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Mai dormire con uno sconosciuto (eLit): eLit
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E-book330 pagine4 ore

Mai dormire con uno sconosciuto (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
Cassandra Stuart è morta tra le braccia di Poseidone, i capelli corvini ancora svolazzanti per la caduta dalla terrazza, il bel corpo trapassato dal tridente della fontana. Il caso è stato archiviato dalla polizia come un tragico incidente, ma suo marito, il noto giallista Jon Stuart, è stato oggetto di pubblica curiosità e sospetto. E ora, tre anni dopo, orchestrando un piano complesso e azzardato, ha riunito i principali indiziati sulla scena del delitto. Passato e presente si intrecciano, vecchie fiamme si riaccendono e un assassino trama un altro delitto perfetto...
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2019
ISBN9788830504868
Mai dormire con uno sconosciuto (eLit): eLit
Autore

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

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    Anteprima del libro

    Mai dormire con uno sconosciuto (eLit) - Heather Graham

    successivo.

    Prologo

    Cassandra Stuart era bella. E lo sapeva. Riusciva a fare sempre quello che voleva. E sapeva anche questo. Se solo lui si fosse voltato...

    «Jon! Jon!»

    Lui l'aveva sentita, ne era certa, ma non si fermò. Continuò a camminare lungo il sentiero che scendeva al lago. Era davvero infuriato con lei. Cassandra sospirò. Forse questa volta aveva esagerato, ma cosa poteva farci? Non aveva la benché minima intenzione di restare lì, in quell'angolo sperduto della Scozia. Neanche con tutti quegli ospiti illustri. Nonostante il famoso gioco organizzato per beneficenza. Lei detestava la campagna. Voleva tornare a Londra.

    Jon avrebbe dovuto aspettarsi che quella settimana del mistero sarebbe andata male. Avrebbe dovuto prevedere che lei sarebbe stata scontrosa, impaziente, e avrebbe rovinato il divertimento a tutti quanti. Eppure, accidenti a lui, non ci aveva rinunciato! Aveva organizzato quell'evento ogni anno per un decennio, e aveva insistito per farlo anche in quell'occasione.

    «Jon!»

    Cassandra sapeva che non si voltava perché non voleva vederla.

    Perché la conosceva troppo bene.

    Sarebbe partita. Quel giorno stesso. E sperava che la sua partenza avrebbe avuto quel successo che i bronci e le ripicche avevano mancato.

    Ma, prima, voleva che Jon tornasse da lei. Voleva fare l'amore con lui, mostrarsi appassionata ed eccitante, ricordargli che non poteva esistere senza di lei. Gli avrebbe sussurrato all'orecchio che aveva bisogno di lui, gli avrebbe ricordato perché l'avesse sposata. Lei sapeva farlo felice, sapeva farlo ridere, e con lui era straordinaria a letto. Cosa importava se s'era appena presa un amante? L'aveva fatto perché qualche volta non sopportava l'espressione degli occhi di Jon. Perché sapeva che di tanto in tanto lui pensava a un'altra. Torna qui!, pensò furiosamente. Lascia che ti seduca un'altra volta, così forse...

    Dopo l'amplesso, avrebbe aspettato che lui si fosse alzato dal letto, poi avrebbe fatto la valigia, lasciandogli un biglietto affettuoso col quale gli spiegava che sarebbe stata all'Hilton di Londra ad aspettarlo, quando lui fosse riuscito a liberarsi dei suoi atroci colleghi. E forse, solo forse, lui sarebbe venuto... Qualche volta era così ingenuo! Sul conto dei suoi ospiti, lei ne sapeva molto più di lui. Sapeva chi andava a letto con chi. E perché. Anzi, pensò con un sorrisetto, lei conosceva alcuni di loro molto bene. Intimamente, si sarebbe potuto dire.

    Eppure, la gelosia continuava a roderle il cuore.

    «Jon! Torna qui!» chiamò di nuovo. A un tratto cominciava a provare una strana, nuova paura che andava oltre il senso di impotenza e l'angoscia che l'avevano tormentata ultimamente. «Jon! Ti prego, torna indietro! O me la pagherai!»

    La sua voce era insieme allusiva e irritata. Ma lui continuava a camminare. Alto, bruno, spalle larghe. Era un bellissimo uomo, e lei lo stava perdendo!

    Fu sommersa da un'ondata di panico. Jon doveva aver indovinato che lei aveva una relazione con qualcuno, lì. Non aveva capito che era solo un modo di rendergli la pariglia? Perché era certa che anche lui avesse un'altra...

    «Jon! Jon! Accidenti a te!»

    Il suo tono si fece più petulante. Era affacciata al balcone della camera da letto padronale, che dava sul piazzale posteriore. Il castello era stato costruito alla metà del diciassettesimo secolo e rimodernato da Jon alcuni anni prima. La lunga serie di balconi correva su tre lati dell'edificio. Lì, sul retro, la balconata si affacciava su un'elegante fontana che aveva al centro un Poseidone in marmo, completo di tridente. Malgrado l'autunno già inoltrato, le rose che circondavano la fontana erano ancora in fiore. Dal piazzale partiva il sentiero di ghiaia che portava al lago. Nella suite padronale, i muri erano letteralmente tappezzati di arazzi antichi. C'era un camino in pietra con gli stemmi nobiliari della famiglia e un enorme letto a quattro colonne. Ribassato rispetto alla camera, poco oltre un arco medievale, si trovava un lussuoso bagno con un'enorme vasca a idromassaggio e la sauna. Lei aveva una stanza spogliatoio personale, e così lui.

    «Cosa c'è, qui, che non ti piace?» le aveva chiesto Jon con impazienza, offeso.

    Il castello non era male. Peccato che lei odiasse la campagna. Nessuna eccitazione, niente vita sociale. Lochlyre non era né Londra, né Parigi. E nemmeno Edimburgo, santo cielo!

    Proprio per questo a lui piaceva tanto, le aveva detto.

    E ora continuava a camminare. Senza voltarsi.

    Lei sentì lacrime di delusione e di stizza pungerle gli occhi. Come poteva importargli più di quel vecchio mucchio di pietre e di quegli imbecilli dei suoi amici che di lei? «Jon, Jon! Dannazione, Jon

    Lui aveva parlato di divorzio. Tra loro le cose non funzionavano, aveva dichiarato. Ma non poteva lasciarla. Non poteva! Lei aveva già minacciato di rendergli il divorzio un inferno. Lo avrebbe trascinato nel fango, avrebbe divulgato un milione di disgustosi particolari su di lui e sui suoi compari.

    «Jo...»

    All'improvviso ebbe la netta sensazione che ci fosse qualcuno dietro di lei.

    Si girò di scatto, per vedere chi avesse avuto l'ardire di intrufolarsi nella sua stanza. «Tu, dannazione! Cosa ci fai qui? Vattene! Esci subito da camera mia. Fuori!» Detto questo tornò a voltarsi verso il piazzale. «Jon!»

    Sentì un fruscio alle sue spalle, come un alito di vento.

    Per un attimo fissò lo sguardo negli occhi del suo assassino, e capì.

    «Mio Dio...» sussurrò e, disperata, ricominciò a gridare. «Jon! Jon! Jon!»

    Sentì la pressione della balaustra contro la schiena. E urlò.

    Perché stava cadendo.

    Verso la morte.

    Jon Stuart era furioso con sua moglie. E questa volta non aveva nessuna intenzione di dargliela vinta. Ma qualcosa, nella voce di Cassandra, lo fece irrigidire. Si voltò.

    E lei era lì.

    E stava precipitando...

    Sembrava che volasse. Anche in questo, come in tutto il resto, era elegante. Indossava una vestaglia di seta bianca, che le fluttuava attorno al corpo. I suoi capelli d'ebano scintillavano quasi bluastri nel sole.

    Questo fu il primo pensiero di lui. Una frazione di secondo dopo, giunse l'atroce consapevolezza che non poteva fare nulla per fermarla. E che lei stava per morire. Urlando, gridando, chiamandolo.

    Cassandra morì tra le braccia di marmo di Poseidone. Cullata dalla statua come una dea caduta dal cielo, coi capelli d'ebano agitati dalla brezza e la vestaglia bianca morbidamente drappeggiata. Sembrava che stesse dormendo. Se non fosse stato che...

    Il tridente le aveva trapassato il corpo.

    E la vestaglia candida stava diventando scarlatta.

    Il cuore in gola, Jon cominciò a urlare, a correre disperatamente, come se così potesse raggiungerla, aiutarla, nonostante già sapesse che...

    Gridò.

    Chiamò il nome di lei.

    La raggiunse. La prese tra le braccia.

    Il sangue di lei gli impregnò i vestiti.

    E gli occhi lo fissarono con muto rimprovero.

    1

    Tre anni dopo

    Era una scena agghiacciante. Una donna in abiti medievali, i lunghi capelli biondi ondeggianti sopra gli ingranaggi, era legata a uno strumento di tortura. Accanto a lei c'era il suo aguzzino, un uomo dalla folta barba nera.

    La figlia del conte di Exeter alla graticola di stiramento, spiegava il cartellino. Insieme all'uomo più abile della storia nell'estorcere confessioni alle sue vittime.

    Anche l'artista che aveva plasmato i manichini di cera era stato abile. La bionda legata alla micidiale graticola aveva gli occhi azzurri dilatati dal terrore, mentre sul viso barbuto del suo seviziatore c'era una sadica eccitazione per il male che stava per infliggere.

    Tutte le scene esposte nel sotterraneo erano state realizzate con maestria. Rappresentavano i più celebri episodi di crudeltà della storia. Questa, però, era la meglio riuscita.

    Così, almeno, pensava Jon Stuart, mentre, appoggiato contro un muro di pietra, nascosto tra le ombre del sotterraneo, fissava in silenzio la galleria di statue di cera. E la bionda in carne e ossa che ora s'era fermata davanti alla scena della tortura.

    Sembrava il ritratto della poveretta legata alla graticola. Era una giovane donna dai capelli biondi e dalla figura snella messa in risalto dai jeans aderenti e dal morbido golfino. I suoi lineamenti erano molto femminili: piccolo naso diritto, zigomi alti, occhi azzurri e labbra sensuali. Stava osservando l'esibizione con un certo interesse. E molta cautela. Erano manichini di cera, certo, ma così realistici da far venire i brividi. E lei era sola nella penombra. O così pensava.

    Sabrina Holloway.

    Jon non la vedeva da quasi quattro anni. Anche se era vagamente sorpreso dalla sua presenza, era lieto che avesse deciso di venire. Sabrina aveva declinato il suo invito all'ultima, tragica settimana del mistero. L'occasione in cui era morta Cassandra.

    Che Sabrina se ne rendesse conto o no, quasi certamente Joshua Valine l'aveva utilizzata come modella per plasmare la poveretta sulla graticola. A Joshua piaceva ispirarsi a persone che conosceva nelle sue opere d'arte. Aveva accennato a Jon d'aver visto Sabrina Holloway a Chicago, e ne era parso vagamente infatuato, perciò lui aveva omesso di dirgli che la conosceva bene. Gli era facile comprendere il colpo di fulmine dello scultore. Aveva provato qualcosa di simile anche lui, quando l'aveva vista la prima volta. Prima che...

    Perfino un dongiovanni incallito come Brett McGraff era rimasto vittima del fascino insieme ingenuo e sensuale di Sabrina. Jon scosse la testa. McGraff l'aveva desiderata al punto di sposarla. Tra loro c'era stato un corteggiamento da capogiro. Un matrimonio lampo. Un divorzio scandaloso.

    Jon la osservò ora, da lontano. Sabrina possedeva una rara grazia. Anche se lui era stato una specie di recluso, in quegli ultimi anni, aveva seguito la carriera di lei e aveva letto gli articoli che la riguardavano su giornali e rotocalchi. I paparazzi s'erano scatenati all'epoca del suo divorzio da Brett McGraff.

    Sabrina era stata assolutamente deliziosa quando Jon l'aveva conosciuta. Così innocente, avida di vita, incantata. Lui era certo che le lenti rosa le fossero cadute dagli occhi, ormai. Era maturata. E adesso era...

    Spettacolosa. Sofisticata. Più intensa, più saggia.

    Poteva essere diventata anche dura e ambiziosa, si ricordò lui. A volte la vita giocava certi scherzi alle persone. Dopotutto, Sabrina lo aveva lasciato con una volontà d'acciaio. Ed era stata in grado di tener testa ai media durante il divorzio da Brett, malgrado il dolore e lo choc. Sì, poteva essere cambiata da quando l'aveva conosciuta lui. Eppure, in qualche modo, in lei restava qualcosa di pulito e accattivante.

    Era nata e cresciuta in una fattoria del Midwest, ricordò Jon, e suo malgrado sorrise. Era stata una ragazza semplice e molto riservata. Ma, quando aveva abbassato la guardia, c'erano stati momenti in cui lui aveva creduto di conoscerla a fondo. Aveva ventiquattro anni quando loro due s'erano incontrati, poco dopo il suo arrivo in città dalla campagna. Ne aveva compiuti ventotto il mese prima. Un sacco di tempo per diventare cinica, per imparare le piccole ipocrisie della vita. Se solo...

    I rimpianti erano inutili. Era passato tanto tempo da allora. Sembrava che il loro incontro fosse avvenuto in un'altra vita. Lui non le aveva raccontato bugie.

    Lei non aveva voluto sentirsene dire.

    Eppure...

    Jon a un tratto provò una profonda irritazione con se stesso. I sentimenti che provava per lei erano totalmente ingiustificati, si disse. Anche Brett McGraff era lì. Lei e McGraff erano stati sposati. Jon non aveva alcun diritto su di lei. E tuttavia...

    Diavolo, era casa sua, la sua festa. E lui intendeva passare del tempo con tutti i suoi ospiti. La presenza di McGraff avrebbe solo reso più intrigante l'impresa di rifare la conoscenza di Sabrina.

    Forse sarebbe stato più semplice escludere il nome di lei dalla lista degli invitati, pensò. Ma non s'era realmente aspettato che Sabrina venisse. E a un tratto rimpianse d'aver fatto di lei, come di tutti gli altri, un'inconsapevole pedina nel suo oscuro gioco. Fra tutte le persone che si trovavano lì, lei sola era sicuramente innocente.

    Ma ormai aveva messo in moto le cose. Del resto, non aveva avuto scelta. O questo, o impazzire... E c'erano altre persone a cui lui doveva verità e giustizia. In quella situazione non era solo.

    Sabrina era lì per libera scelta. Erano venuti tutti volontariamente, pronti a giocare. Alcuni per divertirsi, altri in cerca di pubblicità. Cassandra, l'inveterata giornalista, una volta gli aveva detto: «Mai perdersi un servizio fotografico, mio caro!». E, in un certo senso, quella settimana era una sorta di gigantesco servizio fotografico. Perfino gli scrittori più schivi, quelli che preferivano restare nell'ombra, non osavano perdersela. Il mondo dell'editoria s'era fatto troppo competitivo, e far conoscere il proprio nome era diventato una necessità vitale.

    Certo, rifletté lui, Sabrina Holloway s'era procurata già abbastanza pubblicità da sola. Prima le nozze, poi il chiacchierato divorzio da Brett McGraff l'avevano portata suo malgrado sotto le luci della ribalta. Ma se questo aveva sicuramente dato un impulso alla sua carriera di scrittrice, i suoi thriller di ambientazione vittoriana avevano ottenuto anche numerosi consensi da parte della critica.

    Jon stava per chiamarla, quando si rese conto che un'altra donna stava venendo verso di lui. Susan Sharp. Represse un gemito e considerò una rapida ritirata su per la scaletta segreta alle sue spalle. I suoi antenati, convinti giacobiti, avevano riempito il castello di finte porte e cunicoli nascosti, creando una vera e propria rete di vie di fuga.

    Ma quella volta Jon non fuggì. Non voleva ancora rivelare i suoi segreti. Così rimase fermo mentre Susan puntava su di lui, deliziata nel trovarlo letteralmente stretto contro un angolo.

    «Bene, bene» fece la donna, tutta allegra. «Così, eccoti qui, tutto solo nel buio. Dammi un bacio, caro! Abbiamo sentito tutti così tanto la tua mancanza.»

    Sabrina Holloway fissava le inquietanti statue di cera, meravigliandosi per il loro realismo. La donna alla graticola di stiramento aveva la bocca spalancata in un muto urlo, gli occhi appannati dal terrore.

    Uno strano brivido le scese lungo la schiena.

    C'erano altre persone che camminavano per la mostra allestita nelle segrete del Lochlyre Castle, molte di loro amiche, eppure lei si sentiva a disagio lì. Se a un tratto si fossero spente anche quelle fioche luci...

    Lei si sarebbe trovata sola. Nel buio. Con lui. Il bruno aguzzino barbuto dagli occhi sadici. Le statue erano così realistiche che sembrava potessero tornare in vita nel buio. Sembrava potessero muoversi, camminare, inseguire, braccare. Brandire le loro armi di morte...

    Due mani si posarono sulle sue spalle e lei quasi si mise a urlare. Sobbalzò, ma in qualche modo riuscì a soffocare il grido che le era salito in gola.

    «Ebbene, amore mio?»

    Brett McGraff scivolò al suo fianco, passandole un braccio intorno alle spalle. Lei quasi si vergognò nel rendersi conto che la sua presenza la faceva sentire più sicura nella penombra delle segrete.

    Non sapeva se aggrapparsi a lui in cerca di conforto o scuotersi di dosso quel braccio possessivo. Come sempre, provava uno sbalorditivo miscuglio di emozioni verso il suo ex marito. A volte le dava la nausea. Altre, non si sentiva totalmente immune dal fascino puramente sensuale che l'aveva attratta verso di lui all'inizio. Ma per la maggior parte del tempo, in sua presenza era solo vagamente impaziente o bonariamente tollerante.

    «È molto realistico» mormorò. «Anzi, se vuoi sapere la verità, mi dà i brividi.»

    «Bene.»

    «Perché?»

    «Ti voglio spaventata.»

    «Oh?»

    «Potrebbe venirti voglia di avvinghiarti a me.» Lui aumentò la pressione del braccio e abbassò la bocca per sussurrarle all'orecchio: «Ci hanno assegnato due stanze separate, al castello. Il nostro anfitrione sembra essersi scordato che siamo stati sposati. Ma sarei lieto di tenerti compagnia durante le prossime lunghe, lugubri notti, se...».

    «Hai detto bene, Brett. Siamo stati sposati. In un lontano passato, più di tre anni fa. Per due sole settimane.»

    «Oh, ci sono volute ben più di due settimane per ottenere il divorzio» ribatté lui soave. «E non scordarti quanto intensamente abbiamo vissuto la nostra fantastica luna di miele.»

    «Brett, in quella fantastica luna di miele il nostro matrimonio è iniziato e finito» gli fece notare lei a quel punto.

    Lui non si lasciò scoraggiare. «Ma siamo rimasti così amici» ribatté con sicurezza.

    Suo malgrado, Sabrina sentì un sorrisetto salirle alle labbra. Brett era alto e attraente, coi ribelli capelli castani, occhi sensuali e un fascino un po' scanzonato che lo aveva reso un idolo dei media. Scriveva thriller medici, con successo sia di vendite che di critica. Aveva fatto una vera fortuna coi suoi libri, eppure riusciva a essere presuntuoso solo occasionalmente. Sabrina lo aveva conosciuto poco dopo che lui aveva divorziato dalla terza moglie. Dire che lei era stata ingenua era un terribile eufemismo. Aveva appena iniziato la sua carriera di scrittrice. Inoltre, stava ancora cercando di dimenticare un amore infelice.

    Un corteggiamento fulmineo li aveva portati in luna di miele a Parigi in un momento che, per disegno o puro caso, coincideva con la pubblicazione della traduzione francese dell'ultimo thriller di Brett. Lei era stata divertita, all'inizio, dal numero di donne che gli facevano poco sottili proposte carnali. S'era divertita molto meno rendendosi conto che lui le conosceva già in buona parte. Carnalmente. Eppure, essendo un'inguaribile ottimista, Sabrina aveva deciso che poteva sopportare il passato di Brett. Era persino arrivata a tollerare il fatto che alle signore in questione sembrava non importare che lui avesse una nuova moglie. Alla fine, era stata l'indifferenza di Brett rispetto al suo disagio a disturbarla di più. Lui era un buon amante. Sapeva essere divertente, affascinante. L'aveva fatta ridere quando si sentiva sola e insicura.

    Ma poteva anche essere egoista e meschino. Un giorno era sparito con la voluttuosa proprietaria di un'importante libreria per diverse ore e s'era spazientito con la novella sposa quando lei aveva preteso di sapere dov'era stato. Nel corso della discussione, l'aveva informata del fatto che lui era Brett McGraff e che le donne gli cadevano ai piedi. Le aveva detto che non doveva farci caso. Erano avventure di nessuna importanza. Non le bastava che lui l'avesse sposata, che avesse fatto di lei sua moglie?

    Per Sabrina, quelle parole erano state devastanti. Era rimasta allibita. Poi s'era infuriata. Con se stessa. Aveva cercato disperatamente qualcuno che le facesse dimenticare il passato e che le riempisse la vita. E aveva voluto davvero bene a Brett. S'era illusa che fra loro avrebbe funzionato. Ma s'era sbagliata. La colpa era sua se non aveva capito che le loro visioni dell'amore e del matrimonio erano così drasticamente differenti.

    Brett aveva visto il cambiamento, la nuova consapevolezza, negli occhi della moglie, e aveva cercato di placarla, di sedurla...

    Il resto era stato un inferno.

    Sabrina non voleva neanche ricordare. Aveva imparato alcune buone lezioni in quel periodo, e forse ne aveva insegnate un paio anche a lui. A tre anni di distanza, Brett non riusciva ancora a credere che lei lo avesse lasciato e avesse firmato gli atti del divorzio senza chiedergli neanche un centesimo. Dopo il divorzio, quando s'erano incontrati in occasioni letterarie, lui aveva continuato impunemente a corteggiarla, e ora Sabrina riusciva perfino a sorridere al ricordo di tutte le argomentazioni che lui aveva tentato per portarsela di nuovo a letto. Doveva fare l'amore con lui perché erano stati sposati. Perché lo conosceva già, e non ci sarebbero state sgradevoli sorprese. Perché lui era così bravo sotto le lenzuola. Logico, dato che faceva tanta pratica. Perché chiunque ogni tanto aveva bisogno di sesso, persino una dolce, puritana ragazza di campagna come lei...

    Finora, Sabrina era riuscita a resistere.

    Era certa di non essere più affascinante delle altre. Era semplicemente quella che lo aveva lasciato, e per questo restava una sfida.

    «Parlando sul serio, finché siamo qui, non ti andrebbe di dividere la stanza con me?» chiese lui ora.

    «No» rispose Sabrina semplicemente.

    «Ammettilo, è divertente fare l'amore con me.»

    «Abbiamo concetti diversi di divertimento.»

    «Guardati attorno. Questo è un posto che fa venire i brividi.»

    «No, grazie, Brett.»

    «So comportarmi bene.»

    «Su questo ho i miei dubbi. E poi, tu mi ricordi una frase che mia madre mi ripeteva sempre da bambina. Non toccare mai i giocattoli che non si sa dove sono stati.»

    Lui fece una smorfia di dolore, come se gli avesse sferrato un colpo basso. «Ah! Ma se fossi rimasta con me, sapresti esattamente dove sono stato.»

    «Brett, non l'ho saputo neanche in luna di miele. Davvero, non ho più voglia di parlarne. Mi rendo conto che non ti è mai passato per la mente che matrimonio significasse monogamia.»

    «Intendi dire che è così per tutti?»

    «Brett, non mi importa di come si comportano gli altri. So solo quello che desideravo io.»

    Lui si strinse nelle spalle. «Se tu sapessi quante persone hanno relazioni casuali. Persone che neanche immagini...»

    «Brett, non voglio immaginare.»

    «Tuoi amici!» insistette lui.

    «Brett...»

    «Va bene, va bene. Un giorno verrai a implorarmi di raccontarti qualche piccante pettegolezzo e io non ti dirò niente. Quando avrai bisogno di sapere, sarai all'oscuro. Non vuoi neanche, semplicemente, divertirti un po' con me? Le mie intenzioni sono onorevoli, però. Sono disposto a risposarti.»

    Lei gemette. «Come ti ho già spiegato, abbiamo due diverse concezioni di divertimento... E di matrimonio.»

    «Bene. Gioca pure duro. Ma se l'atmosfera comincerà a farsi impressionante, in questo lugubre castello, avrai voglia di strisciare nel mio letto. E a quell'ora potrebbe già essere troppo affollato.»

    «Su questo non dubito.»

    «Ehi, ricorda che l'ho chiesto prima a te. Non vorrai mica andare a letto con uno sconosciuto!»

    «Brett, in passato sono venuta a letto con te, e non riesco a immaginare qualcuno che mi sia più sconosciuto.»

    «Ah-ha. Molto divertente. Te ne pentirai, piccola. Vedrai.» Brett scosse la testa sconsolato, riportando lo sguardo sulle statue di cera davanti a loro. «Incredibili, vero?» osservò, con un cenno del braccio.

    «Sì, molto realistiche.»

    Lui scosse la testa. «Così realistiche, con questa luce, che quella donna potrebbe ingannare anche me. Eppure, sono stato tuo marito.»

    «E questo cosa c'entra?»

    «Come, cosa c'entra?» Lui ebbe un sospiro impaziente. «Sabrina, guarda bene. Quella sei tu

    «Che cosa?»

    «Cara, per caso sei diventata cieca da quando mi hai lasciato? Guarda. Stessi occhi azzurri, capelli biondi. Stesso viso. Bel corpo.» Lui abbassò ulteriormente la voce. «Bel derrière

    «Non glielo vedi neanche il derrière, Brett!»

    «Va bene, va bene. Questo te lo concedo. Ma quella sei tu. È la tua immagine allo specchio.»

    «Non essere sciocco...» protestò Sabrina, ma a un tratto le mancò la voce.

    Santo cielo. Brett aveva ragione! Quel manichino di cera presentava un'allarmante somiglianza con lei. Al punto che ricominciò a sentirsi i brividi lungo la schiena.

    «Molto bene...» sussurrò Brett. «Ti sento tremare. Sei a disagio, innervosita, inquieta... Non vorrai restare sola tutta la notte in questo vecchio castello infestato dai fantasmi. Avrai bisogno di stare con me. Scenderà la notte, sentirai i lupi ululare e piomberai strillando in camera mia in cerca di conforto...»

    Era solo una caricatura di cera, nient'altro, si disse Sabrina. Eppure le gambe le tremavano. Era lei. L'artista

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