Laura e il milionario: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Constantine Karantinos è la quintessenza dell'uomo greco e, quando scopre di avere un erede, è disposto a tutto pur di portarlo a vivere con sé. Sulle prime non riesce a ricordare di avere avuto una relazione con Laura, la madre del piccolo, ma poi quegli occhi del colore del mare in tempesta diradano la nebbia nella sua mente. Laura e suo figlio torneranno in Grecia con lui, quella è l'unica cosa da fare. La ragazza, però, dimostra fin da subito molto più carattere di quanto lui sospettasse, e soprattutto molto più ardore di quanto le apparenze suggeriscano.
Sharon Kendrick
Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.
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Anteprima del libro
Laura e il milionario - Sharon Kendrick
1
Laura sobbalzò, sentendo quel nome alla radio. Non aveva tempo da sprecare leggendo i giornali così, per tenersi informata, ascoltava il giornale radio ogni mattina. Di solito seguiva le notizie finanziarie con un orecchio solo, per niente interessata all’argomento.
Ma Karantinos non era un nome comune. Ed era greco. Ogni accenno a quella antica terra le faceva saltare i nervi, per ovvi motivi.
Stava cospargendo i semi di papavero sul pane da infornare quando rimase pietrificata, con la mano a mezz’aria.
Il milionario greco Constantine Karantinos ha annunciato che la compagnia di navigazione della sua famiglia, ha segnato dei profitti record nella prima parte dell’anno, recitò la voce impersonale dello speaker. Karantinos, noto playboy, è attualmente a Londra e voci bene informate dicono che nel corso del party che offrirà al Granchester Hotel, intende annunciare il suo fidanzamento con la top model svedese, Ingrid Johansson.
Laura si aggrappò al bordo del tavolo, per non cadere. Il battito forte del suo cuore era incostante, doloroso. Aveva conservato nel cuore l’immagine di Constantine com’era quando lo aveva incontrato, come se il tempo si fosse fermato. Il ricordo agrodolce di un uomo che la faceva ancora soffrire. Ma il tempo non si fermava per nessuno, tanto meno per lei e questo Laura lo sapeva meglio di chiunque altro.
Che cosa si era aspettata? Che un uomo come Constantine rimanesse single per sempre? Con quel suo fascino oscuro, il fisico da atleta e il viso perfetto di un angelo caduto? C’era solo da sorprendersi che non fosse accaduto prima.
Sentì dei movimenti al piano superiore, si tolse il grembiule e affrontò la solita routine della mattina come un automa, con il cuore in subbuglio. Finì di pulire la cucina prima di salire a svegliare suo figlio.
Riteneva una vera fortuna vivere nell’appartamento sopra il negozio e anche se gestire un piccolo forno non era stata la più grande ambizione della sua vita le consentiva di sopravvivere, magari accettando qualche lavoro occasionale come cameriera. La cosa più importante era assicurare un tetto sulla testa a suo figlio, che per Laura era il centro dell’universo.
Sua sorella Sarah emerse da una delle tre piccole camere da letto, passandosi le mani tra i folti capelli neri che contrastavano con i suoi, biondi e fini.
«Buongiorno, Laura» bofonchiò Sarah, assonnata. Ma non appena notò l’espressione della sorella, si svegliò di colpo. «Che diavolo succede? Non dirmi che il forno ha ricominciato a fare i capricci...»
Laura scosse la testa in silenzio e fece un cenno verso la camera di suo figlio. «È sveglio?»
«Non ancora» rispose Sarah.
Laura sbirciò l’orologio sulla parete. Era lui a governare la sua vita. Poteva lasciar dormire Alex per altri dieci minuti, prima di svegliarlo e portarlo a scuola. Afferrò Sarah per una manica e la trascinò nel minuscolo soggiorno che si affacciava sulla strada principale del villaggio. Si chiuse la porta alle spalle poi si voltò tremando verso sua sorella. «Constantine Karantinos è a Londra» la informò. Le parole sembravano frammenti di vetro.
Sarah alzò le spalle. «E...?»
Laura si strinse le mani per impedire che tremassero. «Darà un party.» Deglutì. «Dicono che annuncerà il suo fidanzamento con una top model svedese.»
Sarah alzò di nuovo le spalle. «Che vuoi che dica? Che è una sorpresa?»
«No... ma io...»
«Ma cosa, Laura?» le domandò Sarah con impazienza. «Tu non riesci ad accettare l’idea che sia un grandissimo bastardo, senza un grammo di coscienza. Ti ha portata a letto senza farsi tanti problemi e poi se ne è lavato le mani.»
«Lui...»
«Lui cosa...? Ha rifiutato di vederti! Ti è stato impossibile farti ricevere dal grand’uomo, nonostante tutti i tuoi tentativi. Non ti ha mai risposto al telefono! Andavi bene a letto, ma non abbastanza bene come madre di suo figlio?»
Laura guardò la porta, angosciata. Temeva che suo figlio si fosse svegliato, senza il tenero incoraggiamento della mamma o della zia. Aveva sette anni, era entrato in quell’età in cui i bambini diventano curiosi e fanno domande... Domande alle quali Laura non avrebbe saputo rispondere.
«Ssh...! Non voglio che Alex ti senta.»
«Perché no? Perché non dovrebbe sapere che suo padre è uno degli uomini più ricchi della terra, mentre sua madre si deve spaccare le ossa in un panificio per mantenerlo?»
«Io non voglio che...» le mancarono le parole. Cosa non voleva, veramente? Laura si fermò a riflettere. Non voleva ferire Alex perché il compito principale di una madre era quello di proteggere il proprio figlio? Negli ultimi mesi quel compito era stato sempre più difficile. Solo qualche settimana prima, era tornato a casa con un brutto livido sull’occhio. Quando gli aveva chiesto cosa fosse successo, Alex aveva borbottato qualche parola confusa e si era messo sulla difensiva. Visto che non aveva cavato un ragno dal buco, Laura era andata a parlare con la direttrice e aveva scoperto che Alex era rimasto coinvolto in una zuffa con alcuni compagni, durante la ricreazione.
Sapere la causa della zuffa l’aveva ferita a morte. La direttrice aveva ammesso che il bambino veniva spesso preso di mira dai maschi per il suo aspetto, così diverso. Aveva i ricci neri, la pelle olivastra, sovrastava i compagni di classe di una buona spanna e tutte le bimbe della scuola gli scodinzolavano intorno come cuccioli adoranti. Tale padre, tale figlio, aveva pensato Laura con un sospiro.
Era tornata a casa tormentata da tante emozioni contrastanti. Avrebbe voluto chiedere a suo figlio perché non avesse reagito, ma sarebbe andata contro tutto ciò che gli aveva insegnato. Gli aveva spiegato che era meglio usare la ragione anziché i pugni. Avrebbe voluto ritirarlo da quella scuola, ma non aveva alternative. L’altra scuola pubblica della zona si trovava nella città vicina. Lei non aveva la macchina e i mezzi di trasporto lasciavano molto a desiderare.
Da quel giorno, suo figlio le aveva chiesto almeno venti volte perché sembrava così diverso dagli altri bambini. Era un bambino intelligente, sveglio, e presto non si sarebbe più accontentato delle sue vaghe informazioni su un padre che non aveva mai conosciuto. Se Constantine avesse accettato di parlarle quando aveva provato a farlo... Laura avrebbe voluto solo che riconoscesse suo figlio, che passasse un po’ di tempo con lui. Avrebbe voluto che suo figlio sapesse qualcosa delle sue origini.
Era distratta mentre dava la colazione ad Alex e durante il breve tragitto fino alla scuola. Anche se le vacanze estive si stavano avvicinando, sembrava che non finisse mai di piovere. Una pioggia sottile e incessante che le penetrava nelle ossa. Rabbrividì e cercò di mostrarsi allegra, ignorando il macigno che sentiva sulla bocca dello stomaco.
Alex la guardò con gli occhioni neri spalancati e si accigliò. «Cos’hai, mamma?»
Tuo padre sta per sposare un’altra e insieme metteranno su famiglia. A quel pensiero si sentì trafiggere da una stilettata di gelosia irrazionale. Si abbassò verso suo figlio e nel salutarlo lo abbracciò forte.
«Niente, va tutto bene, tesoro.» Gli rivolse un sorriso rassicurante e lo guardò correre verso l’ingresso, pregando che la recente predica della preside sul bullismo facesse desistere i piccoli selvaggi che lo avevano preso di mira.
Era persa nei suoi pensieri mentre camminava verso il negozio. Quando arrivò appese il giaccone umido nel piccolo retrobottega e fece una smorfia fissando il suo viso pallido, nello specchio appeso sulla porta. Gli occhi grigi sembravano turbati, e i capelli fini aderivano alla testa come una calotta davvero poco attraente. Li spazzolò e li raccolse sulla nuca.
Si allacciò la cuffia di cotone bianco, ancora scossa ed entrò in negozio dove sua sorella stava accendendo le luci. Mancavano cinque minuti all’apertura e al primo quotidiano assalto di chi voleva comprare le focacce e il pane appena sfornato. Laura sapeva di essere fortunata ad avere quell’attività, ma soprattutto di poter sempre contare su sua sorella, che amava Alex tanto quanto lo amava lei.
Le due ragazze erano rimaste orfane quando Sarah andava ancora a scuola. La madre, vedova era morta all’improvviso, in silenzio, nel mezzo di una terribile notte. Laura era stata costretta a mettere da parte tutti i suoi progetti e il suo sogno di viaggiare per il mondo e aveva dovuto cercare una soluzione che consentisse a Sarah di terminare gli studi. Ma il destino era intervenuto poco dopo, crudele e ironico. Laura era rimasta incinta di Alex. I soldi erano davvero pochi. Tutta la loro fortuna era rappresentata dal piccolo forno e dall’appartamento dalle stanzette anguste, dove avevano trascorso la loro infanzia. Avevano sempre aiutato la madre in negozio così Laura aveva deciso di proseguire quella modesta attività, dopo la sommaria ristrutturazione consentita dalle loro finanze. Sarah aveva insistito per studiare part-time, per poterla aiutare con Alex. Fino ad allora il sistema aveva funzionato perfettamente e anche se il negozio non garantiva un gran profitto, erano riuscite a rimanere a galla, accontentandosi di ciò che il villaggio poteva offrire.
Però, di recente Sarah aveva iniziato a parlare con entusiasmo della scuola d’arte a Londra e Laura si era resa conto di quanto avesse contato su di lei e quante rinunce le avesse richiesto. Non poteva continuare a utilizzare sua sorella come babysitter. Sarah amava molto suo nipote, ma aveva bisogno di uscire e di vivere la propria vita. E lei, come sarebbe riuscita a gestire il forno e a essere una madre decente per Alex? E cosa avrebbe potuto dire al suo bambino, che era sempre più curioso di conoscere le sue radici?
Sarah stava dando un’ultima passata al bancone e sollevò il viso quando vide Laura entrare in negozio. «Sembri ancora seccata» osservò.
Laura fissò le focacce e le scatole di dolci fatti in casa, dietro il vetro del banco. «Non sono seccata» rispose. «Ho solo capito che non posso continuare a nascondere la testa sotto la sabbia.»
«Di cosa stai parlando?»
Laura socchiuse le palpebre. Dillo!, pensò. Una volta che lo avrai detto, sarai costretta a farlo... Non si sarebbe fatta fermare dall’esercito di dipendenti che circondava il padre di suo figlio. Era ora di sollevare la testa e combattere per Alex. «Voglio parlare con Constantine e dirgli che ha un figlio.»
Sarah le rivolse uno sguardo intento. «Perché questa decisione, Laura?» le domandò. «Forse perché Constantine si è finalmente fidanzato? Pensi che ti dia un’occhiata, molli la super top model svedese e corra con te verso il tramonto?»
Laura arrossì, sapendo che Sarah aveva parlato con la candida sincerità che si può perdonare solo a una sorella, ma che aveva maledettamente ragione. Doveva liberarsi di ogni romantica fantasia quando si trattava del milionario greco. Se anche l’avesse rivista, Constantine non l’avrebbe degnata di uno sguardo. Aveva ventisei anni ma a volte si sentiva sulle spalle un decennio in più. Anche se il cuore le ardeva ancora per il padre di suo figlio, doveva trovare il modo di spegnere le fiamme.
«Pensi davvero che sia tanto stupida?» ribatté seccata. «Ma lo devo ad Alex. Constantine deve sapere che ha un figlio.»
«Sono d’accordo, ma non dimentichi qualcosa?» rispose Sarah paziente. «L’ultima volta che hai cercato di contattarlo, non hai ottenuto niente. Cos’è cambiato?»
Che cosa era cambiato? Laura si diresse lentamente verso la porta del negozio. Forse aveva capito che il tempo stava per scadere, che quella era la sua ultima possibilità. Forse non era più disposta ad accettare con umiltà, l’arroganza con cui quel greco l’aveva sempre fatta liquidare, rifiutandosi di parlarle. Ma di una cosa era certa. Doveva fare quel tentativo perché era una madre e lo doveva a suo figlio.
«Cos’è cambiato?» Laura ripeté piano le parole di Sarah. «Sono cambiata io. E questa volta riuscirò a incontrarlo. Lo guarderò in faccia e gli dirò di suo figlio.»
«Sì, Laura, andrà proprio così!» esclamò Sarah. «Ti sbatteranno fuori e non arriverai nemmeno a un chilometro da lui!»
Ci fu una pausa. Laura Sentiva il ticchettio dell’orologio da polso ricalcare il battito del suo cuore. «Solo se passassi per le solite vie...» rispose.
Sarah era confusa. «Di che stai parlando?»
Nella mente di Laura si accese una lampadina. La soluzione era ovvia. Ma come aveva fatto a non pensarci prima?
«Ho sentito alla radio che darà un grande