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Una notte per conquistarti: Harmony Collezione
Una notte per conquistarti: Harmony Collezione
Una notte per conquistarti: Harmony Collezione
E-book166 pagine2 ore

Una notte per conquistarti: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

In fuga in una città sconosciuta, Laurel Forrester non può fare altro che chiedere aiuto a quello che per un breve periodo è stato il suo fratellastro, Cristiano Ferrero. Tra loro c'è sempre stata una strana alchimia, anche se lui la crede un'opportunista e una manipolatrice proprio come sua madre...

Cristiano desidera Laurel con ogni fibra del proprio corpo, pur disprezzandola allo stesso tempo. Deciso a cancellarla dalla sua mente, le chiede di concedergli una notte, una sola notte per soddisfare ogni desiderio più recondito e placare così la sete che li consuma. Ma le cose non vanno secondo i suoi piani e la voluttuosa resa di Laurel non fa che accrescere il suo desiderio.
LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2018
ISBN9788858989159
Una notte per conquistarti: Harmony Collezione
Autore

Kate Hewitt

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una notte per conquistarti - Kate Hewitt

    successivo.

    1

    Laurel Forrester scattò verso l'ascensore, precipitandosi fuori dalla porta della stanza d'albergo. Respirava affannosamente e i tacchi vertiginosi che sua madre l'aveva costretta a indossare continuavano a farla inciampare.

    Sentì la porta aprirsi alle sue spalle e subito dopo dei passi che la seguivano.

    «Torna qui, piccola stupida...»

    Con un singhiozzo terrorizzato, Laurel trovò la forza di fare uno scatto. Le porte nere e lucide dell'ascensore erano davanti a lei, come una promessa di libertà.

    «Aspetta solo che...»

    Si sforzò di ignorare le minacce di Rico Bavasso e premette più volte il bottone con dita tremanti. Ti prego, ti prego, apriti e salvami...

    Bavasso arrivò alle sue spalle, muovendosi rapida-mente per un uomo di sessant'anni. Laurel osò voltarsi a guardarlo, ma si pentì di averlo fatto. Tre graffi gli solcavano una guancia, opera sua, e da uno di questi uscivano piccole gocce di sangue.

    Ti prego, ti prego, apriti. Se le porte non si fossero aperte non sapeva cosa sarebbe accaduto. Avrebbe lottato e sarebbe caduta combattendo, perché non c'era modo che potesse spuntarla. Bavasso era più vecchio, ma era anche molto più grande, forte e arrabbiato, mentre lei era magrolina e superava di poco il metro e cinquanta.

    Come per miracolo, le porte si aprirono e lei si buttò all'interno. Premette ogni pulsante, qualsiasi cosa pur di andarsene dall'inferno che si era scatenato dopo gli approcci di Bavasso e la sua insistenza nel volere ciò che gli era stato promesso. Da sua madre.

    Un rigurgito di bile le salì in gola, ma lei lo represse. Premette freneticamente il bottone di chiusura porte, mentre Bavasso si avvicinava sempre più, con un ghigno soddisfatto dipinto sul volto e un braccio teso per impedire alle porte di chiudersi. Lei si ritrasse contro la parete, sentendosi come un animale in trappola.

    «Ti ho presa, piccola...»

    Laurel si sfilò una scarpa e conficcò il tacco appuntito nella mano di Bavasso. Lui si ritrasse con un gemito, le porte dell'ascensore si chiusero e lei poté finalmente respirare. Era salva, salva.

    Le sfuggì un singhiozzo, allo stesso tempo di paura e di sollievo, al pensiero di quello che le era appena successo e di quello che sarebbe potuto succederle. Le gambe le tremavano. Si lasciò scivolare sul pavimento e si rannicchiò in un angolo. C'era mancato davvero poco.

    Ma non era ancora fuori pericolo. Doveva uscire da quell'hotel e andarsene da Roma. La sua borsa era rimasta nella camera di Bavasso e nell'atrio c'erano ancora le sue guardie del corpo, che probabilmente aspettavano solo che lei si facesse viva.

    Cosa avrebbe fatto Bavasso? Nei due giorni in cui lo aveva conosciuto era stato molto galante, anche se effettivamente le aveva dedicato più attenzioni di quante lei ne gradisse, considerando che era l'ultimo interesse sentimentale di sua madre. Dava anche l'impressione di essere un tipo arrogante e supponente, e lei temeva che non avrebbe lasciato correre.

    E che ne sarebbe stato di sua madre? Elizabeth era al sicuro? Bavasso si sarebbe rifatto su di lei, o lei stessa era coinvolta, come lui aveva suggerito?

    Mi prendo solo quello che tua madre mi ha promesso.

    Certo che no. Davvero sua madre sarebbe stata capace di venderla come un animale da macello? Laurel gemette poi si coprì il viso con le mani, schiacciata dal peso degli eventi di quella sera. Non avrebbe mai dovuto accettare di andare a Roma, a recitare una parte per ottenere ciò che voleva. Eppure l'aveva fatto. Aveva soppesato le possibilità nella sua mente e aveva deciso che ne valeva la pena. Un ultimo favore e finalmente sarebbe stata libera. Solo che ora non era libera. Non era mai stata così lontana dall'esserlo.

    Le porte si aprirono e Laurel alzò la testa di scatto, nel timore di vedere Bavasso dall'altra parte. Ma con suo grande sollievo lui non c'era. L'ascensore l'aveva portata direttamente in quella che sembrava un'altra suite, grande il doppio di quella da cui era appena scappata, e ancora più lussuosa.

    Si fece coraggio e cercò di ricomporre quel che restava del luccicante vestitino argentato, anche quello scelto da sua madre. Ora temeva di capire il perché.

    Sapeva di non poter restare nell'ascensore così, con cautela, fece un passo in avanti. In qualunque direzione guardasse vedeva enormi finestre a tutta parete, da cui si godeva un panorama mozzafiato della città eterna e delle sue luci nell'oscurità.

    Nella stanza c'erano diversi divani in pelle nera e l'ambiente era illuminato solo da alcune lampade da tavolo dal design minimale, perciò impiegò qualche secondo a capire di non essere sola.

    C'era un uomo in piedi al centro della stanza. Indossava un paio di pantaloni scuri e una camicia grigia con il colletto aperto. I suoi capelli erano neri e corti, i suoi occhi grigi come la camicia.

    Teneva le braccia incrociate sul petto, cosa che faceva risaltare i suoi notevoli bicipiti. Tutto in lui emanava un'aura di potere. Controllo. Pericolo.

    A Laurel mancò il fiato e restò immobile. Un misto di sollievo e paura si fece largo dentro di lei. Che fosse proprio...?

    Poi lui parlò, con voce calda ma allo stesso tempo decisa. Il tono era allo stesso tempo autorevole e sensuale. «Ciao, Laurel.»

    Lei ebbe un piccolo sussulto di sorpresa, anche se in cuor suo aveva capito fin dall'inizio chi aveva di fronte. Non poteva che essere lui. Pur conoscendolo appena, sentiva una strana connessione tra loro.

    «Cristiano.» Fece una risatina sollevata. L'adrenalina che ancora aveva in corpo la faceva tremare. O forse era lui a farle quell'effetto. «Grazie a Dio.»

    Lui aggrottò un sopracciglio poi fissò il suo vestito malridotto. «Le cose sono leggermente sfuggite di ma-no?»

    Lei abbassò lo sguardo e si rese conto dello stato in cui era. Il vestito era strappato e lasciava vedere molto più di quanto avrebbe dovuto. Non indossava nemmeno il reggiseno, solo un sottilissimo perizoma. E a giudicare dal suo sguardo severo anche il suo fratellastro lo sapeva, e non ne era particolarmente entusiasta.

    Fece un lungo respiro, cercando di ricomporsi. «Non sapevo nemmeno che fossi qui.»

    «Ah no?»

    «No, certo che no...» Laurel si accigliò, irritata dal suo tono sarcastico. Si ricordò l'ultima volta che l'aveva visto, dieci anni prima, quando per uno stupido gioco tra adolescenti lei, quattordicenne, si era gettata su di lui, un uomo di ventitré anni.

    «Non so nemmeno dove mi trovo» continuò, cercando senza successo di abbozzare un sorriso.

    «Sei nell'attico dell'Hotel La Sirena. Nel mio appartamento privato, per la precisione.»

    «Oh...» Aveva premuto quel pulsante? Ma perché ave-va avuto accesso al piano?

    «Sono contenta che le porte si siano aperte qui. Molto contenta.»

    «Non ne dubito.» C'era una strana nota di sarcasmo nella sua voce. Era come se si stesse riferendo a qualcosa che lei avrebbe dovuto capire. A meno che stesse pensando a quella cotta di tanti anni prima. Ma non credeva che il goffo tentativo di baciarlo da parte di una ragazzina fosse rimasto nella sua memoria per più di un secondo.

    «Ti dispiace se mi do una pulita? Mi sento...» Sporca. Si sentiva sporca. Ma non c'era bisogno che Cristiano lo sapesse. E dal suo sguardo era chiaro che già lo pensava. Laurel era ben conscia di quanto fosse provocante e inappropriato il suo vestito, ma lui aveva forse il diritto di giudicarla? In effetti, considerando come si era comportata quella sera, forse sì.

    «Prego» disse Cristiano, indicando con un gesto il corridoio. «Troverai tutto quello che ti serve in uno dei bagni.»

    «Grazie» rispose lei imbarazzata.

    Era solo per il modo in cui era vestita, che lui era così freddo, o c'era un'altra ragione? Non avevano mai avuto un rapporto particolarmente stretto. Anzi, nei tre anni in cui sua madre era stata sposata al padre di lui, si erano incontrati solo un paio di volte. Una di queste dopo le nozze, quando Cristiano se n'era andato imbufalito dopo una feroce discussione con il padre, Lorenzo Ferrero. L'altra quando era tornato a casa per qualche mese e lei aveva fatto un disperato tentativo di far colpo su di lui.

    Sei mesi più tardi Lorenzo aveva divorziato da Elizabeth, e così erano tornate entrambe in Illinois senza un soldo in tasca. Ferrero aveva fatto firmare a Elizabeth un accordo prematrimoniale a prova di bomba.

    Cristiano continuava a guardarla a braccia conserte. Cosa si aspettava le dicesse? Non aveva mai espresso alcun tipo di interesse o preoccupazione nei suoi confronti. Per lui era praticamente un'estranea, e lei lo conosceva perché, per curiosità o forse per qualche ragione più nascosta, aveva seguito tutta la sua carriera di incorreggibile playboy sui giornali. Era sempre stata affascinata da quell'uomo misterioso che le circostanze avevano portato marginalmente nella sua vita, quando lei era un'adolescente insicura sul punto di diventare una donna.

    Era stupita di trovarsi nell'attico. Già prima d'incontrare Bavasso sapeva che quell'hotel era una delle tante proprietà di Cristiano, ma non avrebbe mai immaginato di vederlo di persona.

    Lui curvò la bocca in un sorriso privo di calore. «Non hai detto di volerti rinfrescare?»

    «Sì.» Laurel si scosse, realizzando che lo stava fissando. D'altra parte come si poteva non fissare un uomo così brutalmente bello, così attraente nella sua arroganza? La seta della sua camicia gli accarezzava i pettorali e i pantaloni stretti evidenziavano le sue gambe muscolose. Ma più che quel corpo possente, era l'aura di potenza e sensualità che emanava a calamitare lo sguardo di Laurel.

    Era ancora più affascinante di dieci anni prima. Aveva guadagnato una fortuna investendo in proprietà, case da gioco e alberghi, tutti di prima categoria.

    E aveva avuto, stando ai giornali, decine e decine di donne, attrici americane e modelle europee, nessuna delle quali però era durata più di una decina di giorni.

    Si riscosse dal suo stato di torpore e si voltò. «Grazie...» mormorò, avviandosi lungo il corridoio.

    Cristiano guardò Laurel allontanarsi come un coniglietto impaurito. Un coniglietto molto sexy, dovette ammettere con se stesso. La brama di averla che provava, era molto più grande di quanto si fosse aspettato.

    Quando lui l'aveva vista varcare la soglia dell'albergo quella sera, vestita come una sgualdrina e insieme a un uomo che a dir poco lo nauseava, un lungo brivido gli aveva attraversato la schiena.

    Anche se erano passati dieci anni, l'aveva riconosciuta subito.

    Lo stupore aveva lasciato subito spazio alla delusione, un disappunto del tutto ingiustificato perché non aveva motivo di pensare che Laurel fosse diversa da sua madre, un'avida approfittatrice sempre in cerca della preda migliore.

    Per questo aveva tagliato tutti i legami con suo padre. L'ultima cosa che voleva era finire come Lorenzo Ferrero, alla perenne e disperata ricerca del vero amore e del lieto fine. Lui non avrebbe permesso a nessuno di usarlo, ferirlo e umiliarlo. E per che cosa, poi? Una vaga emozione che non esisteva, o che avrebbe fatto meglio a non esistere. L'amore.

    Si avvicinò alla finestra, pensieroso. Quella sera l'aveva studiata, aggrappata al braccio di Bavasso, impegnata in un goffo tentativo di seduzione. Forse aveva delle qualità, ma di certo non era una brava attrice.

    Bavasso ovviamente si era bevuto tutto. Lui era rimasto a osservare la sua sorellastra e il suo accompagnatore dalle telecamere di sicurezza dell'hotel. Per quale motivo? Non sapeva spiegarselo, ma non era riuscito a farne a meno.

    Quando l'aveva visto trascinarla verso l'ascensore gli si era gelato il sangue nelle vene. Lei sorrideva. Per qualche motivo, quel sorriso lo aveva colpito nel profondo.

    Non sapeva cos'avessero fatto in camera, ma poteva immaginarlo facilmente. Tuttavia era rimasto a fissare le immagini delle telecamere, e così l'aveva vista fuggire come se fosse inseguita da un branco di lupi,

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