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Ditemi, perché tanto odio contro Israele?
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E-book227 pagine2 ore

Ditemi, perché tanto odio contro Israele?

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La domanda che costituisce il titolo del libro è stata posta, in varie forme, nel corso dei secoli. In passato si riferiva agli ebrei come tali, considerati sia come popolo che come individui; nel nostro tempo, pur non essendo scomparse le forme dell’antisemitismo tradizionale, in larga parte ma non unicamente di origine religiosa, l’odio contro gli ebrei si è indirizzato contro lo Stato che il popolo ebraico, a prezzo di lotte e di sacrifici immani, è riuscito a ricostituire dopo quasi due millenni di dispersione diasporica. Alle radici di questo odio ci sono anche eventi storici determinati: il rifiuto della leadership palestinese di giungere a un accordo di compromesso che permettesse la formazione di due Stati, uno ebraico e uno arabo, è alla base dello scontro che dura ormai da più di settanta anni. E tuttavia un lasso di tempo così lungo non passa invano, all’interno dello Stato d’Israele i rapporti tra arabi ed ebrei sono molto più complessi di quanto una pubblicistica interessata non voglia descriverli. Infine, il 2020 – l’anno a cui si riferiscono i testi contenuti nel volume – è stato l’anno dell’accordo di Abramo: un accordo storico, il cui significato etico non è inferiore a quello politico. Si può cominciare a sperare che la domanda, in un tempo non lontanissimo, abbia sempre meno senso.

VALENTINO BALDACCI  Ha insegnato nella Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. E’ Presidente dell’Associazione Italia-Israele di Firenze.
LinguaItaliano
Data di uscita8 apr 2021
ISBN9788875423537
Ditemi, perché tanto odio contro Israele?

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    Anteprima del libro

    Ditemi, perché tanto odio contro Israele? - Valentino Baldacci

    copertina_per_store.jpg

    Ai miei figli Claudio e Michele

    che in campi diversi,

    di qua e di là dall’Oceano,

    dimostrano il valore della serietà

    e della professionalità

    Aska Edizioni • Firenze

    © 2021 Inprogress S.r.l.

    Consulenza e Servizi per il Territorio

    Viale Diaz, 53

    Montevarchi (Ar) - Italy

    Tel. 055 2654524

    info@askaedizioni.it

    www.askaedizioni.it

    Progetto grafico e impaginazione

    Leonardo Nassini

    ISBN 978-88-7542-353-7

    Prefazione

    La lettura (per non pochi la rilettura, in tutta probabilità) degli articoli e degli editoriali che nell’anno appena trascorso Valentino Baldacci ha redatto come epitome e silloge di un lunghissimo lavoro pubblicistico, culturale e politico di un’intera vita, ci restituisce un quadro di insieme del pensare laico. Un pensare che si orienta sui temi della contemporaneità, poiché l’autore è abituato a ragionare in termini di collettività così come di tempo e di storia. Di essi, ovvero delle trasformazioni in atto che riguardano il nostro presente, lette attraverso l’identificazione di alcuni assi portanti, quindi di specifici temi di fondo, Baldacci ci fornisce chiavi di lettura di spessore, tangibilità e rigore. Buona parte degli articoli sono comparsi sulla stampa ebraica in quanto, al medesimo tempo, testimonianza di un’affettuosa amicizia ma anche come specifico atto di militanza etica e culturale.

    Medio Oriente, Israele, antisemitismo, radicalismo islamista ma anche i processi che interessano le sinistre europee, le culture sociali e, più in generale, la politica italiana, quella europea e transatlantica, costituiscono i terreni di elezione dell’autore. Peraltro non gli unici. Tra le diverse chiavi di interpretazione che sono offerte al lettore, due fanno premio sulle altre: la prima è quella che cerca di identificare gli indirizzi socioculturali del nostro presente, evitando tuttavia di scadere negli stereotipi che fossilizzano le interpretazioni in cliché e luoghi comuni; la seconda rimanda invece alla ricerca del senso politico delle trasformazioni che stiamo vivendo. Valentino Baldacci spende la sua misura e la sua temperanza per cogliere il filo che annoda diversi processi e distinti fenomeni, quindi per cercarne un comune denominatore. Che identifica nel rapporto costante che si stabilisce tra passato e presente, laddove il calco di ciò che fu si incontra ed influenza le condotte e i fenomeni dell’oggi. Parrebbe quasi un riscontro ovvio ma tale non lo è, posto che costanti sono le considerazioni dell’autore sia sulla smemoratezza dei tempi correnti che sulla sospetta vocazione di non pochi interpreti a ripetere aspetti degli errori trascorsi, soprattutto attraverso condotte politicamente pericolose ed eticamente censurabili. Non si tratta di un esercizio retorico. Baldacci descrive, valuta e poi si permette - con amabile misura - di giudicare, risparmiando tuttavia al lettore le spine del giacobinismo letterario e di un certo moralismo giustizialista oggi invece assai diffusi. Surrogati, l’uno e l’altro, del magistero intellettuale non pregiudizioso.

    Beninteso, nei testi che il lettore ha a disposizione non si è in presenza di meri caratteri di colore ma dell’esercizio di quel notismo politico che in Italia ha trovato una lunghissima tradizione nei migliori quotidiani e nei periodici di informazione, laddove, quanto almeno in un tempo trascorso, d’abitudine si approdava a tale esercizio per i lettori dopo una lunga formazione sul campo, di ordine pubblicistico ma anche culturale. Una tradizione che, a ben guardare, con non poche solide eccezioni, oggi pare essersi consumata nell’informazione in tempo reale, quella che fingendo di tenere costantemente coinvolto il lettore, soprattutto sul web, in realtà lo mantiene sotto scacco e ricatto. Lo scacco di un profluvio di dati senza coerenza; il ricatto di un presente che si fa eterno, dove la rilevanza di eventi e attori trascolora in un tempo senza storia, per il quale, come recita il famoso adagio del filosofo, «nella notte tutte le vacche sono nere». Quindi, indistinguibili. Il senso della complessità dei fatti, quelli di cronaca così come gli eventi storici, e della necessaria faticosità nel raccontarli, è alla radice della scrittura dell’autore. Complessità, lo si è già ricordato in tante situazioni, non vuole tuttavia dire incomprensibilità. Non è tale, infatti, l’autentica cifra degli articoli. Semmai il paradigma della complessità rimanda alla stratificazione, alle concatenazioni logiche, ai nessi di causalità che rivelano la radice di quel pensare politicamente che ispira tutta la scrittura di Baldacci. Fatto che, per l’appunto, è sempre meno diffuso e, quindi, quand’esso si evidenzia, tanto più prezioso.

    Ad un tale ordine di considerazioni, essenzialmente metodologiche, va poi aggiunto il riscontro che la costante attenzione dedicata da Baldacci alle minoranze, a partire dall’ebraismo italiano, si inscrive in una più generale considerazione rispetto allo stato di salute della maggioranza. Le prime, nei moderni Stati nazionali, sono infatti antenna ed indice dell’indirizzo delle trasformazioni che coinvolgono le intere collettività. Un sismografo, in altre parole. L’affettuosa disposizione d’animo per il millenario insediamento ebraico peninsulare è allora, ancora una volta, un elemento che rimanda a capitoli fondamentali della vita associata: la secolarizzazione così come i confini tra politica e identità religiose; la relazione tra minoranze dense, tali poiché capaci di coltivare una dimensione culturale molto articolata, e maggioranza dei cittadini; la stessa dimensione delle cittadinanze, sia nei processi interni alla società sia dinanzi ai fenomeni migratori; il più generale problema dei molteplici nessi tra libertà e giustizia in società caratterizzate da un’accelerata trasformazione. Israele campeggia all’interno di questo ordito: il come, tuttavia, lo lasciamo alla lettura di quanti intenderanno addentrarsi nell’elegante scrittura che intesse le pagine del libro. La totalità degli articoli raccolti in questo volume è stata redatta e pubblicata negli oramai tanti mesi che hanno accompagnato l’età pandemica che stiamo vivendo. Un anno, il 2020, caratterizzato da una condizione pressoché planetaria, in sé del tutto inedita per le popolazioni. Come tali, pur riferendosi a questioni di politica nazionale, internazionale o di varia umanità, vanno letti anche come una sorta di periscopio che il saggio usa per cogliere, a filo d’acqua, quale sia l’andamento e la rotta di una intera società di fronte ad un orizzonte che sa presentarsi come imprevedibile ed incalcolabile. A volere quindi cartografare lo spirito del presente.

    Claudio Vercelli

    Introduzione

    Questo libro raccoglie gli articoli pubblicati settimanalmente nel corso del 2020 su Pagine Ebraiche 24, quotidiano on line dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) e, nell’ultimo periodo dell’anno, anche su La Voce Repubblicana. Un articolo – che poi è quello che ha dato il titolo alla raccolta – è apparso su Il Riformista. Questa raccolta costituisce quindi la continuazione dell’altra pubblicata all’inizio del 2020 con il titolo Amare gli ebrei Odiare Israele. Antisemitismo e antisionismo nella nostra società, che raccoglieva gli articoli pubblicati nel corso del 2018 e del 2019.

    Anche i temi trattati negli articoli naturalmente sono simili: la maggior parte riguardano lo Stato d’Israele, il Medio Oriente, le vecchie e nuove forme dell’antisemitismo, il terrorismo islamista; sono tuttavia presenti anche articoli su altri temi che si riferiscono alla vita politica e culturale italiana ed europea. Una particolare attenzione è stata dedicata agli eventi americani e se ne comprenderà facilmente la ragione. Il 2020 è stato dominato dalla pandemia da Covid-19 e naturalmente se ne trova traccia anche in questo libro; tuttavia solo in un articolo ne ho parlato direttamente, anche perché non mi sembrava di poter aggiungere molto a quanto scritto da parte di tante persone assai più competenti di me, e non solo in campo epidemiologico.

    Se dovessi scegliere un tema che emerge tra quelli trattati negli articoli e che caratterizza quindi questa raccolta non avrei dubbi: l’accordo di Abramo che ha consentito lo stabilimento di regolari relazioni diplomatiche ed economiche tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein e che ha aperto la strada ad altri due accordi dello stesso genere con il Sudan e con il Marocco e probabilmente ad altri ancora che seguiranno. Questi accordi hanno veramente un significato storico: per il loro contenuto politico naturalmente; ma anche, vorrei dire, per il loro significato etico. Un rifiuto così radicale come quello dei Paesi arabi nei confronti dell’esistenza stessa dello Stato d’Israele è stato superato non in base a uno stato di necessità – come era stato per l’Egitto, che voleva la restituzione del Sinai, e per la Giordania, che all’indomani degli accordi di Oslo aveva preso atto che non esistevano più le condizioni per il ritorno della sua sovranità in Cisgiordania – ma per una scelta lungamente meditata.

    Anche in seguito al raggiungimento di questi accordi è sempre meno accettabile il permanere di atteggiamenti di radicale avversità, se non proprio di odio, come è detto nel titolo del libro, ancora presenti nel mondo islamico ma anche nel mondo occidentale.

    Connessa a questo aspetto è la battaglia che l’Associazione Italia-Israele di Firenze – insieme a tutte le altre simili Associazioni di tutta Italia – sta conducendo perché il Governo italiano adotti la definizione di antisemitismo approvata dall’International Olocaust Remembrance Alliance (IHRA). Degli undici esempi contenuti nel testo dell’IHRA, infatti, ben cinque si riferiscono proprio all’odio contro Israele, a riprova che, purtroppo, accanto alle tradizionali forme di antisemitismo è andata crescendo una nuova forma che ha al suo centro il rifiuto di riconoscere al popolo ebraico il diritto di avere un suo proprio Stato.

    Voglio ringraziare la Presidente dell’UCEI Noemi Di Segni e il direttore di Moked-Pagine Ebraiche 24 Guido Vitale. Ringrazio anche il direttore della Voce Repubblicana Bepi Pezzulli e quello del Riformista Piero Sansonetti. Un ringraziamento particolare va a Claudio Vercelli: la densità della sua prefazione è stata per me lo stimolo per ulteriori riflessioni.

    Come ho già scritto in occasione della pubblicazione del precedente volume, esso nasce nell’ambito dell’attività dell’Associazione Italia-Israele di Firenze e per questo voglio ringraziare tutti i soci; mi sia consentito un ringraziamento particolare a Gigliola Sacerdoti Mariani dalla quale ho sempre ricevuto una affettuosa vicinanza e preziosi consigli. Un ringraziamento anche all’editore Aldo Ferrucci, che anche in questa occasione mi ha dimostrato la sua disponibilità. Infine un ringraziamento a mia moglie Luidiana che ha avuto la pazienza di leggere i miei articoli prima della pubblicazione e mi ha aiutato a migliorarli.

    V. B.

    Sogno e realtà dello Stato ebraico

    Pubblicato in Idee il 02/01/2020 - 5780 טבת 5

    Mi è capitato più di una volta di citare l’opera di Michael Brenner, Israele. Sogno e realtà dello Stato ebraico (Donzelli, Roma, 2018) perché questo lavoro si differenzia sensibilmente da altre storie dello Stato d’Israele, magari serie ed approfondite ma caratterizzate un po’ tutte, quali più quali meno, da una specie di provvidenzialismo, che fa sì che la storia dello Stato ebraico appaia segnata da una sorta di necessità; non che non vengano messe in evidenza le difficoltà e i pericoli che il movimento sionista prima e poi lo Stato d’Israele hanno attraversato. Ma in genere si ha l’impressione, leggendo queste storie, che, una volta celebrato il congresso di Basilea, l’esito successivo non poteva non essere quello che è stato. Il lavoro di Brenner è, al contrario, caratterizzato da una forte carica problematica. Non si tratta di una problematicità di principio, una sorta di scetticismo di fondo sulla vicenda stessa del sionismo, prima e dopo la fondazione dello Stato. È piuttosto un atteggiamento di metodo, l’atteggiamento dello storico che sa che, ad ogni passo, la storia ha imboccato una certa direzione ma che esistevano ed esistono sempre altre direzioni possibili, e che quelle strade non siano state imboccate niente toglie al fatto che, in quella fase storica, esse fossero presenti ed avessero una loro forza.

    Non si tratta solo di mettere in evidenza le grandi difficoltà che il progetto sionista incontrò nel mondo ebraico prima di riuscire ad essere maggioritario. Brenner mette efficacemente in evidenza come, all’interno stesso del sionismo, fin dall’inizio fossero presenti più opzioni, non riducibili esclusivamente al contrasto che si determinò con la nascita del sionismo revisionista di Ze’ev Jabotinsky. Brenner sottolinea che questa possibile pluralità di opzioni si mantenne anche dopo la nascita dello Stato e si accentuò con la guerra dei Sei giorni che pose lo Stato ebraico di fronte a problemi nuovi: non si trattò più soltanto di affermare la necessità dello Stato, ma di definire che cos’è questo Stato, quali sono i suoi confini, quale la sua missione. Questa problematicità si accentua nel penultimo capitolo, in particolare nei due paragrafi Israele all’estero e Israele immaginato, che approfondiscono due aspetti di solito trascurati. Il primo è l’esistenza, crescente, di presenze israeliane (e non solo ebraiche) fuori d’Israele, in particolare in luoghi impensabili fino a non molti anni fa, come Berlino, dove si è formata una rilevante colonia israeliana che ha una sua funzione nella vita culturale ed economica della capitale tedesca. Non è il solo caso, Brenner ne indica altri, ma la sua apparente paradossalità ne accentua l’interesse.

    L’altro paragrafo di particolare interesse è costituito da Israele immaginato. Non si tratta tanto d’indicare soluzioni alternative all’insediamento ebraico in Terra d’Israele: di queste possibili opzioni, di cui si era parlato prima della fondazione dello Stato, Brenner ha parlato nel corso dei capitoli precedenti. Ora, invece, lo storico tedesco espone ed analizza una serie di ipotesi, di origine letteraria, che propongono un insediamento ebraico in luoghi diversi da quello nel quale si è storicamente affermato. Si tratta di un’ampia rassegna, di cui in questa sede si possono citare soltanto alcuni casi tra i più noti, come Neuland di Eshkol Nevo, che ha immaginato un nuovo Israele organizzato sulla base dei principi sionistici e collocato in Sudamerica; oppure la fantasia di Michael Chabon che, partendo da

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