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Una notte da favola: Harmony Collezione
Una notte da favola: Harmony Collezione
Una notte da favola: Harmony Collezione
E-book162 pagine2 ore

Una notte da favola: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Come Cenerentola al ballo, quando l'orologio batte la mezzanotte...
Il sogno da favola di Lilley Smith sta per essere esaudito. Si toglierà i vestiti anonimi di tutti i giorni per indossare un magnifico abito e tacchi vertiginosi per trascorrere la serata accanto all'uomo che tutte desiderano. Lilley è convinta di voler mettere in gioco ogni sua certezza anche solo per una notte, visto che Alessandro Caetani non è tipo da lieto fine. O, almeno, non nella vita reale.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858995778
Una notte da favola: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una notte da favola - Jennie Lucas

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Night of Living Dangerously

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2012 Jennie Lucas

    Traduzione di Cristina Ingiardi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-577-8

    1

    «C’è qualcuno?»

    L’aspra voce dell’uomo echeggiò lungo i corridoi bui. Tappandosi la bocca con una mano, Lilley Smith trattenne l’ennesimo singhiozzo e si ritrasse in tutta fretta tra le ombre. Era sabato sera e, a parte la guardia giurata giù all’ingresso, pensava di essere sola nell’edificio. Fino a cinque secondi prima, quando aveva sentito il trillo dell’ascensore e si era tuffata nell’ufficio più vicino, trascinandosi dietro il cigolante carrello portadocumenti. Allungando il piede, chiuse la porta con un colpetto e cercò di non fare rumore mentre aspettava che l’uomo nel corridoio se ne andasse e la lasciasse piangere in pace.

    Aveva avuto una giornata talmente orribile da essere quasi divertente. Quel mattino, rientrando a casa dopo uno sfortunato primo e unico tentativo di darsi alla corsa, aveva trovato il fidanzato a letto con la sua coinquilina. Questo significava aver visto svanire anche il progetto di aprire una boutique per vendere i gioielli che lei stessa creava. Infine, quando aveva chiamato casa in cerca di un po’ di conforto, era praticamente stata diseredata dal padre. Giornata davvero notevole, perfino per lei. Normalmente le avrebbe dato fastidio ritrovarsi per l’ennesima volta a doversi rimettere in pari con il lavoro nel fine settimana, ma quel giorno non ci aveva nemmeno badato. Lavorava come archivista per la Caetani Worldwide da due mesi, ma ci metteva ancora il doppio di Nadia a smistare, consegnare e restituire i documenti.

    Nadia. La sua collega, coinquilina e, fino a quel mattino, migliore amica. Esalando un sospiro, Lilley si abbandonò contro il carrello mentre ricordava lo sguardo affranto di Nadia quando l’aveva trovata con Jeremy. Disperata, la ragazza si era messa a implorare il suo perdono. Nel frattempo, Jeremy cercava di far passare il messaggio che quel tradimento fosse colpa di Lilley.

    Abbandonato di corsa l’appartamento, Lilley aveva preso il bus per il centro. Smarrita e desiderosa di conforto, aveva telefonato al padre, per la prima volta in tre anni. Non le era andata bene nemmeno quella. Grazie a Dio aveva il lavoro. Quell’impiego era tutto ciò che aveva, ora. Ma perché lo sconosciuto del corridoio non si decideva ad andarsene? Non poteva permettergli di vederla in quello stato, con gli occhi rossi e gonfi, mentre procedeva al rallentatore nell’archiviazione dei documenti. Chi era quell’uomo? Perché non stava bevendo champagne al ballo di beneficenza con tutti gli altri? Lilley rabbrividì. Non era mai stata in quell’ufficio, prima. Era enorme, un magnifico tappeto turco sul pavimento e vetrate a tutta parete che lasciavano entrare il crepuscolo e la vista su San Francisco. E il soffitto era affrescato. Un ufficio da re. Un ufficio adatto a...

    Adatto a un principe! Mentre il panico la invadeva nel capire a chi apparteneva, Lilley spalancò la bocca e si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa. In quel mentre, la porta si aprì. Reagendo per puro istinto, si nascose nell’armadio a muro.

    «Chi c’è qui dentro?» La voce era severa e rauca.

    Il cuore che martellava, Lilley sbirciò dallo spiraglio che aveva lasciato aperto, e vide la silhouette di uno sconosciuto dalle spalle larghe incombere nella luce tenue del corridoio. Coprendosi la bocca con le mani, si rese conto di aver lasciato il carrello dei documenti dietro al divano. Se l’uomo avesse acceso la luce, l’avrebbe visto. Farsi trovare a singhiozzare nel corridoio sarebbe stato umiliante, ma venire colta a muoversi furtiva nell’ufficio del direttore esecutivo sarebbe stato un disastro per il suo futuro professionale!

    «Vieni fuori! So che sei lì.»

    Il cuore le si fermò in gola mentre riconosceva la voce. Non si trattava di un custode o di un semplice impiegato. Era il direttore in persona! Alto, capelli e occhi scuri e fisico imponente, il principe Alessandro Caetani era il classico milionario che si è fatto da sé, direttore esecutivo di una conglomerata che gestiva beni di lusso, con sedi sparse in ogni angolo del pianeta. Era anche un inguaribile playboy. Tutte le donne che lavoravano nella sede distaccata di San Francisco, dalla segretaria più giovane alla vicepresidente ultracinquantenne, erano pazzamente innamorate di lui. Cercando di non respirare, Lilley si ritrasse ulteriormente nell’armadio, schiacciandosi dietro le sue giacche. Gli abiti del principe profumavano di sandalo e muschio e potere. Lilley chiuse gli occhi, pregando che se ne andasse...

    La porta si spalancò, e una grossa mano le afferrò il polso senza pietà e la trascinò fuori dall’armadio. «Ti ho preso!» L’uomo accese una lampada, e una chiazza di luce dorata invase l’ufficio buio. «Tu, piccola...» A quel punto la vide, e gli occhi neri si sgranarono per la sorpresa. Lilley trattenne il fiato. Il principe Alessandro Caetani era l’uomo più bello che avesse mai visto, dal corpo granitico sotto allo smoking nero all’espressione gelida degli occhi scuri. L’aristocratico naso romano era compensato dalla mascella malandrina, affilata e appena ombreggiata dalla barba. Sembrava - ed era, se le voci erano veritiere - mezzo principe, mezzo conquistatore. «Io ti conosco.» Il principe corrugò la fronte, l’aria perplessa. «Che ci fai qui, topolino?»

    «Come... Come mi ha chiamata?»

    Lui la lasciò andare di colpo. «Come ti chiami?»

    Le ci volle un attimo per ricordarselo. «L... Lilley. Dell’archivio.»

    L’uomo socchiuse gli occhi e le girò intorno, rimirandola. Lilley avvampò. Rispetto a lui, perfetto nello smoking, sapeva benissimo di essere sciatta e spaventosa con indosso una felpa e i pantaloni della tuta grigi e sformati. «E cosa ci fai qui, Lilley dell’archivio? Tutta sola nel mio ufficio, di sabato sera?»

    La ragazza si leccò le labbra, cercando di calmare le ginocchia tremanti. «Stavo... Stavo...» Già, che ci faceva lì? «Stavo solo... ehm...» All’improvviso vide il carrello dei documenti. «Lavorando?»

    Il principe seguì il suo sguardo, quindi inarcò un sopracciglio. «Perché non sei al ballo Preziosi?»

    «Io... ho perso il mio accompagnatore» sussurrò lei.

    «Divertente.» Le labbra di Alessandro si curvarono in un sorriso amaro. «Sembra sia nell’aria.»

    Il timbro sexy e profondo della sua voce la ghermì come un incantesimo. Non riusciva a muoversi né a distogliere lo sguardo da quella bellezza mascolina mentre l’uomo torreggiava su di lei, forte, potente e granitico, le cosce salde come tronchi.

    Cosce? Chi ha parlato di cosce?

    Fin dal momento in cui Jeremy le aveva trovato il lavoro in archivio, Lilley aveva fatto del suo meglio per non farsi notare dal milionario. E adesso, sotto il suo sguardo nero e ipnotico, si ritrovava all’improvviso a desiderare di spifferare tutto. Non era brava a raccontare bugie, nemmeno quelle bianche. Gli occhi incandescenti del principe sembravano sussurrarle che poteva confidargli tutto, e che lui avrebbe capito. L’avrebbe perdonata e si sarebbe mostrato misericordioso. Ma aveva già frequentato uomini potenti, in passato. Misericordioso? Ma quando mai! Se avesse saputo chi erano suo padre o suo cugino, l’avrebbe licenziata. O peggio.

    «Lilley.» Alessandro piegò il capo. «Cognome?»

    «Smith» replicò sincera, sorridendo dentro di sé. Quello non gli avrebbe fornito alcun indizio.

    «E cosa ci fai nel mio ufficio, signorina Smith?»

    Il suo profumo, sandalo, muschio, sapone e qualcos’altro, qualcosa di unico, la pervase, provocandole un brivido involontario. «Stavo riportando... ehm... dei documenti.»

    «Lo sai che i miei documenti devono essere consegnati alla signora Rutherford. Dimmi la verità. Perché sei qui?»

    Lilley deglutì e abbassò lo sguardo sul tappeto. «Volevo solo lavorare qualche ora in pace e in silenzio. Da sola.»

    «Di sabato sera?» replicò lui in tono gelido. «Stavi curiosando tra i miei documenti?»

    «No!»

    Il principe incrociò le braccia sul petto, l’espressione severa, il volto che sembrava pietra scolpita.

    «Mi stavo nascondendo» confessò Lilley.

    «Nascondendo? E da cosa?»

    Involontariamente, la ragazza si lasciò sfuggire la verità. «Da lei.»

    Gli occhi neri si aguzzarono, e Alessandro si chinò verso di lei. «Dimmi perché.»

    Con il principe tanto vicino, Lilley riusciva a malapena a respirare. «Stavo piangendo» mormorò. «Non potevo restare a casa, sono troppo indietro con il lavoro, ma non volevo che mi vedesse perché stavo piangendo!» Lilley distolse lo sguardo. L’avrebbe licenziata. Avrebbe perso l’ultima cosa che aveva qualche valore per lei. Il finale perfetto per il secondo giorno più brutto della sua vita.

    «Ah. Quantomeno, adesso capisco» mormorò lui con dolcezza. Il suo sguardo era tenebroso, un oceano a mezzanotte, abbastanza profondo da annegarci. «Eri innamorata di lui?»

    «Cosa? Chi?» Lilley sbatté le palpebre.

    Gli angoli della bocca sensuale di Alessandro si piegarono verso l’alto. «L’uomo in questione.»

    «Che cosa le fa pensare che stessi piangendo per un uomo?»

    «Per cos’altro piangono le donne?»

    Lilley rise, ma il suono che le uscì fu più simile a un singhiozzo. «Oggi è andato tutto storto. Ho pensato che mi sarei sentita meglio se avessi perso un po’ di peso, così ho deciso di andare a fare jogging. Grosso errore.» La ragazza si guardò le scarpe da ginnastica. «La mia coinquilina ha pensato che fossi venuta a lavorare. Quando sono tornata a casa, l’ho trovata con il mio ragazzo. A letto.»

    Alessandro le prese una guancia nella mano. «Mi dispiace.»

    Lilley lo guardò, scioccata da quell’inattesa comprensione. Poi le labbra le si dischiusero. Dal punto in cui la toccava sprizzavano scintille, che le sibilavano dai lobi delle orecchie alla nuca scendendo giù lungo la spina dorsale, facendole fremere la pelle. I seni le erano diventati particolarmente pesanti, i capezzoli turgidi sotto il reggiseno sportivo.

    L’uomo socchiuse gli occhi, sorpreso. «Ma sei bellissima!»

    Bellissima? Fu come uno schiaffo in pieno volto. Lilley si ritrasse. «Non lo faccia. So di non essere bellissima, ma va bene così. Però che lei stia lì a prendermi in giro in questo modo... È spietato!»

    Alessandro la guardò gravemente, senza dire una parola. E Lilley trattenne il fiato, consapevole di aver appena rimproverato il proprio capo. «Sono licenziata, giusto?» Vedendo che non rispondeva, venne colta da un brivido. Raccolto con mani tremanti un documento caduto a terra, raggiunse il carrello. «Finisco il lavoro, e poi raccolgo le mie cose» commentò triste.

    Alessandro le afferrò un braccio, bloccandola. «Da quando in qua un complimento è una presa in giro?» Fissandola, scosse il capo. «Sei una strana ragazza, Lilley Smith.»

    Il modo in cui la guardava per un attimo le fece pensare... ma no. «Me l’ha sempre detto anche mio padre.»

    «Non sei licenziata.»

    Lo fissò, un lampo di speranza negli occhi. «No?»

    Sporgendosi in avanti, l’uomo le tolse di mano il documento e lo appoggiò sul carrello. «Ho in mente un altro genere di punizione.»

    «La ghigliottina? La sedia elettrica?»

    «Verrai al ballo con me, questa sera.»

    Lilley rimase a bocca aperta. «C... Cosa?»

    Gli occhi neri erano diventati teneri come cioccolato fuso, e bollenti come braci. «Voglio che tu sia la mia accompagnatrice.»

    Lo fissò, gli occhi sgranati, il cuore che martellava. Era finita in qualche strano sogno? Il principe Alessandro avrebbe potuto avere le donne più belle sulla faccia della terra - e ne aveva avute un bel po’, secondo i giornali scandalistici - e chiedeva a lei di accompagnarlo?

    «Allora, cara? Che ne dici?»

    «Non capisco» replicò Lilley a bassa voce.

    «Cosa c’è da capire?»

    Lilley si schiarì la gola. «Non capisco lo scherzo.»

    «Io non scherzo mai.»

    «Ma... è il ballo Preziosi di Caetani» balbettò lei. «L’evento di beneficenza più importante di tutta l’estate. Ci sarà il sindaco.

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