Maledette bellissime bugie
Di Kendall Ryan
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Info su questo ebook
Un’autrice da oltre 1.500.000 copie
Colton Drake ha accettato di pagare un milione di dollari per Sophie senza battere ciglio. In fondo, pensa, è uno scambio equo. Anche se a letto non è mai stato né delicato né paziente, Colton ama le sfide, e giocare con Sophie potrebbe rivelarsi persino più eccitante del previsto. Sophie Evans non aveva altra scelta. La vita di sua sorella era in pericolo e per salvarla servivano soldi. Tanti, sporchi e maledetti soldi. Così ha accettato la proposta indecente di un esclusivo club per gentiluomini: mettere all’asta la propria verginità. Di certo non si aspettava che l’incontro con l’affascinante Colton Drake potesse regalarle un brivido inaspettato. E di colpo, la sua rabbia e la sua determinazione vacillano…
Dall’autrice bestseller Kendall Ryan, un peccaminoso e seducente romanzo di formazione, in cui tutto ha un costo ma l’amore ha il prezzo più alto.
Kendall Ryan
è autrice di un gran numero di romanzi bestseller negli Stati Uniti. I suoi libri hanno dominato le classifiche di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal», hanno venduto più di un milione e mezzo di copie in tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Maledette bellissime bugie - Kendall Ryan
Capitolo uno
Sophie
Valgo circa duecentocinquantamila dollari, e forse anche di più, considerato che sono ancora vergine; così mi è stato detto. Quei soldi sono questione di vita o di morte per la mia gemella: non è soltanto una sorella per me, ma anche una grande amica, la migliore. Grazie a quella somma, mia sorella potrà partecipare al programma di terapia sperimentale per le persone affette da cancro alle ovaie in stadio avanzato. Abbiamo ventun anni: in pratica dobbiamo ancora cominciare a vivere. Quando, a diciannove anni, le hanno diagnosticato il cancro e le hanno fatto l’isterectomia, le ho promesso che un giorno le avrei prestato il mio utero per far nascere i suoi figli; e non ho nessuna intenzione di infrangere quella promessa. Se non agisco in fretta però, le resteranno solo pochi mesi di vita. Ed ecco perché, in questo momento, indosso soltanto un paio di mutandine e mi sto dando la terza passata di mascara in uno spogliatoio mezzo buio.
Ho scoperto l’esistenza di questo posto per puro caso. Fino a un paio di settimane fa, non avrei mai creduto che potessero esistere luoghi simili. Stavo facendo una ricerca su internet per trovare un modo per rimediare soldi: qualsiasi cosa per racimolare i trecentomila dollari che ci servivano. I miei genitori avevano già dato fondo a tutti i loro risparmi, perciò dipendeva solo da me. Nessun lavoro normale mi avrebbe assicurato un tale guadagno: con il mio curriculum, tra l’altro, al massimo potevo aspirare a fare la cameriera al minimo salariale. È stato a quel punto che ho iniziato a scoprire cose più interessanti.
Ho fatto un colloquio in uno strip club. Mi sono dovuta spogliare davanti al proprietario del locale per dimostrargli le mie inesistenti doti di ballerina. Poi, come se non bastasse, quando mi ha chiesto quanti soldi speravo di guadagnare, mi ha riso in faccia quando gli ho sparato quella cifra esorbitante; e allora ha concluso che potevo rivestirmi. Con le mie scarsissime doti di showgirl non sarei mai riuscita a guadagnare tutti quei soldi, soprattutto in una piccola cittadina nel nord della California come la mia.
Il tipo si è accorto che mi erano venuti gli occhi lucidi e mi ha domandato a cosa mi servissero tutti quei soldi, così gli ho raccontato la mia triste storia. Dopo essermi rivestita, mi ha accompagnato nel suo ufficio e mi ha fatto promettere solennemente che ciò che stava per dirmi non sarebbe mai uscito da quelle mura. Da come si guardava intorno circospetto, ho intuito che si trattava di qualcosa di illegale, ma non m’importava. Fino a quel momento non avevo mai nemmeno bruciato un semaforo rosso, ma adesso ero disposta a tutto: avrei fatto qualsiasi cosa per salvare Becca. Allora gli ho promesso che avrei mantenuto il segreto. Mi ha chiesto se ne fossi davvero sicura e mi ha avvertito che la sua proposta non mi sarebbe piaciuta. E così sono venuta a sapere dell’asta.
Bill, il proprietario dello strip club, è riuscito a infilarmi tra le offerte di stasera, in cambio del dieci percento del mio guadagno. A quel punto sono andata da un medico che, oltre a sottopormi a un test di gravidanza e ad alcuni esami per controllare che non avessi malattie sessualmente trasmissibili, ha anche verificato la mia verginità. Poi Bill mi ha fissato un appuntamento in un centro estetico per una ceretta integrale, un nuovo taglio di capelli (con tanto di colpi di sole color caramello sul mio castano scuro), manicure e pedicure. Se per caso non riuscissi a farmi comprare, mi toccherà comunque restituirgli i soldi che ha anticipato per il mio restyling. Bill però mi ha assicurato che le vergini sono molto rare: una ragazza bella e naturale come me di sicuro si aggiudicherà un ottimo prezzo. Spero solo di riuscire a mantenere i nervi saldi. Da ieri sera non tocco cibo e ho già i conati di vomito.
Sento bussare alla porta: è Bill che sbircia dentro. Mi copro subito il seno con le braccia, poi mi rendo conto che è del tutto inutile e mi scappa una risatina isterica. Tra poco dovrò andare in una sala piena zeppa di uomini e dovrò offrire il mio corpo a uno di loro, ma voglio comunque salvaguardare la mia innocenza finché è ancora possibile. Bill mi osserva perplesso. «Sei pronta?».
Mi guardo allo specchio un’ultima volta e faccio un bel respiro. Abbasso lo sguardo sulle mie gambe toniche, merito delle infinite ore di corsa – la mia unica distrazione dallo stress – poi sulla pancia, un po’ più morbida di quanto vorrei, e infine sui seni, che quando mi muovo sobbalzano lievemente. Gli occhi che mi guardano dallo specchio sono più duri adesso. Bene. Devo essere dura per sopravvivere ai prossimi sei mesi.
Fino a poco tempo fa non lo conoscevo nemmeno questo mondo, e adesso sto per entrarci. Lo faccio per Becca, mi ripeto. Chiamando a raccolta tutta la mia volontà, abbasso le braccia e annuisco. «Sono pronta».
Bill mi squadra dalla testa ai piedi, fortunatamente senza malizia. «Stai benissimo. Sei molto naturale. Dovrebbe giocare a tuo favore», commenta, mentre mi accompagna fuori dallo spogliatoio.
Capisco cosa intende solo quando arriviamo in corridoio. Le altre donne che incontriamo – alcune poco più che ventenni, altre vicine ai quaranta – sembrano delle spogliarelliste: capelli cotonati e trucco pesante, rossetto rosso, calze a rete e vertiginosi tacchi a spillo. Portano tutte il perizoma. Mi avevano spiegato che avrei potuto indossare solamente un paio di mutandine, perciò ho scelto le più semplici che avessi: culottes azzurre, bordate di pizzo. Sono graziose e femminili, ma anche comode. Non ho proprio pensato di dover apparire più sexy. Mi si annoda lo stomaco. E se non mi vuole nessuno? Sarà stata tutta fatica sprecata, e dovrò anche restituire a Bill i soldi spesi in quel costosissimo salone di bellezza. Camminare scalza sul pavimento di marmo mi fa venire la pelle d’oca, e i miei capezzoli si trasformano in due puntini rigidi. Mi riallaccio le braccia sul petto nascondendo il seno.
Sarò anche meno nuda delle altre donne, però mi sento molto più esposta. È come essere sotto una lente d’ingrandimento, come se gli occhi di tutto il mondo fossero puntati su di me. Sono normale, non mi sono trasformata in una versione più sensuale di me stessa: una versione che avrei potuto tranquillamente gettare in pasto agli uomini di là della porta. Di colpo, mi rendo conto che non voglio mostrare la vera me. Forse dovevo truccarmi in modo più pesante, magari indossare una parrucca biondo platino e i lustrini sui capezzoli. Potevo essere chiunque desiderassero quegli uomini. E invece sono semplicemente io, Sophie, e in un certo senso ciò mi sembra molto più pericoloso. Non posso permettere all’uomo che mi comprerà di leggermi dentro. Lui paga per il mio corpo, non per la vera me. Devo tenerlo bene in mente.
Quando arriviamo davanti a una porta di metallo, sono assalita dal panico e mi si stringe la gola, la bile minaccia di risalirmi lungo l’esofago. Inspiro profondamente dal naso e apro la bocca per annunciare a Bill che ho cambiato idea, ma lui allunga la mano e abbassa la maniglia.
La porta si apre su un’ampia sala avvolta nella penombra. L’unico fascio di luce proviene da una lampadina appesa sopra una specie di pedana collocata al centro della stanza. Gli uomini sono seduti su alcuni divanetti davanti al piccolo palco rotondo, i volti indistinguibili nel buio, e probabilmente l’intenzione è proprio questa: l’anonimato è fondamentale; e a garantirlo sono i soldi che questi tizi sborseranno stasera.
Bill mi spinge delicatamente in avanti e mi sussurra qualche parola di incoraggiamento, ma il sangue che mi rimbomba nelle orecchie mi impedisce di coglierne il senso.
Comincio a muovere i piedi per la sala tenendo le braccia saldamente intrecciate sul petto. Mentre mi avvicino al palco, sento l’odore pungente del fumo di un sigaro. Mi tremano le ginocchia, ma cerco di farmi coraggio e seguo la scia di luce della lampadina tenendo gli occhi bassi.
Alla fine salgo sulla pedana e mi volto verso lo sparuto gruppo di uomini. Continuo a fissare il pavimento e così mi rendo conto che non sarei mai riuscita a ballare e a spogliarmi davanti a un’intera platea: ho il fiato corto, anche se sono immobile. Non posso arrendermi, non posso voltarmi e fuggire: se sono qui, è solo per salvare Becca.
Su un lato della sala c’è un uomo: è praticamente invisibile nella semioscurità e si schiarisce la gola. «Dulcis in fundo, vi presento la nona e ultima ragazza di oggi. Credetemi, signori: è il pezzo forte della serata. Casta e pura, vergine al cento percento, e pronta a sottoscrivere l’accordo per sei mesi. Chi vuole fare la prima offerta?».
Per alcuni istanti cala uno strano silenzio.
«Togliti le mani dalle tette, tesoro», mi ordina uno dei partecipanti.
Alzo lo sguardo verso il punto da cui proviene la voce, ma non mi muovo. Provo un impeto di ribellione di cui non mi credevo capace: non appartengo ancora a nessuno di questi uomini. Non è stata avanzata nessuna offerta. Sono ancora io l’unica padrona del mio destino.
Sposto il peso del corpo da una gamba all’altra perché mi si sta addormentando un piede e mi stringo le braccia intorno al petto con più decisione. Ho il cuore che batte all’impazzata e le ascelle imperlate di sudore nonostante il freddo in sala. Posso farcela. Devo farcela.
«Duecento». È l’uomo che mi ha ordinato di scoprirmi a fare la prima offerta. Mi auguro che intenda duecentomila, non duecento dollari. Non mi ero prefissata una soglia minima, ma non ho nessuna intenzione di andare a letto con un vecchio depravato per una miseria. Bill però mi ha assicurato un minimo di sei cifre, quindi posso stare tranquilla da questo punto di vista.
«Due e cinquanta», ribatte un’altra voce. Sembra più giovane, e ha un leggero accento spagnolo.
«Trecento», gracchia una terza voce.
In men che non si dica il prezzo schizza a cinquecentosettantacinque, facendomi girare la testa. Devo scendere da questa pedana prima di svenire o vomitare, o fare qualcosa di altrettanto tremendo… come per esempio andare a casa con uno di questi maniaci.
Sii forte, Soph.
«Seicentomila», rilancia l’ammiratore delle mie tette. Non voglio andare con quell’uomo. Considerata la mia fortuna, come prima cosa mi punirebbe per non avergli obbedito.
«Ma quanto è avido… Se n’è già accaparrata una e adesso vuole anche questa», commenta il presentatore sghignazzando.
A quanto pare, l’uomo che sta facendo lievitare le offerte ha già acquistato un’altra ragazza. Forse vi sembrerò all’antica, ma ero convinta che questo tipo di accordo prevedesse una sola schiava. Pensavo di dovermi preparare a un’esperienza a due: un uomo e una donna. L’idea di perdere la verginità in questo modo è già abbastanza spaventosa, non voglio essere costretta a partecipare a un’orgia o a un ménage à trois. Per me è intollerabile pensare che questo tizio possa comprarci come due oggetti e costringerci ad avere rapporti fra noi, oltreché con lui. È come saltare dalla padella alla brace.
Punto lo sguardo verso il centro della sala, dove si trova l’unico uomo che non ha ancora aperto bocca. Accavalla una gamba, poggiando la caviglia sul ginocchio opposto, e si adagia sullo schienale; il viso nascosto nell’ombra. Il suo atteggiamento freddo e distaccato accende il mio interesse. C’è una sala piena di uomini disposti a sborsare cifre da capogiro per la mia verginità, e a