Autostop per il paradiso (eLit): eLit
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Titoli legati
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2)Fiocco rosa fuori programma - A proposito di Bridget...
3)Autostop per il paradiso - A proposito di Bridget...
4)A proposito di Rita - A proposito di Bridget...
5)Un affare ingombrante - A proposito di Bridget...
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Anteprima del libro
Autostop per il paradiso (eLit) - Cheryl Anne Porter
successivo.
1
«Questo non sta succedendo a me.»
Forse Darcy poteva provare a chiudere gli occhi e, magari, con un po' di fortuna, quando li avesse riaperti avrebbe scoperto che era stato solo un incubo. Era lì da sola, in una zona desertica del sud ovest dell'Arizona. Era una giornata limpida e molto calda, un giovedì di maggio. La macchina le si era bloccata in mezzo al nulla. E ora aveva le doglie. Stava per partorire.
«Non farti prendere dal panico, Darcy» disse a se stessa, respirando affannosamente. Non farti prendere dal panico? Il mio bambino sta per nascere, potrebbe decidere di venire al mondo da un momento all'altro, e io sono appiccicata al sedile della mia decappottabile di seconda mano. Le portiere sono aperte. E mia madre mi sta aspettando in città per pranzo. Che cosa ho dimenticato? Oh, solo il cellulare. Quindi... va tutto a meraviglia.
Non appena ebbe il quadro completo della situazione in cui si trovava, sentì il bisogno di iperventilarsi. «Oh, Dio, sono in preda al panico. Non devo lasciarmi prendere dal panico. Devo...» Non capiva più nulla. «Che cosa devo fare? Continuare a parlare. Devo continuare a parlare. Magari qualcuno verrà. Qualcun altro oltre a questo bambino. Le portiere sono aperte e la capote sollevata. Si fermeranno. Ah, un'altra contrazione. Ah, bambino mio, non ora. Per favore, non fare la tua apparizione proprio ora. Per favore.»
Ma il bambino sembrava non prestare la minima attenzione alle sue parole, e faceva del suo meglio per nascere al più presto. Il corpo di Darcy sembrava abbandonarsi alle contrazioni, nonostante lei cercasse di respirare con regolarità e di rallentare l'inevitabile. Non voleva aiutare la figlia a nascere proprio in quel momento. Inoltre, le avevano detto che mancavano ancora due settimane. Il bambino però, anzi, la bambina, sembrava avere scelto proprio quel giorno. E il video sul parto che aveva guardato con sua madre non le sarebbe stato di nessun aiuto.
Nel video il parto avveniva in una sala attrezzata dell'ospedale, e nessuno aveva previsto situazioni di panico come quella nella quale lei ora si trovava. Stava per diventare mamma. Una mamma single. In ogni senso. I dolori venivano e passavano. Darcy si abbandonò sul sedile, respirando con affanno e piangendo. Poi udì qualcuno strillare: «Per favore qualcuno mi aiuti!». Si guardò attorno e realizzò che la voce era la propria.
All'improvviso udì uno stridio di ruote, e vide della polvere sollevarsi, poi la sagoma di un pickup ormai fermo. Qualcuno era arrivato.
«Aiuto! Per favore, aiutatemi. Il mio bambino...» Non riuscì ad aggiungere altro. Speriamo che non si tratti di una troupe cinematografica, o di una banda di ex detenuti.
In quell'istante l'ombra di una figura alta si stagliò davanti a lei, e udì un fischio. «Santo cielo. Signora, lei sta per avere un bambino.»
«Lei crede?» disse Darcy a fatica. Poi, cercando di sollevarsi, si appoggiò sui gomiti. Un ragguardevole esemplare maschile con un cappello da cowboy la guardava. «Ah, ora mi è tutto chiaro... Per un momento, ho creduto di aver mangiato troppo piccante... Ahi.» Si abbandonò di nuovo sul sedile. «Oh, no. Un'altra... contrazione... mi aiuti... per favore... il mio bambino!»
«Sì, signora. Resista. La aiuterò io.» L'uomo indietreggiò, e scomparve.
«No» piagnucolò Darcy, incapace di muoversi. «Torni indietro. Non mi lasci sola.»
Nonostante il dolore che la rendeva isterica, udì il rumore di un portellone aprirsi. Per alcuni secondi calò un silenzio di tomba. Poi, pochi minuti dopo, il cowboy ricomparve. Questa volta era alle sue spalle. Non aveva più il cappello, e il suo viso la guardava dall'alto. Le infilò le mani sotto le spalle, sostenendola. «Quando le passerà questa contrazione, si prepari ad aiutarmi a trasportarla. La sistemerò nel mio furgone. Ho disteso una coperta per lei.»
Darcy scosse la testa, e si inumidì le labbra aride. «No. Non posso muovermi. Il mio bambino. La mia bambina...»
«Devo spostarla. Non c'è spazio qui. Il mio furgone è praticamente nuovo ed è pulito. Lì avrò più spazio per operare.»
Operare? Un termine medico. Darcy respirò rapidamente. Grazie al cielo... un dottore. Il mondo, dopotutto, era un bel posto. «È un dottore?»
«Si rilassi» le disse lo sconosciuto. «Risparmi le forze. E... no, signora, non sono un medico, sono un allevatore. Bene, eccoci. Uno. Due...»
Un allevatore? Un allevatore che crede di operare? Perché operare? Cosa c'è che non va? Il mio bambino. Qualcosa non va con il mio bambino?
«Tre.» La sollevò in piedi con gentilezza, ma con fermezza. Respirando a fatica, Darcy si spinse lungo il sedile e si aggrappò alle braccia dell'uomo.
«Si sbrighi. Più veloce. Le contrazioni...»
«Sì, signora. Lasci che la prenda. Devo metterle un braccio sotto le gambe così da poterla trasportare. Ecco, così. Così, bene. Benissimo, andiamo.»
Lei non si sentiva pronta. Per niente. Neanche per le doglie e men che meno per il parto. Per non parlare della maternità. «Bene, andiamo» urlò. «Per favore, mi sostenga.»
«Non ti preoccupare, tesoro. Non ti lascerò.»
«Darcy. Il mio nome è Darcy! Non... tesoro.»
Lui la guardò con i suoi occhi blu. Annuì. «Sì, signora. Non volevo mancarle di rispetto... Darcy.»
Pochi secondi dopo la stava trasportando nel suo furgone, senza la minima fatica apparente. La sistemò nella parte posteriore del pickup. Era alto, e riuscì a distenderla senza difficoltà. Sembrava quasi un padre che sistema il proprio figlio nella culla.
Darcy sospirò sollevata, ora che era sdraiata si sentiva molto meglio. Afferrò con le mani i bordi della coperta e cominciò a regolarizzare la respirazione. Lui salì sul furgone, si portò dietro di lei. «La solleverò ancora un po'. Si tenga alla coperta.»
Darcy fece come le suggeriva. Con sicurezza, l'uomo la sollevò e le sistemò un'altra coperta arrotolata sotto le spalle, per tenerla rialzata. «Questo è tutto ciò che posso fare, Darcy. Mi piacerebbe che ci fosse dell'ombra, ma qui sembra impossibile.»
«Io... vorrei solo... che... ci fosse della droga... per rendermi tutto più facile.»
Lui ridacchiò. «È venuta qui per coltivarla?»
Le girò di nuovo attorno e si abbassò vicino a lei. Guardandola negli occhi, le appoggiò una mano sul ginocchio.
«Fletta le gambe, di più... il più possibile. Così. Così va bene. Ora ci appoggi le mani. E si regga. Cerchi di tenere le ginocchia sempre piegate. Come va?»
«Benissimo, vuole... fare cambio?» disse Darcy, respirando con affanno, mentre le fitte non le davano tregua.
«Neanche per il cielo blu del Montana, signora. Va meglio ora. Cerchi di resistere. È molto brava. Respiri regolarmente, renderà tutto più facile al suo bambino. Ha detto che è una femmina?»
Mordicchiando il labbro inferiore, con gli occhi chiusi, Darcy annuì.
«Buon per lei. Una figlia. E come lo sa? Ecografia? O intuizione femminile?»
Il dolore si placò, ma durò solo lo spazio di un secondo. Poi si intensificò di nuovo e Darcy urlò, desiderando potere rinunciare a tutto. Faceva così male. Purtroppo, né il suo corpo né la sua bambina l'avrebbero lasciata in pace. «Ecografia» riuscì a dire infine. «Non ho... alcuna... intuizione femminile. Se l'avessi... non... non mi troverei in questa situazione.»
Il cowboy annuì. «Capisco. Gli uomini sono tutti dei mascalzoni, giusto?»
Darcy scosse la testa. «Non tutti. Solo alcuni.» Poi ricordò qualcosa. «Un minuto fa... nella mia macchina... ha parlato di operare. Ma... va tutto bene? Può dirlo, sa?»
«Ho detto operare? Oh, no. Voglio dire... sì, ma va tutto bene. Be', per quello che io ne posso capire. Ho usato il termine operare per intendere muovermi meglio, agire.»
Sollevata, Darcy sospirò. Poi ripensò a qualcos'altro. «Lo ha già fatto prima?»
«Moltissime volte. Ho perso il conto. Ma l'ho sempre fatto con i vitelli. Allevo bestiame.»
Fantastico. Con i vitelli. E ora con me. Il mento di Darcy cominciò a tremare.
Il cowboy lo notò, e cambiò argomento. «Come è finita in questo pasticcio, Darcy? Intendo qui, in questa strada da sola. Il resto credo non sia affar mio.»
Iniziò un'altra contrazione. Darcy prese a respirare con affanno, sgranò gli occhi e strinse le mani alle ginocchia. «Problemi con l'auto. Il pranzo... Mia madre... Il bambino non doveva... Mancano ancora due settimane.» Oh, mio Dio, non riusciva nemmeno a mettere due parole sensate in fila.
Il cowboy cercò di prestare maggiore attenzione, spostando lo sguardo dal viso di Darcy al luogo dell'azione. «Bene, si vede che sua figlia non ne sapeva niente... Bene, ci siamo. Forza, Darcy, così. Respiri. È bravissima. Sente di dovere spingere?»
«Sì. Ho bisogno di spingere, dannazione. È quello che sto facendo. La schiena! Mi sta uccidendo.»
All'improvviso spalancò gli occhi. Il cowboy l'aveva afferrata sotto le braccia e ora - non poteva crederci - stava cercando di tirarla in piedi, benché accovacciata. «Ovviamente non ho mai avuto un bambino prima, Darcy, tuttavia, so quello che sto facendo.»
«Cosa? Tu... Figlio di... Io ti ammazzo, cowboy!»
Forse non era il momento migliore per imprecare contro di lui e lanciare minacce a vuoto, comunque lui non sembrava prendersela. «Le donne delle tribù indiane dell'Arizona dicono che questa posizione faciliti il parto. E gridi pure, così non penserà al dolore.»
Poi, sostenendola sempre con fermezza, cominciò a massaggiarle la parte inferiore della schiena.
Per quanto fosse difficile crederlo, Darcy ebbe la sensazione di sentirsi meglio in quella posizione. Lo sforzo e il caldo però avevano fiaccato la sua resistenza, ed era certa di non poter rimanere a lungo così. Avrebbe pagato per essere in qualsiasi altro posto, ma non poteva cambiare le cose. Si appoggiò completamente a lui, con la fronte contro la sua spalla e prese a stringergli la camicia. «Mi dispiace» disse tra i singhiozzi. «Di solito non sono così tremenda.»
«Va tutto bene, di solito non aiuto le donne a partorire.»
Darcy tirò su con il naso, contro la sua spalla, mentre qualcosa di completamente fuori luogo le attraversava la mente. «Dov'è il cappello bianco?»
«Sul sedile anteriore.»
Lei annuì, inspirando il profumo maschile del dopobarba. «Come il Lone Ranger.»
Lui bloccò la mano con cui le stava massaggiando la schiena. «Che cosa?»
«Il cappello bianco. Anche il furgone è bianco. Lei dev'essere il Lone Ranger.»
«Il guardiano solitario? Be', di solito non me ne vado in giro per il deserto in cerca di signore da soccorrere.»
«Be', sono contenta che l'abbia fatto oggi. Ha un cellulare? Dovrei chiamare mia madre.»
«Sua madre? Cosa ne dice di un'ambulanza?»
«Mia madre è una volontaria all'ospedale. Penserà lei all'ambulanza.»
«Adesso va meglio. Ne