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Passione e fedeltà
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E-book225 pagine3 ore

Passione e fedeltà

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Info su questo ebook

Dulcinea e Jack sanno che la loro storia non ha futuro, eppure non riescono a resistere alla forte attrazione che provano l'uno per l'altra e finiscono per diventare amanti. Il sentimento che li unisce è così intenso, che quando Jack deve partire per una delicata missione oltre oceano non ci pensa due volte e porta la fanciulla con sé. Ma dopo settimane di passione e di intimità nel ristretto spazio della nave, all'arrivo a destinazione il loro idillio sembra infrangersi di fronte alla vastità del continente americano...
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2018
ISBN9788858980033
Passione e fedeltà
Autore

Bronwyn Scott

Bronwyn Scott is the author of over 50 books. Her 2018 novella, "Dancing with the Duke's Heir" was a RITA finalist. She loves history and is always looking forward to the next story. She also enjoys talking with other writers and readers about books they like and the writing process. Readers can visit her at her Facebook page at Bronwynwrites and at her blog at http://www.bronwynswriting.blogspot.com

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    Anteprima del libro

    Passione e fedeltà - Bronwyn Scott

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Thoroughly Compromised Lady

    Harlequin Historical

    © 2010 Nikki Poppen

    Traduzione di Elena Vezzalini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-003-3

    1

    Londra, primavera 1835

    Jack Hanley, primo Visconte di Wainsbridge, era fermamente convinto che le sale da ballo fossero luoghi d’affari. Escludendo tutti i simboli più frivoli, candelieri, palme in vaso e champagne, una sala da ballo era un ufficio pressoché perfetto. Perché era lì che un gentiluomo conduceva le più importanti transazioni della sua vita: assicurarsi un posto in società e combinare il suo matrimonio. Jack aveva già provveduto alla prima, e non era interessato alla seconda.

    E quella sera non costituiva un’eccezione.

    Jack si fermò sotto l’arco della porta che dava accesso alla sala da ballo di casa Fotheringay, per sistemare la manica della giacca e perlustrare con discrezione la stanza. Stilò un elenco mentale dei presenti.

    Si trattava, a tutti gli effetti, del ritrovo delle solite persone. Situazione perfetta per lui. Quella sera il suo compito riguardava la delegazione venezuelana appena arrivata in città. Gli ordini ricevuti erano: conoscere i componenti e stabilire se ci fosse qualche fondamento nelle voci che circolavano, secondo cui il Venezuela aveva intenzioni bellicose su una questione di confini non ben definiti con la Guyana britannica.

    «Wainsbridge!» Una eccitata voce femminile si alzò dal frastuono delle conversazioni che riempiva la stanza, e la padrona di casa avanzò minacciosa verso Jack, seguita da un branco di femmine. Il visconte soffocò un gemito. L’orda era scesa su di lui prima di quanto si aspettasse.

    Quello era il prezzo da pagare per essere uno scapolo attraente, di recente nominato visconte, che godeva di una certa reputazione presso le dame. In più lui era considerato una novità, perché a causa del suo lavoro per la Corona ben di rado lo si incontrava a Londra.

    «Lady Fotheringay, come siete affascinante questa sera.» Jack accolse la dama stampandosi un sorriso benevolo in volto per nascondere il suo cinismo. Anche le donne, nelle sale da ballo, avevano i loro affari da sbrigare.

    «Voglio presentarvi le mie nipoti, Wainsbridge.» Le piume di struzzo color porpora dell’acconciatura di Lady Fotheringay oscillarono pericolosamente. Erano cinque, tutte con nomi di fiori. Le nipoti, ovviamente, non le piume. Anche se Jack era pronto a credere che quella donna svampita fosse capace di chiamare per nome anche le piume.

    Nel giro di qualche minuto il povero Jack fu circondato da donne che chiedevano a gran voce di essergli presentate. Non c’erano uomini in vista. Probabilmente si erano ritirati a giocare a carte sorseggiando del buon brandy.

    Mentre ascoltava, fingendosi interessato, la dissertazione di Miss Violet Fotheringay sulla moda del momento, Jack pensò a come sottrarsi alle attenzioni di quelle donne esagitate per incontrare la delegazione venezuelana quando all’improvviso la sentì. Era l’inconfondibile risata di Lady Dulcinea Wycroft.

    Nel frastuono la risata si distinse per il suono piacevole e provocante, simile al richiamo delle sirene di Ulisse. Un suono che costituiva un pericolo per uno scapolo avvenente che teneva al suo stato civile. Sempre che la donna in questione avesse intenzione di sposarsi. In realtà, negli ultimi otto anni Dulcinea non aveva mostrato alcuna intenzione di voler rinunciare al suo ruolo di Incomparabile, malgrado avesse avuto diverse occasioni per farlo: sei proposte di cui Jack era al corrente, e probabilmente una sfilza di altre che lui ignorava a causa delle sue lunghe e frequenti assenze dalla capitale.

    Questa riluttanza nei confronti del matrimonio la rendeva ancora più attraente agli occhi di Jack. Se c’era una tentazione alla quale lui faticava a resistere era una donna spiritosa, dall’eloquio facile, che sembrava intenzionata quanto lui a non sposarsi.

    Con estrema cautela, in modo che Miss Fotheringay non se ne accorgesse, Jack cercò di capire da dove venisse la risata. Ah, ecco dove si trovavano gli uomini. Lui non era l’unico a essere assediato.

    Due colonne più avanti nella sala, Miss Wycroft teneva corte circondata dal fior fiore degli scapoli londinesi. Con l’abito da sera di un brillante color melagrana, i lucenti capelli neri come l’inchiostro che riflettevano i bagliori delle candele, quella sera Dulcinea sembrava Elena di Troia in persona.

    Impossibile resistere al suo fascino. Per Jack come per quasi tutti gli uomini di Londra.

    Dulcinea era assediata dagli ammiratori. Se lui era lo scapolo per eccellenza nel bel mondo degli aristocratici, lei era di sicuro la sua equivalente femminile.

    Lo sguardo di Jack tornò a posarsi su Violet, ma i suoi pensieri restarono con Dulcinea. In quanto amico di lunga data del fratello, il Conte Brandon, Jack l’aveva conosciuta negli anni, anche se la loro era un’amicizia superficiale. Dopo avere ricoperto diversi incarichi diplomatici nei Caraibi, era tornato in Inghilterra da quattro anni. Ed era stata una sorpresa per lui incontrare, nelle sue brevi apparizioni in eventi mondani, Dulci Wycroft diventata donna. Una donna che toglieva il respiro non solo per la sua bellezza, ma anche per l’intelligenza.

    Quando Jack si trovava in città, frequentavano gli stessi circoli e inevitabilmente partecipavano alle stesse feste e cerimonie politiche, nonché ad avvenimenti più importanti. L’inverno precedente, quando il lavoro non lo aveva portato fuori città, in diverse occasioni lui e Dulcinea si erano affrontati in vivaci schermaglie verbali che lo avevano divertito parecchio.

    A quel punto le riflessioni di Jack presero un’altra direzione. A dire il vero, durante le vacanze natalizie, complici forse il vischio e l’atmosfera di festa, tra loro non c’era stato solo uno scambio di battute. Lui l’aveva baciata nella serra di Lady Weatherby.

    Solo Dio sapeva che quell’incontro sarebbe potuto finire meglio, o peggio, a seconda di come lo si giudicava, se Jack non fosse stato costretto a lasciare improvvisamente la festa. Visto com’erano andate le cose, poteva considerarsi fortunato a essersela cavata con un solo vaso che lo aveva colpito alla testa. Dulci sembrava convinta che lui avesse approfittato della situazione, ed era furibonda, anche se Jack aveva il sospetto che il bacio le fosse piaciuto quanto a lui. La verità era che non era arrabbiata con lui, ma con se stessa.

    Il risultato era stato un certo raffreddamento nel tono delle loro schermaglie verbali. Ma per Jack la cosa non costituiva un problema. Gli era bastato rivederla quella sera, e il suo corpo era pronto a riprendere da dove erano stati interrotti, cocci del vaso compresi.

    E come lui ogni altro uomo presente nella sala. A rigor di logica, Dulci avrebbe dovuto scegliere uno di loro e sposarsi per diventare una dama della buona società. Ma lei non agiva secondo le regole. Non aveva mai nascosto il suo desiderio di indipendenza, il grande interesse per la Royal Geographic Society, la scherma, né faceva mistero della libertà di cui godeva rispetto ad altre donne di buona famiglia che, come lei, non erano sposate. La sicurezza di sé che ostentava aumentava il suo fascino. Ma dopo averla conosciuta, nessun gentiluomo poteva continuare a pensare che Dulci Wycroft avesse bisogno di un uomo su cui fare affidamento.

    Poco lontano da lui in quel momento Dulci, china in avanti, sembrava mostrare grande interesse per un uomo alla sua sinistra, oltre a una generosa porzione di seno, eccessiva secondo l’opinione di Jack. L’uomo era uno spagnolo, decisamente avvenente. Lui imprecò fra sé. Accidenti e ancora accidenti. Per arrivare ai venezuelani sarebbe dovuto passare accanto a lei.

    Considerato l’episodio della serra, avrebbe preferito tenere separati il lavoro e il piacere.

    C’era da immaginarselo. Come sempre, Dulci era al centro dell’attenzione. Conosceva tutte le persone che contavano nella società. Quelle che non conosceva, faceva in modo di incontrarle. La delegazione era arrivata a Londra da una settimana, e lei era già riuscita a incontrare gli ospiti d’onore, proprio le persone su cui Jack era andato a indagare. Secondo le descrizioni che gli erano state fornite, l’uomo al fianco di Dulci, che le adocchiava il seno, era nientemeno che Calisto Ortiz, ambizioso nipote di un ufficiale d’alto rango del governo. Sicuramente gli altri membri della delegazione si trovavano tra la folla di personaggi maschili che la circondava. Per essere presentato, non gli restava che ricorrere a Dulci. Il che significava che lo attendeva una scenata, anche se in toni non troppo accesi.

    Viste le ultime parole che si erano scambiati nella serra, doveva aspettarselo. A dire il vero, Dulci aveva ragione. Lui si era comportato male. Non si rubava un bacio a una dama per poi fuggire a metà dell’opera.

    Di colpo Jack si rese conto che Miss Fotheringay aveva smesso di parlare. «Davvero interessante» si affrettò a dichiarare, sorridendo alla giovane donna che lo guardava con aria speranzosa. «Sono certo che molte giovani la pensano come voi.» Era il momento di lasciarla. «Ho apprezzato molto la vostra compagnia, mie care fanciulle, ma vedo delle persone che devo incontrare. Se volete scusarmi...» Jack si fece strada tra la sua corte, e con discrezione si diresse verso il gruppo che attorniava Dulcinea. Prese la strada più lunga, per non offendere i sentimenti di nessuno.

    Si aggiustò il gilet, preparandosi allo scontro. Il suo rapporto con Dulcinea si trasformava sempre in una competizione. Piacevole, ma pur sempre una competizione. E doveva essere pronto.

    «Fai attenzione, vecchio mio» si ammonì Jack.

    Con garbo allontanò un giovane ammiratore, la cui unica colpa era di trovarsi accanto a Dulcinea. Santo cielo, i suoi corteggiatori erano sempre più giovani. Fra di loro quella sera c’era anche il figlio di Lord Baden. Jack si domandò se il giovanotto avesse l’età per recarsi in città da solo.

    Quelli non erano uomini, ma degli sbarbatelli cresciuti. O forse era lui che stava invecchiando? A trentaquattro anni, si sentiva un veterano tra quella collezione di giovani bellimbusti. Una cosa era certa, non erano sicuramente all’altezza dello spirito di Dulci. Nessuno di loro aveva la benché minima possibilità di attirare la sua attenzione.

    «Buona sera a tutti» dichiarò, lasciando vagare uno sguardo veloce sui presenti.

    A quel punto sentì puntati su di sé gli occhi di tutti i componenti del gruppo, che trattennero il fiato in attesa che il duello avesse inizio. Assistere alle schermaglie verbali che contrapponevano lui e Dulci era diventato un passatempo per gli ospiti delle serate londinesi. Schermaglie non era la parola giusta. In realtà loro due non combattevano, ma si lanciavano parole scelte con cura in un linguaggio socialmente accettabile. Strascicando le parole esordì con un: «Buonasera, Lady Dulcinea», sfoderando tutto il fascino di cui era capace.

    La partita era iniziata.

    Tutte le teste si girarono verso Dulci. Se fosse stupita dalla presenza di Jack, non lo diede a vedere. Il suo saluto fu educato ma freddo, quello che si riservava a una conoscenza superficiale, anche se la loro non poteva definirsi tale.

    «Wainsbridge, a essere sincera non mi aspettavo di vedervi stasera» lo apostrofò scrutando con i limpidi occhi blu il suo abbigliamento.

    Jack si preparò alla mossa successiva. Tra la folla di damerini con i loro gilet dai colori vivaci, all’ultima moda, i suoi abiti scuri, unica concessione al colore il broccato grigio tortora del gilet, sembravano ancora più austeri. Lo stimato consigliere del re non poteva andare in giro pavoneggiandosi come un frivolo damerino. Anche se in cosa consistessero i suoi consigli al sovrano era un mistero per molti.

    «Wainsbridge, quei colori tristi sono il meglio che avete trovato? Sembrate pronto per partecipare a un funerale.» Dulci lo interrogò inarcando le sopracciglia perfette. A quel punto le teste dei presenti si girarono verso di lui, per osservare i suoi abiti.

    Il visconte le rivolse un inchino, incassando la critica con disinvoltura.

    «Sono ai vostri ordini, Lady Dulcinea. Quale colore vorreste che indossassi? L’arcobaleno è vostro, scegliete un colore e io ubbidirò. A quest’ora domani sarò in possesso di abiti di vostro gradimento.»

    Dulci aprì il ventaglio con uno scatto e trafisse Jack con uno sguardo.

    «Azzurro, scelgo l’azzurro...» mormorò riluttante guardando l’avversario da sopra il ventaglio dipinto, fingendo che la risposta fosse frutto di lunghe riflessioni. E forse era così. Jack dovette ammettere che l’azzurro era la scelta perfetta per una risposta prudente. Esistevano tante sfumature di blu, un gentiluomo poteva scegliere quella che più gli si confaceva.

    Jack si inchinò di nuovo.

    «E azzurro sia, Lady Dulcinea. Accetto il vostro suggerimento e prendo a testimoni tutti i presenti. Domani sera, al ricevimento dei Danby, i vostri desideri saranno soddisfatti» dichiarò lui.

    A quel punto Jack rivolse lo sguardo all’uomo che gli stava accanto, il gentiluomo spagnolo, come se lo notasse per la prima volta.

    «Lady Dulcinea, devo chiedervi di presentarmi a questo gentiluomo, non credo di conoscerlo.» La partita era finita. Dulci aveva vinto la sfida, ma lui aveva raggiunto lo scopo per cui si era avvicinato. Il resto del gruppo non lo avrebbe capito. Dulcinea sì.

    Con un sorriso solo apparentemente dolce e inoffensivo Dulci fece le presentazioni.

    «Wainsbridge, questo è il Señor Calisto Ortiz, della delegazione diplomatica del Venezuela. Ho avuto la fortuna di incontrarlo a una cena della Royal Geographic Society qualche giorno fa. Señor Ortiz, lasciate che vi presenti il Visconte Wainsbridge.»

    Dopo avergli rivolto un inchino, lo spagnolo presentò a Jack i due gentiluomini che lo accompagnavano, il Señor Adalberto Vargas, che era senza ombra di dubbio il capo della delegazione, e il Señor Dias, lo scroccone del gruppo a giudicare dagli abiti modesti.

    Calisto Ortiz era un uomo dalle maniere affettate, e Jack lo trovò subito detestabile. Più giovane di una decina d’anni degli altri due, era un bel tenebroso dai capelli corvini, vestito con abiti costosi, ed emanava quel fascino che le donne trovavano irresistibile. Jack non sopportava che rivolgesse le sue attenzioni a Dulcinea Wycroft.

    Per quella sera aveva tollerato a sufficienza le occhiate furtive dell’uomo al seno di Dulci, deliziosamente messo in mostra dal corpetto aderente dell’abito. I simili riconoscevano i loro simili, e Jack vide subito in Ortiz un donnaiolo di primissimo ordine.

    Era giunto il momento di gettare il guanto, naturalmente con la massima cortesia. Una sana competizione metteva in luce la vera natura di un uomo, e Jack riteneva che Ortiz non fosse un’eccezione alla regola.

    Approfittando di una pausa, Jack si inserì nella conversazione generale con una battuta. «Señor Ortiz, como le gusta Londres?»

    La sua padronanza della lingua ottenne l’effetto desiderato. Ortiz sembrò momentaneamente sorpreso di sentirlo parlare in spagnolo.

    Rivolse a Jack un sorriso freddo. «Vi assicuro che il mio inglese è abbastanza buono.»

    La risposta laconica provocò una certa tensione nel gruppo.

    «Je parle français, aussi» continuò, lo sguardo d’acciaio fisso sul visconte.

    «Très bien. J’aime parler français» ribatté Jack passando con scioltezza al francese. Poteva continuare quel gioco per un po’, se Ortiz lo avesse voluto. Forse non parlava il linguaggio formale di uno studioso poliglotta, ma sapeva invitare una donna a letto in sei lingue diverse.

    Il Señor Vargas si affrettò a intervenire. «Il Señor Ortiz ha studiato nelle scuole migliori del paese. È nipote di uno dei viceré assegnati alla nostra regione.»

    «Ah!» esclamò Jack fingendosi ammirato. Il ruolo di Ortiz nella delegazione cominciava a delinearsi. «Quindi ricoprite un incarico diplomatico ufficiale?»

    La domanda aveva colpito nel segno. Il sorriso dell’uomo si trasformò in un’espressione truce. «Sono un ombudsman

    «Capisco. Un titolo davvero straordinario.»

    Il tono gelido di Jack comunicò a Ortiz quello che aveva pensato. Entrambi gli uomini sapevano bene che un ombudsman non aveva molto potere. Era un titolo onorario, una sorta di contentino.

    Gli occhi scuri di Ortiz scintillavano di collera. Jack rispose con un sorriso distaccato. Lo spagnolo aveva capito la sua allusione e si era offeso, il suo sguardo adirato suggeriva che non aveva intenzione di arrendersi. Sembrava un uomo incline ad arrabbiarsi facilmente, ad agire seguendo l’impulso per poi pentirsene subito dopo.

    Dulci posò una mano sul braccio di Jack. «Mi avete promesso un ballo, credo sia ora di andare.»

    Jack stette al gioco. Continuare a provocare Ortiz non sarebbe servito a nulla. Aveva raggiunto lo scopo per cui era andato al ballo: capire i ruoli dei membri della delegazione. Ed era una scoperta interessante.

    2

    L’annuncio di Dulci scontentò tutti i presenti, tranne Jack. «Ma il prossimo valzer è mio» protestò un tipo dall’aria poco

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