Una piacevole distrazione (eLit): eLit
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Barbara McMahon
Originaria della California, adora il panorama della Sierra Nevada che gode dalla sua casa.
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Una piacevole distrazione (eLit) - Barbara McMahon
successivo.
1
Mariella Holmes uscì sul piccolo patio in pietra a guardare il lago. Qualcuno, di sicuro un tipo temerario, correva su un acquascooter, lasciando dietro di sé una scia bianca e spumosa. Il rombo del motore si attutì mentre si allontanava a tutta velocità sulla superficie. Lei allungò lo sguardo all'interno del cottage dove stava dormendo Dante, poi spostò l'attenzione di nuovo verso lo spericolato. Se il rumore avesse svegliato il bambino, si sarebbe arrabbiata perché quel giorno le ci era voluto più tempo del solito per addormentarlo.
Che cosa stava facendo quel folle? Se fosse caduto in acqua sarebbe morto assiderato in pochi istanti. Era la fine di ottobre, un periodo dell'anno poco consigliato per un bagno nel lago. Eppure, mentre lo osservava, provò un moto d'invidia. Sembrava che si stesse divertendo a planare le placide acque sul bolide. Se era lì in vacanza, se la stava proprio spassando.
Mariella fece vagare lo sguardo sulle verdi colline che incorniciavano l'incantevole scenario davanti a sé. Doveva essere ancora più bello in estate. Immaginò i bambini che nuotavano felici, le canoe e le barche che scivolavano sulla superficie del lago e anche altri spericolati che testavano le loro abilità con le moto d'acqua. La sua attenzione si concentrò di nuovo sull'uomo e continuò a fissarlo con timore. La scia spumeggiante disegnata dal veicolo la colpì. Era uno spettacolo affascinante con il sole che irradiava l'acqua, producendo uno sfocato arcobaleno all'orizzonte.
Si strinse il maglione addosso e inalò nei polmoni l'aria pulita di montagna. Bellezza e pace. Mariella non era mai stata in quel posto. Non sapeva che cosa aspettarsi. Colline ridenti, laghi calmi, pittoreschi paesini arroccati sui costoni. Era incantevole. Avrebbe voluto visitare tutta la zona, ma non si sarebbe trattenuta lì a lungo. In qualunque modo fossero andate le cose, sarebbe stata una permanenza breve. Aveva avuto un momento di calma al lavoro e aveva deciso, d'impulso, di venire a conoscere il luogo d'origine del padre di Dante.
Un violento tonfo dello scooter che rimbalzò sull'acqua, riportò la sua attenzione verso l'uomo. Da quella distanza poteva distinguere solo i capelli scuri e le spalle larghe dell'impavida figura che montava la moto. Mariella s'immaginò con lui a correre sul bolide, i capelli scarmigliati dal vento.
Rabbrividì al pensiero ed entrò nel cottage. Sarebbe stata l'occasione perfetta per chiamare Arianna e dirle che si stava godendo il lago Clarissa e che aveva visto un uomo che aveva acceso la sua fantasia. Non poteva credere che la sua migliore amica non avrebbe mai più risposto al telefono, né visto suo figlio muovere i primi passi o andare a scuola, e neppure che non l'avrebbe più stretto tra le braccia. Si asciugò le lacrime che le bagnarono, all'improvviso, le guance. Arianna era stata lì per lei quando i suoi genitori erano morti, ma adesso non c'era più. Questa volta avrebbe dovuto farcela da sola.
Il tempo l'avrebbe aiutata. Lo sapeva. Aveva superato la perdita di sua madre e suo padre quando frequentava il primo anno di università a New York. E adesso anche il vuoto lasciato dalla sua amica si sarebbe gradualmente colmato, ma era sicura che l'avrebbe ricordata per sempre e con amore. A volte, il dolore era bruciante. Arianna aveva soltanto ventidue anni. Una vita davanti, finita troppo presto.
Scosse la testa per allontanare quei tristi pensieri, focalizzandosi sul futuro. Aveva Dante. Un lavoro. Una ricerca da effettuare. Giorno dopo giorno, sarebbe andata lontano. E allora perché si sentiva triste? Certo, prendersi cura dall'oggi al domani di un bambino non era facile. Almeno godevano entrambi di buona salute e di una vita dignitosa e confortevole. E lei si stava abituando al suo nuovo ruolo di madre. Sperava che Dante non avrebbe ricordato i suoi primi goffi tentativi di occuparsi di lui.
Lasciò il soggiorno per controllare il piccolo che dormiva nel passeggino. Guardò l'ora e calcolò che, di lì a breve, si sarebbe svegliato per il successivo pasto. Aveva pochi minuti per sistemare le scorte alimentari che aveva portato con sé e preparare il biberon prima che Dante incominciasse ad agitarsi.
Aveva prenotato il cottage per una settimana, pensando che sarebbe stato un periodo di tempo sufficiente per andare in giro, prendere contatti con la gente locale e vedere se qualcuno avrebbe riconosciuto Arianna in foto. In caso contrario, si sarebbero spostati a Monte Correnti. Non aveva indizi, né certezze di essere nel luogo giusto. Sapeva solo che quello era il posto di cui le aveva parlato la sua amica. L'unico accenno che le aveva fornito del padre di Dante.
Arianna si era aggravata nelle ultime settimane. Mariella avrebbe desiderato che la sua amica l'avesse chiamata prima, ma lei aveva aspettato la sua laurea e il ritorno a Roma prima di rivelarle la prognosi della terribile malattia che le stava devastando il corpo. E, a dispetto delle suppliche, Mariella non era riuscita a strapparle di bocca il nome del padre di Dante. Arianna le aveva detto soltanto che era di quella zona e che avevano passato un meraviglioso weekend sul lago Clarissa.
Figlia unica, Mariella si era ritrovata sola al mondo e tutrice di un bambino da crescere. Aveva sempre desiderato fratelli e sorelle, zie, zii e cugini in quantità. E avrebbe voluto ciò anche per Dante. Se avesse rintracciato il padre, gli avrebbe raccontato di suo figlio, e avrebbe magari scoperto che proveniva da una famiglia numerosa, felice di accoglierlo con amore.
Guardò di nuovo il bambino e provò una fitta al cuore. Sentiva già di amare quella creatura. Ma era difficile ritrovarsi a essere all'improvviso una mamma. E se avesse trovato il padre, avrebbe avuto il coraggio di separarsi da Dante? Una grande famiglia sarebbe stata la situazione migliore per lui? Non lo sapeva. Per sua fortuna, non doveva deciderlo subito.
Cristiano pigiò a fondo il piede sull'acceleratore dell'acquascooter che sembrava volare sulla superficie. L'aria fredda pompava il sangue nelle sue vene aiutandolo a mantenere il calore nel corpo. L'ebbrezza della velocità, la sfida del controllo, il sole che brillava sull'acqua lo facevano sentire più vivo di quanto non si fosse mai sentito negli ultimi mesi. Tutti i pensieri e le preoccupazioni erano svanite. Se la moto fosse potuta andare più veloce, avrebbe apprezzato l'eccitazione. Lanciò il veicolo al massimo.
La ferita alla gamba gli doleva di meno. Cristiano non aveva potuto usare lo scooter durante le calde settimane estive, ma nelle giornate d'autunno ancora lunghe aveva il lago tutto per sé. Il potente motore ruggiva sotto di lui mentre saltava a pelo d'acqua. La spiaggia diventò una visione sfocata e confusa. Si sentiva invincibile. L'aveva fatta in barba alla morte una volta quell'anno. Non avrebbe perso quel giorno.
Puntando verso la spiaggia, s'inclinò pericolosamente a destra per evitare i sassi che affioravano sulla superficie.
L'acquascooter sobbalzò e lui si sollevò per attutire i colpi. In quel momento la gamba gli diede fastidio, ricordandogli che non era completamente guarita. Un altro giro e poi sarebbe tornato a riva. Faceva abbastanza freddo e le dita dei piedi incominciavano a intorpidirsi. Quel periodo dell'anno gli avrebbe regalato ancora tante giornate di sole da godere sul lago.
Qualche attimo dopo, rallentò disegnando sulla superficie un otto
, poi ripiegò verso la spiaggia deserta. Cristiano era l'unica persona in vista. I turisti estivi erano andati via da tempo e i pochi villeggianti invernali non erano ancora arrivati.
Guardò la fila di cottage affittati dai Bertali e notò che uno solo era occupato. Il lago Clarissa non offriva vita notturna a differenza di Monte Correnti. E quasi nessuno si avventurava a trascorrere le vacanze in quel periodo dell'anno. Probabilmente si trattava di una coppia di anziani che preferiva la tranquillità dell'autunno. Dopotutto, Monte Correnti non era così distante per concedersi qualche svago.
Tirò l'acquascooter sul pontile e lo assicurò al molo, prima di allontanarsi. I piedi bagnati lasciarono le impronte sulle doghe di legno, mentre raggiungeva la motocicletta.
Si asciugò, indossò i jeans e gli stivali che aveva lasciato sulla sella e, in ultimo, un pesante maglione che lo scaldò piacevolmente. Infilò il casco, montò sulla moto e accese il motore. Il rombo non era diverso da quello dell'acquascooter. Corrispondeva alla potenza? Sorrise e partì. Il traffico scorrevole lo sorprese, abituato al caos di Roma. Da bambino le vacanze sul lago Clarissa gli sembravano sempre brevi. Ma poi aveva scelto un lavoro rischioso, la sfida degli sport estremi, una vita decisamente più stimolante di quella che gli avrebbe offerto quel paesino sonnolento sul lago.
Finché l'esplosione della bomba aveva cambiato tutto.
Dopo qualche minuto, parcheggiò la moto davanti al bistrot di Pietro. Pranzare lì sarebbe stato meglio che prepararsi un pasto da solo. Suo padre sarebbe inorridito. Non che Cristiano detestasse cucinare, semplicemente lo sforzo non valeva la pena.
Il locale offriva un ampio patio esterno che era vuoto in quel periodo dell'anno. Non faceva particolarmente freddo, ma il vento che soffiava dalle montagne era fastidioso. Varcò la soglia della sala riscaldata e si fermò per un attimo, il tempo di permettere agli occhi di abituarsi alla soffusa luce dell'interno. Quel posto gli era molto familiare. Il ristorante in cui aveva lavorato per quasi tutta la sua infanzia, e che apparteneva ancora a suo padre, aveva un'atmosfera rustica. Rosa era più frequentato e più caotico, ma Pietro non aveva legami con il passato da cui Cristiano stava cercando di fuggire.
Parecchi tavoli erano occupati e il locale era più affollato di quanto si aspettasse. Qualcuno lo riconobbe e lui ricambiò i saluti con un cenno del capo. Quando Emiliano emerse dalla cucina, il grembiule bianco legato attorno alla vita e un pesante vassoio in equilibrio su una mano, Cristiano lo osservò. Gli parve ancora di sentire il dolore alle braccia al ricordo della stanchezza, dopo una lunga giornata da Rosa. Non lavorava lì da anni ma, suo malgrado, certe memorie non si erano cancellate.
«Cristiano, siedi dove vuoi. Arrivo subito» gridò Emiliano mentre trasferiva il vassoio dalla mano sul carrello accanto al tavolo che stava servendo.
Lui avanzò verso il suo posto preferito, vicino alla grande finestra che offriva la vista sulla piazza della città. Ma era occupato.
Lo superò e sedette a quello accanto, poi guardò la giovane donna che aveva scelto il suo tavolo abituale.
Aveva capelli biondi con riflessi ramati ed era impegnata a consolare un neonato, incurante di quello che succedeva attorno a sé. Cristiano non la conosceva. Probabilmente una turista, pensò. Anche se viveva lontano, manteneva i contatti con il vecchio giro di amici locali e avrebbe saputo se qualche sua conoscenza avesse avuto un bambino.
La ragazza sollevò lo sguardo e incontrò il suo. Sorrise timidamente, poi lo distolse.
Quel sorriso fu per Cristiano come un pugno nello stomaco. La fugace occhiata gli permise di notare un paio di fantastici occhi grigio-azzurri e due gote leggermente rosate, non sapeva se per il sole o per il calore del ristorante. Guardandosi attorno, si domandò dove fosse suo marito.
«Rigatoni?» chiese Emiliano quando si fermò al tavolo, interrompendo la sua curiosità.
«Naturalmente.» Ordinava quella pietanza ogni volta che pranzava lì.
«Non buoni come quelli di Rosa»