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Incontri possibili con il naso all'insù
Incontri possibili con il naso all'insù
Incontri possibili con il naso all'insù
E-book84 pagine56 minuti

Incontri possibili con il naso all'insù

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Info su questo ebook

Kari Larsen è una giovane donna da sempre irrequieta, lascia il lavoro e parte in cerca di libertà portandosi dietro il suo malessere e la sua inadeguatezza.

Affronta le sue paure in un continuo turbine di emozioni, scopre la semplicità, il calore del sole e il fuoco della passione, non sa che quel viaggio è scritto nel suo destino.

Una favola mai letta e un segreto svelato le indicheranno il pezzo mancante.
LinguaItaliano
Data di uscita12 giu 2020
ISBN9788831679176
Incontri possibili con il naso all'insù

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    Anteprima del libro

    Incontri possibili con il naso all'insù - Ylenia Paternostro

    stra­da

    1

    L’ AN­NUN­CIO

    Apri­re la fi­ne­stra sul la­go di Mjø­sa, am­mi­rar­lo sot­to la piog­gia con il fred­do sul­la fac­cia, que­sto il pri­mo ge­sto di Ka­ri in una del­le tan­te mat­ti­ne nor­ve­ge­si.

    Da tre an­ni si era tra­sfe­ri­ta nel­la pic­co­la cit­ta­di­na di Gjø­vik, ed ave­va af­fit­ta­to quel­la ca­sa di le­gno in ri­va la­go. Ama­va la pa­ce, la na­tu­ra, lo sport e spes­so si con­ce­de­va un’usci­ta in ka­yak su quel­lo spec­chio d’ac­qua, il più gran­de del­la Nor­ve­gia.

    Re­spi­ra­va a pie­ni pol­mo­ni men­tre al­le­na­va i mu­sco­li del­le brac­cia, ro­tea­ta da col­li­ne e tor­ren­ti. Quel­lo che ap­prez­za­va di quel luo­go era il si­len­zio, un si­len­zio che le era ser­vi­to mol­to, ma che non si sa­reb­be mai im­ma­gi­na­ta le avreb­be ri­ve­la­to tan­to.

    Apri­re un ne­go­ziet­to di sou­ve­nir per tu­ri­sti in quel­la cit­ta­di­na di­stan­te cen­to­tren­ta chi­lo­me­tri da Oslo era sta­ta una sua scel­ta, il pa­dre Her­man avreb­be spe­ra­to ben al­tro per lei.

    Avreb­be do­vu­to stu­dia­re me­di­ci­na, se­gui­re le sue or­me, ed ogni vol­ta che si in­con­tra­va­no di­mo­stra­va chia­ra­men­te la sua po­si­zio­ne.

    Quan­do Ka­ri an­da­va a pran­zo dai suoi ge­ni­to­ri, il pa­dre Her­man Lar­sen, me­di­co spe­cia­liz­za­to in mi­cro­chi­rur­gia ri­co­strut­ti­va, non fa­ce­va al­tro che par­la­re dei suoi suc­ces­si, dell’ul­ti­ma chi­rur­gia, di co­me ave­va re­cu­pe­ra­to la ma­no di un ra­gaz­zo ar­ri­va­to la not­te pri­ma al pron­to soc­cor­so e la­scia­va po­co spa­zio al re­sto.

    An­che quel gior­no le co­se an­da­ro­no co­me di con­sue­to, so­lo il pro­fu­mo del få­ri­kål fu­man­te nei piat­ti era più for­te dell’ego di Her­man.

    Ka­ri non sta­va ascol­tan­do, ave­vo ini­zia­to pie­na di vo­lon­tà, ma pian pia­no pun­tual­men­te le pa­ro­le del pa­dre le suo­na­va­no sem­pre più ovat­ta­te e di­stan­ti, so­lo do­po cin­que mu­ni­ti non le sen­ti­va più, non le in­te­res­sa­va­no, que­sta era la ve­ri­tà, era lo stes­so mo­no­lo­go che si ri­pe­te­va per la mi­lio­ne­si­ma vol­ta.

    Il få­ri­kål in­ve­ce era tutt’al­tra co­sa, una del­le spe­cia­li­tà cu­li­na­rie che riu­sci­va me­glio a sua ma­dre He­li­se. Era un piat­to pret­ta­men­te au­tun­na­le, ma He­li­se ama­va pro­por­lo in qua­lun­que sta­gio­ne, era il pre­fe­ri­to di sua fi­glia, e lei, lo uti­liz­za­va co­me ben­ve­nu­to.

    Ka­ri rin­gra­zia­va in­gur­gi­tan­do gros­si pez­zi d’agnel­lo mi­sto a ca­vo­li.

    De­li­zio­sa He­li­se, in­cre­di­bil­men­te bel­la, sem­pre pron­ta ad ap­pog­gia­re Ka­ri, si tra­sci­na­va in quel pe­san­te ma­tri­mo­nio da tem­po, ma a guar­dar­la sem­bra­va fre­sca, il suo vi­so non di­mo­stra­va i suoi an­ni, fre­sca for­se per­ché ave­va im­pa­ra­to a far­si sci­vo­la­re tut­to so­pra.

    Ka­ri non si sen­ti­va par­te di quel­la fa­mi­glia, non ave­va mai sen­ti­to nes­su­na af­fi­ni­tà con i suoi ge­ni­to­ri, for­se por­ta­va in sé i ge­ni di al­tre due per­so­ne che non era­no cer­to quel­le se­du­te al ta­vo­lo ac­can­to a lei.

    La di­ver­ti­va l’idea di po­ter es­se­re il frut­to di un espe­ri­men­to in vi­tro, for­se un alie­no in­te­res­sa­to a co­lo­niz­za­re la ter­ra, in que­sta ma­nie­ra, si sa­reb­be­ro spie­ga­te le sue non so­mi­glian­ze.

    Lei, af­fet­ta da al­bi­ni­smo, oc­chi gri­gio blu, pel­le bian­ca co­me la por­cel­la­na e na­so a pa­ta­ta, co­sa c’en­tra­va con i li­nea­men­ti per­fet­ti qua­si re­ga­li di sua ma­dre? Co­sa c’en­tra­va con il na­so cur­vo di suo pa­dre?

    Qual­che me­se pri­ma ave­va let­to un ar­ti­co­lo sul­la rein­car­na­zio­ne, an­che quel­la sa­reb­be sta­ta una spie­ga­zio­ne plau­si­bi­le.

    For­se, in quel cor­po e in quel­la ca­sa c’era ca­pi­ta­ta per ca­so, mes­sa lì per­ché prov­ve­des­se­ro al­la sua ali­men­ta­zio­ne e al­la sua istru­zio­ne, ma sen­ti­va den­tro lo scal­pi­ta­re di al­tri de­si­de­ri, di al­tre emo­zio­ni. For­se era il ri­cor­do e la no­stal­gia di sen­sa­zio­ni ed abi­tu­di­ni di al­tre vi­te pas­sa­te, al­tre la­ti­tu­di­ni, al­tre tem­pe­ra­tu­re.

    Le ron­za­va­no in te­sta que­sti pen­sie­ri, quan­do ar­ri­vò il dol­ce.

    La boc­ca di Her­man era im­pe­gna­ta con un cuc­chia­io pie­no di pan­na mon­ta­ta, quan­do Ka­ri ap­pro­fit­tò a fa­re il suo an­nun­cio Mam­ma, pa­pà chiu­de­rò il ne­go­zio!

    Un col­po di tos­se di He­li­se an­ti­ci­pò la sua vo­ce in­cre­du­la Spe­ro che tu ab­bia va­lu­ta­to be­ne, sai quan­to ti è co­sta­to av­via­re que­sta at­ti­vi­tà, mol­la­re tut­to ora, per­ché?

    Ka­ri non ri­spo­se, sa­pe­va di non es­se­re sta­ta una per­so­na de­ter­mi­na­ta, an­che nel per­se­gui­re le sue pas­sio­ni era sta­ta sco­stan­te.

    Ave­va ini­zia­to a fre­quen­ta­re un cor­so di per­cus­sio­ni, per poi ac­cor­ger­si che non era nel­le sue no­te, lo stes­so ac­cad­de con il cor­so di pit­tu­ra, ed an­co­ra con la re­ci­ta­zio­ne.

    Per l’in­di­riz­zo sco­la­sti­co era sta­ta la stes­sa sto­ria, dal­la scuo­la d’ar­te al lin­gui­sti­co, ed ades­so que­sta no­vi­tà, He­li­se do­ve­va pen­sa­re ad un al­tro col­po di te­sta.

    Her­man sbot­tò Ven­ti­set­te an­ni ed an­co­ra con que­ste stu­pi­dag­gi­ni, non hai an­co­ra im­pa­ra­to a por­ta­re avan­ti i tuoi pro­get­ti! De­vi por­ti de­gli ob­biet­ti­vi, non puoi al­zar­ti la mat­ti­na e pen­sa­re di fa­re la pri­ma co­sa che ti pas­sa per la te­sta. Ab­bia­mo sba­glia­to tut­to He­li­se, ab­bia­mo sba­glia­to tut­to, è col­pa no­stra, e tu l’hai sem­pre ap­pog­gia­ta. Per og­gi ne ho sen­ti­te ab­ba­stan­za.

    Si al­zò e si ti­rò die­tro la por­ta del­la stan­za di let­tu­ra.

    Ka­ri de­ci­se di pren­de­re il pri­mo tre­no e rien­tra­re a ca­sa, era­no so­lo le tre del

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