Ancora gocce di fantasia
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Anteprima del libro
Ancora gocce di fantasia - Nicoletta Niccolai
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Quel che resta di una vita
Già nel salire la prima rampa di scale quell’acre odore, che le sarebbe rimasto appiccicato alla mente per più di un mese, le invase le narici. Sul pianerottolo si aprivano quattro porte, ma non fu difficile trovare quella giusta perché era sbarrata con nastro bianco e rosso e, nel centro, l’autorità vi aveva affisso quel cartello avvisante che dentro quell’appartamento era avvenuto un tragico fatto.
Mauro provò un paio di chiavi, aprì e precedette Luciana lungo lo stretto, atrio.
Aspetta qui, vado ad aprire una finestra
.
Lei cercò di guardarsi attorno ma la penombra le permise solo di assicurarsi di non sbattere contro un tavolino di cristallo pieno zeppo di oggettini di minuscole dimensioni.
Il puzzo di fumo lì dentro era così forte da serrarle la gola. Una folata d’aria fresca e l’arrivo della luce la rincuorò ma la tristezza la invase di nuovo nel costatare come era ridotto quel luogo che un tempo poteva definirsi da persona più che agiata
. Non era per le tapparelle per metà divelte dai Vigili del fuoco, né per il visibile passaggio di chi aveva provato a soccorrere e neppure per i segni del fuoco perché in quell’ampissima stanza che fungeva da salotto e sala da pranzo, l’incendio non era arrivato se non con l’odore. Era per il caos che vi regnava, di sicuro da anni, vestiti sui divani insieme a ciotole e giochini del cane. Sabbia della gabbia dei canarini in portacenere che contenevano di tutto e… il tavolo colmo di posta, bollette, carte, libri, posate, scatole di cibo… o mamma mia com’è brutta ed avvilente una vecchiaia passata da soli o con chi, invece di aiutarti, ti sfrutta.
Luciana non aveva conosciuto bene quella parente acquisita. L’aveva sentita spesso per telefono e l’aveva intravista ad un funerale, se la rammentava grossa nel vistoso cappotto azzurro, arrancante su gambe malferme, con capelli troppo neri per la sua avanzata età e gli occhi celati da enormi occhiali scuri. Eppure sua suocera diceva che la sorella, da giovane, aveva fatto girare la testa a non pochi ragazzetti del paese.
Vieni?
Si scosse e seguì il marito nel corridoio che portava alla zona notte. Lì sì che c’erano i segni del disastro. Un armadio noce chiaro, quadri, pareti e pavimento scuriti da una patina grigia mucchietti di cenere e una porta visibilmente lambita dalle fiamme e la stanza da letto…. Dio, per fortuna aveva alle spalle un mestiere che le aveva fatto toccare le atrocità della vita altrimenti, si sarebbe sentita male. Dell’elegante ambiente stile veneziano (quello con i mobili bianchi e dorati) non era rimasto che un ammasso contorto ed affumicato. Il letto, il comò, la poltrona, il divanetto erano mucchi indistinguibili e di un unico scuro colore, la violenza delle fiamme aveva fatto deformare anche metallo e vetro. Si mormorava che la donna fosse morta nel sonno, soffocata dal fumo, stava, come di consueto, fumando, si era addormentata grazie anche ai farmaci di cui non poteva più fare a meno e quella brutta abitudine era stata la sua condanna. Luciana però aveva dei dubbi su quella ricostruzione dei fatti perché sapeva che l’anziana era stanca, sfiduciata malata e, soprattutto, si sentiva sola.
Uscirono dal locale e s’interrogarono con lo sguardo:
Da dove iniziamo?
Loro erano gli unici congiunti che avevano avuto il coraggio di accettare quell’impegno, ovvero: liberare quell’appartamento da ogni cosa per metterlo a disposizione dell’attuale proprietario. Già, la poveretta aveva dovuto vendere ciò che era stato suo e pagare anche un affitto.
Decisero di scendere a prendere gli scatoloni e i sacchi che avevano portato, di accatastare sul balcone ciò che avrebbero, a colpo d’occhio, subito buttato e poi fare una cernita da armadi, contenitori, stipi e cassepanche per salvare il salvabile.
Il lavoro si rivelò lavoro lungo e stancante.
Si dedicarono agli armadi, anta per anta, ripiano per ripiano tolsero capi di vestiario che sembravano appartenere a generazioni di donne. Pellicce pregiate ma di modelli risalenti agli anni 50, golfini e maglioni per tutte le occasioni e di varie taglie, vestiti da sera e comodi grembiuli adatti a sfaccendare in casa, gonne, vestaglie e, ovunque, riposti sempre in fondo e ben protetti in sacchetti di plastica, gomitoli non finiti di lana, cotone, ferri uncinetti e scatole con rocchetti per ricamo e cucito. I cassetti si rivelarono contenitori di sogni e ricordi. Tra la biancheria erano celati, cartoline, piattini souvenir, ninnoli e carabattole che parevano essere appartenuti a una bambina.
Quando finirono di riempire tutti gli scatoloni che avevano portato, si guardarono attorno e compresero di essere neppure a metà dell’opera per cui decisero di fare una pausa, scendere a mangiarsi un panino, portar su altri contenitori e riprendere in fretta il lavoro prima che calasse la sera.
Ci misero poco, dalla parte opposta della strada c’erano un bar e una pizzeria e, avendo optato per toast e caffè se la cavarono in una quindicina di minuti.
Mentre stavano per riaprire il portone con le braccia cariche di sacchi e scatole di cartone, furono affiancati da un anziano signore che, vedendoli, si era affrettato ad uscire dal suo negozio di parrucchiere.
Siete i parenti della signora Marinella?
Sì, io sono Mauro, il nipote
Oh, cero… come mi dispiace, povera signora la conoscevo da una vita e… oh era ridotta proprio male, no, non intendo fisicamente, e che era lasciata sola. Sì aveva la badante ma, quella badava solo ai propri interessi e a quelli del fidanzato…un ubriacone… Io credo che quei due abbiano fatto sparire un sacco di roba e.
.
Luciana lo interruppe chiedendogli del cane.
Oh, il cagnolino sta bene se ne sta prendendo cura una brava ragazza, dormiva in sala sul divano, un po’ strano perché di solito era sempre sul letto con lei e, anche gli uccellini se la sono cavata e, vi dicevo che la donna che…
.
Mauro interruppe quella fiumana di chiacchiere con la scusa, che poi non era tale, che avevano poco tempo, nell’appartamento era stata tolta, per ragioni di sicurezza, la corrente elettrica e loro avevano quindi ancora poche ore di luce a disposizione.
Mi domando cosa ha fatto per lei quello che la conosceva da una vita
sbuffò Luciana salendo le scale.
Perché, cosa hanno fatto e cosa stanno facendo i miei parenti? Loro vivono qui, non a centinaia di chilometri come noi, eppure, nemmeno una telefonata
.
Vabbè, lascia stare, però quello che ha detto quel vecchio, sai la storia del cane, aumenta la mia convinzione che…non sia stato un fatto accidentale
.
Lo penso anch’io
.
Luciana si prese uno sgradevole compito: ripulire la cucina, per quello che poteva fare senza acqua calda. Aprì tutti gli armadietti, tolse stoviglie e pentole sporche e maleodoranti e, senza pensarci un secondo, destinò loro un posto nelle scatole sul balcone. Il frigo le fece rizzare i capelli. Dovette aprire vasetti scaduti, svuotarli, lavarli e poi gettarli via, poi sgrassare usando olio di gomito e spostare tutto per lavare anche il pavimento. Intanto Mauro si dedicava ai documenti, alle lettere, alle bollette e agli appunti che erano sul tavolo da pranzo.
Sai…
le gridò dalla sala …si segnava proprio tutto, ogni centesimo che doveva spendere, credo proprio che non si fidasse di nessuno. Poi ci sono tutti i resoconti della banca…poca roba, la pensione, bah, credo che il novanta per cento di queste carte possa finire nella spazzatura…hai finito?
.
No, mi ci vorrà ancora una mezz’ora
.
Allora io rovisto nell’ultimo cassetto della credenza, dove ci sono le foto, vorrei conservarne qualcuna
.
Riuscì a raggiungere il marito solo un’ora più tardi. Si buttò, sfinita, a sedere sul divano. Una fioca luce riusciva ancora a filtrare dalle tapparelle, era tardi, dovevano chiudere tutto, riconsegnare le chiavi e sobbarcarsi un lungo viaggio di ritorno.
Dai, chiudo questa scatola e andiamo
le disse Mauro".
Lei vi lanciò un’occhiata distratta e si chinò a raccogliere la fotografia che era in cima al mucchio. Su uno sfondo marino, una snella ragazza dagli occhi ridenti, mostrava la sua bellezza osando, per quei tempi, coprirsi solo di un minuscolo bichini, In bocca, l’immancabile sigaretta.
Quel che resta di una vita
sospirò Luciana.
Lo Scambio
Il suo passo era diventato pesante. L’avanzata età non aveva intaccato la tonicità delle sue gambe, talmente abituate al movimento che poteva affermare di avere passato la vita camminando eppure, quell’ultimo tratto che lo separava dalla prefissata meta, era veramente ostico.
Gli era stato assicurato che, in quei giorni, avrebbe trovato spazi di strada più tranquilla, pervasa di serenità e, soprattutto, senza troppi ostacoli ed asperità ed invece…adesso era costretto a camminare quasi piegato in avanti ma sempre con lo sguardo vigile e la mente pronta ad affrontare qualsiasi evenienza. Era un vero esperto del genere umano e quindi era consapevole che, senza preavviso poteva incappare in aggressivi, falsi, furbi, opportunisti, miserevoli, superbi e rappresentanti di ogni sorta di negatività insita in quell’essere che si chiamava uomo.
Una fitta raffica di schegge gelate lo colpì in volto ed il suo cuore si strinse pieno di tristezza. Ancora malvagità, odio, pregiudizi… quando sarebbe cambiato tutto in none dell’amore? Eppure Lui ci aveva provato.
Sospirò, s’intrufolò in mezzo ad un intrigo di ramaglie piene di spine che cercò di scansare senza ferirsi le mani. Possibile che non vi fosse un’altra strada. Oh che ragionamento balzano, fin dalla nascita sapeva che il suo itinerario sarebbe stato unico, che le variazioni non sarebbero mai dipese dalla sua volontà ma, da quella degli uomini e del destino e che lui non avrebbe potuto far altro che accettarle, assorbirle dentro se stesso.
Era talmente assorto dalle sue meditazioni che quasi non si accorse di essere giunto in un’ampia radura. Fu il senso di calore, di gioia, di festa che gli fece drizzare la schiena. Spalancò gli occhi e, senza cessare d’incedere, si beò di quelle essenze rare e ne impregnò l’animo. Percepiva ancora degli sprazzi di cattiveria e di disperazione ma sopra di tutto aleggiavano, fortissimi, l’attesa e la fede. Dunque, non tutto era perduto. Forse quella gente si poteva ancora salvare, se confidava nel buon auspicio e nel Credo, una variazione era ancora possibile. Del resto, l’umanità era stata dotata d’intelligenza e di fervida fantasia, doti che, se messe altruisticamente a disposizione del proprio prossimo, avrebbero potuto tramutare la Terra nel Paradiso terrestre ed invece, l’uso più frequente che quegli esseri viventi ne facevano era a proprio beneficio calpestando, sovente, il diritto ed il benessere altrui.
Rinfrancato dalle positive sensazioni, dimenticò la fatica e la marcia gli apparve più lieve. Non poteva accelerare, no, poiché la sua falcata doveva essere cadenzata, sempre uguale ma, si sentiva più leggero e meno incline alla sfiducia.
Il viottolo era ripenetrato nel bosco che, però, si era fatto meno fitto. Guardò il segnatempo: non mancava molto forse…
Sì, forse sforzando la vista avrebbe potuto scorgere l’albero. Il fusto più antico del mondo.
L’aveva conosciuto una volta sola ma se lo ricordava poco… ah ah, era molto vivace e impulsivo, allora.
Rammentava vagamente un tronco gigantesco, dalla corteccia dura e delle mastodontiche aggrovigliate radici e…il passaggio.
Il suo di passaggio era stato fulmineo: dal buio alla luce, dal nulla al tutto. Si chiese come sarebbe stato ora, temeva il valicare quella porta e… se fosse piombato in un niente senza fine? Non poteva sottrarsi all’ineluttabilità: tutto ciò che prende vita è destinato a finire.
Gli alberi, che fiancheggiavano la brulla stradina, pareva avessero ripreso vigore e colore, non più ingrigiti e infreddoliti dall’inverno ma, ravvivati da meravigliosi colori autunnali, sebbene fosse stagione di ghiaccio e neve.
Il vecchio attribuì quello strano fenomeno alla vicinanza dell’albero che aveva il potere di scaldare il mondo, del resto era da quel vetusto legno che tutto aveva inizio e tutto aveva fine nella frazione di un attimo.
Eccolo, eccolo, là in fondo circondato da piante verdi… alto, tremendamente alto; alzando gli occhi al cielo non ne vedeva la fine.
Lo aveva rammentato bene: propaggini smisurate e contorte e un apparato radicale che, fuoriuscendo dal terreno, dava l’impressione di celare nel suo interno complicate gallerie e… oh si sentì sollevare, dovette resistere per non farsi sospingere da: allegria, ottimismo, fiducia, buon auspicio e, innanzitutto, speranza e…ma, là in fondo cosa stava succedendo.
Proprio ai piedi del grande tronco, in una sorta di caverna scavata nella legnosa sostanza, si