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Lo sceicco in camice bianco (eLit): eLit
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E-book155 pagine2 ore

Lo sceicco in camice bianco (eLit): eLit

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Info su questo ebook

L'avrebbe perdonata solo a una condizione, Nell lo sapeva benissimo: se fosse stato follemente innamorato di lei.



Sono tredici anni che tu mi nascondi qualcosa. Al dottor Khalil al Kalada, sceicco e proprietario di un ospedale in Arabia, sono bastati pochi secondi per capire che la dottoressa Nell Warren, l'unica donna che lui abbia veramente amato, non ha accettato il suo invito solo per illustrare le nuove tecniche in materia di ustioni. Khalil ha fretta di sapere la verità, ma all'improvviso un aereo si incendia durante l'atterraggio e così devono prestare soccorso ai feriti. Il chiarimento è solo rimandato.



Titoli collegati:

1)Lo sceicco in camice bianco

2)Una dottoressa per lo sceicco

3)Uno sceicco in camice bianco

4)Lo sceicco per collega

5)Il figlio segreto dello sceicco
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2016
ISBN9788858958971
Lo sceicco in camice bianco (eLit): eLit
Autore

Meredith Webber

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Lo sceicco in camice bianco (eLit) - Meredith Webber

    successivo.

    1

    Kal guardò il falco volare in alto e cavalcare le correnti ascensionali finché non divenne un puntino nero nel cielo azzurro.

    Gli sembrò quasi che la sua anima si librasse in volo, senza la prigione del corpo. Solo nel deserto, in un mare infinito di sabbia, riusciva a sfiorare la felicità.

    Tanto da non voler tornare indietro...

    All'improvviso il falco cambiò direzione, le ali spiegate per facilitare la rapida discesa, e scomparve dalla sua vista.

    Kal fischiò per richiamarlo, poi allungò il braccio perché l'uccello vi si posasse.

    Il falco aveva mancato la preda, ma a Kal non dispiacque, aveva cibo a sufficienza per entrambi. Quel fallimento gli ricordò tuttavia quanto era passato dall'ultima volta che aveva trascorso del tempo con i suoi falchi per addestrarli alla caccia.

    I suoi uomini li facevano esercitare regolarmente, ma non avevano il suo tocco e gli uccelli lo sapevano.

    Cos'era più importante, però? Addestrare i falchi come facevano i suoi antenati o introdurre la medicina moderna nel suo paese, offrendo i migliori servizi agli ammalati che ne avevano bisogno?

    Infilò il cappuccio sulla testa dell'uccello e lo posò sul trespolo. Accarezzò le lucide penne nere, sentendo un legame particolare con quella creatura che poteva volare libera nei cieli, ma accettava di tornare in cattività.

    Proprio come lui tornava sempre al suo lavoro in ospedale.

    Raggiunse il fuoristrada e recuperò un po' di legna, quindi accese un fuoco e si accampò sotto le stelle, dimenticandosi il mondo da cui stava scappando, anche se solo per una notte.

    Le stelle scintillavano in cielo come diamanti luminosi e il vento soffiava sulla sabbia del deserto, producendo un suono dolce e lieve. Eppure Kal non riuscì a rilassarsi.

    Sentiva un'inquietudine crescergli dentro e diventare ossessione. Un'ossessione che non lo abbandonava da tredici anni.

    L'aereo planò e Nell guardò fuori dal finestrino. Sotto le nuvole, unito all'orizzonte, c'era il deserto. Era proprio come glielo aveva descritto Kal: un mare d'oro con onde di dune scolpite dal vento.

    L'uomo che aveva amato adorava quella terra arida e difficile con la passione generata in lui dai secoli di storia del suo popolo.

    Nell strinse tra le mani la foto del figlio Patrick. Era stata scattata prima che si ammalasse, aveva ancora i capelli e sorrideva allegro. Per lei era una specie di portafortuna, ma durante le dodici ore di volo l'aveva tenuta talmente stretta tra le dita che ora era sciupata e c'era una piega lungo il naso del figlio.

    Chiuse gli occhi e sospirò.

    Patrick stava bene: aveva telefonato a casa due volte durante il viaggio, la prima perché si annoiava, e la seconda per sentire la sua voce prima che l'aereo atterrasse.

    Ormai stava molto meglio, il cancro stava regredendo e lei pregò che non avesse ricadute. Lo sperava con tutto il cuore e si ripromise di essere ottimista quanto lui.

    Le sarebbe servito tutto il suo coraggio per affrontare quello che era venuta a fare laggiù.

    E forse non sarebbe bastato...

    Era lì per la dimostrazione dell'uso di un nuovo farmaco, uno spray messo a punto nel Centro Ustioni in cui lavorava.

    Un mese era tutto quello che aveva, sia per spiegare il nuovo trattamento ai medici dell'ospedale arabo, sia per trovare il padre di Patrick. E per dirgli che aveva un figlio, un ragazzino che aveva bisogno del suo aiuto e di quello della sua famiglia.

    Chiuse di nuovo gli occhi, oppressa dalla gravità del compito che l'aspettava. Sarebbe andato tutto bene, promise a se stessa mentre l'aereo atterrava sulla pista ben illuminata.

    Doveva andare bene.

    Una volta scesa a terra, cominciò a sentirsi sempre più in ansia: le mancava il fiato. Il nervoso le stringeva lo stomaco al punto che si chiese se non le fosse venuta un'ulcera.

    Superata la dogana si ritrovò in un'ampia hall gremita di gente. In fondo all'ampio salone notò un piccolo cartello con su scritto: Dottor Warren. La donna con il velo che lo teneva sollevato sorrideva con tanto calore che Nell sentì il panico svanire.

    Superò la folla e la raggiunse.

    «Sono io il dottor Nell Warren.»

    «Dottor Yasmeen Assanti» si presentò l'altra stringendole calorosamente la mano.

    Si stavano allontanando dalla sala affollata quando all'improvviso un rumore lacerante e violento, così forte che sembrò non appartenere a questo mondo, attraversò l'aria. Le sirene degli allarmi suonarono e le persone intorno a loro cominciarono a urlare spaventate.

    «Dev'essere successo qualcosa» notò Yasmeen cercando di raggiungere il luogo del presunto incidente.

    Nell la seguì con sguardo preoccupato.

    «I medici del mio ospedale hanno tutti preso parte alle esercitazioni d'emergenza in aeroporto» le spiegò l'altra continuando a camminare. «Io devo andare, tu aspettami qui.»

    «Se è un'emergenza, meglio avere due mani in più» rispose Nell, lasciando cadere il bagaglio e seguendola di corsa.

    La voce degli altoparlanti continuava a ripetere di restare calmi, la gente tuttavia era nel panico e fuggiva in ogni direzione.

    Cercando di farsi largo tra la folla, sbucarono in un corridoio deserto. Yasmeen spinse una porta e si ritrovarono in una grande stanza attrezzata per le emergenze.

    Nell si avvicinò alla finestra: sulla pista di atterraggio c'era un aereo in fiamme. I pompieri stavano facendo del loro meglio, ma domare l'incendio rabbioso sembrava un'impresa impossibile.

    La sua nuova collega mormorò qualcosa tra sé, forse una preghiera, e Nell sperò che non ci fosse nessuno intrappolato nel velivolo.

    La porta della stanza si spalancò ed entrarono dei paramedici: alcuni spingevano delle barelle, altri portavano kit di primo soccorso.

    Arrivarono due ambulanze e parcheggiarono a poca distanza dal luogo dell'incendio.

    «Aspettiamo qui, cureremo i feriti che ci porteranno» disse Yasmeen a Nell. «Dobbiamo fare il possibile... Manderanno presto altre ambulanze, vedrai. I casi più gravi li spediremo in ospedale.»

    Nell sentiva la tensione crescere, in attesa che i pompieri autorizzassero l'intervento delle squadre di emergenza.

    Guardò la carcassa del jet in fiamme e si chiese se ci fosse qualche superstite. Nessuno poteva uscire vivo da un incendio di quella portata.

    «Cos'è successo?»

    Yasmeen si strinse nelle spalle.

    «Da quello che ho sentito, sembra che l'aereo abbia cominciato l'atterraggio, ma poi ha sbandato, ha colpito un velivolo fermo sulla pista e ha preso fuoco. Forse i carrelli delle ruote si sono bloccati, oppure è scivolato su una macchia d'olio...»

    Nell scosse la testa, immaginando l'orrore che le persone a bordo stavano vivendo. Quanti erano? Non sapeva quanto fosse esteso l'incendio, il jet doveva contenere almeno quattrocento passeggeri.

    «Guarda!» esclamò Yasmeen afferrandole il braccio.

    Nell si voltò di scatto. Lì, tra le fiamme alte e rosse, vide delle piccole figure fuggire lungo la pista. «Alcuni sono sopravvissuti» mormorò con sollievo, osservando i soccorritori che li caricavano per portarli speditamente verso di loro. «Copri le ustioni con della garza sterile, intubali se le vie respiratorie sono intatte e se non ci sono ustioni su viso e gola, altrimenti usa la maschera dell'ossigeno. Poi fagli una flebo» spiegò, vedendo che la collega titubava. Come dermatologo, aveva più esperienza degli altri medici nel trattamento d'urgenza dei casi di ustione. «Dì ai paramedici di fare lo stesso. Compiliamo anche un elenco dei pazienti e diamo un cartellino ai più gravi, così quando arrivano le ambulanze sanno quali devono portare via.»

    Yasmeen annuì; era molto scossa, tuttavia si riprese subito e dettò le istruzioni con voce ferma e chiara.

    Le operazioni di soccorso sulla pista continuarono senza sosta e la sala si riempì di feriti in condizioni sempre più disperate.

    C'era molto da fare, e Nell non ebbe quasi tempo di pensare. La maggior parte delle persone estratte dal rogo erano già morte, e lei poteva solo passare al paziente seguente senza lasciarsi catturare dal dolore per quelle vite spezzate.

    «Andiamo?» domandò infine a Yasmeen, quando la situazione si fu normalizzata. «Avranno bisogno di noi all'ospedale.»

    Il viso della donna era nero di fuliggine, ma appena sorrise il suo volto si illuminò.

    «Sei un ospite nel nostro paese, e hai già fatto abbastanza per aiutarci» protestò. «Ti accompagno al tuo appartamento, così potrai lavarti e riposare.»

    Nell scosse la testa. «No, voglio andare in ospedale. Sono un dermatologo specializzato in casi di ustione, quanti medici come me avete in servizio? Conosco anche i diversi impieghi dello spray per la pelle, è per questo che sono qui, ricordatelo. Portami all'ospedale. Posso dare una mano in Pronto Soccorso o dovunque ci sia bisogno.» Sorrise alla sua nuova amica. «Mi laverò, prima» promise.

    Yasmeen la guardò incerta per un attimo, poi si convinse.

    Si diressero verso l'uscita dell'aeroporto ma, una volta fuori, si accorsero di essere bloccate. Le auto intasavano tutte le strade: la notizia dell'incidente aveva mandato in tilt il traffico in quella zona.

    «Non ce ne andremo mai di qui! Ci conviene tornare indietro e farci dare un passaggio da un'ambulanza» suggerì Nell, ma le sue parole furono coperte da un rumore assordante.

    Sollevò la testa e vide un elicottero atterrare all'aeroporto, probabilmente nelle vicinanze del luogo dell'incendio.

    «Vieni, saliremo sull'elicottero, è il modo più veloce per raggiungere all'ospedale.» Yasmeen la tirò per il braccio e tornarono da dove erano venute. «È l'elicottero personale del mio capo: deve comprane uno per l'ospedale, e nel frattempo usa il suo per le emergenze. Mi stavo chiedendo perché non fosse arrivato prima, poi mi sono ricordata che aveva preso un giorno di vacanza. Non si riposa mai, probabilmente era nel deserto...»

    Yasmeen parlava del suo capo con un misto di soggezione e affetto. Dalle parole che la collega aveva usato, capo in particolare, Nell dedusse che doveva essere un tipo moderno.

    «Questo capo... è il primario del tuo reparto o il direttore dell'ospedale?»

    Yasmeen accennò un altro sorriso. «È un chirurgo e, oltre a essere il direttore dell'ospedale, appartiene alla famiglia reale. Khalil al Kalada è un uomo straordinario, ed è all'altezza dell'antico nome che porta.»

    Khalil al Kalada.

    Quelle parole sembrarono provenire da molto lontano, echeggiarono nello spazio finché non martellarono nella testa di Nell come colpi di una batteria.

    Non ancora!, urlava la sua mente nel panico. Non sono ancora pronta.

    Si fermò per un attimo, tuttavia Yasmeen la incalzò a sbrigarsi e la costrinse a correre proprio verso l'uomo che lei era venuta a cercare da così lontano.

    Dall'elicottero, Kal osservò il luogo del disastro illuminato dalle lampade ad arco. Nonostante fossero passate parecchie ore dall'incidente, i resti dell'aereo fumavano ancora.

    Atterrò sul piazzale e ancora una volta si maledisse per aver preso la macchina e non la moto per andare nel deserto. Quando gli avevano telefonato per informarlo dell'emergenza, ci aveva messo un sacco di tempo per tornare in ospedale.

    Esitò per alcuni attimi, osservando la fila di auto sulla strada che collegava l'aeroporto con la città.

    Scorse le luci rosse delle ambulanze e delle camionette dei pompieri imbottigliate nel traffico. La polizia ce la stava mettendo tutta perché i mezzi di

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