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Piaceri e segreti (eLit): eLit
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E-book356 pagine5 ore

Piaceri e segreti (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Brethren Guardians 2

Lucy Ashton, figlia del marchese di Stonebrook, ha occhi di smeraldo e capelli fulvi, la cui tinta accesa richiama il suo ardente temperamento.
Lucy si diletta di occultismo e chiromanzia nella disperata ricerca dell'amante scomparso, perché il suo unico obiettivo è rivivere la passione provata tra le sue braccia, sfuggendo al severo genitore, che vuole darla in moglie al duca di Sussex.
Ma il gelido duca nasconde in sé un vulcano di desideri trasgressivi e un segreto che affonda le radici in un dramma familiare.
Mentre il misterioso Orfeo tesse le sue trame contro Sussex e i suoi amici, l'ombroso lord Black e il libertino Alynwick, intorno al suo quartier generale si agita un mondo di trasgressioni, piaceri perversi, oscuri tradimenti e intrighi.
Accerchiata da un'atmosfera di torbide passioni, forse Lucy capirà finalmente cosa significa amare davvero e donarsi completamente, e colui che le farà scoprire il piacere è proprio il più insospettato, l'uomo del suo futuro e anche del suo passato.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2018
ISBN9788858985397
Piaceri e segreti (eLit): eLit
Autore

Charlotte Featherstone

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Piaceri e segreti (eLit) - Charlotte Featherstone

    futuro!

    1

    «Mia cara, da mezz'ora non fai che guardare fuori dalla finestra con un'aria malinconica. Perché non vai a trovare lady Black?»

    Lucy infilò in tasca il fazzolettino che aveva in mano, poi si rassettò la gonna voluminosa dell'abito di seta e velluto rosa e si voltò verso suo padre. Era l'inizio di novembre e il tempo era pessimo. Il cielo era grigio e cadeva una pioggerellina che, quella notte, si sarebbe trasformata in nevischio. Lucy si strinse la stola sulle spalle. Il fuoco acceso nel caminetto crepitava e le fiamme danzavano allegre, portando conforto in quel tetro giorno autunnale, ma Lucy sentiva ancora freddo. Avvertiva un gelo dentro di sé da mesi ormai e nulla poteva riscaldarle il cuore.

    «È ancora presto, papà» obiettò. «Non si può fare visita a nessuno a quest'ora.»

    «Sciocchezze. Lady Black è tua cugina, quasi una sorella per te, direi. Non è mai troppo presto per fare visita ai parenti stretti. E poi sto uscendo per andare al circolo e mi dispiace saperti a casa da sola e triste.»

    Lucy sorrise tornando a guardare fuori dalla finestra, fissando l'imponente cancellata della casa di fronte. Le sembrava quasi assurdo che suo padre, per la prima volta dopo anni, si interessasse di come passasse le giornate. Non gli era mai importato di lasciarla sola.

    Il marchese di Stonebrook non era un uomo malvagio e senza cuore. In tutta onestà, Lucy non poteva accusare suo padre di essere cattivo. Però era insensibile e poco attento alle esigenze e ai sentimenti altrui. Non era mai stato un violento, né collerico o prepotente, ma solo... assente. Non c'era altro termine per definire l'atteggiamento dei suoi genitori nei suoi confronti. Erano stati emotivamente assenti, o forse sarebbe stato più esatto dire poco interessati.

    Suo padre e sua madre la vedevano pochissimo, e di sicuro non l'ascoltavano mai. Erano completamente assorbiti dalla loro vita e avevano trascurato la figlia. Era stata concepita per proseguire la stirpe; quando avevano visto che era una femmina, e poi non avevano avuto altri figli, si erano rassegnati a perpetuare il titolo nobiliare tramite il suo futuro consorte.

    E Lucy sapeva già chi fosse il marito che suo padre aveva scelto per lei: il gelido e pedante duca di Sussex, sempre arcigno e pronto a criticarla con i suoi commenti saccenti, noioso e antipatico. Non era assolutamente l'uomo che Lucy sognava di avere al suo fianco quando immaginava la sua futura vita coniugale.

    Quando era solo una ragazzina ingenua, il garzone del macellaio veniva con il suo padrone a casa del marchese di Stonebrook e le teneva compagnia in cucina mentre il macellaio faceva la corte alla loro governante, la signora Brown. A quei tempi, Lucy fantasticava sul suo futuro di donna e immaginava di sposare l'aitante garzone, pur sapendo che i suoi erano solo sciocchi sogni irrealizzabili di fanciulla, ben presto schiacciati dalla consapevolezza che avrebbe dovuto seguire il volere di suo padre. E così Lucy aveva scoperto cosa significasse essere una ragazza in età da marito nel suo mondo.

    Otto mesi prima, però, si era segretamente ribellata al volere paterno e aveva obbedito alla voce del cuore, cercando tra le braccia di un affascinante artista il calore e la passione che mancavano nella sua vita. Con lui aveva conosciuto i palpiti del sentimento e il piacere dei sensi. L'ardore che il suo amante le aveva dimostrato non avrebbe mai alimentato un'eventuale unione con il duca. Il loro matrimonio non sarebbe stato d'amore, ma di convenienza.

    «Lucy, ti guardo da un po' e devo dire che mi preoccupi. Sei così pensierosa e triste per colpa della cosa che hai nascosto proprio ora tra le pieghe del vestito? Cosa può mai essere di tanto importante?»

    Era un fazzolettino di candido pizzo, e recava le sue iniziali ricamate. Lo aveva regalato al suo amato la sera in cui si era donata a lui.

    Ma lui era morto.

    O, almeno, così aveva creduto Lucy. Era convinta che fosse perito nell'incendio che aveva divorato il suo alloggio in affitto.

    Lucy aveva pianto, si era disperata, era stata consumata dall'angoscia e dal dolore. Le era parso che non si sarebbe più sentita viva senza il suo amante. Poi, quindici giorni prima, il fazzoletto di pizzo era ricomparso e le era stato riconsegnato proprio dal duca di Sussex.

    Che fosse stato proprio lui a restituirle il suo pegno d'amore l'aveva turbata immensamente e tuttora non cessava di tormentarla con dubbi e congetture inquietanti. Non faceva altro che torturarsi con mille interrogativi che la tenevano sveglia durante le lunghe notti solitarie, mentre suo padre era chissà dove.

    Non le importava che il duca di Sussex avesse avuto sentore della sua tresca con un altro uomo e la considerasse una ragazza di facili costumi, immorale e depravata perché si era abbandonata ai vili piaceri della carne senza essere sposata.

    Il giudizio del duca non le interessava; c'era una sola cosa che contava, cioè che Thomas era ancora vivo. Ora ne aveva la prova. Le sue promesse, dunque, non erano vane. Lui le aveva parlato del loro futuro insieme e Lucy era stata a lungo convinta che i suoi sogni d'amore fossero stati letteralmente ridotti in cenere, ma il fazzoletto che ora stringeva in mano, ben nascosto nella tasca, era la prova che smentiva le sue convinzioni e la induceva a sperare nel ritorno del suo amante.

    «Non corrugare la fronte» l'ammonì suo padre. «Tua madre diceva sempre che essere accigliati fa venire le rughe.»

    Lucy sorrise malinconica. «Sì, me lo ricordo.»

    Malgrado il suo monito, il marchese aggrottò le sopracciglia in un'espressione burbera e preoccupata. «Spero almeno che tu stia pensando al tuo futuro e che non vedi l'ora di sposarti, ora che hai davanti agli occhi la prova della felicità coniugale, guardando tua cugina con suo marito» osservò.

    «No, papà, mi dispiace deluderti, però le mie nozze non sono al centro dei miei pensieri» sospirò Lucy.

    «Lo temevo, ma non ho ancora abbandonato la speranza.»

    Lucy annuì gravemente. Sapeva che il padre non si sarebbe mai dato per vinto finché non avesse realizzato il suo desiderio di vederla sposata con il duca. Nessun altro pretendente gli sarebbe parso all'altezza.

    Accortosi che la figlia non intendeva dire altro riguardo a quell'argomento, il marchese scosse la testa e sbuffò. «E va bene, lasciamo perdere per ora. Vieni, ti accompagno da tua cugina, io devo andare.»

    «Non preoccuparti, papà. Posso benissimo restare a casa da sola.»

    «Da sola?» sbottò il marchese. «Assolutamente no! Sei ancora convalescente.»

    Lucy sapeva di non poter obiettare nulla. Quindici giorni prima aveva avuto un grave malore, per colpa della sua stupidità, a dire il vero, e da allora suo padre faceva sempre in modo che qualcuno vegliasse su di lei. Ovviamente la presenza costante al suo fianco non era la sua, ma quella di sua cugina Isabella, che non la perdeva mai d'occhio.

    Lucy ripensò agli avvenimenti di quegli ultimi mesi. Nel tentativo di placare il vuoto che sentiva dentro e la solitudine che l'aveva attanagliata con le sue dita gelide dopo la scomparsa del suo amante, che aveva creduto morto, aveva imboccato un sentiero oscuro e pieno di pericoli, dedicandosi all'occulto nella speranza di riuscire a comunicare con lui. Era stata spinta da un terribile senso di incompletezza perché non aveva mai potuto dire addio all'uomo che amava e per questo avrebbe voluto rivederlo un'ultima volta prima che svanisse per sempre nel regno dei morti, dove lei non avrebbe potuto seguirlo.

    Frequentare veggenti e sensitive, e partecipare alle sedute spiritiche non era solo un passatempo, ma era stato un modo disperato per cercare di trovare il suo amante nella dimensione eterea degli spiriti. Era stato così che Lucy era venuta a conoscenza dei misteriosi Guardiani della Confraternita e delle loro sacre reliquie. Addirittura ne aveva rubata una che aveva usato nel tentativo di raggiungere il suo obiettivo, con risultati disastrosi e quasi letali per lei.

    Suo padre era rimasto sconvolto dalle conseguenze del suo atto avventato e ora la sorvegliava continuamente, senza fidarsi di lei come se fosse stata una bambina, affidandola alle cure di sua cugina che doveva praticamente farle da balia.

    «Lucy, insisto» disse il marchese nel suo tono autoritario che non ammetteva repliche. «Non riuscirai a convincermi. Vai subito a fare visita a lady Black.»

    «Mi cambio e vado» sospirò lei, rassegnata.

    «Non ne hai motivo. Sei abbigliata in maniera adeguata. È inutile perdere tempo per cambiarti d'abito.»

    Suo padre era irremovibile. Aveva premura di recarsi al circolo, perciò fece affrettare Lucy a seguirlo nell'atrio dove Jennings, il loro maggiordomo, le porse mantello, cuffietta e ombrellino.

    «Accidenti a questo tempo orribile» brontolò il marchese, prendendola per un braccio mentre scendevano i gradini di pietra, dirigendosi poi verso la carrozza che attendeva presso il marciapiede. «Ti accompagno, perché temo che ci vorrà un'eternità prima che il valletto di Black apra il cancello. Non capisco proprio a cosa serva una cancellata così imponente. Non è una casa isolata in campagna» osservò.

    Perché Black è un Guardiano della Confraternita, pensò Lucy. Ma non poteva certamente dirlo a suo padre. Anche lei avrebbe dovuto essere all'oscuro di quel segreto, e non capiva bene lo scopo del patto misterioso che legava Sussex a lord Black. Mentre si avventurava nella dimensione dell'occulto, si era imbattuta in quella strana Confraternita e aveva appreso che i Guardiani custodivano delle reliquie. Aveva giurato di non rivelare mai ad anima viva ciò che aveva scoperto, in cambio del silenzio sul proprio segreto che le aveva procurato non pochi guai. E così suo padre e il suo mondo, quello dorato dell'aristocrazia inglese, non avrebbero mai saputo quale disastro Lucy aveva combinato nel tentativo di parlare con lo spirito del suo amante.

    Era a conoscenza solo di pochi dettagli confusi sui Guardiani della Confraternita. Erano una società segreta esoterica composta da tre membri: Black, Sussex e il marchese di Alynwick.

    Erano impegnati in attività misteriose e pericolose. Per quel poco che Lucy sapeva, proteggevano un calice e un pendente di onice, che era l'essenza del male. Ma per quale motivo non le era dato di saperlo.

    Black, che aveva da poco sposato Isabella, la cugina di Lucy, era stato ferito da un colpo di pistola in un increscioso episodio avvenuto due settimane prima. Ormai quasi completamente guarito, fingeva che non fosse successo niente e Isabella, da brava moglie devota, era rimasta ostinatamente muta con la cugina.

    Quanto al pendente... Lucy sapeva che apparteneva alla famiglia di Black e che conteneva dei semi presumibilmente dotati di poteri magici. Lei lo aveva rubato e aveva ingerito uno dei semi, sperando di poter realizzare il suo desiderio di rivedere il suo amato.

    Quell'iniziativa imprudente e avventata le aveva provocato un pericoloso delirio, nausea e vomito per giorni. Le sembrava di essere posseduta e Black e Sussex erano allarmati e preoccupati per il suo comportamento. Ma, alla fine, aveva comunque raggiunto il suo obiettivo perché aveva scoperto che Thomas era vivo!

    Però i Guardiani della Confraternita lo stavano cercando e al tempo stesso la tenevano sotto sorveglianza, sospettando che Thomas potesse contattarla. Quando Sussex le aveva restituito il fazzoletto l'aveva anche informata che l'uomo che lo aveva lasciato cadere era colui a cui i Guardiani stavano dando la caccia. Era loro nemico, e Lucy sapeva che si trattava di Thomas. Doveva proteggerlo dal duca e dai suoi due amici, che erano uomini potenti e influenti mentre il suo amato era un artista privo delle conoscenze e del potere che i Guardiani avevano grazie al loro titolo nobiliare e alla loro ricchezza.

    Sì, quella pesante cancellata di ferro stava a guardia della casa di lord Black contro i nemici, come un ponte levatoio davanti a un castello. E Black non l'avrebbe mai lasciata aperta...

    Il marchese guardava Lucy con aria preoccupata, e alla fine non poté più tacere. «Ho notato che Sussex non è più passato a trovarci, Lucy.»

    Lei mantenne lo sguardo fuori dal finestrino e non rispose. Non voleva parlare del duca con suo padre.

    «Spero che non abbiate avuto una rottura» insistette lui.

    «Non credevo che tra noi ci fosse qualcosa che potesse rompersi» replicò lei.

    La sua battuta ironica le fece guadagnare un'occhiataccia da parte del padre. «Certo non rendi la vita facile a quel pover'uomo tenendolo a distanza» brontolò. «Sta cercando di corteggiarti, ma tu sei troppo ostinata per accorgertene.»

    «Ti assicuro che ne sono perfettamente consapevole, papà. Le tue allusioni non hanno mai lasciato adito a fraintendimenti. So benissimo che vuoi che sposi il duca.»

    «Lo dici con tale disprezzo, come se fosse un bifolco! Invece è un nobiluomo ricco e stimato.»

    A quel commento, Lucy ripensò all'amico della sua adolescenza, Gabriel, il garzone del macellaio. Avevano così tanto in comune, nonostante provenissero da ceti sociali diversi! Entrambi erano soli e malinconici, e si capivano perfettamente, cosa che non poteva certo dire del duca di Sussex.

    «Non sarei affatto contraria a unirmi in matrimonio a un uomo che non fosse nobile, se nutrisse un affetto sincero nei miei confronti» replicò.

    «Affetto!» sbottò suo padre, irritato. «Siamo ancora a questo punto? Potevo provare una certa indulgenza per tuoi sogni romantici di un amore da favola quando avevi dodici anni, ma ora sono riprovevoli. Il matrimonio è un'istituzione...»

    «Anche le prigioni sono istituzioni» lo interruppe Lucy, altrettanto infastidita da quei discorsi.

    Non voleva accettare un'unione che fosse un'istituzione. Desiderava legarsi per la vita a un uomo che l'amasse e la comprendesse, per condividere con lui i segreti più intimi del suo corpo e del suo cuore.

    Il marchese sospirò, ma, invece di capire le sue ragioni, le fece nuovamente la paternale per cercare di convincerla a rispettare i doveri che le richiedeva la sua posizione sociale. A Lucy parve di essere tornata indietro nel tempo a tanti anni prima, quando era distesa sul letto e soffocava i singhiozzi con il viso affondato nel cuscino, dopo che suo padre aveva scacciato in malo modo l'unico amico che avesse mai avuto, Gabriel. Essere privata del suo affetto e della sua amicizia l'aveva condizionata moltissimo. Era stato terribile vederlo andar via per non tornare mai più. Suo padre si era comportato male nei suoi confronti, ma Lucy non aveva avuto la forza di protestare contro quell'ingiustizia. Invece di ribellarsi e fuggire di casa per decidere del proprio futuro, era rimasta raggelata, piena di rabbia impotente. Era come se il suo cuore fosse stato stretto da una morsa di ghiaccio e ora, anni dopo, era ancora debole e inerme, costretta a sopportare sempre la stessa predica sui doveri e le responsabilità di una nobildonna.

    «Ti ricordo, Lucy, che ogni ceto sociale ha i suoi obblighi, e il dovere della figlia di un marchese è quello di fare un buon matrimonio per tramandare alla discendenza il suo titolo e il patrimonio. Quindi sposare un duca è ciò che puoi fare tu per rispettare il tuo ruolo.»

    Quante volte aveva dovuto sentirsi dire che la sua esistenza futura era basata sul suo matrimonio e la sua posizione sociale? Era decisamente mortificante!

    «Non potrai mai trovare un uomo migliore di Sussex, credimi. Ha una reputazione impeccabile, un albero genealogico di tutto rispetto. È noto e stimato in società, ricco e altolocato...»

    «E gelido come il Polo Nord» concluse Lucy.

    «È solo attento alla forma e alle regole del vivere civile, come si conviene a un uomo del suo rango.»

    «Ed è per questo che mi guarda solo per rimproverarmi e farmi notare le mie mancanze?»

    «Non è colpa sua, non può farne a meno, quell'uomo è un paragone di virtù.»

    «Allora come posso sposarlo? Non sono la moglie ideale per lui.»

    «Invece sì. Hai una cospicua dote e vieni da una famiglia nobile di antico lignaggio. Tuo figlio erediterà il ducato di Sussex, ma anche il mio titolo. Oltretutto sei una bellissima ragazza. Cos'altro può volere di più un uomo?»

    Lucy si voltò lentamente per guardare suo padre negli occhi. «C'è altro alla base di una possibile unione tra noi, oltre alle questioni materiali?»

    Il marchese di Stonebrook avvampò, irritato, e strinse il pomo del bastone da passeggio nella mano guantata. «Lucy,per favore, basta con queste baggianate» sbottò. «È ora che tu prenda seriamente in considerazione il tuo matrimonio. Non vivrò per sempre, sai, e non vorrei andare al Creatore senza sapere che ti sei sistemata.»

    «Con un uomo che mi ama? Che mi starà vicino e mi darà affetto e conforto quando tu non ci sarai più?» lo provocò Lucy.

    «No, con un uomo perbene che provveda a te e ti faccia vivere negli agi come meriti.»

    Certo, pensò Lucy. Secondo i criteri di suo padre, il suo futuro marito avrebbe dovuto controllarla, l'avrebbe fatta vivere entro i rigidi confini dell'alta società, proprio come aveva fatto lui finora. Per Stonebrook, Sussex era il candidato ideale, anche se tra loro non c'era la minima attrazione né affetto. Lucy ricordava ancora che, la sera in cui Sussex l'aveva informata in tono perentorio che non le avrebbe più permesso di partecipare a sedute spiritiche una volta che fossero stati sposati, l'aveva baciata, ma lei non aveva sentito altro che le sue labbra rigide, strette in una linea dura mentre lui le premeva contro la sua bocca. Non era stato certo un bacio appassionato né sensuale. Il duca l'aveva tenuta goffamente tra le braccia, tutto rigido e impettito, come se per lei provasse solo disprezzo e non desiderio.

    «Inviterò a cena Sussex e sua sorella» insistette il padre. «Vedrai, mia cara, Sua Grazia sarà un ottimo marito.»

    «E io non avrò voce in capitolo, immagino» commentò Lucy con amarezza.

    «Esatto, e sai perché? Dopo quello che hai combinato due settimane fa, non possiamo fidarci del tuo discernimento. Sposerai Sussex, com'è mio desiderio. Vedrai, con lui sarai felice, mia cara. Ah, ecco finalmente!» sospirò il marchese, sollevato. «Il valletto sta finalmente aprendo il cancello.» Prese l'orologio dal taschino del panciotto, fece scattare il coperchio per controllare l'ora, poi lo richiuse e sbuffò, impaziente.

    «Posso andare a piedi fino alla porta» replicò Lucy, stizzita dal fatto che non si curava di nascondere la sua fretta. «E comunque sappi che il discorso non finisce qui.»

    «Non dire sciocchezze. Ci vuole solo un minuto per percorrere il vialetto.»

    «Non sono una bambina» protestò lei.

    L'espressione di suo padre le fece capire che lui pensava l'esatto contrario. La fissava con le cespugliose sopracciglia bianche aggrottate e serrava le labbra per l'irritazione, facendo fremere i folti basettoni. A Lucy sembrava quasi di poter sentire la sua replica, come se le stesse rispondendo ad alta voce.

    Invece sì, o non ti saresti trovata nei guai quindici giorni fa.

    Guai..., pensò Lucy. Era un termine riduttivo per la situazione in cui si trovava. Su questo, però, suo padre aveva ragione. Si era comportata in maniera impulsiva, ostinata e, sì, anche infantile.

    «Bambina mia, mi preoccupo solo della tua salute, tutto qui» disse Stonebrook mentre la carrozza ondeggiava lentamente lungo il vialetto di ghiaia fino a fermarsi davanti al portone della casa di lord Black. «Ti vedo, sai? Da mesi non mi sembri più tu. So che preferiresti parlare dei tuoi crucci con tua madre, ma purtroppo non c'è più. Però sai che lady Black ti ascolterà e ti darà il suo appoggio e magari anche qualche saggio consiglio. Sono sicuro che, se i tuoi problemi riguardano Sussex, Isabella concorderà con me che tu e il duca sareste una coppia perfetta.»

    Lucy trattenne a stento una smorfia. Suo padre non aveva idea di cos'era successo mesi addietro tra lei e Thomas, e poteva solo sperare che non venisse mai a sapere che gli aveva concesso la sua virtù. Non avrebbe potuto capire né accettare il suo bisogno di amore e di passione sfrenata. Il fatto che la consegnasse a Isabella affinché sua cugina le facesse intendere ragione era un esempio del suo modo di essere genitore, senza sensibilità né pazienza.

    «Ah, eccola!» esclamò il marchese, sollevato, vedendo Isabella sulla soglia.

    Lucy guardò sua cugina e le parve radiosa come sempre, da quando si era sposata. Aveva l'espressione di una donna amata appassionatamente, e Lucy voleva provare le stesse sensazioni. Avrebbe avuto un amore così, si disse con determinazione.

    «Zio, Lucy, buongiorno» li salutò dopo che un valletto ebbe aperto lo sportello della carrozza. «Accomodatevi.»

    «Non posso, Isabella, vado di fretta. Affido Lucy alle tue cure» rispose il marchese.

    La carrozza ripartì subito e Isabella fece strada a Lucy verso il salottino, dopo che Billings, il maggiordomo, ebbe preso in consegna il suo mantello, l'ombrello e il cappellino.

    «Quindi, ti sei accordata con mio padre per farmi da balia?» esclamò Lucy, sedendosi.

    Isabella la guardò sorpresa. «Oh, Lucy! Come puoi dire una cosa simile? La tua compagnia mi fa sempre piacere!»

    «Lo dico perché da due settimane sei praticamente la mia governante e la mia dama di compagnia, e sospetto che tu ti sia alleata con mio padre per caldeggiare il mio matrimonio con il duca di Sussex.»

    Isabella si sedette sul divano accanto a lei e abbassò lo sguardo per un istante, poi tornò a fissare la cugina con aria seria. «Tuo padre vuole solo il meglio per te e, dopo il tuo delirio causato dall'avvelenamento, è stato molto preoccupato. Ha capito che c'è qualcosa che non va, Lucy.»

    «Mi sorprende che si sia reso conto del mio stato d'animo, considerato che non è mai a casa e, quando mi degna della sua presenza, è sempre chiuso nel suo studio e non parla mai con me per sapere come sto veramente» replicò Lucy, acida.

    Isabella le prese la mano e le sorrise con dolcezza. «Non nutrire rancore nei suoi confronti, non è l'unico a essere in pensiero per te. Anch'io sono preoccupata. C'è qualcosa che posso fare per te?»

    Lucy era sulle spine. L'atteggiamento comprensivo della cugina le faceva venire voglia solo di scappare via. Non voleva essere compatita.

    «Se vuoi aiutarmi, puoi cercare di far ragionare mio padre sul fatto che non intendo diventare la duchessa di Sussex. È un'idea assurda.»

    «Assurda? Io direi geniale, piuttosto.»

    «Non lo diresti se fossi tu costretta a sposare quel pesce lesso» brontolò Lucy.

    Isabella le lanciò un'occhiata maliziosa. «Il duca è molto bello» commentò.

    Lucy la fulminò con lo sguardo. «Ci si accontenta della bellezza solo se si è molto ingenui o superficiali» sentenziò.

    Persino alla sua prima cotta, quando aveva dodici anni, non era rimasta colpita da Gabriel solo perché era un bel ragazzo. Più che il suo viso, non aveva mai dimenticato il suo sguardo triste, la sua estrema sensibilità, la malinconia che traspariva dalle sue profonde iridi grigie, che brillavano nelle orbite infossate per gli stenti.

    «Qualsiasi donna, a ogni età, apprezza un uomo aitante» replicò Isabella.

    «Purtroppo i requisiti che pretendo dal mio futuro marito vanno oltre l'aspetto fisico.»

    «Ma sei d'accordo con me che il duca di Sussex è affascinante.»

    «Sì, è bello, ma è anche noioso, gelido, poco passionale, insensibile, severo, troppo attento alle convenzioni. Devo continuare?»

    Isabella scoppiò a ridere e sollevò le mani in segno di resa. «Non gli rendi giustizia, povero duca! Come puoi dire che Sussex è poco passionale? Non siete fidanzati, quindi non puoi sapere come si comporta nell'intimità» insinuò.

    «Mah, lo dici proprio tu? Forse lord Black non ti ha manifestato la sua passione prima del vostro fidanzamento ufficiale?» ribatté Lucy.

    Isabella arrossì. «È diverso» replicò con sussiego.

    «No, non lo è affatto» insistette Lucy.

    «E comunque stiamo parlando di te, non di me.»

    «Allora lascia che ti informi di ciò che desidero. Voglio un uomo come Black, che mi guardi con l'ardore con cui tuo marito guarda te. Il mio matrimonio dovrà essere basato sull'amore e sulla fiducia, nonché su una passione profonda e intensa come una fiamma... come il tuo. Ora che conosci l'estasi del vero amore, come puoi chiedermi di privarmene?»

    Isabella sospirò. «Non oserei mai affermare che sia giusto che una donna debba rinunciare a ciò che tutte desiderano e meritano, ma non posso negare che il mio istinto mi dice che tra te e Sussex potrebbe divampare la passione che tanto brami se gli darai la possibilità di dimostrarti la sua vera natura.»

    Lucy sbuffò, spazientita. «Ma non possiamo parlare d'altro? Ho già passato buona parte della mattinata a discutere di quest'argomento con papà e sono stanca di ripetere sempre le stesse cose. Più insisti e più mi metti di cattivo umore!»

    «Come desideri» acconsentì Isabella, indulgente. «Mettiamo momentaneamente da parte il discorso di Sussex e delle sue doti come marito.»

    «Ti ringrazio. Ti sono obbligata per avermi dato tregua» replicò Lucy, ironica.

    «Purtroppo devo informarti che non durerà molto. Dopo essermi sposata sono più che mai fermamente intenzionata a fare di tutto pur di vederti felice come me.»

    Isabella le sorrise e Lucy, benché fosse contenta per lei, avvertì un moto di invidia per la felicità della cugina e per l'amore che la legava a lord Black. Tra lei e suo marito, c'era una passione profonda e indissolubile.

    «Intanto pensiamo a come passare la giornata» disse Lucy. «Non ho molta voglia di bere tè tutto il giorno guardando la pioggia che batte contro i vetri. Cosa vogliamo fare? Hai qualche idea?»

    «Veramente, sì. Appena ho visto che stavi arrivando, ho mandato un biglietto a Elizabeth tramite un valletto, per annunciarle che le avremmo fatto visita in tarda mattinata per prendere il tè e fare due chiacchiere.»

    Si sarebbero recate a casa del duca di Sussex?, pensò Lucy con un tuffo al cuore. Di tutta Londra, era l'unico posto in cui non avrebbe voluto mettere piede. Tuttavia desiderava rivedere Elizabeth. Inoltre, quella giornata uggiosa, con la pioggia sempre più fitta che picchiettava contro i vetri, l'avrebbe resa terribilmente malinconica se non avesse trovato il modo di distrarsi.

    Lucy non voleva essere lamentosa, sempre cupa e imbronciata. Avrebbe voluto farsi vedere forte e raggiante da Thomas, quando fosse tornato. Ma, soprattutto, desiderava essere diversa, stupirlo con una nuova personalità più forte e sicura di sé, sbarazzandosi di tutto ciò che le creava angoscia e delle influenze del passato, come una splendida farfalla che esce dal bozzolo.

    «Che ne dici?» la incalzò Isabella.

    Lucy si alzò e le sorrise, stavolta con sincerità. «Sì, mi sembra una buona idea fare visita a Elizabeth. Sarà il modo giusto per portare un raggio di luce in questa giornata tetra. Inoltre sono ansiosa di rivelarvi un pettegolezzo riguardo alla festa dai Mooreland a cui ho partecipato ieri sera. So già che tu ed Elizabeth penderete dalle mie labbra mentre berremo il tè.»

    «Dai, racconta!» esclamò Isabella. «Solo una

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