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Rogue River: Rogue River, #1
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Rogue River: Rogue River, #1
E-book300 pagine3 ore

Rogue River: Rogue River, #1

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Info su questo ebook

Stati Uniti, Oregon, foresta di Rogue River :

Due studentesse spariscono misteriosamente. Una di loro è la figlia di un imprenditore in vista di Portland. Immediatamente, il dirigente d’azienda ricorre a tutti i mezzi a sua disposizione per ritrovare le ragazze. Ma l’immensa foresta nazionale del nord ovest americano è  ben lontana dallo svelare i suoi misteri.

Un datore di lavoro tormentato, uno sceriffo cupo, un giovane indiano, una giornalista, uno zoologo e un ingegnere super tecnologico : percorsi di vita paralleli che si incontrano per vivere un’avventura fuori dal comune. Cacciatori e cacciati a turno, si inseguono in una corsa contro il tempo. Ma Rogue River non è solamente una foresta… nasconde altro… è tutt’altra storia  !

Coloro che riusciranno a fuggire non ne usciranno indenni.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita19 ago 2021
ISBN9781667402345
Rogue River: Rogue River, #1

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    Anteprima del libro

    Rogue River - Fabrice Barbeau

    ROGUE RIVER

    ORIGINE

    Fabrice Barbeau

    ––––––––

    Traduzione di Angela Turco-Alessandra Paganin 

    ROGUE RIVER ORIGINE

    Autore Fabrice Barbeau

    Copyright © 2021 Fabrice Barbeau

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Angela Turco-Alessandra Paganin

    Editor Alessandra Elisa Paganin

    Progetto di copertina © 2021 Fabrice Barbeau

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Rectangle 12

    Connecteur droit 7 Zone de texte 9 Connecteur droit 6 Dello stesso autore :

    Rogue River Evolution – Tomo 2 (libro brossura) – 2018 (auto-pubblicato)

    Itinéraire d’une mort annoncée (Ebook, libro brossura e audiolibro) – 2017 edito da Hugo Thriller (Coup de cœur RTL - premio thriller VSD 2017)

    Etat Second (Ebook e libro brossura) – 2020 (auto-pubblicato)

    Dôme C (Ebook e libro brossura) – 2020 edito da Nombre7

    A mia moglie per il suo sostegno indefettibile quanto il suo Amore,

    Alle mie figlie che credono in me,

    Preambolo

    Dalla notte dei tempi, da quando l’uomo è in grado di parlare e di praticare l’arte, le leggende fanno parte della sua cultura. In ogni epoca, ai quattro angoli del mondo, in ogni civiltà, l’uomo si è illuso con racconti che hanno plasmato il suo modo di vivere e le sue credenze. Alcune di queste storie hanno attraversato secoli per poi giungere nella nostra era.

    Non vi siete mai fatti delle domande su qualche leggenda? Credete veramente che l’immaginazione dell’uomo abbia potuto creare tutti questi miti? Non credete che ogni leggenda abbia un fondo di verità? Non avete mai notato fino a che punto a volte la realtà superi la finzione?

    Nel racconto che vi verrà fatto, tutti i luoghi citati esistono veramente. Anche tutte le organizzazioni e le istituzioni menzionate sono vere e i riferimenti scientifici autentici. Solo i personaggi e le situazioni che dovranno affrontare sono fittizi. Quanto alla probabilità che fatti simili possano un giorno accadere, tocca a voi rispondere...

    1

    Oregon – Illinois River, ottobre 1998

    La distesa d'acqua brillava sotto i raggi del sole autunnale. Con i loro colori luccicanti, gli alberi circostanti perdevano una ad una le foglie morte che, danzando lentamente, si concedevano un'ultima sfilata. Come una coreografia, la loro graziosa caduta riempiva il bosco con incantevoli coriandoli multicolori, dolcemente cullati da una brezza rinfrescante.

    Lo sguardo fisso, il vecchio era immobile. I movimenti lenti e regolari del respiro erano gli unici segni vitali percettibili insieme al regolare battito di ciglia. Fissava il filo, ipnotizzato dai pallidi raggi del sole che si riflettevano sulla superficie del lago. Aspettava il più piccolo movimento che gli indicasse che aveva abboccato all'amo. Amava questi momenti di calma, in armonia con la natura come lo erano i suoi avi. Non c'era un'anima viva, nessun inquinamento acustico della vita moderna...solo qualche cinguettio in lontananza, e il fruscio del vento tra le foglie agonizzanti.

    Improvvisamente, un urlo ha lacerato la tranquilla atmosfera, seguito da un secondo urlo, più lungo...un urlo rauco e profondo. Il vecchio ha alzato gli occhi in direzione della riva opposta da cui sembrava provenisse il suono. Nel giro di un istante, era calato il silenzio assoluto. La brezza era scomparsa, gli uccelli tacevano. Non si muoveva più niente e nessun rumore si sentiva nella foresta. Poi un altro grido, ancora più potente e più vicino, aveva ghiacciato le vene del pescatore. Per riflesso psicologico, l’adrenalina si riversava nel sangue e si diffondeva nei più piccoli anfratti dei muscoli che si erano contratti immediatamente. Il pescatore conosceva perfettamente la foresta... la sua foresta. Conosceva i pericoli e sapeva approfittare dei suoi doni. La rispettava. Era cresciuto e ci viveva da più di sessant’anni, dal suo primo giorno sulla terra. Ma non aveva mai sentito niente di simile.

    Si era alzato dolcemente, si era avvicinato un po’ di più alla riva e aveva avvicinato la mano destra alla fronte per cercare di vedere in lontananza. Il vecchio indiano strizzava i suoi occhi neri per vedere tra gli arbusti spogli del sottobosco, dall’altro lato del lago. Un attimo dopo, il suo colorito abbronzato era diventato livido. La sua mascella, fino ad allora irrigidita, era scesa lasciando socchiudere la sua bocca. Nel suo sguardo si mescolavano sconcerto e paura.

    Si erano guardati negli occhi per qualche secondo che sembrasse durare un’eternità.

    2

    Oregon – Portland, oggigiorno 17 luglio – 9:07

    Il climatizzatore funziona a malapena cercando di prendere fiato. Per condensazione, si formano micro-goccioline sul bordo inferiore e, agglomerandosi le une con le altre, scendono lentamente sulla parete liscia in plastica. Poi, le goccioline si ingrandiscono fino a rimanere pericolosamente in sospeso per via del loro peso. Infine, mollano la presa e cadono in una bacinella poggiata sul parquet emettendo dei gocciolii più o meno acuti e regolari.

    La stanza mansardata è buia. Le persiane sono abbassate per metà per proteggere la stanza dai raggi caldi del sole estivo. All’esterno, la temperatura è canicolare. All’interno, Emmy si dà da fare con la valigia appoggiata sul letto sul quale ha sparso pantaloncini, pantaloni, magliette e biancheria intima.

    Emmy Thomson, ventuno anni, frequenta un master in biodiversità all’università di Portland dove abita sola in un appartamento accogliente del quartiere per bene. Lontana dal trambusto del campus, approfitta della sua agiatezza economica per godersi questo alloggio accogliente che le sue amiche di corso le invidiano. Non è alla portata di tutti, ma grazie alla fortuna di suo padre, Edward Thompson, la giovane studentessa prosegue i suoi studi senza preoccupazioni.

    Una suoneria stridente e regolare suona. Emmy cerca il suo smartphone. Ma difronte all’ammasso di indumenti sul letto disfatto, si mette a rovistare nel groviglio di vestiti con nervosismo. Alla fine, afferra il telefono di ultima generazione e risponde :

    — Pronto?

    — Emmy? Sono Ana. A che punto sei? Va bene come sempre tra un’ora?

    — Sì, nessun problema! Prendo le ultime cose, faccio il giro dell’appartamento e passo a prenderti da casa tua.

    — OK, va bene! Ciao bella mia!

    — Ciao!

    La ragazza longilinea raddoppia gli sforzi. Il climatizzatore funziona sempre a malapena. A causa della fretta e del calore, i capelli neri della frangetta si appiccicano alla fronte sudata. I suoi lunghi capelli, raccolti in uno chignon, sembravano stessero prendendo fuoco per via della temperatura insostenibile. Dall’inizio del mese di luglio, una canicola si abbatte su tutto il nord-ovest degli Stati Uniti : non un briciolo di fresco, non una goccia di pioggia, non una nuvola all’orizzonte. Un anticiclone potente è bloccato nella parte settentrionale del paese da più di due settimane, come un coperchio ben incastrato su una pentola a pressione.

    Estenuata, Emmy schiaccia con tutta la sua forza la valigia trattenendo il respiro, lottando per far scorrere la cerniera recalcitrante. Presto, è in piedi vicino alla porta di ingresso con la valigia piena come un uovo e il suo zaino da trekking. Anche dopo aver fatto tre volte il giro di tutte le stanze dà un‘ultima occhiata per accertarsi di non aver dimenticato nulla. Poi, per riflesso, mette la mano nella tasca posteriore destra del suo jeans elasticizzato. Lo smartphone c’è, pressato in qualche centimetro quadrato di tela elastica. Mette la mano destra sulla maniglia della porta di ingresso, pronta per andar via.

    3

    Oregon – Willow Lake, marzo 2005

    La pioggia continuava a cadere senza sosta da quattro ore. Gli odori dell’humus e della terra riempivano l’aria satura di umidità. Le nuvole erano così dense che il cielo era di una tinta uniforme, era grigio scuro. Nulla lasciava presagire un momento di tregua.

    Sfiniti, i tre amici si incoraggiavano. Secondo la cartina, ancora due chilometri di foresta li separavano dal loro obiettivo. Poi avrebbero potuto accamparsi per la notte. Questo primo fine settimana di primavera era per loro l’occasione giusta per trascorrere del tempo tra ragazzi. Il programma : pesca, caccia con l’arco e riposo. Partiti da Medford, avevano lasciato la macchina lungo la strada 140 per raggiungere Willow Lake a piedi. Secondo le previsioni, a quel ritmo e sfidando la pioggia battente, sarebbero arrivati nel giro di un’ora. Pur avendo le scarpe da trekking fradice e appesantite dal fango appiccicoso, sarebbero arrivati al lago molto prima del tramonto.

    Un’ora e dieci minuti dopo, Willow Lake era lì. La pioggia aveva smesso di cadere e solo un po’ di nebbia si alzava dallo specchio d’acqua. Proprio sulle loro teste, delle grosse gocce d’acqua cadevano con parsimonia dalle foglie. Mentre cercavano un posto dove montare le tende, uno dei tre amici aveva detto agli altri compagni :

    — Eh! Venite a vedere! È il caso di dire che c’è un enorme cervo nei paraggi!

    Avvicinandosi, riuscivano a distinguere le impronte lasciate nella terra umida. Era calato il silenzio, interrotto solo da qualche sguardo incredulo e interrogativo, anche un po’ inquietante...

    — Allora? Che ne pensate?

    Con aria scettica, gli altri non sapevano che dire. In effetti, non avevano mai visto niente di simile. Le impronte misuravano circa quaranta centimetri di lunghezza e venti di larghezza. I segni profondi lasciati nel terreno erano impressionanti. Ma la cosa più incredibile era la forma dei cinque artigli, chiaramente visibili.

    Mentre i tre amici contemplavano questi strani indizi, avevano sentito lo scricchiolio di un ramo a qualche metro dietro di loro.

    Tre grida d’orrore si sono susseguite successivamente nell’immensa foresta umida.

    4

    Portland, 17 luglio – 9:58

    La macchina sportiva arriva a tutta velocità sgommando leggermente per parcheggiare. Si ferma lungo un marciapiede che costeggia un edificio degli anni Settanta la cui facciata è stata recentemente ritinteggiata. Il motore rombava piano con un rombo sordo per cui era facile indovinare la potenza di 412 cavalli del motore V8 5,0 litri, tanto voraci che potenti.

    Protetta dietro ai vetri oscurati che riflettono i raggi caldi del mattino di un sole estivo, Emmy spegne la macchina. L’ultimo regalo di compleanno di suo padre è un po’ stravagante.

    All’inizio, non era entusiasta di questo bolide rosso vivo dalla calandra larga e che sfoggiava un cavallo rampante in piena corsa. Ma ora, le piace l’idea di poter far impallidire di invidia i giocatori di football americani alle prime armi della sua scuola che pensano di essere già delle star del pallone ovale sui terreni del campus.

    Rapidamente, salta fuori dalla macchina, smartphone all’orecchio.

    — Ciao, Ana! Sono davanti casa tua. Hai bisogno di aiuto per i bagagli?

    — No, sono già all’ingresso. Scendo tra due minuti!

    — OK, a presto.

    Nell’attesa, la ragazza si addossa al muro, alla ricerca di un po’ di ombra. Occhiali da sole sul naso, rifà lo chignon un po’ morbido liberando completamente la sua nuca.

    Slanciata, piuttosto carina, Emmy è vestita in maniera semplice e leggera : una canotta giallo pastello, un blu jeans elasticizzato, una cintura di una marca famosa e delle scarpe bianche in tela. Senza trucco e senza gioielli, Emmy sfoggia un orologio importante al polso. Che senso ha prepararsi considerando la destinazione che aspetta le due amiche dopo quattro ore e mezza di strada!

    Con un cigolio acuto, la porta pesante dell’edificio si apre. Appena uscita da casa sua, Ana si getta tra le braccia della sua amica che non vede... dal giorno prima!

    La brunetta sforna già mille aneddoti raccontando la sua mattinata e la preparazione dei suoi bagagli come se fosse un’esperienza unica e esaltante. Le parole nascono da una mente frizzante, si mescolano nella sua gola, sbattono nella sua bocca ed escono alla velocità di una mitragliatrice! Piena di vita e di energia, Ana prende le valige con un gesto rapido continuando a fare il suo infinito monologo. Senza interromperla, Emmy aiuta la sua amica a caricare le sue cose nella Ford Mustang.

    Un minuto dopo, il bolide si lancia sollevando sul manto stradale la polvere che forma subito una nuvola passeggera sospesa nell’aria calda e vaporosa.

    In un’atmosfera con musica pop interrotta solo da tante risate, le due ragazze si sentono libere, sentimento esacerbato dalla potenza della macchina che le schiaccia sullo schienale dei loro sedili ergonomici al minimo affondo del pedale di accelerazione.

    5

    Oregon – Howard Prairie Lake, gennaio 2011

    La 4x4 accelerava lentamente all’uscita di una curva leggera sulla Dead Indian Memorial Road innevata. La temperatura inferiore a zero rendeva scivoloso il manto stradale gelato. La coltre bianca schiacciata dai rari veicoli passati precedentemente complicava la guida, soprattutto nelle svolte.

    Il conducente, cappellino in testa, a filo delle spesse sopracciglia, era concentrato e teso. Le sue mani stringevano forte il volante. Le dita corrugate e gli avambracci irrigiditi facevano ormai parte integrante della macchina.

    Dietro, una bambina di una decina d’anni dormiva beatamente. La bocca semiaperta, il labbro inferiore era sceso leggermente e vibrava lentamente al ritmo di un dolce russare. Era assolutamente rilassata. Sua madre, seduta avanti lato passeggero, guardava scorrere dal vetro gli alberi i cui rami carichi di neve fresca si incurvavano con grazia.

    I fiocchi volteggiavano soavemente nell’aria già da un po’, nevicava sempre più man mano che ci si avvicinava a Ashland dove dovevano trascorrere qualche giorno a casa di zia Marry.

    Come un metronomo, i tergicristalli andavano da sinistra a destra sul largo parabrezza emettendo per via dell’attrito qualche stridore. Il dolce russare della giovane passeggera dietro, lo scorrere continuo degli alberi innevati, il rombo regolare del motore, il balletto continuo dei tergicristalli e l’aria calda del riscaldamento rendeva quasi ipnotica e rassicurante l’atmosfera all’interno dell’imponente veicolo.

    Viaggiavano da circa tre ore e nessuno fiatava. Ognuno era immerso nei suoi pensieri o nei suoi sogni. Il conducente rilassava sempre più le braccia. Allentava anche la pressione delle dita, solo le mani stringevano il volante. Le palpebre sbattevano frequentemente e gli sembravano sempre più pesanti. Il suo sguardo era fisso sul fondo per meglio guardare attraverso la tenda di fiocchi che cadevano copiosamente.

    Ma all’improvviso, gli era preso un colpo! Nella frazione di un secondo, era ritornato vigile.

    Il suo occhio sinistro aveva percepito un movimento nel suo campo visivo. Era scuro e imponente e si spostava velocemente. Intrisa di questa visione furtiva, la retina aveva inviato l’informazione al nervo ottico per poi arrivare al lobo occipitale ed essere analizzata dalla corteccia visiva in qualche millesimo di secondo.

    L’istante dopo, il conducente aveva dato una sterzata per evitare l’ostacolo che era spuntato al centro della strada. Enorme, massiccio, aveva emesso un ruggito terrificante... quest’ultima visione lo aveva paralizzato dalla paura.

    I soccorsi, allertati da un cacciatore, stavano lavorando intorno al SUV rovesciato sul lato della strada. Il motore era ancora tiepido. Gli sportelli posteriori e anteriori erano stati divelti. Giacevano ai piedi degli alberi più vicini, a qualche metro da lì. Non c’era alcuna traccia visibile attorno al veicolo né un indizio che consentisse di capire ciò che era successo.

    La neve che cadeva, densa e fitta, aveva già coperto il luogo dell’incidente... nessuna traccia dei passeggeri.

    Zia Marry, concentrata, era indaffarata in cucina. Si era spaventata, sorpresa dalla suoneria del cellulare. Aveva risposto e aveva ascoltato senza proferire parola prima di svenire e cadere in ginocchio in lacrime.

    Gli invitati non sarebbero mai arrivati a casa sua. Non sarebbero mai più tornati a casa loro. Nessuno li avrebbe più rivisti.

    6

    Oregon – Merlin, oggigiorno, 17 luglio – 14:46

    Dopo poco più di quattro ore e mezza di cammino, il bolide imbocca l’uscita 61 dell’autostrada 5 in direzione di Merlin, una tranquilla cittadina situata a dieci chilometri a nord ovest della città di Grants Pass, nella contea di Josephine.

    La Ford Mustang si ferma nel parcheggio deserto di un motel vicino al centro. Le due amiche si dirigono verso la reception dove un vecchio uomo calvo legge le notizie locali masticando lentamente una gomma. All’arrivo delle ragazze, si degna appena di alzare lo sguardo e resta stravaccato sulla poltrona senza degnarle di un minimo di attenzione.

    — B’giorno sig’rine... aveva finalmente detto con una voce roca.

    — Buongiorno, signore. Abbiamo una prenotazione a nome di Emmy Thompson...

    Dopo aver preso la chiave, le due studentesse trascinano le valige fino alla camera numero 18. Gli ambienti sono puliti. Nella camera, con vista sul parcheggio, ci sono due letti singoli separati da un comodino semplice sul quale troneggia una lampada valorizzata da un paralume un po’ vecchiotto. Anche la tappezzeria di colore scuro sembra essere datata, ma è comunque in buono stato. La stanza dispone anche di un modesto bagno indipendente, separato da una porta decorata con modanature classiche. C’è un lavandino sormontato da uno specchio, una doccia e un asciugamani elettrico. I bagni sono indipendenti e situati all’ingresso della camera.

    Emmy si lascia cadere pesantemente sullo spesso materasso a molle che la fa rimbalzare con delle ondulazioni tre o quattro volte ammortizzando la sua caduta. Può finalmente rilassarsi dopo quattrocento dodici chilometri percorsi, con una sola pausa di venti minuti per fare rifornimento di gasolio e mangiare un sandwich. Ana cercava la cartina dettagliata della regione in una delle tasche anteriori del suo grosso zaino.

    Le due amiche laureande in biodiversità avevano deciso di approfittare delle vacanze estive per preparare il loro prossimo argomento di tesi. Questa prova doveva chiudere il loro ultimo anno di studi di secondo livello. Avevano deciso di andare nel parco nazionale di Rogue River per le sue foreste protette e selvagge, ricche di fauna e flora.

    Con i suoi 6973 chilometri quadrati, l’area federale custodiva infatti numerose varietà vegetali, dalla semplice felce comune all’abete di Douglas passando per il pinus ponderosa. Quest’ultimo chiamato anche pino giallo o pino da legno massiccio, poteva misurare più di settanta metri di altezza e tre metri di diametro per le specie più grandi.

    Popolato da una cinquantina di specie di mammiferi, la foresta di Rogue River accoglieva anche più di centocinquanta specie di uccelli di cui alcuni molto rare. Otto specie di batraci in zone umide e quattro specie di rettili completavano la fauna di questo immenso parco boschivo suddiviso in sette riserve e amministrato dall’US Forest Service.

    Ma il Graal agognato, il motivo della loro venuta, Psathyrella aquatica, era una specie rara di fungo basidiomicete non commestibile. Era il primo fungo conosciuto le cui lamelle dell’imenio dello sporoforo si sviluppavano sotto l'acqua! Scoperto recentemente, nel 2005, da un professore di biologia dell’Università del Sud-Oregon, questo fungo era unico. Alla fine della sua evoluzione, questa specie aveva sviluppato delle caratteristiche singolari permettendo di diffondere le spore, anche in condizione di immersione a volte totale, durante tutto il ciclo di crescita.

    Anche se gli esperti identificano ogni giorno nuove specie nel mondo, questa scoperta era comunque eccezionale a queste latitudini. La maggior parte delle scoperte venivano fatte principalmente nelle foreste tropicali, gli ecosistemi più ricchi. Ricoprendo solo il dieci percento della superficie emersa del globo, queste ultime contenevano più del

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