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Intrigo in Giappone (eLit): eLit
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E-book156 pagine2 ore

Intrigo in Giappone (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Una valigia per... il Giappone - Alyssa è in viaggio verso l'isola di Onijima. Vuole restituire un gioiello a Isamu Mori, ex amante della madre, morta quando lei era ancora una bambina. Durante il volo rischia di perdere la vita in un misterioso incidente e viene salvata da John, figlio adottivo di Isamu. Il vecchio è gravemente ammalato, ma capisce subito che il gioiello è un falso e che qualcuno ha invitato Alyssa con uno stratagemma per ucciderla. Chi sta tramando alle sue spalle?
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2016
ISBN9788858962251
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    Anteprima del libro

    Intrigo in Giappone (eLit) - Lee Magner

    successivo.

    1

    Si trattava di un semplice aereo a due motori. Quando all'improvviso si spense anche il secondo motore, nella cabina di pilotaggio cadde un silenzio agghiacciante come la morte.

    Alyssa Jones diede uno strattone alla cintura di sicurezza. Dovremmo trovarci quasi al campo d'atterraggio, pensò con affanno aggrappandosi all'unica speranza che le era rimasta.

    Attraverso il citofono, il pilota comunicò ad alta voce le istruzioni di emergenza e Alyssa le seguì alla lettera. Si era messa a respirare troppo velocemente. La testa le girava in modo vorticoso. Non lasciarti prendere dal panico..., si ammonì. Non lasciarti prendere dal panico...

    Ora, rannicchiata come il pilota le aveva comandato di fare, non udì altro che l'urlo lugubre del vento contro l'apparecchio che aveva cominciato la sua folle corsa verso l'abisso. Nelle orecchie sentiva rimbombare il battito violento del suo cuore. In distanza, invece, soltanto le parole concitate del pilota che informava la base di controllo sulla posizione, sulla velocità allucinante di discesa, sulla vertiginosa perdita di quota.

    Poi si schiantarono contro la superficie del mare.

    Ci fu un boato spaventoso.

    Alyssa avvertì immediatamente un dolore atroce. In tutto il corpo: alla testa, al collo, alle spalle, dentro al petto.

    Espirò. Fu proprio in quel momento, nella sua mente sconvolta, che riaffiorò un incubo infantile. A cinque anni sognava spesso di venire sbalzata dall'altalena e di precipitare dall'alto in una montagna di fango. L'aria cominciava a mancarle e piano piano moriva soffocata...

    Così ora si mise a inspirare a pieni polmoni, catturando più aria che poté, per sopravvivere.

    Si trovò immersa nella più completa oscurità. Forse era già morta?, si domandò a un certo punto completamente smarrita.

    No, non lo era ancora, perché all'improvviso si accorse di essere bagnata.

    Erano le dita dell'oceano a blandirla. Le gelide dita del nord del Pacifico.

    Lottò per rubare altra aria. No, non si sentiva ancora pronta a finire in una tomba di tenebre e piena d'acqua!

    Mai come in quel momento ebbe piena coscienza di come fosse vitale respirare. I suoi polmoni avevano lavorato incessantemente per una vita, senza che lei vi avesse mai prestato attenzione. Quanti eventi così importanti si danno troppo per scontati!

    Benché avvertisse dolori dappertutto, non le sembrava di avere nulla di fratturato. Era però urgentissimo che uscisse di lì... al più presto!

    Si slacciò la cintura di sicurezza. Si guardò attorno. Soltanto la luce d'emergenza, a intermittenza, rischiarava l'interno dell'apparecchio, ormai immerso nel buio più profondo.

    «Capitano Waylon?» si mise a chiamare con voce tremante. «Capitano Waylon? Va tutto bene?»

    Nessuna risposta giunse dalla cabina di guida. Solamente il lieve sciabordio dell'acqua che forzava dall'esterno per entrarvi.

    Su quell'aereo, le uniche due anime erano la sua e quella del capitano. Era stato un volo speciale. La compagnia aerea aveva messo a disposizione di Alyssa quel velivolo dalle piccole dimensioni per farla arrivare all'isola di Onijima. L'assistente di volo si era sentito male per avvelenamento alimentare poche ore prima del decollo. Non c'era stato il tempo per sostituirlo con un altro, ma il tragitto era talmente breve che il capitano aveva deciso di affrontare il viaggio anche da solo.

    Alyssa si aprì un varco lungo il breve corridoio che conduceva fino alla cabina. In pochissimo tempo l'acqua le era giunta alle ginocchia. Si tolse la cintura di cuoio, la fece passare attraverso la maniglia della piccola ventiquattr'ore e infine la indossò nuovamente. Quindi procedette a tastoni per raggiungere la cabina.

    Si sforzò di rimanere calma e concentrata sul da farsi, ma fu tutt'altro che facile: infatti, non udendo il minimo segnale di vita da parte del pilota, le si era raggelato il sangue!

    Si rammentò di una preghiera che aveva imparata da piccola. La ripeté nella sua mente con estremo fervore. D'un tratto, fu come se avesse riguadagnato la fiducia in se stessa e la certezza che ogni difficoltà sarebbe stata superata. La paura era svanita d'incanto! Le sue gambe smisero di tremare. I nervi le tornarono saldi. Continuò ad avanzare nell'acqua e finalmente giunse alla porta della cabina. La aprì con forza.

    «Capitano!»

    L'uomo si trovava riverso sui comandi. Era immobile. L'acqua gli era arrivata all'altezza del viso. Forse non era ancora morto... ma poteva soffocare, se non fosse intervenuta all'istante!

    Alyssa si precipitò su di lui. Lo raddrizzò con cautela, sperando che non avesse la colonna vertebrale fratturata. Quindi allungò una mano sottacqua alla ricerca del sedile e allentò la cintura di sicurezza. La prima operazione era riuscita.

    «Capitano Waylon! Capitano, riesce a sentirmi?» gridò. «Mi aiuti anche lei! È troppo pesante per me! Devo farle indossare il giubbotto di salvataggio. Dove lo posso trovare?»

    Intanto l'aereo si stava inabissando sempre più e a mano a mano che trascorrevano i secondi, l'oceano conquistava il proprio campo. L'acqua adesso le arrivava al petto. Tuttavia, più il livello aumentava, meno faticava a sostenere il corpo inerte dell'uomo. L'acqua stessa lo sosteneva.

    Doveva fare in fretta. Se non fossero morti per annegamento, avrebbero rischiato comunque l'ipotermia. Era perciò indispensabile che uscissero da lì per raggiungere un luogo asciutto. Si augurò che qualcuno avesse avvistato l'aereo fra le acque e avesse avvertito i soccorsi. Invocò di nuovo il buon Dio... Visto che al momento toccava a lei, pregò che le desse tutta la forza necessaria a mettersi in salvo insieme al capitano.

    Finalmente in un cassettino vicino al sedile trovò il giubbotto, anzi, due giubbotti di salvataggio. Con estrema fatica e tenacia lo indossò e in seguito lo fece indossare al pilota. Infine, tirò la cordina e i giubbotti si gonfiarono.

    Appena in tempo! L'acqua li avrebbe travolti se con la forza della disperazione Alyssa non fosse riuscita a uscire dalla cabina trascinando con sé il corpo di Waylon. L'istinto di sopravvivenza faceva compiere miracoli!

    L'aereo subì un'ulteriore inclinazione e questo fece sì che, risalendo lungo il breve corridoio dei posti passeggeri, l'acqua non giungesse allo stesso livello che in cabina. In questo modo Alyssa poté guadagnare altri minuti e raggiungere incolume l'uscita di sicurezza, trasportando il pilota privo di sensi.

    In lontananza le parve di udire il rombo di un motore... Forse erano arrivati i soccorsi!

    Sfinita e intirizzita, Alyssa avvertì a malapena la sensibilità nelle dita. Ancora uno sforzo e sarebbero riusciti a uscire dal velivolo qualche istante prima che si inabissasse definitivamente nell'oceano.

    Con le ultime energie che le erano rimaste, aprì lo sportello laterale e con un ultimo strattone estrasse anche il capitano Waylon.

    «Ha visto, capitano? Ce l'abbiamo fatta!» esultò con voce roca e flebile. Quando però si volse a guardare l'uomo ancora privo di sensi, notò che un rigagnolo di sangue gli defluiva da un orecchio. Lo osservò meglio e si accorse che le labbra erano diventate livide e la pelle bluastra.

    Mio Dio!, esclamò in cuor suo. Ha una lesione alla testa e anche seria! Le si chiuse lo stomaco ma chiuse anche, per quanto poté, i pugni per farsi forza e non cedere al panico. Non adesso!

    «Non si preoccupi, capitano» disse domandandosi se mai riuscisse a udirla. «Al limite sentirà qualche onda infrangersi sul suo viso, ma lei, galleggiando sull'acqua come un tappo di sughero, non affonderà! Quanto all'aereo, be', quello purtroppo sta già affondando...»

    Abbandonò il corpo del capitano, alzò lo sguardo al cielo, chiuse gli occhi e inspirò. Che bellezza poter sentire di nuovo l'aria nei polmoni!

    Si lasciò cullare dalle onde per qualche istante, il tempo di rendersi conto che l'incubo era finito, o almeno la parte peggiore. Respirò profondamente più e più volte. Avvertì un lieve torpore... Era indubbiamente a causa del freddo di quelle acque... E per giunta era inverno!

    Si volse di scatto per controllare il suo malconcio compagno di sventura, e non lo vide più!

    Com'era possibile?, si chiese sgomenta. Era solo mezzo metro avanti a lei! Dov'era finito?

    L'agitazione riprese il sopravvento trasformandosi ben presto in panico. La sua gola era ormai secca, le mani quasi prive di sensibilità, il suo corpo irrigidito dal freddo e adesso arrivava anche questo torpore al quale non riusciva a reagire!

    Oh, mio Dio, fa così freddo! Non vedo la terraferma! Dove mi trovo? Credevo che l'isola non fosse molto distante da qui! Adesso che faccio? Possibile che nessuno abbia sentito l'appello d'emergenza del capitano?

    Cercò di muovere le braccia, ma fu come se improvvisamente pesassero una tonnellata! Provò quindi a muovere le gambe, ma non fu certa che si muovessero ancora!

    Deve essere così che ci si sente prima di morire! A quel punto però era troppo esausta per avere ancora paura. Aveva solamente voglia di riposare. Piegare il capo e dormire...

    Chiuse gli occhi e ripensò a una filastrocca che la nonna le cantava spesso quand'era piccina...

    Una creatura nera e argentea emerse dalle acque accanto a lei. La sua faccia era una finestra ovale. Dietro la finestra occhi simili a quelli di un uomo la stavano osservando. Al posto della bocca aveva un tubo che si diramava in due parti e confluiva in una bombola posta sulla schiena. Tuttavia, l'immagine non le era ben chiara.

    «Vada a cercare il capitano...» farfugliò Alyssa.

    La creatura marina avvinse i suoi tentacoli attorno a lei e con vigore la trascinò via. «Stia ferma. La porterò in salvo.»

    Strano che una creatura del mare sappia parlare un inglese tanto impeccabile!, notò Alyssa con quel poco di lucidità che le era rimasta.

    Si rese conto che l'uomo era un nuotatore provetto. Con bracciate vigorose e rapide si diresse verso una grossa barca.

    «Lei è davvero molto forte» mormorò Alyssa, «ma dubito che riuscirà a trarre in salvo tutti e due nello stesso tempo.»

    «Perché? Chi altri è naufragato?» gridò l'altro dopo essersi tolto il tubo dalla bocca.

    «Il... il capitano... Waylon» biascicò lei stentatamente. I denti le battevano per il freddo. Le sue labbra erano diventate livide e bruciavano, arse dalla salsedine. «Devo... devo subito trovare il... capitano Way... lon...»

    Tuttavia, il sommozzatore ricominciò a nuotare con maggior forza.

    «Ehi... Aspetti un... un minuto!» protestò flebilmente Alyssa. «Capitano!» gridò con il poco fiato rimastole nei polmoni.

    Era ormai sul punto di perdere i sensi, quando sentì che il suo corpo gelato veniva afferrato da tante mani e deposto senza delicatezza sul pavimento irregolare di un'imbarcazione.

    All'asciutto, il vento era insopportabilmente gelido

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