo ex fidanzato, si erano visti sempre più di rado. Una volta che il colpevole era stato arrestato, Filippo era stato scagionato da tutte le accuse ed era partito per un viaggio in Messico di qualche mese. Al ritorno si erano incontrati qualche volta per le deposizioni all’avvocato e la testimonianza al detective Beccaria. Per qualche tempo si erano sentiti telefonicamente. Purtroppo ogni volta che lo rivedeva si apriva una ferita. Il tempo trascorso insieme era il più felice che riuscisse a ricordare, ma la sua